<$BlogRSDUrl$>

giovedì, luglio 21, 2005

Abbuffata bipartisan 

C’è voluto un intervento – coraggioso e di grande apertura - di Fassino alla Direzione del Partito, nel quale il Segretario dei D.S. ha giustamente bacchettato alcuni presidenti di Regioni “rosse”, accusandoli di avere troppo allargato i cordoni della borsa tra appannaggi vari, moltiplicazioni delle poltrone e altre spese del genere che vanno poi a gravare su tutti noi.
Fassino l’ha solo accennato, ma è bene invece aggiungere che altrettanto hanno fatto i Presidenti di Regioni “bianche”; e le opposizioni – di entrambi gli schieramenti - sono state al gioco, allettate da tutta una serie di prebende, di facilitazioni, di assunzioni di amici per cui non hanno minimamente accennato a fare il loro mestiere di denuncia che poi sarebbe il logico mestiere dell’opposizione; macché, tutti zitti, tutti con la borsa aperta per vedere quanto entra e acqua in bocca.
Dopo la sparata di Fassino – ripeto encomiabile anche perché ha accusato per primo il “suo” Marrazzo, Presidente del Lazio – il noto politologo Sabino Cassese in un articolo sul Corriere della Sera ha provato a fare due conti su questi “carrozzoni”, dando in buona sostanza l’impressione di appoggiare pienamente il segretario dei DS.
Vogliamo provare a fare due conti (vi premetto che non sono molto bravo in matematica e quindi se sbaglio spero che qualcuno dei miei lettori mi correggerà); allora, diciamo subito che – sempre secondo Cassese – con vari scamotti e aggiustamenti normativi, i dirigenti dei partiti sono riusciti a fare lievitare il numero dei consiglieri regionali di circa 120 unità (mediamente un paio per regione).
Poiché prima delle manovre di lievitazione i consiglieri ammontavano a 1.200 (60 per ciascuna della 20 regioni), si ha un totale di 1,320 bocche da sfamare.
Questi signori sono riusciti a farsi assegnare uno stipendio uguale a quello dei parlamentari – che sono 900 tra senatori e deputati - e quindi, per facilità di conteggio possiamo sommare i consiglieri e gli onorevoli ottenendo il numero di 2.220 persone; poiché lo stipendio nudo e crudo, senza cioè le varie prebende extra, le indennità, i benefit, la libera circolazione su treni ed aerei e tante altre facilitazioni, ammonta a circa 220.000 euro annui (circa 15 mila euro per 14 mesi), si ottiene che moltiplicando questa somma per il numero dei percepenti (2,220), si ha la cifra complessivamente sborsata da Stato e Regioni (che poi sono la stessa cosa) che a me risulta essere di 488.400.000 euro, pari a quasi 1.000 miliardi del vecchio conio.
Ditemi subito che ho sbagliato il conto, ditemi che ho messo degli zero in più, ditemi che sono uno sprovveduto che non sa fare le moltiplicazioni: non mi dite però che la cifra è giusta perché altrimenti mi arrabbio veramente.
Se questo conto poi lo fate a uno di questi mangia pane a tradimento vi sentite rispondere che “questi sono i costi della democrazia” ed allora mi tocca a domandarmi e domandare anche a voi perché si debba spendere tutto questo denaro per campare un Teodoro Bontempo, detto “er pecora”, oppure un Borghezio, oppure uno dei tanti ignorantoni che alimentano i nostri Parlamenti; forse la migliore definizione di queste assemblee l’ho trovata su un menù di un ristorante che riportava la voce “fritto Montecitorio” e sotto aveva anche la spiegazione: “parecchi carciofi, qualche finocchio e poco cervello” (da notare che nel posto dove ho letto questo menù, il termine carciofo è sinonimo di scemo).
Se poi vogliamo arrabbiarci definitivamente possiamo aggiungere che al denaro come sopra conteggiato mancano tutti gli stipendi degli europarlamentari che – come è noto – sono superiori a quelli dei colleghi operanti in Italia; e possiamo aggiungere – sempre a proposito dello sperpero – che mancano tutti gli stipendi dei consiglieri provinciali e comunali che, anche se non altissimi singolarmente, sono pero tanto numerosi che sicuramente fanno una bella cifra.
E il bello è che sono tutti d’accordo: maggioranza e opposizione!

mercoledì, luglio 20, 2005

Confrontiamoci con l'Europa sulla Magistratura 

E’ in corso di approvazione – il Governo ha posto la “fiducia” – la nuova legge che regola l’ordinamento della nostra magistratura; c’è già stato uno sciopero compatto della corporazione (non la chiamo categoria perché mi assomiglia più ad una corporazione) e c’è stata anche la polemica tra i Presidenti di Senato (Pera) e Camera (Casini) con il C.S.M che è stato “accusato” di arrogarsi dei diritti quasi da “terza camera di legislatura” in quanto ha posto all’O.d.G. della prossima seduta un ricorso alla Corte Costituzionale della nuova legge .
Per quanto ne possa capire io, la normativa in approvazione non pone minimamente in discussione “l’indipendenza della magistratura” e assoggetta i magistrati ad una sola scelta iniziale, quella tra la carriera di pubblico ministero e quella di giudice, immettendo una sorta di “concorso” per il passaggio, dopo un certo numero di anni, da una all’altra funzione, mentre adesso vige l’automatismo più sfrenato, diretto dal citato C.S.M.
Ripeto che a fronte di questa unica modifica – per me assolutamente simbolica – viene ribadita la totale indipendenza e – dobbiamo ammetterlo – in totale contrasto con quello che sono gli ordinamenti delle maggiori democrazie occidentali.
Due parole su quanto avviene negli Stati Uniti: il P.M. è carica elettiva, come lo sono quelle dei suoi superiori; ognuno di questi magistrati ha un superiore gerarchico che gli guida il comportamento e ne determina il modo con cui affrontare le varie situazioni giudiziari; non si deve scordare che in U.S.A. non c’è l’obbligatorietà dell’azione penale e quindi se intentare o meno una certa causa è compito e responsabilità del Capo dell’Ufficio che poi l’affida ad un suo P.M; il tutto, ovviamente sotto il controllo del Ministro della Giustizia.
In Inghilterra il Lord Cancelliere è al tempo stesso Ministro della Giustizia e massimo magistrato del Regno: da lui discende l’impostazione della politica giudiziaria e dai suoi subalterni l’applicazione di questa politica che, quindi, diventa diretta emanazione del Governo.
In Francia esiste una precisa dipendenza gerarchica del P.M. dal Ministro della Giustizia e quindi dallo stesso Governo in carica.
In Germania i P.M. sino “funzionari” che devono conformarsi agli ordini dei Capi degli Uffici, i quali a sua volta debbono obbedire ai loro superiori e – salendo gerarchicamente – si giunge fino al Ministro della Giustizia e cioè al Governo.
In Spagna il P.M. dipende in scala gerarchica dalla Procura Generale il cui procuratore è nominato direttamente dal Re su proposta del Governo.
In Belgio i Magistrati sono “funzionari” alla stessa stregua dei Prefetti e quindi non si può nemmeno accennare ad una qualsiasi forma di “indipendenza”.
Da noi – come dicevo – l’indipendenza è assoluta sia nella legge attualmente in vigore che in quella in corso di approvazione e quindi credo che i nostri Magistrati non possano davvero lamentarsi; anche perché l’art.105 della Costituzione che introduce il C.S.M., specifica che allo stesso spettano “…le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei Magistrati”; e da chi è costituito questo benedetto C.S.M.? Ma ovvio, da Magistrati e da una sparuta minoranza di personaggi – i cosiddetti “laici” - nominati dalla politica (quindi da tutti gli schieramenti) che però si trova sempre in grandissima minoranza rispetto agli altri, i cosiddetti “togati”, che pertanto fanno il bello e cattivo tempo.
Dalle mie parti si dice: “hai visto un bel mondo”!!

martedì, luglio 19, 2005

Zibaldone n.9/2005 

E’ un po’ di tempo (circa due mesi) che non faccio uno zibaldone, così mi sono deciso a riprendere la tradizione e occuparmi di due argomenti nello stesso post.
Il PRIMO si riferisce ad una cosa sentita da un amico: è la storia di un agente di P.S. che al momento di andare in pensione si è recato a salutare il funzionario suo superiore in Questura e gli ha detto pressappoco così: “Caro dottore, prima di andarmene in pensione vorrei proporle una mia idea: perché non mandiamo le nostre pattuglie dislocate sul territorio a controllare i documenti di tutti gli extracomunitari che si aggirano in città facendo le attività più strane tipo lavavetri, chiedere l’elemosina, vendere giornali, ecc.? Se non altro avremmo una sorta di mappatura circa la presenza di questi individui nella nostra città”
Il funzionario, dopo averlo ringraziato per la cortesia usatagli nel venire a salutarlo, a proposito della proposta avanzata ha così replicato: “Mio caro amico, ma chi ce lo fa fare, anzitutto dovremmo chiedere uno speciale permesso al Ministero motivando in qualche modo questa nostra attività, secondariamente dovremmo metterci d’accordo con la Magistratura (e tu ben sai le difficoltà) e infine – poiché il 90% dei fermati sono o privi di documenti o “clandestini” – dovremmo metterli in prigione in attesa di regolare processo che possa rendere esecutivo un ordine di espulsione e tu sai bene che le nostre carceri sono al limite del collasso, non c’è proprio più posto, quindi, come vedi, non c’è niente da fare; grazie ancora e buona pensione”.
In conclusione, un controllo capillare del territorio viene vanificato dalla carenza delle strutture carcerarie; ora ci sarebbe da chiedersi per quale motivo questo problema non viene affrontato una volta per tutte e non si inizi un programma per la costruzione di stabilimenti di pena che possano ovviare alla ricorrente tiritera “è inutile fare questo o quello, tanto non c’è posto in prigione”.
Mi sembrerebbe tanto semplice, ma forse è troppo semplice e allora mi viene da pensare che c’è sotto qualcosa.
Il SECONDO argomento riguarda la strombazzata scalata da parte di Unipol alla BNL in contrapposizione al Banco di Bilbao; a questo proposito mi viene subito in mente che se questa BNL ha così tanti pretendenti i casi sono due: o ha veramente tanti utili da remunerare con dovizia il capitale investito, oppure “gatta ci cova”, cioè esistono degli interessi al di fuori della logica finanziaria.
A proposito di Unipol, è bene precisare che la compagnia di assicurazioni è diretta emanazione delle Coop, una volta si diceva che ne era la cassaforte, adesso non si può più; mi domando quale sia l’interesse “sociale” che possa esserci alla base di questa scalata; questo perché l’aspetto “sociale” sprizza da tutti i pori della struttura cooperativistica: ricordate lo slogan “la Coop sei tu, chi può darti di più”.
L’operazione – è bene che i “sinceri” soci Coop se lo mettano bene in testa – è una pura speculazione finanziaria, tipo quella di Ricucci alla RCS o altre che se ne sono viste in giro; con in più l’aggravante che non avendo Unipol i due miliardi di Euro in contanti per pagare gli aderenti all’O.P.A., sarà costretta a ricorrere alla Banche, in particolare quelle straniere e in particolarissimo una giapponese che già detiene parte del capitale Unipol; quindi si arriverà ad una banca italiana (la BNL) che dopo tutte le polemiche sulla partecipazione spagnola, sarà almeno in parte detenuta da capitali giapponesi: bella operazione, non c’è che dire!!
I soci Coop spero che si ricorderanno la famosa affermazione di Marx, ripresa poi sia da Lenin e sia da Gramsci che diceva, pressappoco: “l’economia e la finanza sono delle scienze create dal padrone per fregare l’operaio”. Sarà vero??

lunedì, luglio 18, 2005

Nuovi "bisogni" 

Una recente indagine statistica sui consumi degli italiani rivela dati in un certo senso sorprendenti ma anche ormai conosciuti, anche se apparentemente quasi tutti noi facciamo finta di niente.
Il primo dato che balza evidente è che l’Italia è al primo posto – nel mondo, badate bene – per possessori di telefoni cellulari, in barba agli americani (più ricchi di noi), canadesi, australiani e poi giù, giù scendendo fino ai vari paesi europei che noi surclassiamo nettamente.
Questi però erano dati che già conoscevamo, sia pure a grandi linee; quello che presenta una grossa novità è il dato riguardante i giovanissimi ed il fascino che questi ultimi subiscono dalla novità elettronica.
Ebbene, aprite bene gli occhi, ben il 51,6% dei bambini tra i 7 e gli 11 anni possiede un cellulare che utilizza per il 36% per parlare con gli amici, per il 30% con i genitori mentre quasi il 13% lo usa per comporre e ricevere i famigerati sms.
Per quanto riguarda i dati sopra citati posso essere testimone della loro veridicità: ad aprile ed a giugno sono stato in Sicilia per fare una serie di lezioni sulla “Educazione all’immagine” in Scuole che vanno dalla 3° Media alla 3° Liceo; ebbene, i ragazzini delle classi inferiori erano tutti dotati di cellulare, ma anche molto costosi, di quelli che si possono utilizzare anche per fare le foto e spedirle.
Questi dati che cosa ci dicono? Anzitutto che quando gli economisti o i politici affermano che gli stipendi medi attuali sono sufficienti a far campare la famiglia fino al 20 o al massimo il 22 del mese, non ci dicono “in quale modo” è abituata a vivere una famiglia dei nostri giorni.
Se è composta di tre persone è “indispensabile” l’acquisto di tre telefonini cellulari (magari non tutti di ultima generazione) il cui aggravio sul bilancio familiare non si riferisce soltanto all’acquisto e al ricambio dell’apparecchio, ma anche al costo della bolletta o delle schede telefoniche che vengono periodicamente acquistate.
Non conosco l’entità di questa spesa, ma – a giudicare dalla mia che sono solo – non è sicuramente una somma modesta; questo ad indicare che i parametri moderni per vedere se una famiglia é sotto o sopra il livello di povertà, sono ben diversi da quelli utilizzati soltanto dieci anni or sono.
Accanto all’uso smodato della telefonia mobile c’è poi la mania dell’abbigliamento “griffato” (specie per i bambini) che costa tre volte lo stesso capo senza la griffe bene in evidenza: è sui bambini che questo surrogato di bisogno autentico si scatena; nelle classi tra le ultime elementari e la fine delle medie, i compagni giudicano gli altri dal tipo di abbigliamento indossato, provocando a volte delle autentiche frustrazioni in ragazzi che non hanno la felpa o i pantaloni all’ultima moda o lo zainetto.
Si tratta di una forma surrettizia di “bisogno indotto” questa volta non solo dalla martellante pubblicità (in particolare televisiva) ma dal “feedback” che proviene dagli amici che più di altri hanno subito il fascino perverso dello spot pubblicitario.
Resta quindi da chiedersi se il cellulare, lo zainetto firmato e l’abbigliamento con griffe rientra o meno nel “paniere” da cui scaturisce l’indice di povertà; se non ci rientra – come io temo – c’è poco da ridere, perché il telefonino è alla stessa stregua della zucchina o della insalata, sia pure con diversa provenienza. Insomma fanno tutti parti di quelle cose che la moderna civiltà ci sta “obbligando” a consumare, senza dare loro un ordine prioritario e quindi mettendoli tutti sullo stesso piano; ecco, di questo i politici debbono tenere conto!!

domenica, luglio 17, 2005

Anche quest'anno il calcio é alla follia 

Come ogni estate – da un certo numero di anni a questa parte – le strutture del calcio stanno fortemente scricchiolando a causa della montagna di debiti che gravano i bilanci delle varie squadre; per il momento queste sono le risultante: due squadre di Serie A, die di Serie B e sette di Serie C1 non ammesse al prossimo campionato.
Il caso più eclatante è senz’altro quello del Torino, gloriosa formazione che nel periodo immediatamente successivo alla guerra si divertì a vincere tutta una serie di campionati: alcuni nomi di campioni che hanno fatto grande il Club sono Mazzola (il padre di quello che poi è diventato famoso nell’Inter), Gabetto, Loick, Bacigalupo e tanti altri; questa squadra assolutamente formidabile venne completamente distrutta da un tragico incidente che fece precipitare l’aereo che li riportava a casa dopo un trasferta all’estero e che andò a schiantarsi contro la collina di Superga, alla periferia di Torino.
Ebbene, dopo un comprensibile periodo di crisi, la società era andata riprendendosi e negli anni ’70 aveva prodotto alcuni grandi giocatori come Pulici, Graziani e l’indimenticabile Meroni, purtroppo morto giovanissimo.
La concorrenza con la Juventus aveva messo in crisi la squadra e soprattutto la società che si era ritrovata in Serie B; quest’anno era riuscita a piazzarsi nei primi posti del campionato e a conquistare il diritto di rientrare in Serie A: una montagna di debiti con lo Stato e una fideiussione “taroccata” ingenuamente (ma è possibile?) accettata dal suo presidente l’ha fatta precipitare di nuovo in Serie B, a meno che qualche ricorso non le dia ragione e la ripeschi.
Altra società che rischia la retrocessione è il Messina, anch’essa per un problema di tasse non pagate (IRPEF) a fronte delle quali anche la richiesta di rateizzazione da avanzare all’Agenzia delle Entrate sarebbe stata fatta con ritardo e quindi non considerata valida dalla struttura federale di controllo.
Il Messina, dal canto suo, assume che i rapporti con il Ministero delle Finanze, in Sicilia, vengono tenuti da una sorta di struttura regionale con la quale – sembrerebbe – il Messina ha buoni rapporti e può fare un po’ quello che vuole: la federazione non ha considerato valida la scusante ed ha retrocesso anche lui.
È ovvio che c’è da aspettarsi da entrambe le tifoserie delle manifestazioni fortemente preoccupanti perché mettono a repentaglio l’ordine pubblico e – per assunto – i tifosi di qualunque squadra sono intoccabili ed hanno sempre ragione.
Per me il problema è sorto l’anno passato quando l’Agenzia delle Entrate stipulò un accordo con la Lazio per rateizzare il suo debito con lo Stato (credo oltre cento milioni di euro) in 23 anni (avete letto bene: proprio ventitré anni) le cui rate saranno finite di pagare dal nipote dell’attuale Presidente Lotito. Questo fece muovere tutta una situazione a catena, per la quale svariate squadre di calcio (e tra queste Torino e Messina) hanno finito per mettere il debito con lo Stato in fondo ai loro problemi dicendo che nella peggiore delle ipotesi avrebbero fatto come la Lazio. Ma evidentemente non tutti sono la Lazio e non tutti hanno i santi in Paradiso che ha la Lazio e così si trovano fuori dal campionato. Da notare che in questa situazione è anche il famoso Gaucci con il suo Perugia che rischia di essere retrocesso dalla Serie B alla Serie C.
Ovviamente tutto questo terremoto nelle tre serie (A,B,C,) produce dei sommovimenti tellurici a catena e, per il momento, non si ha la più pallida idea di come si giocheranno i Campionati di riferimento che dovrebbero partire alla fine di Agosto.
Il malcostume e il malgoverno nel calcio sono diventati una norma a tutto scapito della massa dei tifosi; a quando una inversione di tendenza?

This page is powered by Blogger. Isn't yours?