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sabato, novembre 20, 2010

MA DOVE STIAMO ANDANDO? 

Un paio di cose che riguardano “giovani” e che mi inducono a pensare che il Mondo stia cominciando a ruotare in senso opposto: la prima si è svolta in una città vicina a dove abito, una bella città, sede di una Università prestigiosa e di monumenti storici di altissimo pregio architettonico; in questa città vive una famiglia composta da una donna, separata dal marito e unitasi ad un nuovo compagno; insieme alla coppia vive un ragazzo di 11 anni – frutto del precedente legame – ed uno di appena un anno, nato dall’attuale relazione; alcuni giorni fa, mentre la donna ed il compagno sono al lavoro ed il bambino è accudito all’esterno, il ragazzo di 11 anni – che chiameremo Angelo - è solo in casa, non è andato a scuola per lo sciopero degli insegnanti.
E così Angelo ha preso carta e penna ed ha scritto poche parole (“chiedo perdono a tutti”) quindi si è legato una cintura intorno al collo, l’ha legata alla sbarra di un letto e si è tolto la vita, con un sistema ingegnoso quanto doloroso.
Il tutto è subito apparso inspiegabile sia ai genitori che agli amici; pensate che la sera precedente il nostro Angelo – definito da tutti “bravo, studioso, allegro e solare” – aveva parlato con la madre sui regali che avrebbe desiderato per le prossime feste natalizie; lo stresso argomento aveva fatto oggetto della telefonata che si era scambiato con il padre. Voglio aggiungere un altro particolare sullo stato d’animo del ragazzo: in questi giorni era particolarmente felice perché sabato scorso aveva segnato il suo primo gol in una partita ufficiale del Campionato Esordienti: una cosa che non si dimentica mai!!
Un po’ più in giù, in questa Italia bella e disastrata, un altro ragazzo, appena un po’ più grande di Angelo, ha fatto una scelta diametralmente opposta: si tratta del fratello di Sarah, la ragazzina brutalmente uccisa da qualcuno dei suoi parenti (ancora non è chiaro l’andamento complessivo della vicenda); il giovane, di nome Claudio, lo abbiamo visto varie volte nei numerosi collegamenti televisivi: è quello con la carnagione molto chiara che indossa sempre un cappellino con una tesa arcuate e con lo stemma di New York.
Ebbene, questo giovanotto, abbandonati i panni del lutto, ha già pensato di “monetizzare” la parentela con la celebre uccisa e per diventare famoso si è rivolto – indovinate un po’ – addirittura al personaggio più squallido e più screditato dello star system, quel Lele Mora implicato in tutti gli scandali e scandaletti del momento; questa la sua dichiarazione: “ho chiesto a Lele Mora se aveva in mente qualcosa per me: non mi dispiacerebbe la televisione”.
Come commentare le due vicende? La seconda non merita molto spazio: si tratta di una banale ricerca di “notorietà ad ogni costo”, con l’aggravante che il giovane è stato varie volte contattato da personaggi di dubbia reputazione che gli hanno promesso di trasformarlo in un personaggio famoso; e il brutto è che ci riescono!!
Il primo invece – il nostro Angelo – m’inquieta moltissimo, dato che secondo la ricostruzione giornalistica, si trattava di un ragazzo “solare” che non aveva mostrato il minimo problema; addirittura di “un vincente”: un anno avanti a scuola, già in prima squadra a 11 anni e autore di un gol che ha spianato la strada per la vittoria della propria squadra di calcio; felice in famiglia con la madre e con il suo nuovo compagno.
E allora? Allora ammettiamo che la psiche umana è così complessa che è vano cercare di comprenderla al primo impatto; insomma, ammettiamo che l’essere umano è difficile da capire e riserva sempre delle sorprese; e questo, forse, è il suo bello!!

giovedì, novembre 18, 2010

VOLTI DELLA TV 

Sono tanti i volti che ci guardano dagli schermi televisivi; oltre a coloro che ci stanno per lavoro – annunciatrici presentatori, ecc. – in questi giorni ho visto tante facce segnate dalla disperazione e dalla stanchezza, indurite dal dolore e dalla rabbia mentre contemplavano il disastro alluvionale: case, botteghe, officine, aziende, capannoni, tutto sepolto dal fango, l’intero paesaggio che hanno contemplato per una vita, spazzato via da qualcosa di irrefrenabile come l’acqua mista al fango.
Mi concedo una piccola parentesi: sono di una città che in fatto di alluvioni è forse ai vertici italiani – Firenze – e, purtroppo per la mia età, nel 1966 c’ero anch’io e quindi le facce che vedo in TV le ho viste dal vivo nella mia città.
Quelle che ci riporta la televisione riguardano due disastri, uno nel sud, con la gente che aspetta – come è sempre stato costume in quelle zone – che arrivi lo Stato o chi per lui, per risolvere il problema; ovviamente le facce sono ridotte a maschere piangenti, per il dolore della perdita delle poche cose che quelle case contenevano.
L’altro disastro è quello verificatosi nel Nord-Est (zona troppo spesso fraintesa sugli schermi televisivi), specificatamente nel Veneto, con intere zone fertili e produttive distrutte dall’immane disastro: ma le facce sono quelle di gente abituata da sempre a combattere con quella terra per strapparle un po’ di benessere per loro e per le loro famiglie; gente provata dal disastro ma ancora in grado di coltivare la speranza, persone in ginocchio ma ancora capaci di lottare.
Se facciamo un sunto delle poche interviste che i giornalisti televisivi sono riusciti a strappare a quelle persone “di poche parole e di molti fatti”, abbiamo una sintesi che, grosso modo, recita così: “cosa possiamo fare se non ricominciare tutto daccapo; ma questo non ci deve spaventare!!”; un impasto di orgoglio e di testardaggine, come a volersi riappropriare di una parte – mai completamente perduta – di quella ancestrale civiltà comune.
Dei contro a queste belle facce – dure, sporche di fango ma “pulite” – si aggiravano altri volti, quelli delle autorità, degli uomini di Stato che, con i loro bizantinismi cercavano di nascondere la loro incapacità di gestire il bene pubblico; e anche in quella circostanza, mi sono apparsi come in cerca di consensi, come un inaccettabile e stucchevole comizio elettorale.
Ma se cambio canale, m’imbatto nel solito intrattenimento becero, nelle escort (con o senza famiglia) o con i partecipanti a quella grandissima stronzata che è “Il grande fratello”: giovani che andrebbero inviati a spalare fango in Campania e nel Veneto e che invece sono in bella mostra 24 ore al giorno, che mostrano le loro facce (e altro) al solo scopo di riuscire a crearsi “una posizione”; ed il bello è che ci riescono!!
Ma se per un momento riusciamo a scordarci delle escort e dei reality, possiamo ancora sperare che l’Italia sia composta da “quelle facce” e da quelle persone, sane nel corpo e nello spirito e non da quelle che ci tocca vedere in giro per il nostro Paese; e se così fosse, la speranza in un futuro migliore è possibile.
Poi è da aggiungere che nella mia città, nei giorni scorsi si è tenuto una specie di “Congresso” degli ufologi italiani, di coloro cioè che sono alla ricerca degli alieni, cioè di “quelli che provengono da altri Mondi”. E qui sorge la mia speranza: e se le escort, i politici e i ragazzi dei reality fossero in realtà degli “alieni” appena sbarcati sul nostro Paese? Due le possibilità: o ci “conquistano” oppure se ne tornano a casa!! Non sono sicuro quale sia la possibilità vincente!!

martedì, novembre 16, 2010

SIAMO UNA SOCIETA’ SODDISFATTA? 

Il termine “soddisfatta” cercherò di svilupparlo nelle due accezioni: la prima ci dice che si tratta di una condizione “rispondente alle proprie aspettative o aspirazioni”, mentre la seconda è più materialista e si riferisce al fatto di “ricevere quanto gli è dovuto”.
Vediamo, partendo da questa seconda accezione del termine, che sotto il profilo della soddisfazione materiale, mostriamo la nostra condizione attraverso lo scempio che commettiamo quotidianamente, liberandoci da una quantità smisurata del nostro cibo che, evidentemente, è stato prodotto e/o comperato in misura superiore alle nostre possibilità di riceverlo ed utilizzarlo.
Tutto ciò, messo in correlazione con quanto avviene nel cosiddetto terzo mondo, ci indica il nostro “peccato”; ricordiamo che, secondo cifre pubblicate dalla FAO, dopo dieci anni dall’impegno a diminuire la fame nel mondo, 854milioni di persone soffrono ancora per la mancanza di cibo; e questo mentre dalla parte opposta – sotto il profilo della condizione sociale, s’intende – gettiamo nell’immondizia quella parte del nostro cibo che va oltre la nostra soddisfazione quotidiana; pensiamo che i Mercati di Roma gettano nelle discariche, in 48 ore, 67 tonnellate di frutta e verdura, 15 di carne e pesce e 3 di pane e dolciumi: soltanto questo cibo, non tutto deteriorato, avrebbe potuto togliere dalla fame, quotidianamente, quasi un milione di persone
E se vogliamo, tutto ciò crea una situazione paradossale per la quale il povero di questo secolo è molto più indifeso rispetto a quello del passato che aveva imparato a gestire una “civiltà del meno”, chiamata non a caso, civiltà della sopravvivenza; adesso il Mondo è diviso in strati sociali: 1miliardo e mezzo di uomini appartiene ai Paesi “ricchi”, 2miliardi e mezzo a quelli di “medio benessere” e 3miliardi e mezzo ai Paesi “poveri”. Sarebbe un’eresia ipotizzare questi ultimi che – con le buone, almeno per il momento - chiedono al Papa di staccare dai Musei Vaticani un quadro di Raffaello e uno del Caravaggio, alla Regina d’Olanda un pezzo (magari un paio di mozzi) della sua celebre carrozza d’oro, alla Regina d’Inghilterra tre disegni di Leonardo che fanno parte della sua pinacoteca, e venderli per dare il cibo a chi non ce l’ha.?
Il momento che stiamo vivendo, con le sue stridenti contraddizioni e con i fondamentali basati sull’egoismo e sull’imprevidenza, potrebbe coinvolgere le nostre abitudini – cioè i privilegi – e condurci verso una riduzione del nostro tenore di vita; in assenza di tale “mossa” tutto potrebbe ritorcersi contro di noi, anche in modo drammatico.
In tempi ancora non sospetti, qualcuno invitava l’Occidente a riconoscere che qualcosa, nelle strade finora battute, era radicalmente sbagliato; ma i destinatari di questo appello hanno fatto orecchi da mercante e tutto ha continuato a “rotolare” verso l’attuale situazione nella quale si rischia di perdere “tutto” e di dover ricominciare daccapo; e se non esiste più una morale universalizzante e neppure la certezza di un Dio che ci bastoni ma poi ci aiuti e ci perdoni, il “relativismo” che ne deriva è assolutamente immorale – o meglio “amorale” – e le frustrazioni, l’angoscia e le nevrosi dell’uomo contemporaneo diventano “patrimonio” della gente e vengono combattute con la compulsione dell’acquisto di tutto, specialmente del superfluo.
Ovvio che l’attuale sistema della comunicazione di massa fa la sua parte nell’addomesticare il singolo per indirizzarlo al consumo “coatto” di qualsiasi cosa, anche di ciò che a lui non occorre o non interessa: tanto poi, se proprio non serve, si butta nell’immondizia! E nei nostri occhi si materializza l’immagine di una città sepolta dai rifiuti che diventano un nuovo problema che l’uomo di adesso non sa risolvere.

domenica, novembre 14, 2010

GROSSI PROBLEMI ALL'ORIZZONTE 

Nella mia città, il Teatro Tenda “Saschall”, con 2600 posti a sedere, ha registrato il tutto esaurito; mi si chiederà quale era lo spettacolo, ma debbo subito dire che non c’era niente di spettacolare, ma le 2600 persone presenti, erano lì solo per un motivo: partecipare ad un concorso per 36 posti da educatore di asilo nido.
Scusate questo inizio un po’ scherzoso per un argomento sul quale non c’è proprio niente da ridere, ma è la pura cronaca di un evento e da questa partiamo per alcune riflessioni sul problema che è al vertice dei problemi: il lavoro.
Pensavo tra me e me che moltissime famiglie riescono a tirare avanti “facendo squadra” e puntando su due fattori: la pensione del nonno e un altro strumento che l’attuale società mette a disposizione: la presenza nella famiglia di una ragazza, giovane, procace e con la volontà e le caratteristiche per intraprendere un vecchio mestiere che adesso è stato ribattezzato “escort”: a titolo d’esempio, sul tipo della D’Addario, della Noemi, di Ruby e compagnia bella; qui il lavoro non manca!!
Ed è così che i bilanci familiari vengono fatti quadrare, anche – magari – con qualche “lusso”, tipo vacanze al mare o in montagna e settimana bianca sugli sci: per inciso, le mete turistiche tradizionali sono già “esaurite” per le prossime festività. Questo – a mio giudizio – sta ad indicare che “i soldi ci sono”, ma che sono appannaggio dei soliti noti, con l’aggravante che la forbice si aprendo sempre più, in modo che i poveri sono sempre di più, mentre i ricchi aumentano sempre più la loro ricchezza.
Ma questa situazione ha una causa oppure è stato il Padreterno a mandarcela dal cielo? È giudizio di molti – quindi non solo mio – che il tutto possa essere ricondotto alla famigerata “globalizzazione”, quel sistema produttivo e di mercato che – nato una quindicina d’anni fa – trova al momento la sua massima espansione, per effetto dell’apertura dei mercati dell’Est (Russia, Cina ed altri limitrofi) nonché l’avvento dei primi mercati dell’Africa e dell’India; adesso il cerchio sta per chiudersi, con la conclusione che in tutto il mondo, in tutti i Paesi del mondo, si sta realizzando un modello – alcuni lo definiscono “paranoico” – in cui all’efficientismo esasperato delle varie società, sempre maggiormente votate all’aumento del dannatissimo Pil, si contrappone la disumanizzazione e lo sfruttamento dell’individuo.
Episodicamente, direi un paio di volte l’anno, i 20 maggiori Paesi produttori del Mondo si riuniscono per cercare delle regole comuni che, regolarmente non vengono individuate e, nel caso che lo fossero, vengono poi disattese in fase operativa.
Il G20 tenutosi pochi giorni fa a Seul ne è la riprova tangibile: ognuno dei Paesi ha cercato di portare l’acqua al proprio mulino, con la conseguenza che non si è risolto un bel niente, neppure il tentativo di tenere imbrigliata la finanza mondiale, autentica autrice degli sconquassi che abbiamo vissuto in questi ultimi anni e non ancora ricondotta a regole che ne permettano un effettivo controllo.
Il nostro rappresentante, pur in tutt’altre faccende affaccendato, ha tentato di fare approvare una regolamentazione dei prezzi delle materie prime sia alimentari (orzo, riso e grano) e sia industriali (petrolio, acciaio e rame), ma l’esito – al di là delle belle parole che inneggiano a tale controllo - è stato assolutamente insoddisfacente, tant’è vero che il petrolio continua ad aumentare; insomma, la conclusione è che per l’organizzazione di questo “mega summit”, si è speso il solito “sproposito” che manterrebbe un villaggio africano per più di un anno; ma questa circostanza non viene più neppure citata, non fa più “notizia”, tanto ci siamo abituati a questi sprechi!!

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