sabato, aprile 07, 2012
ABBASSO LA MISERIA
In questo nostro Paese fatto di politici, di politicanti, di professori – veri e finti – di faccendieri e di millantatori (potrei continuare senza immettere nessun nome positivo), esistono anche personaggi difficilmente catalogabili ma che rivestono caratteristiche di pura genialità e, quello che è ancora più importante, con una forte venatura di socialità.
Mi riferisco ad un personaggio toscano, per la precisione di Quarrata, in Provincia di Pistoia, che risponde al nome di Giuliano Melani; spostiamo il calendario al novembre 2011 quando le turbolenze finanziarie stavano per far saltare in aria i conti dello Stato; in particolare i tassi dei BTP erano alle stelle, così come il famigerato spread di riferimento con i tassi tedeschi; ed ecco l’idea geniale del Melani: compra una pagina sul Corriere della Sera con i soldi che aveva destinato all’acquisto dell’auto nuova per il figlio ( 20.570 euro); su questa pagina invita gli italiani tutti a comprare Btp per salvare il Paese dalla speculazione; e dava anche la motivazione: siccome il debito ce lo siamo fatti noi, meglio ricomprarcelo (magari guadagnandoci qualcosa), che non rimetterci pagando nuove tasse.
Un’idea semplice ma al tempo stesso rivoluzionaria, talmente banale che venne accolta da tutto il Mondo come se fosse il famoso uovo di Colombo; fioccarono le richieste di interviste (BBC, New York Times, solo per citare i più famosi), ma soprattutto cominciarono le telefonate della gente comune, quella che credeva in questa iniziativa e alla proposta di Melani di acquistare ciascuno 4.500 euro di Btp, qualcuno eccepiva che ne aveva solo 4.300; andava bene lo stesso? Magari il resto il prossimo mese!! Alla fine dei giochi, questa Italia si è ricomprata il 10% del Debito pubblico, una cifra paurosamente vicina ai 200 miliardi di euro.
E adesso passiamo all’ultima genialata del Melani: l’abrogazione della miseria; dice l’autore: “non ne abbiamo bisogno, non ci serve e abbiamo i mezzi per eliminarla”; poi prosegue con alcune delle cose che appariranno nel suo prossimo libro che sta per terminare e che non ha ancora un titolo definitivo.
Ci confida solo qualche perla: “sulla terra produciamo beni alimentari per sfamare 12 miliardi di persone mentre sulla siamo 7 miliardi eppure ogni giorno troppe persone rimangono senza mangiare; la miseria è come un virus che si attacca alle persone, ma se ragionassimo diversamente lo debelleremmo; come fare? è scritto sul libro di prossima uscita”.
Il nostro Melani si rende ben conto che questa volta ha intrapreso una strada irta di difficoltà, si rende altrettanto ben conto che la sua idea sta tra Bakunin e Rousseau, tutta gente dimenticata dai più, ma non è certo il tipo che molla la presa.
Non azzardo previsioni e neppure ricette miracolistiche; mi limito a riportare un dato reso noto dalla Banca d’Italia: le 10 persone più ricche d’Italia possiedono quanto i 3/milioni di italiani più poveri; questa è statistica, ma al di là dei numeri ci sono degli essere umani, la maggioranza dei quali sta nella parte inferiore di questa classifica, cioè ben distante dai “ricchi”; questo vorrà pur dire qualcosa!!
Comunque sia, attendo con ansia l’uscita di questo nuovo libro di Melani e nel frattempo, vorrei ricordare ai miei amici lettori cosa s’intende per “miseria”, secondo il fido “Devoto-Oli”: “l’indigenza, soprattutto in quanto capace di pregiudicare seriamente la dignità morale e sociale di un individuo o di una comunità”; di tale definizione mi colpisce il pregiudizio della dignità sia morale che materiale: è ciò che si continua a vedere nei Paesi in via di sviluppo e che comincia a fare capolino anche da noi!!
Mi riferisco ad un personaggio toscano, per la precisione di Quarrata, in Provincia di Pistoia, che risponde al nome di Giuliano Melani; spostiamo il calendario al novembre 2011 quando le turbolenze finanziarie stavano per far saltare in aria i conti dello Stato; in particolare i tassi dei BTP erano alle stelle, così come il famigerato spread di riferimento con i tassi tedeschi; ed ecco l’idea geniale del Melani: compra una pagina sul Corriere della Sera con i soldi che aveva destinato all’acquisto dell’auto nuova per il figlio ( 20.570 euro); su questa pagina invita gli italiani tutti a comprare Btp per salvare il Paese dalla speculazione; e dava anche la motivazione: siccome il debito ce lo siamo fatti noi, meglio ricomprarcelo (magari guadagnandoci qualcosa), che non rimetterci pagando nuove tasse.
Un’idea semplice ma al tempo stesso rivoluzionaria, talmente banale che venne accolta da tutto il Mondo come se fosse il famoso uovo di Colombo; fioccarono le richieste di interviste (BBC, New York Times, solo per citare i più famosi), ma soprattutto cominciarono le telefonate della gente comune, quella che credeva in questa iniziativa e alla proposta di Melani di acquistare ciascuno 4.500 euro di Btp, qualcuno eccepiva che ne aveva solo 4.300; andava bene lo stesso? Magari il resto il prossimo mese!! Alla fine dei giochi, questa Italia si è ricomprata il 10% del Debito pubblico, una cifra paurosamente vicina ai 200 miliardi di euro.
E adesso passiamo all’ultima genialata del Melani: l’abrogazione della miseria; dice l’autore: “non ne abbiamo bisogno, non ci serve e abbiamo i mezzi per eliminarla”; poi prosegue con alcune delle cose che appariranno nel suo prossimo libro che sta per terminare e che non ha ancora un titolo definitivo.
Ci confida solo qualche perla: “sulla terra produciamo beni alimentari per sfamare 12 miliardi di persone mentre sulla siamo 7 miliardi eppure ogni giorno troppe persone rimangono senza mangiare; la miseria è come un virus che si attacca alle persone, ma se ragionassimo diversamente lo debelleremmo; come fare? è scritto sul libro di prossima uscita”.
Il nostro Melani si rende ben conto che questa volta ha intrapreso una strada irta di difficoltà, si rende altrettanto ben conto che la sua idea sta tra Bakunin e Rousseau, tutta gente dimenticata dai più, ma non è certo il tipo che molla la presa.
Non azzardo previsioni e neppure ricette miracolistiche; mi limito a riportare un dato reso noto dalla Banca d’Italia: le 10 persone più ricche d’Italia possiedono quanto i 3/milioni di italiani più poveri; questa è statistica, ma al di là dei numeri ci sono degli essere umani, la maggioranza dei quali sta nella parte inferiore di questa classifica, cioè ben distante dai “ricchi”; questo vorrà pur dire qualcosa!!
Comunque sia, attendo con ansia l’uscita di questo nuovo libro di Melani e nel frattempo, vorrei ricordare ai miei amici lettori cosa s’intende per “miseria”, secondo il fido “Devoto-Oli”: “l’indigenza, soprattutto in quanto capace di pregiudicare seriamente la dignità morale e sociale di un individuo o di una comunità”; di tale definizione mi colpisce il pregiudizio della dignità sia morale che materiale: è ciò che si continua a vedere nei Paesi in via di sviluppo e che comincia a fare capolino anche da noi!!
giovedì, aprile 05, 2012
IL PAPA E FIDEL
Nei giorni scorsi il Papa Benedetto XVI, dopo un viaggio in Messico, si è allungato ed ha fatto tappa a Cuba, dove – oltre alle oceaniche folle che hanno seguito la Messa – ha avuto l’incontro con il vecchio e malandato “lider maximo”, Fidel Castro, ricomparso in pubblico dopo un lungo tempo di ritiro dovuto ad una grave ed incurabile malattia.
Al fianco di Fidel – ed è la prima volta che ricordo un fatto del genere – è comparsa anche la moglie, Dalia, sposata nel 1981 e dalla quale ha avuto ben cinque figli, da aggiungere agli altri tre che aveva avuto da altre compagne; non c’è che dire: un vero seguace della procreazione a tutti i costi!
È trapelato che Castro avrebbe chiesto a Benedetto XVI quattro cose: la prima è “Santità, che cosa fa un Pontefice?”, la seconda “La religione come risponde ai problemi dell’uomo?”, la terza “Quale contributo dà alla scienza?” ed infine l’ultima “Come è cambiata oggi la liturgia?”; ovviamente non si conoscono le risposte che Papa Ratzinger ha dato a Fidel; piuttosto, quest’ultimo avrebbe ringraziato il Papa per aver beatificato Wojtyla e Madre Teresa di Calcutta, a dimostrazione che il vecchio rivoluzionario continua a stare dalla parte di coloro che difendono i diseredati.
L’impressione che si ricava da questo incontro è che il “grande ponte” inaugurato 14 anni fa tra lo Stato cubano e la Chiesa, sembra pronto ad aprirsi ad un intenso traffico; in tutto il mondo si è visto il vecchio Fidel che, senza nascondere l’estrema debolezza, si è piegato verso il pontefice per porgli alcuni quesiti, senza neppure tentare di mostrarsi forte, anzi più forte di quello che è adesso, quasi a voler comunicare ai cubani che il grande rivoluzionario sta affrontando con pensierosa serenità il suo destino di uomo “non immortale” e che vede nel Papa un attendibile interlocutore.
Due uomini così lontani come provenienza e cultura, si sono trovati alla Nunziatura dell’Avana e si sono mostrati per quello che sono: due grandi vecchi che dialogano e che cercano delle spiegazioni a questo residuo di vita che viene loro ancora concesso.
Fidel, a dimostrazione della familiarità con cui ha trattato il Papa, gli ha chiesto di mandargli dei libri, quelli scritti dal teologo Ratzinger, da “Introduzione al Cristianesimo” a “Gesù di Nazareth”, fino a “Il Sale della terra”.
Anche il look scelto da Castro per questo incontro ripreso dalle televisioni di tutto il mondo è stato particolarissimo: un giaccone nero monacale, la lunga barba bianca abbastanza curata e il tono dimesso hanno contribuito a mostrarci un leader pensieroso ed attento.
Quando si invecchia e si ha davanti poco tempo, è umano guardare indietro, ripensare al passato, a quello che si è riusciti a fare: uno è diventato il numero uno della Chiesa e l’altro è una figura mitizzata da tutti i popoli sudamericani che ne osannano la limpidezza e la tenacia.
Sono entrambi ultraottantenni e sanno bene che il tempo migliore è passato e quel che resta è dedicato alla riflessione, alla ricerca della loro identità vera: due storie differenti, una che cerca l’eterno, l’altra che termina qui.
Cosa giri nella testa di un uomo – sia esso il Papa o un ateo, sia pure potente e rispettato da tutti – quando sta per terminare il proprio percorso terreno, lo sa solo Dio e non lo racconta a nessuno; la sintesi dell’incontro potrebbe essere più semplice di quanto non si pensi: quando parla il Papa parla la Chiesa e probabilmente Fidel è rimasto impressionato favorevolmente da come il cristianesimo abbia sempre e comunque a cuore le sorti dell’uomo. Sono diventati amici? Forse, chi può dirlo!!
Al fianco di Fidel – ed è la prima volta che ricordo un fatto del genere – è comparsa anche la moglie, Dalia, sposata nel 1981 e dalla quale ha avuto ben cinque figli, da aggiungere agli altri tre che aveva avuto da altre compagne; non c’è che dire: un vero seguace della procreazione a tutti i costi!
È trapelato che Castro avrebbe chiesto a Benedetto XVI quattro cose: la prima è “Santità, che cosa fa un Pontefice?”, la seconda “La religione come risponde ai problemi dell’uomo?”, la terza “Quale contributo dà alla scienza?” ed infine l’ultima “Come è cambiata oggi la liturgia?”; ovviamente non si conoscono le risposte che Papa Ratzinger ha dato a Fidel; piuttosto, quest’ultimo avrebbe ringraziato il Papa per aver beatificato Wojtyla e Madre Teresa di Calcutta, a dimostrazione che il vecchio rivoluzionario continua a stare dalla parte di coloro che difendono i diseredati.
L’impressione che si ricava da questo incontro è che il “grande ponte” inaugurato 14 anni fa tra lo Stato cubano e la Chiesa, sembra pronto ad aprirsi ad un intenso traffico; in tutto il mondo si è visto il vecchio Fidel che, senza nascondere l’estrema debolezza, si è piegato verso il pontefice per porgli alcuni quesiti, senza neppure tentare di mostrarsi forte, anzi più forte di quello che è adesso, quasi a voler comunicare ai cubani che il grande rivoluzionario sta affrontando con pensierosa serenità il suo destino di uomo “non immortale” e che vede nel Papa un attendibile interlocutore.
Due uomini così lontani come provenienza e cultura, si sono trovati alla Nunziatura dell’Avana e si sono mostrati per quello che sono: due grandi vecchi che dialogano e che cercano delle spiegazioni a questo residuo di vita che viene loro ancora concesso.
Fidel, a dimostrazione della familiarità con cui ha trattato il Papa, gli ha chiesto di mandargli dei libri, quelli scritti dal teologo Ratzinger, da “Introduzione al Cristianesimo” a “Gesù di Nazareth”, fino a “Il Sale della terra”.
Anche il look scelto da Castro per questo incontro ripreso dalle televisioni di tutto il mondo è stato particolarissimo: un giaccone nero monacale, la lunga barba bianca abbastanza curata e il tono dimesso hanno contribuito a mostrarci un leader pensieroso ed attento.
Quando si invecchia e si ha davanti poco tempo, è umano guardare indietro, ripensare al passato, a quello che si è riusciti a fare: uno è diventato il numero uno della Chiesa e l’altro è una figura mitizzata da tutti i popoli sudamericani che ne osannano la limpidezza e la tenacia.
Sono entrambi ultraottantenni e sanno bene che il tempo migliore è passato e quel che resta è dedicato alla riflessione, alla ricerca della loro identità vera: due storie differenti, una che cerca l’eterno, l’altra che termina qui.
Cosa giri nella testa di un uomo – sia esso il Papa o un ateo, sia pure potente e rispettato da tutti – quando sta per terminare il proprio percorso terreno, lo sa solo Dio e non lo racconta a nessuno; la sintesi dell’incontro potrebbe essere più semplice di quanto non si pensi: quando parla il Papa parla la Chiesa e probabilmente Fidel è rimasto impressionato favorevolmente da come il cristianesimo abbia sempre e comunque a cuore le sorti dell’uomo. Sono diventati amici? Forse, chi può dirlo!!
martedì, aprile 03, 2012
QUANTE MORTI VIOLENTE!!
Nel mondo del lavoro, l’esasperazione per la tragica situazione occupazionale, sta provocando diverse morti violente, ma la cosa viene gestita dai mass-media come dei fatti di “cronaca nera”, senza cercare di andare oltre all’evento.
Devo purtroppo citarvi almeno qualcuno di questi suicidi, ma ritengo che questo sia indispensabile per comprendere il fenomeno: il primo fatto che riporto si riferisce ad un artigiano bolognese che si è dato fuoco proprio di fronte alla locale sede di Equitalia; ha lasciato un biglietto diretto a questa struttura in cui afferma “ho sempre pagato le tasse, poco ma sempre. Quello che ho fatto l’ho fatto in buona fede. Lasciate in pace mia moglie, lei è una brava donna. Vi chiedo perdono anche a voi”; dopo alcuni accertamenti, Equitalia aveva contestato all’artigiano svariati tributi non pagati per complessivi 105.000 euro, comprese multe e sanzioni varie.
A Verona un operaio edile di 27 anni si è dato fuoco: la motivazione è che l’uomo aveva lavorato quattro mesi per un datore di lavoro che non gli aveva dato un euro.
A Figline Valdarno un rappresentante di commercio di 61 anni si è tolto la vita infilandosi un coltello in gola e recidendosi la gola dall’interno: agghiacciante! Il motivo è che il lavoro si era fermato e non riusciva più a mantenere la famiglia.
A Trani un imbianchino di 49 anni senza lavoro si è lanciato da un balcone e un analogo artigiano si è impiccato a Scorrano, in Provincia di Lecce e lo stesso insano gesto ha compiuto un imprenditore di 53 anni di Belluno che non riusciva a mandare avanti la sua azienda e un commerciante sessantenne di Taranto al quale la banca ha negato un prestito che gli serviva per pagare gli stipendi ai dipendenti,.
Chiarisco che questi eventi sono soltanto una parte di quello che è accaduto in una settimana nel nostro Paese e lì’unico che sembra avere intuito il nocciolo del problema e ne è preoccupatissimo, è il senatore Lannutti, presidente dell’ADUSBEF e capogruppo dell’Idv in Senato; egli, senza mezzi termini, ha lanciato un appello che recita: “fermiamo queste tragedie!”.
Lannutti ha poi proseguito attaccando il Governo che – a suo dire – “non sta facendo nulla e mostra la più spietata insensibilità di fronte ai reiterati tentativi miei e di altri senatori di dare il via ad una moratoria per coloro che non riescono a pagare i debiti con il Fisco”. Il senatore aggiunge poi una cosa ancora più interessante: “la pressione fiscale aumenta vertiginosamente ma al Governo non importa assolutamente niente in quanto è completamente scollato dal Paese reale”; a questo proposito dobbiamo constatare che il fisco incide sulle nostre tasche per il 45%, mentre nel 1980 era fermo a poco più del 30%: un aumento del 50%, mica scherzi!!
È secondo quanto riportato da alcuni economisti: “ognuno di questi eroi disperati è un macigno sulla coscienza di chi continua a tutelare l’interesse della finanza invece della dignità di chi lavora”. In questa dichiarazione si prefigura che i supermanager della finanza e i “garantiti” della politica abbiano una “coscienza” sulla quale appoggiare le proprie scelte, ma ho paura che se crediamo in questo possiamo credere anche in Biancaneve e i sette nani.
Il problema è che la finanza ha ormai surclassato tutta l’imprenditoria relegandola a mero strumento nelle mani dei “grandi giocatori”; e in questo diabolico mondo, il lavoratore è diventato una merce come un’altra, tant’è vero che esiste un “mercato del lavoro” così come c’è un “mercato delle vacche” o dei latticini o dell’abbigliamento.
E il futuro mi sembra destinato a peggiorare, altro che storie!!
Devo purtroppo citarvi almeno qualcuno di questi suicidi, ma ritengo che questo sia indispensabile per comprendere il fenomeno: il primo fatto che riporto si riferisce ad un artigiano bolognese che si è dato fuoco proprio di fronte alla locale sede di Equitalia; ha lasciato un biglietto diretto a questa struttura in cui afferma “ho sempre pagato le tasse, poco ma sempre. Quello che ho fatto l’ho fatto in buona fede. Lasciate in pace mia moglie, lei è una brava donna. Vi chiedo perdono anche a voi”; dopo alcuni accertamenti, Equitalia aveva contestato all’artigiano svariati tributi non pagati per complessivi 105.000 euro, comprese multe e sanzioni varie.
A Verona un operaio edile di 27 anni si è dato fuoco: la motivazione è che l’uomo aveva lavorato quattro mesi per un datore di lavoro che non gli aveva dato un euro.
A Figline Valdarno un rappresentante di commercio di 61 anni si è tolto la vita infilandosi un coltello in gola e recidendosi la gola dall’interno: agghiacciante! Il motivo è che il lavoro si era fermato e non riusciva più a mantenere la famiglia.
A Trani un imbianchino di 49 anni senza lavoro si è lanciato da un balcone e un analogo artigiano si è impiccato a Scorrano, in Provincia di Lecce e lo stesso insano gesto ha compiuto un imprenditore di 53 anni di Belluno che non riusciva a mandare avanti la sua azienda e un commerciante sessantenne di Taranto al quale la banca ha negato un prestito che gli serviva per pagare gli stipendi ai dipendenti,.
Chiarisco che questi eventi sono soltanto una parte di quello che è accaduto in una settimana nel nostro Paese e lì’unico che sembra avere intuito il nocciolo del problema e ne è preoccupatissimo, è il senatore Lannutti, presidente dell’ADUSBEF e capogruppo dell’Idv in Senato; egli, senza mezzi termini, ha lanciato un appello che recita: “fermiamo queste tragedie!”.
Lannutti ha poi proseguito attaccando il Governo che – a suo dire – “non sta facendo nulla e mostra la più spietata insensibilità di fronte ai reiterati tentativi miei e di altri senatori di dare il via ad una moratoria per coloro che non riescono a pagare i debiti con il Fisco”. Il senatore aggiunge poi una cosa ancora più interessante: “la pressione fiscale aumenta vertiginosamente ma al Governo non importa assolutamente niente in quanto è completamente scollato dal Paese reale”; a questo proposito dobbiamo constatare che il fisco incide sulle nostre tasche per il 45%, mentre nel 1980 era fermo a poco più del 30%: un aumento del 50%, mica scherzi!!
È secondo quanto riportato da alcuni economisti: “ognuno di questi eroi disperati è un macigno sulla coscienza di chi continua a tutelare l’interesse della finanza invece della dignità di chi lavora”. In questa dichiarazione si prefigura che i supermanager della finanza e i “garantiti” della politica abbiano una “coscienza” sulla quale appoggiare le proprie scelte, ma ho paura che se crediamo in questo possiamo credere anche in Biancaneve e i sette nani.
Il problema è che la finanza ha ormai surclassato tutta l’imprenditoria relegandola a mero strumento nelle mani dei “grandi giocatori”; e in questo diabolico mondo, il lavoratore è diventato una merce come un’altra, tant’è vero che esiste un “mercato del lavoro” così come c’è un “mercato delle vacche” o dei latticini o dell’abbigliamento.
E il futuro mi sembra destinato a peggiorare, altro che storie!!
domenica, aprile 01, 2012
MA MONTI VUOLE IMITARE BERLUSCONI?
In questi ultimi tempi sembra quasi che al nostro Premier siano saltati i nervi e non si renda conto dell’anomalia della sua posizione; in un’ultima dichiarazione, peraltro rilasciata all’estero, ha detto che il governo ha il consenso dei cittadini ed i partiti no; tutto questo – a detta del premier – risulterebbe dai sondaggi (senza precisare quali).
Ricordo al professor Monti che anche Berlusconi si basava sui sondaggi e, piano piano si è dedicato ad altre attività – sicuramente più goduriose – ma che lo hanno allontanato dalla stima degli italiani; cerchi di non imitarlo!!
Ricordo anche che stiamo vivendo un periodo politico assolutamente anomalo: un premier mai sottopostosi al giudizio degli italiani, nomina una schiera di ministri nella stessa sua situazione, e governa il Paese per volontà della tecnocrazia europea supportata dal nostro Presidente della Repubblica; ma dobbiamo tenere presente che le norme varate dal Governo devono poi passare in Parlamento e qui si rivela l’anomalia maggiore, in quanto al primo cenno di dissenso di qualcuno della “maggioranza” (anch’essa anomala perché fatta dalla destra e dalla sinistra insieme) si ricorre al voto di fiducia accompagnato da una specie di “minaccia”: se il Parlamento non è pronto per varare questa legge, noi ce ne possiamo anche tornare a casa (con tutto quello che ne consegue); linguisticamente potremmo coniare questa frase: “abbiamo una dittatura mascherata da democrazia parlamentare”; mi sbaglio??
Ma torniamo all’attività del nostro governo: affrontando una riforma che, secondo Monti ci è richiesta dagli investitori esteri, ci siamo arenati sul celebre articolo 18 che disciplina le norme relative alla giusta causa nei licenziamenti.
Ho l’impressione che tutta questa “ammuina” sull’articolo 18 sia alla base di altri movimenti che avvengono senza che l’opinione pubblica neppure se ne renda conto e cioè la continua tassazione dei ceti medi senza toccare le rendite finanziarie e neppure gli altissimi introiti; in questa campagna ladresca, si è toccato il fondo con una normativa che se non fosse da piangere sarebbe da ridere; state attenti: un anziano che non è più in grado di auto-gestirsi e quindi non ce la fa più ad abitare nella propria dimora, viene accolto in una casa di riposo; fin qui tutto chiaro? Bene, sapete cosa gli succede? La sua dimora (prima ed unica casa posseduta) pagherà l’IMU come se fosse una “seconda casa”, in quanto la prima casa diventa la struttura per gli anziani in cui abita il nostro vecchietto. Non è una barzelletta ma si riferisce all’articolo 13 del decreto “Salva Italia” il quale stabilisce che se “il ricovero in una struttura apposita è “permanente”, l’abitazione lasciata vuota viene considerata “seconda casa” e quindi l’IMU passa dal 4 al 7,6 per mille e quindi, ogni anziano degente in tali case di riposo, potrebbero dover pagare tra i 1.500 e i 2.000 euro in più.
Ma torniamo al famoso articolo 18 dello Statuto dei lavoratori; sapete da chi venne approvata la relativa norma nel 1970? Solo il PSI e la DC votarono a favore, mentre il PCI, il PSIUP e la Sinistra Indipendente si astennero; solo in apparenza è un controsenso, in quanto i “padri” del testo furono il socialista Brodolini e i DC Moro e Donat Cattin. Auguriamoci comunque che questa normativa trovi “pace” in Parlamento e anziché di licenziamenti si cominci a parlare di assunzioni; infatti non trovate strano che in un periodo in cui il tasso di disoccupazione aumenta a vista d’occhio si parli di come fare a licenziare i dipendenti e non di come incrementarne le assunzioni?
Ma come ho già detto, nessuno dei parenti fino alla terza generazione degli attuali ministri tecnici rischia niente e quindi…….; gli altri si arrangino!!
Ricordo al professor Monti che anche Berlusconi si basava sui sondaggi e, piano piano si è dedicato ad altre attività – sicuramente più goduriose – ma che lo hanno allontanato dalla stima degli italiani; cerchi di non imitarlo!!
Ricordo anche che stiamo vivendo un periodo politico assolutamente anomalo: un premier mai sottopostosi al giudizio degli italiani, nomina una schiera di ministri nella stessa sua situazione, e governa il Paese per volontà della tecnocrazia europea supportata dal nostro Presidente della Repubblica; ma dobbiamo tenere presente che le norme varate dal Governo devono poi passare in Parlamento e qui si rivela l’anomalia maggiore, in quanto al primo cenno di dissenso di qualcuno della “maggioranza” (anch’essa anomala perché fatta dalla destra e dalla sinistra insieme) si ricorre al voto di fiducia accompagnato da una specie di “minaccia”: se il Parlamento non è pronto per varare questa legge, noi ce ne possiamo anche tornare a casa (con tutto quello che ne consegue); linguisticamente potremmo coniare questa frase: “abbiamo una dittatura mascherata da democrazia parlamentare”; mi sbaglio??
Ma torniamo all’attività del nostro governo: affrontando una riforma che, secondo Monti ci è richiesta dagli investitori esteri, ci siamo arenati sul celebre articolo 18 che disciplina le norme relative alla giusta causa nei licenziamenti.
Ho l’impressione che tutta questa “ammuina” sull’articolo 18 sia alla base di altri movimenti che avvengono senza che l’opinione pubblica neppure se ne renda conto e cioè la continua tassazione dei ceti medi senza toccare le rendite finanziarie e neppure gli altissimi introiti; in questa campagna ladresca, si è toccato il fondo con una normativa che se non fosse da piangere sarebbe da ridere; state attenti: un anziano che non è più in grado di auto-gestirsi e quindi non ce la fa più ad abitare nella propria dimora, viene accolto in una casa di riposo; fin qui tutto chiaro? Bene, sapete cosa gli succede? La sua dimora (prima ed unica casa posseduta) pagherà l’IMU come se fosse una “seconda casa”, in quanto la prima casa diventa la struttura per gli anziani in cui abita il nostro vecchietto. Non è una barzelletta ma si riferisce all’articolo 13 del decreto “Salva Italia” il quale stabilisce che se “il ricovero in una struttura apposita è “permanente”, l’abitazione lasciata vuota viene considerata “seconda casa” e quindi l’IMU passa dal 4 al 7,6 per mille e quindi, ogni anziano degente in tali case di riposo, potrebbero dover pagare tra i 1.500 e i 2.000 euro in più.
Ma torniamo al famoso articolo 18 dello Statuto dei lavoratori; sapete da chi venne approvata la relativa norma nel 1970? Solo il PSI e la DC votarono a favore, mentre il PCI, il PSIUP e la Sinistra Indipendente si astennero; solo in apparenza è un controsenso, in quanto i “padri” del testo furono il socialista Brodolini e i DC Moro e Donat Cattin. Auguriamoci comunque che questa normativa trovi “pace” in Parlamento e anziché di licenziamenti si cominci a parlare di assunzioni; infatti non trovate strano che in un periodo in cui il tasso di disoccupazione aumenta a vista d’occhio si parli di come fare a licenziare i dipendenti e non di come incrementarne le assunzioni?
Ma come ho già detto, nessuno dei parenti fino alla terza generazione degli attuali ministri tecnici rischia niente e quindi…….; gli altri si arrangino!!