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sabato, maggio 27, 2006

IL CPSTO DELLA POLITICA 

Il Presidente di Confindustria, Luca “ciuffoalvento” Cordero di Montezemolo, in occasione della recente Assemblea ha mosso pesanti critiche al “costo della politica”: in molti, anche tra i giornalisti, hanno pensato che si riferisse solo a quanto incideva per le Aziende il mettere su una nuova struttura o altre cose attenenti alla burocrazia che costano alle imprese circa 15 miliardi di euro l’anno; invece il buon Luca alludeva chiarissimamente anche, ma forse soprattutto, a quanto ci costano gli addetti alla politica.
Questo discorso l’ho fatto altre volte e sembra che a ritornarci sopra voglia significare un mio forte disprezzo per la classe politica e per la sua funzione; se volete pensarla così non so che farci, salvo ribadire quella celebre frase inventata da Andreotti: “a pensare male si fa peccato, ma ci si indovina quasi sempre”.
Passiamo allora a quantificare il numero degli addetti alla politica e gli importi che gli stessi percepiscono: diciamo subito che in Italia sono 428.000 i “professionisti della politica”, coloro cioè che campano – e bene, anzi, benissimo – con l’attività politica: tra questi esistono delle fasce e vediamo che possiamo suddividere i “mangiapane a tradimento” in quattro grosse categorie: i parlamentari nazionali, i consiglieri regionali, gli operatori locali della politica (sindaci e Presidenti di Provincia e gli europarlamentari.
A deputati e senatori – facendo una media tra le due categorie, tra le quali la seconda incassa un po’ di più – vanno mensilmente circa 15.000 euro, ai quali dobbiamo sommare circa 1.500 euro per spese di viaggio e 500 di spese telefoniche; tutto questo nonostante i mostruosi benefit di cui godono (tessera omaggio per treno ed aereo, per stadio, teatro e cinema, mensa quasi gratuita a Montecitorio, così come altrettanto gratuito è il barbiere, strumenti d’uso (es.il P.C.) gratuiti; per i “portaborse” di cui ogni onorevole è dotato, credo che venga speso circa 4.000 euro al mese per ciascuno, ovviamente a carico del bilancio dello Stato.
I Consiglieri regionali ci costano globalmente quasi 140 milioni di euro (280 miliardi del vecchio conio) e fruiscono di una indennità di oltre 10.000 euro al mese, più ovviamente tutta una serie di benefit che danno un incremento indiretto di circa il 50%.
I Sindaci e i Presidenti di Provincia guadagnano in base agli abitanti della città o provincia che sono chiamati ad amministrare: i primi vanno da un minimo di 1.300 euro ad un massimo di 7.800 euro; i secondi da oltre 4/mila fino a quasi 7/mila euro, ovviamente al mese.
Gli europarlamentari guadagnano quanto i colleghi del parlamento nazionale, ma – viste le diversità tra i vari parlamentari (gli italiani sono in testa, naturalmente) – dal 2009 lo stipendio mensile sarà di circa 7.000 euro oltre a rimborsi spese in base a costi reali e non più su base forfetaria.
Per concludere tutta questa masa di numeri che forse ha annoiato anche i miei amici, vi voglio raccontare la scenetta dei due attuali vice premier, D’Alema e Rutelli, che hanno preteso 20 “collaboratori” da portarsi dietro a Palazzo Chigi, nonostante ai due non siano state assegnate deleghe significative e nonostante la carenza di spazio per questi signori che si stanno litigando le stanze; da notare che nei rispettivi Ministeri (Esteri per D’Alema e Beni Culturali per Rutelli) hanno altri 20 “collaboratori”, quindi, in totale hanno ciascuno 40 persone al loro servizio e complessivamente ne paghiamo 80, per complessivi 400.000 euro al mese che fanno quasi cinque milioni di euro l’anno (10 miliardi del vecchio conio): speriamo almeno che collaborino al meglio e che i due ministri siano soddisfatti!

giovedì, maggio 25, 2006

OPPIO E TERRORISMO 

Da più parti si continua a sostenere che le sorti del terrorismo sono legate a filo doppio a quelle dell’oppio ed alla sua commercializzazione; se questo postulato è vero e, viste le varie autorevoli fonti non c’è ragione di dubitare, stiamo andando incontro ad un periodo assai turbolento.
Anzitutto chiariamo che la coltivazione del famoso papavero dal quale si estrae l’oppio e successivamente l’eroina avviene per l’87% in Afganistan e la sua esportazione è interamente rivolta all’Europa, visto che gli Stati Uniti vengono riforniti dai paesi a sud del Golfo del Messico; quindi il problema droga e il problema produttori afgani ci riguarda e tanto!
Cominciamo col dire che gli unici che seppero combattere autorevolmente la coltivazione dell’oppio furono i talebani che incendiavano i campi di papavero; successivamente alla loro disfatta (ma stanno tornando??) la produzione e il commercio della droga è passato in mano a delle multinazionali messe in piedi dagli ex signori della guerra afgani che si stanno arricchendo in modo ignobile e stanno anche finanziando il terrorismo di matrice islamica; i contadini che materialmente coltivano le piantine (ufficialmente sono poco più di 300 mila ma nella realtà, sommandoci l’indotto, si arriva a qualche milione su una popolazione di 26) guadagnano quattro volte di più di quelli che coltivano il grano o altre cose del genere.
L’ipotesi che si sta facendo strada è quella di riconvertire queste colture allo “zafferano”, ma l’idea riceve una sorta di ostracismo dall’Iran che è il maggior produttore mondiale di questa spezia; l’ipotesi comunque viene osteggiata anche dagli stessi contadini che vedrebbero ridursi il loro guadagno; e non ci dimentichiamo che – a livello di macro economia afgana – l’oppio rappresenta il 50% del PIL e quindi il suo estirpamento diventa sempre più problematico e dispendioso.
Intanto una novità si sta affacciando all’orizzonte: l’Afganistan, da primario produttore è diventato anche un grande consumatore; pensate che sui 26 milioni di abitanti, quasi un milione è dedito all’oppio, una percentuale mostruosa, specie considerato che siamo in presenza di gente a bassissimo reddito.
Un’altra novità è quella rappresentata dall’andamento del raccolto che nel 2006 sembra addirittura eccezionale; si prevede una produzione doppia rispetto a quella del 2005 che aveva toccato le 4.100 tonnellate di materia grezza, con un lieve calo rispetto all’anno precedente.
Come dicevo all’inizio, tutta questa “merce” invade l’Europa e rincitrullisce la gente sempre di più: ricordate il detto “religione: oppio dei popoli”? adesso lo potremmo rovesciare in “oppio: religione dei popoli”.
E non ci scordiamo che i produttori di questa droga sono legati al terrorismo e da questo vengono usati per procacciare fondi per la causa islamica e per tenere soggiogata la popolazione afgana,dedita in forma diretta o indiretta alla produzione dell’oppio.
Parlare adesso di ricette “miracolose” è per me come voler passare per superficiale; la lotta alla droga non è semplice e neppure facile perché investe fasce di popolazione di vario genere ed estrazione, sia a livello di consumatori che a livello di produttori.
Per adesso l’unica proposta che sento è quella della riconversione dei campi alla coltura dello zafferano: anche se tutti noi ci dedicassimo al risotto alla milanese con maggiore intensità, non credo che questo sarebbe in grado di risolvere il problema; purtroppo!!

martedì, maggio 23, 2006

ERIKA SOTTO I RIFLETTORI 

Il primo giorno di “libertà” per Erika De Nardo dopo sei anni di carcere (ne deve scontare altri sedici) si è risolto in una partitella di pallavolo con altre detenute nel campetto dell’oratorio di Buffalora e, soprattutto, in una mostruosa abbuffata di flash fotografici e di ronzii di telecamere.
I media infatti non si sono lasciati scappare l’evento che aveva come protagonista una ragazza che è stata rinchiusa all’età di sedici anni per avere massacrato – insieme al “fidanzatino” Omar - la madre e il fratellino con un numero altissimo di coltellate; la domanda che tutti si sono posti, con la morbosità che ci caratterizza, è “come sarà diventata dopo sei anni di carcere?”; per fortuna non sono state consentite interviste né altre cose del genere – del tipo di urlacci nel campo con risposta altrettanto urlata – per cui tutto si è risolto in immagini fotografiche e televisive che cercano di far rilevare una presunta o reale diversità: ma caspita, é naturale che sia cambiata, in sei anni, lo sarebbe stata chiunque, anche se non fosse stata detenuta!!
Ma torniamo a parlare di Erika e del problema psico-antropologico che essa rappresenta per un sacco di studiosi che si susseguono al suo fianco; il discorso che viene fatto da quasi tutti fa leva sul mancato pentimento della ragazza e quindi, di conseguenza, la non accettazione di quello che ha fatto, cercando così una sorta di cancellazione dell’evento traumatico, cancellazione peraltro impossibile perché il trauma resta scritto nell’inconscio e da lì non si può cancellare se non attraverso una autentica “rimozione”.
Ovviamente non conosco direttamente Erika e neppure i suoi familiari e quindi mi baso su quanto traspare da rare interviste con psichiatri che l’hanno avuta o l’hanno tuttora sotto cura: la fanciulla non riesce a “rivivere”, in senso psicanalitico, il dramma da lei stessa provocato e pertanto non sa uscire dal labirinto sensorio che la attanaglia.
Eppure, direte voi, le immagini che i media ci forniscono della partitella a pallavolo ci mostrano una ragazza piacevole, con un bel sorriso aperto e con una apparente voglia di vivere, di giocare, di essere una come le altre, con la sua bella codina di cavallo e i suoi occhiali da sole griffati.
Il problema è che Erika non è come le altre e non lo sarà mai, neppure quando uscirà di galera dopo avere scontato la pena; Erika è forzatamente diversa e – ad osservarla bene e con spirito critico – si nota che mostra un equilibrio che non può avere, un benessere che è soltanto un tentativo di rimozione, un’allegria che viene smentita dall’impenetrabile cortina degli occhi e dalla fronte perennemente aggrottata.
L’inizio della rivisitazione del dramma che la lacera ha luogo con la presa di coscienza dell’accaduto e conseguentemente con l’indispensabile pentimento; su questa presa di coscienza la ragazza può sperare di costruire una sua risposta psicologica al dramma che ha vissuto; naturalmente tutto questo costa dolore ed è la “vera” espiazione che la società può proporle, ma è anche l’unico modo perché la ragazza possa riacquistare un minimo di autostima e di spinta verso il futuro che l’attende.
Se la ragazza non riuscirà a entrare dentro se stessa ed a rivoltarsi come un calzino per estrarre “una nuova Erika”, la società avrà fallito nel suo recupero e lei sarà destinata ad apparire con quel suo sorriso stereotipato che tutto è fuori che un simbolo di felicità.

domenica, maggio 21, 2006

DUE RISATE SULLE INTERCETTAZIONI 

A margine delle intercettazioni telefoniche per gli indagati di “calciopoli”, ci sono – oltre alla domanda di rito: ma chi le fornisce alla stampa? – alcune battute che suscitano ilarità, nonostante la questione sia piuttosto da piangere.
Protagonista è Alessandro Moggi, Presidente della GEA, una società che annovera nel suo Consiglio di Amministrazione il fior fiore della finanza e della “vipperia” italiana; volete alcuni nomi? Eccoveli: Francesca Tanzi, figlia del noto Callisto della Parmalat; Andrea Cagnotti, figlio di Sergio, ex Presidente della Lazio e bancarottiere con la Cirio; Giuseppe De Mita, figlio di Ciriaco, ex Presidente del Consiglio e Segretario della D.C.; Chiara Geronzi, figlia di Cesare, Presidente di Capitalia; Davide Lippi, figlio di Marcello, allenatore della Nazionale italiana.
Che ne dite? Un bel mucchietto di nomi altisonanti, ma – fino a prova contraria – tutti angioletti immacolati e senza alcuna macchia; o no?; e allora ascoltate quello che è capitato al Presidente della Gea, Alessandro Moggi, intercettato in una sua telefonata ad un amico nella quale il giovane rivela di avere speso una barcata di soldi (oltre 10.000 euro) per mettere in piedi una splendida serata che avrebbe potuto essere una delle più belle della sua vita, una di quelle insomma da ricordare.
Sentite cosa ha fatto: noleggio di un aereo privato con destinazione Parigi (è un classico!!), ristorante di gran lusso per cenetta a lume di candela, successivamente Albergo a 5 stelle dotato di tutti i conforti; a proposito, mi dimenticavo di nominare la signorina che faceva coppia con il bramoso Alessandro ed alla quale il medesimo “aveva fatto un pensierino”: si tratta di Ilaria D’Amico, giornalista di Sky e, soprattutto, una gran bella figliola.
Continuiamo con la serata: Alessandro ha rivelato all’amico che, neppure tutto questo po’ po’ di organizzazione è riuscita a smuovere quel pezzo di ghiaccio (sono parole di Moggi Jr.) e quindi, in parole povere, la serata, ma soprattutto la nottata, è finita in un colossale fiasco e i due sono rientrati a Milano senza che la famosa scintilla fosse scoccata: insomma, per farla breve, è andato in bianco.
Allora, dopo aver sorriso sulla disavventura capitata al “povero” Alessandro Moggi, ci corre l’obbligo di compiere alcune riflessioni, la prima delle quali prende lo spunto dall’osservazione che ho fatto nel primo capoverso: chi fornisce i testi delle intercettazioni telefoniche alla stampa?
Qui ci sono due correnti di pensiero: una afferma che è la stessa Magistratura a fornire alla stampa questi testi (gratuitamente? Speriamo di sì); l’altra sostiene invece che i giudici sono tenuti a fornire questi stenografici, ai difensori delle persone raggiunte da avvisi di garanzia e quindi, la successiva consegna ai giornali sarebbe opera degli stessi avvocati.
Entrambe le ipotesi hanno senso, ma andiamo avanti e vediamo la cosa da parte dei mass-media che entrano in possesso – in un modo o nell’altro – di queste intercettazioni; mi chiedo, come ci si dovrebbe comportare?
Sicuramente si dovrebbe riportare soltanto quei discorso che possono preludere ad un reato e, soprattutto, non si dovrebbe riportare quelle che contengono il nome di altre persone che non c’entrano niente con la vicenda di “calciopoli”; vorrei sapere infatti come possa scusarsi il giornale che ha citato la giornalista D’Amico che viene circuita, con galanteria per fortuna altrimenti il povero Alessandro sarebbe stato indagato anche per molestie sessuali, e che respinge con nettezza le avances del giovane. La ragazza ci fa una bella figura, però…
Mi chiedo e vi chiedo: ma che c’entra tutto questo con la GEA? E lo strapotere dei Moggi?

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