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sabato, giugno 26, 2010

LEZIONI DI STILE 

Non mi è simpatico Lippi, sia per la reiterata permanenza alla Juventus (che noi fiorentini chiamiamo “gobbi”) e sia per la nascita, più vicina a Pisa che a Firenze, con tutte le controindicazioni del caso (da noi si dice “meglio un morto in casa che un pisano all’’uscio).
Eppure, dopo la clamorosa e vergognosa sconfitta al mondiali del Sudafrica si è”comportato da uomo”, assumendosi tutte le responsabilità e affermando che “se una squadra si presenta con il terrore, senza personalità, vuole dire che il tecnico non l’ha preparata a dovere sia sotto il profilo psicologico che tattico”.
Parole analoghe le avete mai sentite da qualche Presidente del Consiglio o da qualche Ministro della Repubblica, tipo “scusate, ma ho sbagliato completamente la previsione di questa crisi ed ora ci troviamo nella merda fino al collo”?
A mia memoria non si è mai verificato questo “mea culpa” ma ognuno di coloro che frequentano microfoni televisivi o salotti di talk show in TV sono sempre pronti a trincerarsi dietro alle scuse più improbabili senza mai assumere su di se la responsabilità della situazione.
Avrebbe potuto Lippi trovare il modo di passare il cerino della colpa a qualche altro? Non so, non mi intendo molto di calcio, ma forse si sarebbe potuto imputare qualcosa agli arbitri, oppure alla “cattiveria” di qualche avversario, insomma si poteva inventare anche una cosa del genere: chi ha vinto lo scudetto in Italia? L’Inter! Come mai non c’è nessun giocatore di quella squadra in nazionale? Semplice, perché l’Inter non ha italiani – se escludiamo il giovanissimo Balotelli, italiano per modo di dire - nel proprio organico che è composto interamente da stranieri. E se queste situazioni si stanno verificando anche in altre squadre è sinonimo della “globalità”? Non so, ma è chiaro che la nazionale viene penalizzata da questo sistema.
Ma torniamo a coloro che “non si assumono responsabilità”: abbiamo un esempio eclatante in questi giorni: il neo ministro per l’attuazione del federalismo, Brancher, da pochissimo nominato all’alto scranno, ha dichiarato di non poter rispondere alla chiamata dei giudici milanesi per la vicenda Antonveneta, perché, “almeno fino ai primi di ottobre sarà tutto preso dall’organizzazione del suo nuovo ministero”.
Ed ha aggiunto: “ho sollevato il legittimo impedimento perché ho veramente molte cose da fare” ed ha snocciolato tutta una serie di incombenze che a paragone il Presidente degli Stati Uniti è un “nullafacente”.
A paragone di Brancher e dei suoi “nascondimenti” (ce ne sono anche di più illustri!!), la lezione che l’allenatore di una squadra di calcio è riuscito a dare ha un valore antico, come una moneta fuori scorso che nessuno usa più anche se la guarda curiosamente come le vecchie banconote da diecimila lire.
E la scomposta felicità di alcuni esponenti leghisti, mi lascia interdetto: non sono mai stato un acceso tifoso, neppure della nazionale, ma una cosa che ho sempre odiato è “il tifare contro”, identificando la squadra in questione con altre situazioni sociali o politiche; e non comprendo neppure alcune dichiarazioni di esponenti politici dei quali non faccio il nome per carità di patria, sul tipo di “mi spiace ma questa nazionale mi fa tornare felice di vivere in questo paese un po’ Falqui (alludendo al purgante)”, oppure quella che fa risalire la responsabilità “al sistema catto-comunista imperante in Italia nonostante il governo di centro-destra”: ma che c’azzecca??!!
Il commento potrebbe essere: se questo è il paese, quella è la nazionale che si merita!!

giovedì, giugno 24, 2010

POMIGLIANO: IL GIORNO DOPO 

Detto in soldoni, il risultato del referendum che si è tenuto allo stabilimento FIAT di Pomigliano è stato di due terzi favorevoli all’accettazione delle condizioni poste da Marchionne e di un terzo contrario; il primo commento – non ufficiale – proveniente dalla casa torinese è stato “lavoreremo solo con chi ci sta”.
Il che, a ben guardare, non vuol dire niente: non si capisce infatti come il bravo Marchionne possa individuare i “buoni” e allontanarli dai “cattivi”, anche e soprattutto tenendo presente che l’abitudine all’assenteismo pretestuoso è difficile da sradicare e quindi c’è da supporre che anche tra coloro che hanno votato “si” figurino lavoratori che si sono così espressi non per convinzione ma per semplice (e comprensibile) calcolo, e quindi faranno in tempo a squagliarsi al momento buono, quando cioè dovranno “comportarsi” sulla base dell’accordo raggiunto.
Da molte parti si accenna alla presenza in casa FIAT di un “piano C”, consistente nel chiudere Pomigliano e riaprirlo sotto una nuova ragione sociale, riassumendo solo coloro che stanno simpatici all’azienda; non mi sembra un’ipotesi attuabile, stante che la chiusura di uno stabilimento – tranne che in caso di fallimento – non è una cosa tanto facile da attuare ed anche la “scelta” di coloro con cui lavorare non riesco a capire come si possa realizzare.
Ma per cercare di comprendere appieno il problema, bisogna – a mio avviso – riprendere dall’inizio: perché Marchionne se ne è uscito con l’ipotesi di togliere alla fabbrica polacca la messa in produzione della nuova Panda ed affidarla a Pomigliano? È bene aggiungere che sotto il profilo della convenienza – in chiave globalizzazione – la fabbrica polacca è senz’altro la migliore soluzione in quanto l’attuale sistema produttivo della fabbrica campana non è per niente competitivo sul mercato della produzione moderna delle auto.
E allora? Se Pomigliano non è in grado di reggere il confronto con le altre strutture straniere, l’unica conclusione logica sarebbe quella di chiuderla, ma nel fare questo la FIAT sa bene che avrebbe contro lo Stato – che per ora non si è esposto – in quanto la zona verrebbe “restituita” alla camorra e questo farebbe pagare un prezzo altissimo sul piano sociale.
Ma se la produzione a Pomigliano non è competitiva come può fare la FIAT a continuare a fabbricare auto in quel contesto? Semplice! Basterebbe che lo Stato – “in qualche modo” – facesse digerire alla FIAT questa situazione anomala mettendo a disposizione altri soldi con la causale “per l’industrializzazione del mezzogiorno” e quindi l’intervento statale servirebbe a correggere le anomalie dell’assenteismo pretestuoso presente in molte aziende del Sud.
Ma l’Europa potrebbe tollerare questa forma di assistenza – più o meno marcata – proprio nel settore che gode di “incentivi” ed altre forme di aiuto mal tollerati a Bruxelles? Forse sarebbe difficile farlo digerire, ma anche cinquemila lavoratori della fabbrica di Pomigliano che si riversano per le strade sarebbe un problema intollerabile.
Il risultato del referendum non ha tolto le castagne dal fuoco e quindi Marchionne, che aveva sperato di ottenere un risultato più netto – in un senso o nell’altro – si trova a metà di un guado tra le esigenze della produzione e le pressioni governative di carattere sociale. Insomma, il pensiero di Marchionne potrebbe essere questo: se il governo vuole tenere in piedi una situazione che non ha fondamento sul piano industriale, in un modo o nell’altro dovrà accollarsene i costi; chiaro il concetto??

martedì, giugno 22, 2010

TEMPI DURI PER I MITI 

Sono due i personaggi fino a qualche tempo fa mitizzati e che cominciano ad avere uno scolorimento dell’immagine, forse a causa del tempo oppure, più probabilmente, per la stupidità dei nostri contemporanei.
Il primo è il Generale Charles De Gaule, di cui in questi giorni ricorre il settantesimo anniversario del famoso appello lanciato il 18 giugno 1940 sulle onde della BBC, con cui chiedeva alla Francia di resistere ai tedeschi e di non arrivare mai e in nessun caso alla pace con Hitler.
In Francia, quasi tutte le sue idee sono state “superate” dagli odierni politici i quali hanno messo in un cassetto l’immagine del generale e non hanno nessuna voglia di riprenderla; l’ultimo è stato Sarkozy, il quale – pur avendo partecipato alle celebrazioni tenutesi a Londra – si è tenuto alla larga dalle idee golliste ed in particolare dalla principale, che diceva di “tenersi a debita distanza dagli Stati Uniti”: l’attuale Presidente francese si è dimostrato invece il più filo-americano di tutti.
Anche la gente comune si dimostra in linea con questo declino del generale: un recente sondaggio dice che il 45% dei francesi ritiene che il gollismo non significhi più niente ed il 28% lo considera addirittura “superato”.
Mi piace molto la frase pronunciata da una saggista francese, Corinne Maier, che dice: “come tutte le statue, anche quella di De Gaulle si è riempita di polvere ed è diventata ingombrante”; in sostanza, buttata a mare la “grandeur” ed il suo inventore, si arriva a contestare anche l’autorevolezza dello scrittore/De Gaulle, cosicché viene bocciata la proposta di mettere in programma per l’ultimo anno del liceo, il terzo volume delle “Memorie di Guerra”, accanto a Beckett e Omero.
Il secondo personaggio che – sempre durante le commemorazioni di Londra – ha avuto quello che potremmo definire “uno schiaffo morale”, è stato Churchill, il quale – in onore del salutismo esasperato – ha avuto la foto corretta: il celebre sigaro Avana è stato “sbanchettato elettronicamente” e così il celebre statista inglese appare senza niente in bocca, ma con un sorriso un po’ ebete derivante dalla mancanza del sigaro.
Il grande statista inglese, colui che non fu mai sottomesso da Hitler o da altri despoti dell’epoca, colui che ha salvato l’Inghilterra e quindi la civiltà occidentale, ha subito l’onta del “taglio del sigaro”, strumento del quale faceva uso in continuazione, arrivando a consumarne tra i 6 e i 10 al giorno.
E stanno facendo un’altra operazione di “trasformazione”: cercano di modificare il modo di vita di Churchill riducendolo a un “quasi astemio”, quando invece sappiamo benissimo che era un fortissimo bevitore: non beveva mai acqua, durante il giorno consumava solo champagne (minimo una bottiglia al giorno, ma spesso due) e due o tre bicchieri di whisky e altrettanti di cognac; se questo è un astemio!!
Nonostante l’alcool che ingurgitava, appariva quasi sempre sobrio; solo alla sera, qualche volta barcollava e fu proprio in una di queste occasioni che venne ripreso da una signora, alla quale rispose causticamente: “lei signora è brutta e rimarrà tale anche domani mattina, io invece domani mattina sarò perfettamente sobrio!!”.
Ricordiamoci che sia Hitler che Mussolini erano degli asceti nel bere e nel fumare, ma poi facevano altre cose!! Comunque, facciamo un’ipotesi: se De Gaulle e Churchill fossero stati nostri statisti, come ci saremmo ritrovati? Ci avremmo rimesso a scambiarli con quelli che abbiamo avuto o ci avremmo guadagnato? Chiaro che con i ”se” non si fa la storia, però…..

domenica, giugno 20, 2010

COSA LASCIAMO AI NOSTRI NIPOTI? 

Ieri l’altro, il mio unico nipotino, ha compiuto 10 anni e mi è venuto in mente questo concetto: sulla scorta di quello che vediamo adesso, con il mondo che gira in questo stranissimo modo, cosa possiamo pensare di “lasciare” ai nostri nipoti, tra una diecina d’anni, quanti occorreranno a mio nipote – grosso modo – per presentarsi sul proscenio della vita? Che tipo di società troverà? La stessa di oggi oppure qualcosa di fortemente modificato?
Poiché non possiedo la sfera di cristallo, il domani lo posso ipotizzare soltanto sulla base di quello che vedo oggi e, tanto per rimanere in chiave con quanto affermo di continuo su questo mio blog, voglio sottoporvi due eventi che stanno accadendo e da questi trarre delle considerazioni.
Il primo riguarda ancora una volta la vicenda di Pomigliano, dove ci sono degli attriti tra direzione aziendale e sindacati che mai avevo riscontrato nelle relazioni industriali: pensate che Marchionne, l’Ad FIAT, a commento dello sciopero indetto il 14 scorso a Termini Imerese, ha detto che questa manifestazione è stata organizzata “solo perché c’era la partita dell’Italia”, ribadendo così un andazzo di assenteismo che ormai è diventato leggenda; a mia memoria non si era mai raggiunto questo livello di scontro.
Martedì prossimo ci sarà un referendum tra i lavoratori sulle proposte della FIAT: premesso che anche il sindacato ha invitato i dipendenti ad andare a votare “per non dare scuse all’azienda”, Marchionne ha affermato che se non si trova una soluzione confacente all’interesse aziendale, l’idea di trasferire la produzione della Panda a Pomigliano tramonta e tutto resta in Polonia, i cui operai peraltro “sono più bravi degli italiani”; insomma siamo al ricatto bello e buono, ma per gli operai non vedo altri sbocchi che quello di accettare il diktat; non è giusto ma purtroppo è così!!
Accanto a questa perla “nera”, aggiungiamo la vicenda di Gardner; noi tutti, io per primo, ci scagliamo contro i “datori di morte”, individuandoli prioritariamente nella Cina e nell’Iran, ma ci dimentichiamo dei nostri “cari amici” americani che non sono certamente secondi a nessuno; nei confronti del signor Gardner – tenuto nel braccio della morte per 25 anni (una mostruosità!!) – l’esecuzione non è avvenuta nei modi tradizionali, ma con un “plotone di esecuzione”, quelli che vediamo nei film di guerra e che appartengono, quindi, alla “finzione” ma uccidono per davvero!!
Insomma, dopo un quarto di secolo trascorso nel braccio della morte (come pena mi sembrerebbe più che sufficiente), il Governatore dello Utah ha proferito l’ennesimo “no” alla richiesta della difesa dell’imputato di trasformare la pena nell’ergastolo. E siamo così giunti all’esecuzione: il detenuto, in base ad una legge dello Stato, poteva scegliere tra l’iniezione letale e la fucilazione e così siamo arrivati alla macabra esibizione del plotone, composto da cinque persone, tutti volontari provenienti dalle forze armate o dalla polizia; ad ognuno di loro è stato consegnato un fucile – uno dei quali era caricato a salve in modo che tutti potessero illudersi di non avere ucciso – e sulla zona del cuore del detenuto è stato appuntato un panno di colore bianco verso il quale si sono diretti – da otto metri di distanza - i colpi degli esecutori.
Va bene che la morte è sempre la morte, in qualunque modo si commini, ma questo sistema mi è sembrato assai incivile e quindi lo metto tra le cose che – insieme alla barbarie dell’attuale civiltà industriale – sarebbe opportuno che mio nipote non trovasse tra dieci anni quando si affaccerà alla vita. M’illudo? Certo, ma si vive di illusioni; non è vero??

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