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sabato, agosto 27, 2005

Non guardiamo più le partite di calcio 

Ora mi sono veramente stufato! Questo mondo del calcio – che è veramente il gioco più bello del mondo se non fosse snaturato – ne ha combinate talmente tante che mi sento autorizzato a non vedere le partite il sabato o la domenica e di invitare gli amici che mi leggono a fare altrettanto. Vogliamo vedere quali sono le ragioni che mi hanno spinto a tanto? Vediamole!
Anzitutto è la continua violenza, l’animosità che spinge i cosiddetti tifosi a compiere atti inconsulti, pur in presenza di situazioni di disagio generale o particolare che dovrebbero indurre questi scalmanati a comportarsi in ben altro modo.
L’ultimo episodio è avvenuto ieri a Torino, dove la tifoseria locale sembrerebbe favorevole all’arrivo dell’Editore Cairo al timone della società ed invece il 51% del capitale sociale sarebbe in possesso di tale Giovannone (è il cognome) un ciociaro il cui mestiere – se ho capito bene - è quello di reclutatore di infermiere provenienti dai paesi dell’Est per la collocazione nei nostri Ospedali; questo signore viene indicato come "l’uomo di paglia" di Lotito e Mezzaroma che verrebbero fuori al momento opportuno.
Ebbene, questo signore è stato individuato in un albergo alla periferia di Torino e – con il passa parola – la tifoseria si è ben presto radunata in un luogo prestabilito ed è marciata compatta sull’albergo, del quale ha sfasciato l’atrio, oltre ad una mezza dozzina di auto parcheggiate di fronte: il povero Giovannone è dovuto fuggire con una pantera della Polizia! Ma è possibile, con tutti i guai che ci stanno davanti, sprecare tutte queste energie per una squadra di calcio?
Un’altra vicenda che mi ha indotto ad allontanarmi da questo sport è quanto avvenuto nel campionato di serie B: inopinatamente, sotto la spinta delle televisioni criptate e di quelle in digitale, la Lega ha stabilito di fare giocare quelle squadre il sabato pomeriggio alle ore 15; i sindaci delle città interessate hanno subito protestato assumendo che in quel giorno sono altre le attività che vanno per la maggiore: shopping, spesa al supermercato, partecipazioni a sport minori e tante altre cose del genere. La partita in quel giorno e specialmente in quella ora sconvolgerebbe tutti i piani dei loro amministrati; risposta della Lega, per bocca del Duce Galliani: abbiamo stabilito così e non torniamo indietro, il tutto proferito con una sicumera ed una prosopopea da autentico boss.
Ora, poiché nessuna squadra ha lo stadio di proprietà, il Sindaco ha avuto gioco facile nell’affermare: "ed io non vi concedo l’uso dell’impianto sportivo"; risultato, la prima giornata di campionato avrà sei partite non disputate.
Ma quando si metteranno in testa i signori dirigenti del calcio che, se pure riempiono lo stadio, questa massa di gente rappresenta una percentuale fortemente minoritaria della cittadinanza; cioè se facciamo l’esempio di una grande città (Roma, Milano, Torino), i 70 o al massimo 80 mila presenti sugli spalti sono poco più dell’uno o al massimo due per cento dell’intera popolazione; se poi prendiamo città medie, diciamo sui 700 o 800 mila abitanti, i 25 o 30 mila tifosi rappresentano il 3 o 4 per cento.
Ed il resto della percentuale (oltre il 90 per cento) che del calcio se ne frega, per quale ragione deve subire tutti i disordini, i tafferugli e le code automobilistiche (nel migliore dei casi) che settimanalmente avvengono nella loro città, le macchine bruciate o comunque danneggiate, eccetera.
Allora faccio una proposta: perché le partite di calcio non si giocano in stadi vuoti, vengono riprese dalla TV a pagamento e chi lo desidera si abbona e se la vede tranquillamente da casa sua; mi si obbietta: ma vuoi mettere l’atmosfera del tifo allo stadio! Appunto, è proprio tutto questo che mi disturba!

mercoledì, agosto 24, 2005

Ma le squadre di calcio rendono soldi? 

E’ una domanda che mi pongo da tanto tempo e ancora non sono riuscito a darmi una risposta, anche se alcuni indizi mi farebbero ritenere che….
Ma andiamo per ordine, e facciamo una breve cronistoria di quello che era e di quello che è adesso il cosiddetto calcio di vertice: dunque, una volta, diciamo fino alla metà circa degli anni sessanta, il Presidente di una società di calcio era uno della città rappresentata dalla squadra, un tipo benestante, in molti casi addirittura ricco, che decideva di "darsi visibilità" rimettendoci un po’ di quattrini, ma di quella squadra era un tifoso sfegatato, uno che se non fosse stato nella posizione che era, avrebbe visto le partite insieme agli ultras delle curve.
Poco dopo arriva la novità in virtù della quale le società calcistiche si dovevano costituire in strutture di capitali (S.p.A.), nelle quali c’era ovviamente un Presidente ed un Consiglio di Amministrazione; alcune di queste si sono fatte addirittura quotare in borsa, sperando di raccattare altro denaro ai tifosi che diventavano così anche investitori.
Al momento attuale le società di calcio sono delle aziende "anomale" – per usare un eufemismo – tutte in perdita, che vengono vendute (il pacchetto di maggioranza) ad un prezzo tutto particolare: la percentuale di debiti che si accolla l’acquirente è il costo dell’operazione.
Prendiamo il caso della Lazio, passata da Cragnotti – inseguito dall’autorità giudiziaria, ma per altra faccenda – a tale Lotito, il quale sembra che si sia assunto i debiti verso lo Stato (IRPEF, INAIL ed altre) trovando una soluzione a dir poco geniale: è stato infatti il primo che ha stipulato un accordo con l’Agenzia delle Entrate allo scopo di rateizzare il suo debito che ammontava a un centinaio di milioni di euro e sapete in quanto tempo pagherà queste tasse arretrate? In ben 23 anni!
Questa forma di rateizzazione è realmente prevista dalla normativa, ma solo per Aziende che possono dimostrare la validità della produzione, oppure hanno beni mobili ed immobili ed altre cose del genere; insomma il tutto è fatto con una certa oculatezza. Per le squadre di calcio invece sembra che non si faccia nessun controllo del genere, poiché le società sportive, in genere, "possiedono" soltanto gli atleti, i quali sono ovviamente soggetti a svalutazione con il passare dell’età e per effetto di eventuali infortuni: figuriamoci chi saranno i giocatori in campo per la Lazio tra 23 anni! Sarei proprio curioso di vederlo.
Ma non basta: in questi giorni la gloriosa squadra del Torino – in passato onusta di gloria – è stata dichiarata fallita e pertanto, con un marchingegno messo a punto dalla FIGC, ne è stata fondata un’altra alla quale passa il titolo sportivo, sia pure con alcune categorie di penalizzazione.
Per mettere in piedi dal nulla una squadra di calcio – sia pure di Serie C – occorrono diversi quattrini e quindi si sono mosse le autorità politiche (Sindaco in testa) per cercare qualche riccone: era stato interpellato - e sembrava interessato – l’editore Cairo, quando spunta fuori indovinate chi? Ma sì, proprio lui, l’immercescibile Lotito insieme al palazzinaro Mezzaroma, entrambi romani, che si dichiarano disposti a rilevare la neonata società, un po’ come avvenne per la Fiorentina con Della Valle (marchigiano), per il Genoa con Preziosi (comasco), per il Livorno con Spinelli (genovese) ed altri ancora che potrei citare.
Ed eccoci alla domanda finale: questi signori che si mettono a fare i presidente non lo fanno certo per spirito d’affezione verso la città in quanto abitano da tutt’altra parte e quindi mi parrebbe assai strano un amore sviscerato verso la squadra di una città che frequentano soltanto la domenica; mi chiedo allora quale sia lo scopo di investire in squadre di calcio. Poiché mi sembrano tutti signori accorti e pieni di giudizio, mi viene da pensare che con il calcio ci si guadagni. Se così è guai a chi concede rateizzazioni ed aiuti in genere, poiché il settore mi sembra in salute, altro che storie!

lunedì, agosto 22, 2005

Ma che bella gente ci ritroviamo! 

Voglio citarvi due esempi di inefficienza, di ottusità e di poca voglia di lavorare che ho avuto modo di rilevare in due "personaggi" dell’apparato statale, magari entrambi non di vertice, ma sicuramente da …. oltre quattro mila euro mensili.
Il PRIMO caso riguarda la Direzione (non si sa bene la carica rivestita da chi ha firmato la lettera) dell’ex Provveditorato agli Studi di Verona che ora si chiama C.S.A. ed è sotto la cappella della Regione; ebbene, a questa struttura è stata sottoposta una richiesta tesa ad avere l’autorizzazione per intitolare una scuola di Peschiera sul Garda al defunto Papa Giovanni Paolo II.
Ecco qui la risposta, scritta in pura lingua burocratichese: "Si restituisce perché incompleta la pratica d’intitolazione al nome di ‘G.Paolo II’ e si invita la S.V. a volerla integrare con una relazione che contenga, oltre alle motivazioni di tale proposta, anche un breve profilo culturale e biografico".
Questo, miei cari amici, è un tipico esempio di ignoranza, incultura e quant’altro di peggio si possa dire; da notare che questo signore ricopre un incarico di medio vertice nel campo dell’educazione dei giovani: proprio un bell’esempio!
Per concludere, c’è da aggiungere che l’assessore regionale all’Istruzione ha dichiarato che verificherà personalmente chi ha firmato quella lettera e lo solleverà dall’incarico; cosa vuol dire? Forse che il tizio in questione verrà trasferito ad altro incarico, magari con una promozione? Nessuna speranza di vederlo retrocesso al ruolo di "commesso"?
Il SECONDO caso si svolge in una istituzione ancora più prestigiosa, la Magistratura, dove il giudice di Camerino, tale Luigi Tosti, dopo molti anni di carriera, ha come una folgorazione: scopre che nell’aula dove egli amministra giustizia c’è nientemeno che un crocefisso.
Sconvolto dalla scoperta inizia immediatamente una sorta di sciopero bianco: non terrà più udienze fino a quando non gli toglieranno il simbolo cristiano oppure gli consentiranno di esporre anche la menorà ebraica.
Questa protesta ha come conseguenza la paralisi delle udienze sul diritto del lavoro (branchia alla quale è addetto il nostro scioperante) e si trascina ormai da oltre quattro mesi, essendo iniziato nel maggio scorso, data alla quale risale la "folgorazione" del giudice.
Comunque sia, per abbozzare la polemica, il Presidente del Palazzo di Giustizia ha predisposto l’allestimento di una apposita stanza priva di qualunque simbolo religioso, in modo da placare l’iroso giudice e, soprattutto, fargli riprendere le udienze (cioè il lavoro).
Ma non va bene neppure in questo modo: il nostro Tosti (di nome e di fatto) ritiene che la stanza "diversa" sia una forma surrettizia di ghettizzazione e continua la sua forma di protesta (lo sciopero).
Un altro commento: perché il Dottor Tosti – anziché astenersi dalle udienze come ha fatto – non ha lavorato ancora di più al fine di smaltire le migliaia di pratiche arretrate (i ritardi di quelle sul diritto del lavoro sono particolarmente odiosi) e contestualmente ha continuato la propria battaglia – giusta o sbagliata che sia – per l’abolizione dei simboli religiosi, e così facendo non ha penalizzato i lavoratori che stanno aspettando, da anni, una sua sentenza.
Un’ultima considerazione: ma il signor giudice in questi quattro mesi di "inattività" per le turbe psicologiche indotte dalla presenza del crocefisso, riscuote regolarmente lo stipendio? Lo so, la domanda è assolutamente pleonastica in quanto tutti noi sappiamo la risposta, purtroppo.

domenica, agosto 21, 2005

E adesso parliamo di "griffe" 

Per suffragare questa nostra piccola "ricerca" sulla mania delle griffe, faccio riferimento a quanto sta accadendo in questo mese di agosto circa il rapporto con i venditori ambulanti di articoli contraffatti; negli ultimi giorni sono state svariate – e molto pesanti, esattamente 3.333,33 euro – le multe comminate a carico di signore e signorine accusate, credo, di "incauto acquisto" per avere acquistato merce griffata per cifre abbastanza modeste da venditori di colore che presentavano la propria mercanzia in strade centrali delle città o addirittura sulle spiaggie.
Premesso che gli oltre 3.000 euro che vengono sottratti all’incauta acquirente sono - in proporzione -molto di più di quanto verrà comminato a Callisto Tanzi (Parmalat) oppure a Cragnotti (Cirio), su questa vicenda dobbiamo fare un breve ragionamento; anzitutto vediamo come si svolge l’azione "delittuosa": la signora si ferma da un venditore ambulante che ritiene autorizzato a vendere - altrimenti il Comune sarebbe già intervenuto (o no!) – vede una borsa che le piace, chiede il prezzo, le sembra conveniente e l’acquista; arrivano i vigili e le fanno la multa perché la borsa porta il marchio di "Prada" ed è contraffatta.
PRIMA domanda: ma dove sta scritto che la signora in questione debba sapere che il sig. Prada fa delle borse di gran pregio e che "le sue borse" vengono marchiate con il suo nome e hanno un valore notevolissimo proprio per effetto di questa marchiatura che prende il nome di griffe? La signora ha solo visto un oggetto, le è piaciuto e l'ha comprato: perché deve conoscere a memoria i marchi che vengono contraffatti e quelli – tipo "Giacomini", Piccini", "Bianchi", ecc. – che invece non sono contraffatti da nessuno? Qualcuno le dovrà spiegare la differenza tra il marchio Prada e quello Bianchi!
SECONDA domanda: anzitutto dobbiamo premettere che il venditore o è scappato (ma dovrebbe essere facilmente rintracciabile) oppure non ha subito nessuna conseguenza dalla transazione delittuosa con la signora. Allora mi viene da chiedere per quale motivo questi contraffattori non vengono rintracciati, incarcerati ed hanno una multa di almeno cento volte quella della signora acquirente, dato che sono loro gli iniziatori della truffa (o no!)?
Poiché la borsa era ben fatta è ragionevole supporre che provenisse da una struttura molto vicina all’originale costruttore ed è altrettanto ragionevole supporre che dietro al "bovero negro" venditore ambulante ci sia tutta una banda composta da "ricchi bianchi" che procaccia la merce.
TERZA ed ultima domanda: la borsa acquistata dalla nostra signora dal venditore ambulante di colore è di ottima qualità, è costata – facciamo una ipotesi, ma reale – 20 euro; la stessa borsa, ma costruita nello stabilimento di Prada, viene a costare nel negozio autorizzato a venderla circa 2.000 euro (cioè cento volte tanto); allora vorrei sapere da cosa discende la motivazione economica per la quale il costo di un oggetto possa essere centuplicato per effetto unicamente della cosiddetta griffe e, se questa motivazione non esiste, cominciare a chiederci se non è forse vero che tutti coloro che acquistano quella merce – in genere capi di vestiario o accessori – soltanto sulla scorta della griffe non siano un po’ massificati, cioè "mutuano i criteri di scelta da fattori estrinseci alla cosa da scegliere anziché da fattori intrinseci".
E dalla massificazione alla colonizzazione dei cervelli – cioè fare quello che un altro ti dice di fare credendo di essere tu a scegliere – il passo è breve, anzi brevissimo.
Meditiamo gente, meditiamo.

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