sabato, luglio 30, 2011
SPRECO E MINIMALISMO
Alcuni giorni fa ho pubblicato un post in cui attaccavo la F.A.O., ennesimo carrozzone di questo mondo che sembra si regga soltanto su sprechi e ladrocinio.
In quel contesto mi ero documentato particolarmente sugli “sprechi” che avvengono nella moderna civiltà ed era venuto fuori un panorama decisamente sconsolante.
Poi pero mi sono chiesto: e se questi “sprechi” derivassero da una necessità che la moderna globalizzazione impone – attraverso un uso strumentale della pubblicità – ai cittadini del mondo al fine di realizzare quello che discende da una legge ipocrita e pazzesca: “l’offerta crea la domanda”, laddove si assiste all’influenza che gli attuali esseri umani subiscono da coloro che sono addetti a suscitare all’esterno le necessità di consumare questo o quel prodotto.
Tale accelerazione della domanda ha prodotto – o meglio, continua a produrre – una situazione nella quale i Paesi industrializzati corrono e si affannano a produrre sempre di più, ma analogamente si comportano anche gli altri, cosicché sembriamo tutti “fermi”, cioè come se corressimo su un tapis roulant alla rovescia; e chi molla – anche solo per poco – è perduto.
Questa società, capovolgendo venti secoli di pensiero occidentale e orientale, ha proclamato il principio (fatto proprio anche dai marxisti) che “non è bene accontentarsi di ciò che si ha”, fondando così l’infelicità umana, dato che non si pongono limiti a ciò che si può avere e quindi il margine tra realtà ed aspirazione resta sempre uno scarto insormontabile; insomma – scusatemi il paradosso – il successo è oggettivamente conquistato ma psicologicamente irraggiungibile.
In controtendenza a tutto quanto sopra esposto, abbiamo una corrente di pensiero che si firma “minimalista”, i cui adepti si danno da fare per guadagnare quello che è sufficiente a vivere e niente più; ovviamente il primo passo da fare è distinguere ciò che serve davvero rispetto a quello che è superfluo e quindi fare orecchi da mercante a tutte le sollecitazioni della pubblicità e quindi “non chiedendosi cosa sarebbe il mondo senza Nutella” e via di questo passo.
Il risultato sorprendente è che la lista di ciò che serve veramente diventa molto breve sino a concludere che per vivere basterebbe il 15% di uno stipendio ordinario (mi sembra poco ma così mi assicurano); guadagnare di più è inutile, dicono loro!
Con questa consapevolezza, il minimalista decide di lavorare solo per ottenere il denaro che gli serve e così lavora poco; non desidera neppure “un posto fisso” perché questo lo legherebbe troppo, preferisce occupazioni saltuarie, con cui guadagnare quel tanto che basta e niente di più.
Questi lavori saltuari non lo legano ad una residenza fissa e quindi è libero di spostarsi e cambiare città o addirittura Nazione; il tutto usufruendo di biglietti “last minute” sia per il treno che per eventuali aerei, dato che non ha orari e neppure date da rispettare.
In questa visione di vita, il minimalista – fatto salva l’acquisizione di quel tanto che basta per vivere – esercita pienamente la sua libertà di realizzare i propri desideri, dal teatro ai libri, dalle discussioni con gli amici a quelle con coloro che la pensano diversamente; il tutto purché rientri nel “minimo” a cui si può provvedere.
Se questa “folgorazione” del minimalismo avviene da giovane, si ha un’altra scoperta: non si ha bisogno di chiedere soldi ai genitori i quali entrano così in una drammatica crisi quando scoprono che i propri figli “non hanno un posto fisso ma non hanno neppure bisogno di soldi”; cosa ci sarà sotto si chiedono invano??
In quel contesto mi ero documentato particolarmente sugli “sprechi” che avvengono nella moderna civiltà ed era venuto fuori un panorama decisamente sconsolante.
Poi pero mi sono chiesto: e se questi “sprechi” derivassero da una necessità che la moderna globalizzazione impone – attraverso un uso strumentale della pubblicità – ai cittadini del mondo al fine di realizzare quello che discende da una legge ipocrita e pazzesca: “l’offerta crea la domanda”, laddove si assiste all’influenza che gli attuali esseri umani subiscono da coloro che sono addetti a suscitare all’esterno le necessità di consumare questo o quel prodotto.
Tale accelerazione della domanda ha prodotto – o meglio, continua a produrre – una situazione nella quale i Paesi industrializzati corrono e si affannano a produrre sempre di più, ma analogamente si comportano anche gli altri, cosicché sembriamo tutti “fermi”, cioè come se corressimo su un tapis roulant alla rovescia; e chi molla – anche solo per poco – è perduto.
Questa società, capovolgendo venti secoli di pensiero occidentale e orientale, ha proclamato il principio (fatto proprio anche dai marxisti) che “non è bene accontentarsi di ciò che si ha”, fondando così l’infelicità umana, dato che non si pongono limiti a ciò che si può avere e quindi il margine tra realtà ed aspirazione resta sempre uno scarto insormontabile; insomma – scusatemi il paradosso – il successo è oggettivamente conquistato ma psicologicamente irraggiungibile.
In controtendenza a tutto quanto sopra esposto, abbiamo una corrente di pensiero che si firma “minimalista”, i cui adepti si danno da fare per guadagnare quello che è sufficiente a vivere e niente più; ovviamente il primo passo da fare è distinguere ciò che serve davvero rispetto a quello che è superfluo e quindi fare orecchi da mercante a tutte le sollecitazioni della pubblicità e quindi “non chiedendosi cosa sarebbe il mondo senza Nutella” e via di questo passo.
Il risultato sorprendente è che la lista di ciò che serve veramente diventa molto breve sino a concludere che per vivere basterebbe il 15% di uno stipendio ordinario (mi sembra poco ma così mi assicurano); guadagnare di più è inutile, dicono loro!
Con questa consapevolezza, il minimalista decide di lavorare solo per ottenere il denaro che gli serve e così lavora poco; non desidera neppure “un posto fisso” perché questo lo legherebbe troppo, preferisce occupazioni saltuarie, con cui guadagnare quel tanto che basta e niente di più.
Questi lavori saltuari non lo legano ad una residenza fissa e quindi è libero di spostarsi e cambiare città o addirittura Nazione; il tutto usufruendo di biglietti “last minute” sia per il treno che per eventuali aerei, dato che non ha orari e neppure date da rispettare.
In questa visione di vita, il minimalista – fatto salva l’acquisizione di quel tanto che basta per vivere – esercita pienamente la sua libertà di realizzare i propri desideri, dal teatro ai libri, dalle discussioni con gli amici a quelle con coloro che la pensano diversamente; il tutto purché rientri nel “minimo” a cui si può provvedere.
Se questa “folgorazione” del minimalismo avviene da giovane, si ha un’altra scoperta: non si ha bisogno di chiedere soldi ai genitori i quali entrano così in una drammatica crisi quando scoprono che i propri figli “non hanno un posto fisso ma non hanno neppure bisogno di soldi”; cosa ci sarà sotto si chiedono invano??
giovedì, luglio 28, 2011
SI AVVICINA IL GIORNO DEL DEFAULT USA
La prossima settimana, esattamente il 2 agosto, scadono i termini per sistemare la questione del debito statale degli USA; riepiloghiamo un po’ la vicenda: in America esiste una normativa per cui il massimale dell’indebitamento è stabilito per legge e questo plafond è già stato raggiunto per cui il Congresso dovrebbe aumentarlo.
Tutti i miei lettori si ricorderanno che all’inizio dell’anno ci sono state le cosiddette “elezioni di mezzo termine” in cui i democratici hanno preso una bella batosta e i repubblicani hanno conquistato la maggioranza; in quella occasione ebbi modo di citare una frase tipica della politica americana che viene usata in questi casi: “il Presidente è come un’anatra zoppa”!
Per completezza d’informazione, devo aggiungere che Obama aveva ereditato un bilancio con un debito pubblico che rastrellava tra il 60 e 70 per cento del Pil e lo ha portato al 95%, grazie soprattutto alla controversa riforma sanitaria.
Ebbene, torniamo al problema immanente: naturalmente, i repubblicani per approvare una legge che alzi il massimale dell’indebitamento, “pretendono” dal Presidente che si attui una politica di tagli e di risparmi (la riforma sanitaria??), mentre i democratici sono più inclini ad un aumento della tassazione, in particolare nei confronti dei “più ricchi”. Come si può vedere, siamo in presenza di un confronto tra le “filosofie” dei due partiti e trovo perfettamente corretto che entrambi storcano il naso a venire meno alle loro idee per abbracciare quelle degli altri; magari, in retta d’arrivo, alla ventiquattresima ora, si troverà una sorta di “accordo di salvataggio” che consentirà al Bilancio americano di continuare ad indebitarsi ed alla Pubblica Amministrazione di pagare gli stipendi ai militari ed ai civili, ma almeno, al momento i due partiti esibiscono la loro ideologia.
Ma chi sono i “debitori” di Obama? In particolare la Cina che con un importo di quasi 1200 miliardi di dollari occupa il primo posto con il 40% del debito pubblico americano nei propri forzieri e poi il Giappone con un’aliquota altrettanto importante, per poi proseguire con moltissimi Stati – non c’è l’Italia – e la cui lista si conclude con la Svizzera che, tanto per non mancare al “banchetto” è debitrice di 108 miliardi di dollari.
A proposito della Cina, sapete che nelle scorse settimane ha festeggiato i 90 anni dalla fondazione del Partito Comunista Cinese e in tale occasione ha realizzato un film dal titolo emblematico “La fondazione di un partito”?
Il film, autentico colossal, realizzato da due registi con 178 attori, racconta in forma estremamente agiografica, gli eventi dal 1911 alla fondazione del partito avvenuta a Shanghai nel. 1921, fatta da tredici persone, tra le quali non figura Mao che a quei tempi ancora non contava molto; non tocca i decenni successivi, quando cioè Mao raggiunse il potere, con tutte le morti che ne derivarono; e questo è significativo!
Molti puristi del partito hanno protestato per una particolarità produttiva: il film è stato sponsorizzato dalla casa automobilistica americana Cadillac, marchio della General Motors che conserva in Cina molto fascino e che richiama i tempi favolosi della grandezza americana. Dopo i puristi cinesi, anche in America si hanno delle perplessità sulla sponsorizzazione fatta dalla grande casa automobilistica americana che ha utilizzato parte dei soldi pubblici concessi per aiutare l’azienda in crisi produttiva, per finanziere un film di esaltazione del Partito Comunista Cinese.
Amici americani, parlare di “comunisti” cinesi mi sembra fuori tempo; adesso quello che conta è il business e basta, quindi è giusta la definizione che si da in Cina: “capitalismo post comunista”, cioè quello che viene fatto!!
Tutti i miei lettori si ricorderanno che all’inizio dell’anno ci sono state le cosiddette “elezioni di mezzo termine” in cui i democratici hanno preso una bella batosta e i repubblicani hanno conquistato la maggioranza; in quella occasione ebbi modo di citare una frase tipica della politica americana che viene usata in questi casi: “il Presidente è come un’anatra zoppa”!
Per completezza d’informazione, devo aggiungere che Obama aveva ereditato un bilancio con un debito pubblico che rastrellava tra il 60 e 70 per cento del Pil e lo ha portato al 95%, grazie soprattutto alla controversa riforma sanitaria.
Ebbene, torniamo al problema immanente: naturalmente, i repubblicani per approvare una legge che alzi il massimale dell’indebitamento, “pretendono” dal Presidente che si attui una politica di tagli e di risparmi (la riforma sanitaria??), mentre i democratici sono più inclini ad un aumento della tassazione, in particolare nei confronti dei “più ricchi”. Come si può vedere, siamo in presenza di un confronto tra le “filosofie” dei due partiti e trovo perfettamente corretto che entrambi storcano il naso a venire meno alle loro idee per abbracciare quelle degli altri; magari, in retta d’arrivo, alla ventiquattresima ora, si troverà una sorta di “accordo di salvataggio” che consentirà al Bilancio americano di continuare ad indebitarsi ed alla Pubblica Amministrazione di pagare gli stipendi ai militari ed ai civili, ma almeno, al momento i due partiti esibiscono la loro ideologia.
Ma chi sono i “debitori” di Obama? In particolare la Cina che con un importo di quasi 1200 miliardi di dollari occupa il primo posto con il 40% del debito pubblico americano nei propri forzieri e poi il Giappone con un’aliquota altrettanto importante, per poi proseguire con moltissimi Stati – non c’è l’Italia – e la cui lista si conclude con la Svizzera che, tanto per non mancare al “banchetto” è debitrice di 108 miliardi di dollari.
A proposito della Cina, sapete che nelle scorse settimane ha festeggiato i 90 anni dalla fondazione del Partito Comunista Cinese e in tale occasione ha realizzato un film dal titolo emblematico “La fondazione di un partito”?
Il film, autentico colossal, realizzato da due registi con 178 attori, racconta in forma estremamente agiografica, gli eventi dal 1911 alla fondazione del partito avvenuta a Shanghai nel. 1921, fatta da tredici persone, tra le quali non figura Mao che a quei tempi ancora non contava molto; non tocca i decenni successivi, quando cioè Mao raggiunse il potere, con tutte le morti che ne derivarono; e questo è significativo!
Molti puristi del partito hanno protestato per una particolarità produttiva: il film è stato sponsorizzato dalla casa automobilistica americana Cadillac, marchio della General Motors che conserva in Cina molto fascino e che richiama i tempi favolosi della grandezza americana. Dopo i puristi cinesi, anche in America si hanno delle perplessità sulla sponsorizzazione fatta dalla grande casa automobilistica americana che ha utilizzato parte dei soldi pubblici concessi per aiutare l’azienda in crisi produttiva, per finanziere un film di esaltazione del Partito Comunista Cinese.
Amici americani, parlare di “comunisti” cinesi mi sembra fuori tempo; adesso quello che conta è il business e basta, quindi è giusta la definizione che si da in Cina: “capitalismo post comunista”, cioè quello che viene fatto!!
martedì, luglio 26, 2011
MA QUESTO E’ PROPRIO UN MONDO DI SPRECHI?!
In questi ultimi tempi ci siamo ingegnati nella ricerca degli “sprechi” che hanno ridotto in cattivo stato il nostro bilancio; abbiamo investigato sulle colpe della politica e della pubblica amministrazione, ma non sono i soli comparti dove si hanno queste situazioni; possiamo dire che – a ben guardare – sembra che lo spreco sia un fatto ineluttabile per questa umanità; sarà vero? Io non ci credo, ma vediamo insieme!!
Tutti sanno che una gran fetta di umanità sta morendo per carenza di cibo e di acqua, eppure dobbiamo assistere ad un fortissimo spreco di generi alimentari e di risorse idriche; solo per avere un’idea dell’entità del fenomeno, una ricerca dell’Università di Bologna denuncia che nella sola Italia, il 40% di frutta, verdura e carne è giornalmente buttato nella spazzatura; in Gran Bretagna si hanno dati altrettanto allarmanti: 18/milioni di tonnellate di alimentari sono buttate ogni anno, con un costo di 10 miliardi di sterline (circa 12 miliardi di euro); in Svezia ogni famiglia spreca il 25% del cibo acquistato e nella U.E. sono 179 i chilogrammi di cibo che ogni anno ciascun cittadino europeo getta nella pattumiera.
Insomma, mentre da una parte ci commoviamo per gli appelli che il Papa, la FAO e i Commissari dell’ONU lanciano sulle condizioni dei popoli che non hanno generi di sussistenza e subito dopo aver speso qualche lacrimuccia nel vedere i poveri bambini con il pancione, indice di malnutrizione, gettiamo i nostri avanzi - che avrebbero fatto felice un paio di “affamati” del Terzo Mondo - nel bidone della nettezza.
E così l’Europa ha deciso di indire – nel prossimo 2013 – l’Anno Europeo della lotta agli sprechi alimentari e, probabilmente saranno messe in cantiere varie iniziative volte in particolare a spiegare alla gente l’anacronistica situazione di una umanità nella quale una parte muore di fame e un’altra spreca il cibo. Viva quindi l’Europa che con questa iniziativa rilancia l’antica saggezza delle nostre mamme che ci dicevano “prima di buttare il cibo ricordati che ci sono molti poveri che non ne hanno”.
A fianco dell’U.E., ci sarà sicuramente la F.A.,O. (Food and Agricolture Organization), elefantiaca e costosissima struttura che ha una sua sede a Roma, dove poche settimane or sono ha organizzato un ricevimento che avrebbe sistemato la pancia di un paio di villaggi africani; in quella occasione, la FAO ha richiamato su di se l’attenzione dei media e così è venuto a galla che la struttura è diventata una delle più grandi macchine di sprechi nella storia dell’umanità: pensate che la Fao romana occupa 4/mila dipendenti che si vanno a sommare agli 8/mila della World Food Program, anch’essa di stanza a Roma.
Queste due strutture costano all’ONU (cioè a tutti i paesi che vi fanno parte) la bellezza di 450/milioni di dollari l’anno, tutti spesi per pagare i generosi stipendi; aggiungiamo poi che i dipendenti della due Agenzie, godono di privilegi spesso superiori a quelli dei diplomatici veri e propri, ai quali i dirigenti sono equiparati.
Secondo un’inchiesta svolta negli Stati Uniti, nell’ipotesi che la FAO venisse chiusa e i suoi fondi distribuiti, (non si dice cosa ne verrebbe fatto del personale), si salverebbero almeno due milioni di persone “affamate”; ogni anno!! E dunque, se riportiamo questa cifra sui 63 anni di vita che conta l’organizzazione, scopriamo che in questo tempo si sarebbero potute salvare 75/milioni di persone; come dire che il problema della fame nel mondo avrebbe preso tutta un’altra piega!!
Ed è sintomatico che lo stesso Presidente, il senegalese Abdoulaya Wade, abbia detto chiaro e tondo che la FAO è uno scandalo e va abolita; se lo dice lui!!
Tutti sanno che una gran fetta di umanità sta morendo per carenza di cibo e di acqua, eppure dobbiamo assistere ad un fortissimo spreco di generi alimentari e di risorse idriche; solo per avere un’idea dell’entità del fenomeno, una ricerca dell’Università di Bologna denuncia che nella sola Italia, il 40% di frutta, verdura e carne è giornalmente buttato nella spazzatura; in Gran Bretagna si hanno dati altrettanto allarmanti: 18/milioni di tonnellate di alimentari sono buttate ogni anno, con un costo di 10 miliardi di sterline (circa 12 miliardi di euro); in Svezia ogni famiglia spreca il 25% del cibo acquistato e nella U.E. sono 179 i chilogrammi di cibo che ogni anno ciascun cittadino europeo getta nella pattumiera.
Insomma, mentre da una parte ci commoviamo per gli appelli che il Papa, la FAO e i Commissari dell’ONU lanciano sulle condizioni dei popoli che non hanno generi di sussistenza e subito dopo aver speso qualche lacrimuccia nel vedere i poveri bambini con il pancione, indice di malnutrizione, gettiamo i nostri avanzi - che avrebbero fatto felice un paio di “affamati” del Terzo Mondo - nel bidone della nettezza.
E così l’Europa ha deciso di indire – nel prossimo 2013 – l’Anno Europeo della lotta agli sprechi alimentari e, probabilmente saranno messe in cantiere varie iniziative volte in particolare a spiegare alla gente l’anacronistica situazione di una umanità nella quale una parte muore di fame e un’altra spreca il cibo. Viva quindi l’Europa che con questa iniziativa rilancia l’antica saggezza delle nostre mamme che ci dicevano “prima di buttare il cibo ricordati che ci sono molti poveri che non ne hanno”.
A fianco dell’U.E., ci sarà sicuramente la F.A.,O. (Food and Agricolture Organization), elefantiaca e costosissima struttura che ha una sua sede a Roma, dove poche settimane or sono ha organizzato un ricevimento che avrebbe sistemato la pancia di un paio di villaggi africani; in quella occasione, la FAO ha richiamato su di se l’attenzione dei media e così è venuto a galla che la struttura è diventata una delle più grandi macchine di sprechi nella storia dell’umanità: pensate che la Fao romana occupa 4/mila dipendenti che si vanno a sommare agli 8/mila della World Food Program, anch’essa di stanza a Roma.
Queste due strutture costano all’ONU (cioè a tutti i paesi che vi fanno parte) la bellezza di 450/milioni di dollari l’anno, tutti spesi per pagare i generosi stipendi; aggiungiamo poi che i dipendenti della due Agenzie, godono di privilegi spesso superiori a quelli dei diplomatici veri e propri, ai quali i dirigenti sono equiparati.
Secondo un’inchiesta svolta negli Stati Uniti, nell’ipotesi che la FAO venisse chiusa e i suoi fondi distribuiti, (non si dice cosa ne verrebbe fatto del personale), si salverebbero almeno due milioni di persone “affamate”; ogni anno!! E dunque, se riportiamo questa cifra sui 63 anni di vita che conta l’organizzazione, scopriamo che in questo tempo si sarebbero potute salvare 75/milioni di persone; come dire che il problema della fame nel mondo avrebbe preso tutta un’altra piega!!
Ed è sintomatico che lo stesso Presidente, il senegalese Abdoulaya Wade, abbia detto chiaro e tondo che la FAO è uno scandalo e va abolita; se lo dice lui!!
domenica, luglio 24, 2011
SPESE FOLLI E ... ALTRO
Alla ricerca dei rivoli nei quali se ne vanno i soldi dello Stato (cioè di ognuno di noi) si vengono a scoprire delle cose di una stranezza “imbarazzante”.
La Camera dei Deputati ha “solo” 21 auto blu e quindi molti onorevoli, sono “costretti” a raggiungere il “posto di lavoro” con il proprio mezzo; ma dove lasciarlo nel marasma del traffico romano? È così che veniamo a sapere che i nostri parlamentari hanno perfino i “parcheggi blu”, acquistati dalla Camera – autentica “mamma” di tutti gli onorevoli – per la bellezza di 1/milione e 154/mila euro; tale cifra viene contabilizzata sotto la voce “sicurezza”.
Ci sarebbe poi da parlare della “ristorazione” che fa registrare una cifra complessiva di oltre 8/milioni; pensate che di questa somma fa parte anche una voce particolarissima: il controllo sui cibi. E se ci fosse qualche cibo avariato? Se la mozzarella non fosse fresca? E allora, l’Istituto Superiore di Sanità – alla modica cifra di 126/mila euro annue - fornisce il “monitoraggio” sulla qualità dei cibi serviti.
Sempre alla voce “tagli”, tutti parlano dell’abolizione delle Province, ma le norme presentate all’Aula – l’ultima poche settimane or sono – vengono regolarmente bocciate da entrambi gli schieramenti politici; il costo è di 13/miliardi, dei quali circa il 50% destinati alla voce “Affari Generali”, cioè agli stipendi, per oltre 110 poltrone da Presidente e qualche migliaia tra assessori, amministratori e consiglieri; ma la mia domanda è: come si fa a risparmiare? L’unico sistema potrebbe essere quello di “uccidere” tutti questi signori, ma mi sembra impossibile e allora, ci troveremmo comunque una pletora di ex-provinciali che andrebbero a rinfoltire le già folte schiere di altri Enti Locali e allora non si risolverebbe proprio niente!! Chiaro??
Per “fare cassa”, un paio di idee – sempre bislacche, come è mio costume – ce l’avrei e ve le dico subito: premetto che entrambe riguardano il Vaticano, ma non etichettatemi come “mangiapreti”; la prima si riferisce all’acqua che viene consumata nei Palazzi dello Stato della Città di Vaticano: una ”gola profonda”, in occasione dei recenti referendum (uno era sull’acqua) ha fatto trapelare la notizia che il consumo vaticano, per oltre 50/milioni di euro l’anno, verrebbe (il condizionale è d’obbligo) pagato dallo Stato Italiano; non comprendo il motivo di questa elargizione, ma probabilmente è colpa mia e il motivo ci sarà senz’altro.
Un’altra mia idea si riferisce al problema dell’ICI sulle proprietà vaticane sul suolo italiano (scuole, palestre, librerie, negozi, ecc.) che non viene pagato dal Vaticano, mentre gli insegnanti di religione – scelti dai Vescovi – sono a carico dell’Erario italiano; un’altra “gola profonda” (non la stessa) ha preso una calcolatrice e si è messa a fare due conti: è venuta fuori una cifra di 2/miliardi di euro che rappresenta il denaro pubblico speso annualmente in favore della Santa Sede.
Certo che il problema dell’acqua consumata dal Vaticano e pagata dallo Stato, sembra una battuta di spirito a margine dell’Angelus di alcune domeniche fa, in cui il Papa invitava la comunità internazionale a intervenire in favore della Somalia, afflitta da una grandissima siccità. Ci toccherà pagare anche quella??
Insomma, per dirla con una battuta delle mie parti “il più pulito c’ha la rogna”, laddove non mi sogno di accomunare il Papa con i Deputati, anche se le due storie finiscono nello stesso modo, cioè con un modo di vivere improntato ad una raggelante munificità e a pagare, in ogni caso, sono gli stessi sudditi, cioè noi!!
Se vi vengono in mente altre situazioni del genere, fatemelo sapere!!
La Camera dei Deputati ha “solo” 21 auto blu e quindi molti onorevoli, sono “costretti” a raggiungere il “posto di lavoro” con il proprio mezzo; ma dove lasciarlo nel marasma del traffico romano? È così che veniamo a sapere che i nostri parlamentari hanno perfino i “parcheggi blu”, acquistati dalla Camera – autentica “mamma” di tutti gli onorevoli – per la bellezza di 1/milione e 154/mila euro; tale cifra viene contabilizzata sotto la voce “sicurezza”.
Ci sarebbe poi da parlare della “ristorazione” che fa registrare una cifra complessiva di oltre 8/milioni; pensate che di questa somma fa parte anche una voce particolarissima: il controllo sui cibi. E se ci fosse qualche cibo avariato? Se la mozzarella non fosse fresca? E allora, l’Istituto Superiore di Sanità – alla modica cifra di 126/mila euro annue - fornisce il “monitoraggio” sulla qualità dei cibi serviti.
Sempre alla voce “tagli”, tutti parlano dell’abolizione delle Province, ma le norme presentate all’Aula – l’ultima poche settimane or sono – vengono regolarmente bocciate da entrambi gli schieramenti politici; il costo è di 13/miliardi, dei quali circa il 50% destinati alla voce “Affari Generali”, cioè agli stipendi, per oltre 110 poltrone da Presidente e qualche migliaia tra assessori, amministratori e consiglieri; ma la mia domanda è: come si fa a risparmiare? L’unico sistema potrebbe essere quello di “uccidere” tutti questi signori, ma mi sembra impossibile e allora, ci troveremmo comunque una pletora di ex-provinciali che andrebbero a rinfoltire le già folte schiere di altri Enti Locali e allora non si risolverebbe proprio niente!! Chiaro??
Per “fare cassa”, un paio di idee – sempre bislacche, come è mio costume – ce l’avrei e ve le dico subito: premetto che entrambe riguardano il Vaticano, ma non etichettatemi come “mangiapreti”; la prima si riferisce all’acqua che viene consumata nei Palazzi dello Stato della Città di Vaticano: una ”gola profonda”, in occasione dei recenti referendum (uno era sull’acqua) ha fatto trapelare la notizia che il consumo vaticano, per oltre 50/milioni di euro l’anno, verrebbe (il condizionale è d’obbligo) pagato dallo Stato Italiano; non comprendo il motivo di questa elargizione, ma probabilmente è colpa mia e il motivo ci sarà senz’altro.
Un’altra mia idea si riferisce al problema dell’ICI sulle proprietà vaticane sul suolo italiano (scuole, palestre, librerie, negozi, ecc.) che non viene pagato dal Vaticano, mentre gli insegnanti di religione – scelti dai Vescovi – sono a carico dell’Erario italiano; un’altra “gola profonda” (non la stessa) ha preso una calcolatrice e si è messa a fare due conti: è venuta fuori una cifra di 2/miliardi di euro che rappresenta il denaro pubblico speso annualmente in favore della Santa Sede.
Certo che il problema dell’acqua consumata dal Vaticano e pagata dallo Stato, sembra una battuta di spirito a margine dell’Angelus di alcune domeniche fa, in cui il Papa invitava la comunità internazionale a intervenire in favore della Somalia, afflitta da una grandissima siccità. Ci toccherà pagare anche quella??
Insomma, per dirla con una battuta delle mie parti “il più pulito c’ha la rogna”, laddove non mi sogno di accomunare il Papa con i Deputati, anche se le due storie finiscono nello stesso modo, cioè con un modo di vivere improntato ad una raggelante munificità e a pagare, in ogni caso, sono gli stessi sudditi, cioè noi!!
Se vi vengono in mente altre situazioni del genere, fatemelo sapere!!