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venerdì, agosto 02, 2013

MENO TASSE PER TUTTI?? 



Il titolo è chiaramente provocatorio, in quanto richiama lo slogan con cui Berlusconi vinse le elezioni del 2001, promettendo anche che avrebbe ridotto a due le aliquote fiscali: 23 e 33 per cento.
La successiva crisi, gli attentati alle Torri Gemelle e tutti i problemi che ne sono seguiti, mandarono all’aria ogni ipotesi di riduzione ed oggi ci ritroviamo – dopo vari governi di diverso colore – ad avere una fiscalità che incide per il 54% sugli introiti degli italiani.
In questi anni si sono succeduti vari Ministri delle Finanze sia con governi di centrodestra che con quelli di centrosinistra ma nessuno di loro ha mai tentato alcuna riduzione tributaria e il risultato è che abbiamo una delle tassazioni più alte al mondo a fronte di servizi spesso inadeguati alle cifre che il cittadino è costretto a pagare.
Credo che i nostri governanti e, in particolari i responsabili del dicastero finanziario, abbiano avuto – ed hanno tuttora – un certo timore nei confronti di “come la penserebbe l’Europa se noi che abbiamo un deficit così alto, ci azzardassimo ad abbassare le tasse.
Eppure ci sono esempi incoraggianti: in Albania, durante il governo Berisha, fu messo in pratica un esperimento a dir poco rivoluzionario: aliquota unica al 10% per le imposte; risultato: il gettito complessivo è enormemente aumentato, segno che anche coloro che non pagavano le tasse, sono stati attratti da questa particolare imposizione fiscale ed hanno fatto il loro dovere di contribuente.
Ed anche l’Irlanda, dopo una crisi abbastanza importante, si è risollevata senza toccare le bassissime aliquote fiscali che hanno attratto una moltitudine di società provenienti da varie parti dell’Europa.
Stefano Fassina, uomo di sinistra tutto d’un pezzo, ha riconosciuto che per alcuni pagare le tasse fino all’ultimo centesimo, significa chiudere bottega e mandare a casa gli operai; quindi, tra i due mali, meglio scegliere quello “minore”: evadere o eludere le tasse e lasciare gli operai al lavoro.
Ricordo che una volta un importante giornalista televisivo fece ad un alto rappresentante del Fisco, questo discorso: se fosse un imprenditore in difficoltà, tra il dover pagare gli stipendi (con i relativi contributi previdenziali) ai dipendenti e versare le imposte, quale opzione sceglierebbe? Sia pure “obtorto colli” (cioè a collo torto!) fu costretto a optare per il ragionevole versamento di stipendi e contribuiti e il rinvio del pagamento delle tasse.
Anni fa, con il governo Monti imperante, venne proposto di destinare la metà dei 12 miliardi ricavati dalla lotta all’evasione fiscale, alla riduzione delle aliquote, partendo dai redditi più bassi: ovviamente non fu possibile neppure discuterne, visto che la “spesa pubblica” è una idrovora così forte e così imponente che sarebbe stato impensabile togliere delle sussistenze per destinarle ad altro.
L’attuale governo Letta ha – almeno sulla carta – una maggioranza che potrebbe permettersi misure anche impopolari per le clientele dei partiti che vi partecipano; ma se non è ancora riuscito ad abolire le province ed è passato ad uno “svuotamento funzionale” che non mi sembra porti dei vantaggi economici, almeno a breve, e se non riesce a tagliare di qualche decina di miliardi la spesa pubblica, visto le resistenze anche violente che mettono in campo le varie “caste”, credo proprio che si sia perduta anche quest’ultima occasione e non si possa far altro che aspettare il prossimo giro della “ruota della fortuna”. Chiaro il concetto!!

mercoledì, luglio 31, 2013

FRANCESCO ANCORA "STAR" 



Dico subito che il termine “star” che uso nel titolo non vuole essere diminutivo del modo con cui Papa Francesco si pone davanti alla gente, in particolare ai giovani.
Ed infatti, proprio con i giovani ha dialogato moltissimo a Rio de Janeiro in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù; folle oceaniche – di giovani ma anche di meno giovani – hanno accompagnato il Papa nei suoi spostamenti e lo hanno seguito nei luoghi dove ha detto messo od altre funzioni religiose; ma in modo particolare si è visto lò’affetto della gente quando Francesco è uscito dalla ritualità ed ha fatto il pastore che bissa alle porte delle favelas (“avrei voluto bussare ad ogni porta e chiedere un bicchiere d’acqua o un caffezinho, ma non è possibile!!”).
Da quando è stato eletto Papa, non ha mai mancato di affermare che la Chiesa deve andare nelle periferie e stare vicino ai poveri; preti e vescovi sono pastori e devono avere “l’odore delle pecore” e non l’aroma dei ricchi.
E dallo Stadio ha svolto il discorso-denuncia che, del resto, tutti si attendevano: “faccio appello a chi possiede più risorse, alle autorità e a tutti gli uomini di buona volontà impegnati per la giustizia sociale e dico loro: non stancatevi di lavorare per un mondo giusto e solidale; nessuno deve rimanere insensibile alle disuguaglianze: ognuno, secondo le proprie possibilità e responsabilità, sappia offrire il suo contributo per mettere fine a tante ingiustizie sociali”.
Dopo avere riconosciuto l’impegno degli ultimi governi brasiliani – quello di Dilma Rousseff e quello precedente di Lula – per ridurre la fame e la miseria, il Papa si è rivolto direttamente ai giovani e ha dato sostegno a quelli che sono scesi in piazza contro la corruzione dei governanti, aggiungendo l’invito a non scoraggiarsi mai di fronte a nessun ostacolo. Poi il botto: quando ha detto che si aspetta dalla Giornata Mondiale della Gioventù che si faccia “lio”, Papa Francesco intendeva proprio che i ragazzi smuovano la Chiesa facendo rumore, chiasso, meglio ancora “lio”, cioè l’’italianissimo “casino”; è stato lo stesso portavoce vaticano, Padre Lombardi a confermare la veridicità di quello che molti avevano udito, cioè che il Santo Padre avesse usato proprio la parola “casino”. Da noptare che – a riprova della particolarità del termine – il sito “vatican.va” traduceva “lio con il più casto “chiasso.
Alcuni messmediologi hanno commentato questa uscita di Francesco come un modo di parlare direttamente ai ragazzi, abbattendo qualsiasi mediazione linguistica, per aprire un canale direttamente con loro; d’altro canto, l’arditezza del termine viene mitigata dal fatto che su di esso si stagli l’autorevolezza di chi lo ha usato, cioè il Pontefice. Ci si chiede poi se Papa Francesco è sincero o la sua schiettezza sia artificiale, ma dobbiamo tenere presente che ogni comunicazione è sempre il frutto, da un lato di studio e strategia e dall’altro di simpatia e spontaneità; quindi possiamo dire che siamo al 50% contro un altro 50% sulle due ipotesi che hanno fatto dire al Papa quella parola cosi giovanilistica.
Posso aggiungere che al di là di una normale presa di coscienza degli interlocutori che si ha davanti, Francesco sembra dire sempre quello che si sente di dire, in barba alle convenzioni ed alle regole linguistiche e senza nessun secondo fine.
Da notare che Francesco ha preso posizione anche su un altro argomento: “se una persona è gay e cerca il Signore con buona volontà, chi sono io per giudicarlo?”.Poi ha continuato: “il problema non è avere questa tendenza , ma fare lobby e questo vale per ogni tipo di lobby”.

lunedì, luglio 29, 2013

C'E' MORTE E MORTE!! 



In questi tristi momenti in cui la crisi economica ha portato molta brava gente a togliersi la vita, ho trovato sulla stampa quotidiana un paio di “morti” che con la crisi non c’entrano niente e che hanno un pizzico di ilarità (quella che ci può essere in una morte) per cui ve le racconto.
La prima storia è una di quelle che rende la realtà più incredibile della fantasia; il brasiliano Joao Maria de Souza è morto per colpa di una vacca che è caduta dal cielo proprio sul tetto della sua baracca e lo ha colto proprio mentre dormiva; il tetto non ha retto il peso dell’animale e lui è rimasto schiacciato morendo sul colpo.
A questo punto – visto che il morto non lo conosciamo e l’evento è accaduto dall’altra parte del mondo – possiamo permetterci qualche battuta che, sia pure di dubbio gusto, è almeno gustosa: “se mi avessero chiesto come vorrei morire, la risposta sarebbe: a letto con una gran vacca”, oppure, “vado a stravaccarmi sul letto” (più complicata ma sempre bella).
Queste battute provengono, insieme a tante altre, dal web che così commenta la tragica notizia della morte del povero Joao, bandendo la solita lagna dei piagnistei e buttando tutto sul comico/pecpreccio.
L’evento è accaduto in Brasile e l’Web è scaturito in massima parte da quel Paese; il tutto è segno inequivocabile come loro siano portatori sani dell’ironia, che poi è un modo intelligente per esorcizzare le cose brutte della vita.
Abbiamo anche noi questa caratteristica? Penso proprio di si, e questo visto che siamo un Paese che sa ridersi addosso per le sue sciagure; altrimenti uno come Calderoni potrebbe diventare vice presidente del Senato? E di casi analoghi ce ne sarebbero tanti altri, ma è inutile citarli, tanto li conoscete benissimo.,
L’altra “morte” che ci colpisce è quella di un italiano che giocando a poker ha fatto fortuna in Perù e in altri Paesi dell’america latina; come in un film giallo in stile americano, abbiamo un giocatore d’azzardo che tenta l’ultimo colpo, le cose gli vanno male, forse c’è di mezzo un baro troppo furbo, alla fine spunta il veleno e – dicono le autorità brasiliane – il nostro Alessandro, asso del poker,  si è suicidato a soli 48 anni di età. Il cadavere del mago del bluff e della scala reale è stato rinvenuto dalla Polizia di Lima all’interno di un elegante appartamento nella zona di Miraflores, la zona più suggestiva della capitale peruviana.
Accanto al corpo la Polizia ha trovato un flacone di cristalli con tracce di veleno, banconote per 140.000 dollari e, infilata tra le banconote, una lettera d’addio: “usateli per cremarmi”.
Il nostro Alessandro era un professionista del poker, uno che giocava “per vincere”  e che sembra essersi dedicato ad altri canali del gioco, quello delle “sfide private”, quelle senza limiti di puntate; in Perù corre voce che l’italiano avesse perso molto negli ultimi tempi , addirittura in un solo colpo più di 600.000 dollari; di lì la crisi, la depressione e la decisione di farla finita, con il veleno, cosa anche dolorosa, molto più dolorosa di un colpo di pistola.
Comunque il nostro italianissimo Alessandro, si è ucciso quando ancora possedeva 140.000 dollari, un piccolo patrimonio nel suo Paese d’origine, con cui avrebbe potuto fare la bella vita per un lungo periodo, magari giocando soltanto a scopetta o al massimo a rubamazzo. Da noi i suicidi mi sono tutti sembrati più seri, più motivati, per cui Alessamdro mi sembra assolutamente fuori comparto.

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