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venerdì, gennaio 28, 2011

LA CHIESA E LA SOCIETA' 

I giornali e gli altri mezzi di comunicazione ci riportano continuamente l’immagine di una popolazione – quella italiana, che viene definita “cattolica” – che vuole avere la sua voce in capitolo nelle decisioni di carattere “morale” che si susseguono continuamente nella Chiesa, salvo poi fare di testa propria.
È così che in una recente trasmissione pomeridiana – “Forum” su Canale5 – ho sentito la conduttrice, Rita dalla Chiesa, lanciarsi in una violenta filippica sulla Chiesa che non concede ai fedeli divorziati di prendere la comunione; ed allora ecco che tutti gli ospiti dello studio milanese si sono scatenati a dire male della Chiesa ma in un modo che è tipico dei nostri giorni: “io amo Gesù ed i suoi insegnamenti, ma non condivido l’operato della Chiesa”; a questo punto preferisco gli atei!!
Tutto questo, a ben vedere, è la tipica posizione di comodo che ai nostri contemporanei non sfugge mai: appropriarsi delle cose che ci fanno comodo e rigettare quelle che comportano sacrificio o dolore o comunque rinunce.
In questa società in cui balza sempre più evidente il mito di Narciso, il mestiere dell’esponente ecclesiastico è sempre più difficile perché è destinato a dire molto spesso “NO” a cose che l’odierna civiltà ha ormai imposto come realtà indispensabili per vivere bene e per godere delle bellezze della vita.
Ma la chiesa è sballottata sia da destra che da sinistra: ricordo che tempo addietro, Sarkozy – per ragioni ideali o di comodo, non importa in questa sede – lanciò la crociata contro i rom, chiedendone l’espulsione dalla Francia; in quell’occasione il Papa prese una posizione molto critica nei confronti del Presidente francese, in nome del nostro dovere di cristiani di fornire accoglienza a tutti coloro che ne hanno bisogno.
Ebbene, in quell’occasione la maggioranza dei credenti cattolici si schierò decisamente dalla parte di Sarkozy, negando al Pontefice l’autorità di compiere la propria missione votata all’accoglienza: questo perché i rom e gli altri extra comunitari non piacciono ai nostri contemporanei e quindi neppure ai bravi cattolici.
Insomma, se mettiamo in conto che dal 1993 – caduta della DC, referente politico dei cattolici – la Chiesa è in forte calo specialmente in Europa, dobbiamo dire con chiarezza che il Vaticano ha fatto vari errori nel campo della “comunicazione”: il primo è quello di non aver saputo gestire la vicenda dei “preti pedofili” dando l’impressione che veniva cercato l’insabbiamento e non la denuncia; per affrontare questa delicata situazione ci sarebbe voluto un altro Navarro Valls alla guida dell’Ufficio Stampa e invece l’attuale pontefice ha scelto un gesuita abbastanza “anonimo”.
Ed anche negli appelli del Papa per l’accoglienza degli immigrati dal terzo mondo, le gerarchie ecclesiastiche e coloro che sono addetti alla comunicazione, dovrebbero riflettere su un punto: l’immigrato di colore in moltissimi casi è identificato come un “rompiscatole”, con poca voglia di lavorare e molta di delinquere; o, peggio ancora, viene visto come “il prete di colore” che i bigotti ancora imperanti sentono come un intruso: eppure nelle parrocchie italiane il prete di colore è sempre più presente, vista la crisi delle vocazioni italiane e, mano a mano che si va avanti nel tempo, questa realtà diventerà sempre più evidente; quindi si tratta di fare accettare innanzitutto “i pastori” che la gente (le pecorelle) non vede ancora di buon occhio.
La Chiesa non dimentichi che ha un “patrimonio” enorme che non dovrebbe sperperare: l’angoscia della morte che l’individuo ha e che lo porta a rifugiarsi nella religione; è un “bisogno di Dio” che può diventare facilmente una “conferma di Dio”.

mercoledì, gennaio 26, 2011

EVOLUZIONISMO E RELATIVISMO 

L’odierna civiltà occidentale, dopo aver sotterrato tutte le filosofie di origine marxista o liberale ed avere ignorato persino le conclusioni della scienza, si avvia verso un cieco evoluzionismo che potremmo definire un consumismo portato all’eccesso, in cui il possesso di infiniti oggetti “sembra rendere felici”, sottilissimo veleno che viene inculcato nelle nostre menti, complici giornali, televisione e una pubblicità martellante che induce il cittadino medio a comprare oltre ogni ragionevole misura e se osa disattendere questa sorta di “dogma”, si sente come un traditore della propria società.
Se non esiste una morale universale e neppure la certezza di un Dio, è naturale che la nuova filosofia di vita dei nostri contemporanei è quel relativismo sul quale Papa Ratzinger sta combattendo fin dall’inizio del proprio ministero e che predica un sostanziale distacco dell’individuo da qualsiasi valore che “non gli convenga” o – per usare un eufemismo – che non sia di sua specifica accettazione.
Questo tragico evoluzionismo che è basato soltanto su uno sfrenato consumismo, soprattutto di cose inutili, porta direttamente alla consunzione dei costumi morali e civili delle persone che si ritrovano a vivere una realtà che non è poggiata su alcun fondamento spirituale e che quindi è destinata a franare.
Ed è così che la nostra società si ritrova piena di uomini sleali – verso se stessi, la loro famiglia e le istituzioni – e di donne che si vantano di non avere alcuna morale e che appoggiano questi comportamenti su una condizione materialistica dell’esistenza che irrimediabilmente conduce a “volere sempre qualcosa di più, costi quel che costa”; e, badate bene, questa realtà viene sbandierata come una conquista, come una azione “rivoluzionaria” tesa verso una totale libertà di costumi..
Nella società pre-industriale e pre-moderna, dove si viveva in villaggi che contenevano comunità di ridotte dimensioni, tutti conoscevano tutti e da tutti erano conosciuti, era impossibile barare al gioco della vita e apparire quello che non si era: questi valori che ognuno teneva a mostrare agli altri si possono riassumere in una sola parola: dignità.
E quello che affermo per gli individui è altrettanto valido per i governi, i quali pur sorretti da scarsa legalità sostanziale, possono essere tollerati solo se – a somiglianza del singolo individuo – rispettano le premesse e i postulati su cui si sostengono; se invece, sottobanco, stravolgono o addirittura capovolgono queste premesse allora siamo alla frode in grande stile. E questo, amici miei, è la storia dell’odierna democrazia rappresentativa, di quella che si definisce “democrazia reale”, di quella che governa il mondo civilizzato e cerca di imporsi definitivamente anche nel resto del mondo.
Poiché sarà difficile far regredire questo disegno della storia, auguriamoci almeno che tutti gli individui si creino da soli una tavola di valori e li seguano fedelmente; e questa posizione, lungi dall’essere un cinico disimpegno, è al contrario una tremenda e ferrea assunzione di responsabilità che non sono della società e neppure della famiglia o della Chiesa, ma sono “individuali” e, come tali, ognuno risponde di fronte all’intera comunità che rimane ferita da un comportamento anomalo e non rispondente alle premesse basilari che caratterizzano quella società.
E mi viene di chiudere con quel capitolo della “Nausea” di Sartre in cui il protagonista del libro – Antonio Roquentin – visita il Museo di Bouville dove sono raccolti i ritratti degli uomini più rispettabili e commendevoli della città, che egli – alla fine di un lungo esame – definisce con una sola parola: “sporcaccioni”; chissà cosa direbbe ai giorni nostri se capitasse nei palazzi delle istituzioni??!!

lunedì, gennaio 24, 2011

LA SPESA DEGLI ITALIANI 

La nostra “ricchezza” fa fatica a recuperare le perdite della crisi e quindi la cosiddetta capacità di spesa continua a scendere; la frase è di una ovvietà disarmante, ma debbo scriverla: “meno introiti nelle buste paga e di conseguenza meno acquisti fatti”.
Se vogliamo scendere nei dettagli, sembra che nelle buste paga dei nostri dipendenti – operai e impiegati – siano entrati ben 4,6/miliardi di euro in meno; questo deriva da un incremento pazzesco del ricorso alla Cig (Cassa integrazione guadagni) alla quale sarebbero affluiti la bellezza di 580.00 lavoratori (una città di medie dimensioni!!), per una durata di 1,2miliardi di ore autorizzate nel 2010; per finire questa sequela di cifre, ad ogni dipendente in cassa integrazione sono mancati, a fine anno, 8.000 euro; e se ci pensate bene, se ne comprano di cose con questa cifra!!
Assodato che ci sono state delle cifre molto alte che non sono entrate nelle tasche dei lavoratori, ci dobbiamo chiedere che fine hanno fatto: se volete la mia opinione sono rimaste nei bilanci “a nero” di moltissime aziende ed hanno quindi arricchito ancora di più l’imprenditoria rapace e speculativa; ma questa è solo la mia idea – che ho già esposto altre volte – e nessuno mi ha ripreso; adesso aggiungo che è proprio verso queste categorie che dovrebbe essere puntato il “fucile” del fisco: dico questo perché, se fate mente locale, vedrete che ci sono “categorie” che sono andate meglio di prima, altre che sono andate in maniera similare ed infine quelle che sono andate peggio.
Ed anche qui ho la mia idea: le strutture nelle quali si annovera il lavoratore medio, la piccola borghesia, insomma la gente comune, sono quelli che hanno risentito di più della crisi, mentre quelle di cui fa parte l’alta borghesia ed il ceto imprenditoriale sono andate meglio di prima; questi ultimi sono quelli che dovrebbero pagare più tasse!!
Ed allora vediamoli un po’ meglio questi ceti sociali: la società, grosso modo, è suddivisa in quattro strati, dei quali il primo e l’ultimo rappresentano rispettivamente i grandi ricchi e i grandi poveri; queste due strutture incidono poco sul movimento dell’economia a seguito della crisi, perché i primi non ne hanno risentito quasi per niente e gli altri….pure, anche se in senso opposto: i primi continuano a comprare come prima e gli ultimi della società continuano a “non comprare” come prima.
In mezzo a questi due ceti ci sono gli altri due: la media borghesia ed il proletariato; il primo è quello che forse ha risentito di più della situazione e una parte dei suoi aderenti è finito nel ceto inferiore (il proletariato), mentre pochi hanno avuto la promozione a quello superiore; il proletariato – che a detta dell’ingenuo Carlo Marx avrebbe dovuto “fare la rivoluzione” – ha un solo desiderio, alla faccia della rivoluzione: fare parte della media borghesia, ma durante questa crisi non è stato possibile il travaso, mentre si è verificato una retrocessione di molti proletari verso i “grandi poveri” e quindi ci sono state minori possibilità di acquisti nell’anno appena trascorso.
In concreto, i minori acquisti si sono avuti da parte della media borghesia e, in parte, anche del proletariato; entrambe le cedenze sono state solo in parte ammortizzate dai “grandi ricchi” e quindi vediamo chi sono questi fortunati: si tratta di una categoria formata essenzialmente da gente che “ruba” – al fisco e al cliente – e quindi è difficile individuarli; sono coloro che hanno grandi auto e fanno grandi vacanze, in particolare all’estero, in quanto possono permettersi di utilizzare una parte del “nero” guadagnato nel periodo; sono anche i grandi speculatori, coloro cioè che non fanno girare i loro denari per creare benessere ma solo per aumentare la loro ricchezza e sono anche dei “protetti” dei partiti politici; è chiaro l’identikit? Ne conoscete qualcuno?

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