sabato, luglio 13, 2013
FRANCESCO A LAMPEDUSA
Papa Francesco ha scelto di iniziare i suoi
viaggi da un luogo simbolo dell’immigrazione: l’isola di Lampedusa, laddove
sono attraccati e continuano ad arrivare, barconi pieni di gente che scappa
dalle proprie case in cerca di una vita migliore. Non a caso, ad accoglierlo
c’era uno striscione con sopra scritto: “Benvenuto tra gli ultimi”
Il Papa, scelto dai cardinali riuniti in
conclave “quasi alla fine del mondo”, come ebbe a dire proprio lui, viene
dall’Argentina ma la sua famiglia discende da immigrati italiani che si recavarono
in Argentina in cerca di lavoro; quindi, chi meglio di lui conosce
l’immigrazione e dove, meglio che a Lampedusa poteva ricreare questa situazione del passato?
Francesco ha iniziato con una frase
sottilmente provocatoria: “ho appena sentito uno di questi fratelli che prima
di arrivare qui è passato per le mani di trafficanti che sfruttano la povertà
degli altri per guadagnare”; e da questo sono cominciate le richieste di
perdono a Dio per coloro che si sono chiusi nel proprio benessere che porta
all’anestesia del cuore e per tutti coloro che con le proprie scelte hanno
provocato tutto questo; parole forti e che inducono tutti noi alla riflessione:
ho fatto abbastanza? Mi sono comportato come mi avrebbe comandato Nostro
Signore? Il Sindaco di Lampedusa si è fortemente commosso delle belle parole
del Papa ed ha affermato: “sono state parole fortissime; ora, dopo quello che
ha detto, nessuno potrà più voltarsi dall’altra parte”. Lo spero, ma ci credo poco!!
Anche perché, alla globalizzazione
dell’indifferenza – così l’ha definita Papa Bergoglio – si è arrivati non per
caso, ma per un processo durato diversi anni e che è stato generato da quello
che un confratello di Francesco (Padre Taddei) ha definito “il processo della
massificazione”.
E adesso scusatemi se vi tempo una piccola e
modesta lezione di semiologia: le nostre generazioni sono state tirate su a
pane e televisione e quindi hanno il proprio bagaglio visivo intriso di
“immagini”, primo strumento per giungere alla massificazione; cosa significa
questo termine: è il fenomeno per cui i mass media non tanto si rivolgono alla
massa, bensì “fanno massa”, “creano la massa”, cioè una moltitudine di gente
caratterizzata da un denominatore comune, “la mentalità”, legata ad un leader
che praticamente le è stato imposto, sebbene talvolta sembri liberamente
scelto.
Con questa mentalità, si hanno alcune
caratteristiche: soggettivismo esasperato, disabitudine al chiedersi il perché
delle cose, cercare il dominio anziché il servizio, rifuggire dal riconoscere
l’autorità, pretendere il tutto dagli altri e il niente da se stessi, quindi
solo diritti e niente doveri.
In questo soggettivismo esasperato in cui
conta solo il “mio” benessere, anche se a scapito degli altri, come si può
pretendere che la gente comune, quella che la sera segue il TG e poi la soap
opera, si preoccupi degli sbarchi dei clandestini e delle tante morti di
immigrati? Se qualcuno mostra pietà è soltanto una manifestazione di
esteriorità messa in campo nel caso che possa servire ad ”apparire in un certo
modo” che potrà risultare utile in futuro.
Quando Francesco dice che siamo una società
che “ha dimenticato l’esperienza del piangere” si riferisce ad un tipico
atteggiamento dell’uomo contemporanea: di quello che accade non è colpa mia e
quindi non posso prendermi le colpe!! Questo il modo in cui si affronta il
problema e spero proprio che il Papa riesca a modificarlo!!
giovedì, luglio 11, 2013
NUOVO COLPO DI STATO IN EGITTO
Dopo Mubarak, anche il suo successore, Morsi,
è stato sostituito dai militari che, al momento hanno in pugno il paese. Anche
questa volta è stata determinante Piazza Tahrir per cacciare Morsi e
sostituirlo con un governo provvisorio di militari.
Ovviamente anche gli americani sono assai
preoccupati per lo svolgersi della situazione, in quanto l’Egitto è il più
fedele (o il meno infedele??) alleato nella zona mediorientale e quindi ogni
modifica della situazione è un problema da affrontare.
Le dimostrazioni violente di Piazza
Tahrir hanno indotto i militari ad
entrare in azione e la conclusione è stata l’estromissione di Morsi; ma quale
era stato il momento in cui la gente si è ribellata?
Difficile dirlo, anche se il il fallimento
dei troppo rigidi e retrogradi “Fratelli Musulmani” al potere dalla caduta di
Mubarak è nella realtà delle cose; si stanno cercando personalità “liberali”
ancora non compromesse con il potere precedente, ma non è facile la loro
immissione in un apparato che oltre alla corruzione è pieno di rapporti
“strani” con altri Paesi.
Comunque sia, l’idea di Obama è quella
di sostituire il governo dei Fratelli
Musulmani con un’opposizione liberal, assai frammentata e sostenuta dalle forze
armate; ma credo che tutti comprendano che questa frammentazione e la necessità
di dipendere dai generali è un problema molto grosso che l’America prende molto
sul serio.
Anche perché tutti hanno parlato – forse
impropriamente – di “rivoluzione” ma questa è capitata in uno Stato che è
praticamente fallito, sotto il profilo economico, nel quale il crimine è
esploso con un aumento mostruoso del 300% degli omicidi e delle rapine rispetto
al periodo di Mubarak.
Per avere un’idea di quanto la corruzione e il malaffare
imperversino nel Paese, basta pensare che sono stati rubati 120 chilometri di
linea ferroviaria già installata; cioè, sono stati divelti 120 chilometri di
materiale e per fare questo ci avranno impiegato almeno un mese, lavorando con
mezzi pesanti e, tutto questo, senza che le autorità abbiano scoperto gli
autori del crimine: impossibile che sia accaduto e, quindi, la connivenza con
le autorità di Polizia è nei fatti.
Con lo Stato paralizzato da un governo non in
grado di decidere, l’economia è crollata, a cominciare dal comparto turistico
che contribuiva per il 12% al Pil e che ha avuto una riduzione del 70% (oltre
20 miliardi di dollari); le autorità monetarie egiziane hanno anche cercato di
difendere il cambio della lira egiziana ma nello scorso dicembre si sono arrese
e da allora ha perso il 15% del proprio valore.
Dal precedente governo dei Fratelli Musulmani
sono venite solo “non-scelte”, come il rifiuto delle condizioni poste dal
F.M.I. per concedere un fondamentale prestito di 4,8 miliardi di dollari che si
stava cercando di ottenere da oltre due anni e che avrebbe dato un po’ di
ossigeno all’economia egiziana.
E il problema è che il Paese è sempre vissuto
di aiuti e non si è mai dato una struttura burocratica ed economica; adesso che
è saltato il banco, non si ha una idea di come risolvere la situazione e si
fanno tentativi che vengono regolarmente bocciati dai musulmani, come l’ultimo
che proponeva El Baradei – unica
personalità di livello internazionale,– e che vedeva anche questo nome finire nel
tritacarne islamico insieme agli altri; adesso sembra che sia Mansur Presidente
provvisorio per 6 mesi per riscrivere la Costituzione e
Beblawi premier con un vice della caratura di El Baradei ma i Fratelli
Musulmani già mugugnano: staremo a vedere!!.
martedì, luglio 09, 2013
QUALCOSA DI POCO CHIARO SUGLI F35
Per trovare soldi al fine di non aumentare
l’IVA e di cancellare l’IMU, era stato pensata una “spending review” all’ultimo
sangue; prima le province, ma qui i denari prima di essere esecutivi credo che
ci vorrà del tempo, poi una operazione che il nostro esercito ha messo in piedi
tempo addietro e che possiamo definire “avventata” indipendentemente dallo
stato delle nostre finanze: l’ordinazione di 91 cacciabombardieri per il costo
complessivo di 13/miliardi.
Prima di continuare, diciamo che con questi
soldi c’entra l’IVA e l’IMU, ma forse non c’entra la “mazzetta” che, per queste
mega forniture è di rigore e che viene spartita tra diverse personalità civili
e militari.
Al fine di togliere dal bilancio questa impegnativa
di spesa, il mese scorso era stato trovato un accordo sotto forma di un
compromesso: veniva approvata una mozione della maggioranza che impegnava il
governo a non procedere all’acquisto degli aerei senza l’ok del Parlamento.
Dopo questa mozione che di fatto bloccava la
fornitura e permetteva di togliere la cifra dal bilancio, si scatenava
l’inferno in particolare dal Consiglio Supremo di Difesa – organo presieduto
dal Presidente della Repubblica – che emanava un pronunciamento che suona come
un altolà alla pretesa del governo di bloccare (e non cancellare, badate
bene!!) l’acquisto degli F35.
È stato addirittura tirato in ballo un
principio costituzionale in quanto da Napolitano e compagnia bella si è
“sollecitato il rispetto della separazione dei poteri” ovverosia, il potere di
sindacato delle Camere “non può tradursi in un diritto di veto su decisioni
operative e provvedimenti tecnici che rientrano tra le responsabilità
dell’esecutivo”.
Insomma, in parole povere, giù le mani dai
poteri dell’esecutivo che, avendo la responsabilità di ammodernare le forze
armate, ha un programma che va rispettato.
Alla faccia dei cittadini che piangono per
non subire l’IMU e non avere gli ovvii aumenti derivanti dall’aumento dell’IVA.
Di questo si sono fatti portavoce soltanto i deputati di SEL, del Movimento 5s
e di una parte del PD, tutti pronti a presentare una mozione ancora più
vincolante in quanto “imporrebbe di sospendere l’acquisto degli aerei”.
Il problema, visto da uno sprovveduto come
me, è molto semplice: il Paese è alle corde, con le pezze al culo e con una
enormità di problemi dei quali non si vede la soluzione; una parte di questo
Paese compie sacrifici immani per tirare avanti (l’ultima notizia: che la spesa
degli italiani è “tornata indietro di venti anni”), ma in questa parte non ci
sono politici, amministratori pubblici e, tanto meno, militari che sembrerebbe
facciano una sorta di repubblica a parte.
Come possiamo spiegare ai signori che non
fanno parte della “massa” che in questa situazione bisogna remare tutti dalla
stessa parte?
Non è facile, specie quando si vede un
onest’uomo come Napolitano che si schiera con i militari; la gente non si
raccapezza, non capisce più niente e, in particolare non capisce che comprare
gli F35 per la modica cifra di 13/miliardi “serve a mantenere la pace”, cosa
alla quale tutti ambiscono e che nella stragrande maggioranza dubita che
possano essere i militari a sostenere questo gravoso compito.
Insomma, siamo alle solite: la schiera della
gente si divide in due categorie, una –
quella di coloro che hanno “il culo al caldo” che non risente della crisi - e
l’altra – che subisce tutti i disagi dell’attuale situazione – che non ha
nessun potere di incidere sulle decisioni; a meno che……ma questo è di là da
venire, cari amici; chiaro il concetto??
domenica, luglio 07, 2013
LE TASSE, LA CRESCITA E LA SPAZZATURA
Sotto un certo aspetto dobbiamo per forza
provare simpatia per un onest’uomo come Letta, attuale Presidente del
Consiglio, il quale è chiamato ad un difficile (impossibile?) compito: riuscire
a coniugare la crescita della nostra economia con un bilancio dello stato sul
quale l’Europa non abbia niente a che ridire.
La cosa che sta più a cuore al nostro
ardimentoso Presidente è il lavoro – stante il numero mostruoso di disoccupati
– sia esso per le giovani generazioni che per chi è stato espulso dal settore produttivo per
motivi economici e non è più giovane.
Al momento il 25% dell’industria italiana,
rispetto alla “pre-crisi”, non lavora, cioè ha i capannoni con la luce spenta e
non per cattiva volontà, ma per la semplice ragione che non sanno a chi vendere
i prodotti che eventualmente verrebbero fabbricati.
Questo è il dramma delle aziende che lavorano
quasi esclusivamente con riferimento al mercato interno che, al momento è
stagnante con tendenza al ribasso.
E allora, si domanda l’imprenditore, per
quale motivo assumere giovani o meno giovani? per fare cosa? Forse per produrre
articoli che poi sono destinati a languire nei magazzini già pieni di merce
invenduta.
E qui, sorge spontaneo l’altro aspetto della
crisi e delle sue soluzioni; se non viene rilanciata l’economia in modo che la
gente torni a consumare, il cerchio non si chiude: il consumatore non consuma e
il produttore non produce; mi sembra semplicissimo.
Quindi, se non sbaglio, il problema consiste
nel fare in modo di mettere un po’ più di soldi nelle tasche degli italiani
“medi”, soldi che poi entrerebbero virtuosamente nel giro dell’economia e
farebbero ripartire le fabbriche le quali sarebbero ben liete di assumere
personale per produrre quello che la gente si aspetta.
Allora, se lo Stato e gli Enti locali devono
ancora trovare dei soldi per ripianare i proprio bilanci, facciano di tutto per
non toccare i ceti medio-bassi, altrimenti si continua a tenere ferma la
produzione di beni e servizi diretta proprio a questa fetta di consumatore.
E invece credo che spunti fuori qualche “pasticcio” che imporrà
al povero Letta di mettere mano al portafoglio degli italiani; l’ultima notizia
– che mi sembra più una battuta che una notizia – è quella rilanciata da
un’inchiesta dal Financial Times in cui si parla di un “buco potenziale di 8
miliardi di euro a causa delle perdite sui derivati detenuti nel portafoglio
statale”.
Quando ho letto la notizia ho fatto un balzo
sulla sedia: ma come, mi sono detto, tutti i giornali e tutti gli esperti
considerano i derivati come un qualcosa molto più vicino ad un gioco d’azzardo
che ad un investimento e lo Stato Italiano spende la bellezza di 8 miliardi per
acquistare queste cose che – in natura – molti considerano “spazzatura”.
Per smontare le voci e per tranquillizzare i
mercati, la Corte
dei Conti comunica che l’indagine (allora c’è un’indagine!!) è riferibile
unicamente all’operazione, già conclusa all’inizio del 2012, con la quale si è
provveduto alla chiusura di un contratto sottoscritto nel 1994 con la Banca Morgan Stanley.
I nostri partner europei ci chiedono “più
elementi di informazione”, ma al tempo stesso rassicurano che “per ora” non
viene cambiata la valutazione sul deficit italiano”.
Insomma, qualcosa c’è o c’è stato, ma le alte
autorità finanziarie e politiche italiane sono brave – per ora – a tenere il
segreto; certo che gli atteggiamenti di superiorità che si hanno verso quelle
economie piene di questi titoli “spazzatura” (esempio: Irlanda e Grecia)
andranno rivisti, alla luce di quello che verrà fuori.