sabato, settembre 13, 2008
A MARGINE DELLA VICENDA ALITALIA
Ho letto, in questi giorni nei quali si sta consumando la tragedia Alitalia, un curioso siparietto “rubato” da alcuni giornalisti a due dei protagonisti della vicenda: da una parte il noto imprenditore Diego della Valle – D.D.V. come lo chiamano i tifosi della Fiorentina – etichettato come uomo di simpatie sinistrorse, forse per alcuni battibecchi con Berlusconi, ma comunque vicino alla parte cattolica del PD; dall’altra il sindacalista Raffaele Bonanni, segretario generale della CISL.
Comincia DDV con questa affermazione: “Com’è possibile che se io voglio comprare Alitalia mi debba sedere al tavolo con una controparte che ha contribuito a creare la situazione di crisi della compagnia? Mi prendo la responsabilità di dire che grossa parte dell’affossamento di Alitalia è stato a causa di chi ha reso questa azienda intoccabile.” E adesso l’affondo: “Il problema è che voi avete coperto anche molta gente che non lavorava e quando succedono queste cose, chi lavora si demotiva”.
Non si può affermare che DDV abbia detto delle cavolate, sappiamo benissimo che la funzione primaria dei sindacati è quella di tutelare chi non ha voglia di lavorare, ma nel caso Alitalia credo che le responsabilità appartengano – almeno per un buon 50% - anche alla classe politica degli anni ’70-‘80 che ha utilizzato l’azienda per collocare propri amici, sodali e famigli e l’ha fatta diventare una sorta di serbatoio di voti.
Basti pensare che il contratto dei piloti – i più esagitati a rigettare il piano della CAI, la nuova compagnia di industriali che dovrebbe acquistare le spoglie di Alitalia – prevede alcune facilitazioni impensabili negli accordi di tutto il mondo, specie dopo l’avvento delle linee aeree low cost; tutti i contratti prevedono una sorta di “incentivo produttivo” per cui se voli di più guadagni di più, ovviamente all’interno di una griglia che preveda un massimale di sicurezza. Il contratto di lavoro Alitalia, risalente a molti anni fa, prevede invece che i piloti vengano pagati con un “fisso” corrispondente a 70 ore di volo mensili, anche se in un mese ne lavorano la metà, per cui il lavoratore non ha alcun interesse a lavorare di più, in quanto non avrebbe nessun aumento salariale.
Questo è un dato di fatto che
Ma torniamo al battibecco Della Valle – Bonanni: quest’ultimo ha replicato, in puro stile politichese, “Lei ha una visione un po’ particolare della vita democratica; fosse per lei saremmo guidati da un magnate che ci illumina”.
A parte il richiamo – peraltro fuori luogo – con l’attuale situazione politica (per la quale DDV non ha votato), mi sembra che la replica non c’entri niente con quanto affermato dall’industriale marchigiano e quindi darei la colpa di questo al super lavoro che ha avuto il segretario della CISL in questi giorni a causa della vicenda Alitalia.
La quale vicenda Alitalia, mi ha così poco appassionato che non l’ho quasi per niente seguita: credo che la situazione attuale sia di stallo, come si dice in questi casi, ma credo anche che sia un raro esempio di braccio di ferro tra i sindacati e una nuova (migliore? Mah!) mentalità imprenditoriale; tutto questo se il governo non ci metterà il becco, perché altrimenti i termini della vicenda diventeranno altri, non più agganciati a numeri, ma all’immagine e all’interesse del politico di turno, visto come salvatore dei lavoratori (ma con i soldi di chi?), ai quali, peraltro, qualcuno dovrà pur pensare!!
giovedì, settembre 11, 2008
E SI CONTINUA A PARLARE D'ALTRO
Mentre dall’Europa ci giungono delle stime allarmanti sulla crescita del PIL nel 2008, i nostri uomini politici – sistemati con il culo al caldo, come si dice dalle mie parti – parlano di tutto e del contrario di tutto, ma sono tutte ciancie che vengono dette tanto per dare aria alla bocca e – questo è più importante e più interessante – perché nessuno di loro ha la minima idea di come dare a raddrizzare la situazione economica.
Ma andiamo con ordine e vediamo prima le cifre che
Se scendiamo ad analizzare questi dati più da vicino, vediamo che il paese con maggiore crescita è l’Olanda con il 2,2%, seguito dalla Germania con l’1,8% e dalla Spagna con l’1,4%; l’ultimo tra i maggiori paesi dell’U.E. indovinate chi è: sì, avete indovinato, siamo noi con appena lo 0,1%, cifra che mostra un notevole calo rispetto allo 0,5% previsto ad aprile.
Se poi analizziamo i comparti maggiormente colpiti, possiamo vedere che – oltre a televisori e frigoriferi – anche i cellulari (fino a poco tempo autentici dominatori del mercato) fanno registrare un calo, l’1,3%, a riprova che ormai la crisi è veramente generalizzata.
Ma in presenza di questa situazione, i nostri politici come ho detto sopra, si dilettano a discettare su temi storico – politici di oltre 60 anni or sono: i reduci che hanno combattuto nella Repubblica di Salò, sono tutti da considerare dei delinquenti oppure – come ebbe a dire Violante alcuni anni fa – sono dei giovani convinti, in buona fede, di combattere per il bene del loro paese.
E in questa discussione c’entra Napolitano – che non perde mai un’occasione – alcuni deputati di A.N. e qualche altro ex comunista.
State tranquilli, non ho nessuna intenzione di riportare le prese di posizione dei singoli politici, ma vorrei solo citare l’esempio di alcuni personaggi che, a quell’epoca, aderirono alla R.S.I. – acronimo di Repubblica Sociale Italiana – ed in particolare quello di Giorgio Albertazzi e quello del “Nobel” Dario Fo, autentica icona della sinistra italiana, che era nella Guardia Nazionale Repubblicana come paracadutista.
Come si può vedere, l’onta dell’appartenenza appare abbastanza bipartisan e quindi non varrebbe la pena di discuterne, se non fosse che, dato che continuiamo a ricordare alcune date di oltre 60 anni fa, tipo la difesa di Roma, le Fosse Ardeatine, ecc, si va ad incappare in alcune prese di posizione che hanno un duplice scopo: da una parte acquisire “visibilità” presso l’elettorato e per fare questo bisogna spararle grosse, dall’altra, non sapendo come risolvere il problema di far mettere insieme il pranzo con la cena a operai, stipendiati e pensionati, ci si trincera dietro a questi discorsi, dei quali nessuno ricorda niente solo pochi giorni dopo la ricorrenza.
Alla gente non interessano, ma i mass-media dedicano loro le prime pagine: anche in questo caso si ha il combinato disposto delle due anime del potere che si mettono insieme per continuare a prendere in giro i cittadini.
E non ci dimentichiamo che a Montecitorio il ventilato aumento di 10 centesimi per il caffè alla buvètte, ha suscitato una sorta di ribellione generalizzata: povera gente, vuoi vedere che saranno costretti a rinunciare alla tazzina di caffè??
martedì, settembre 09, 2008
ECCO COME SI FA
A proposito di “cosa”, mi chiederete; ma per risolvere il problema del potere d’acquisto di stipendi, pensioni e salari, cribbio!! E come sarebbe, mi chiederete ancora? Lo scoprirete dopo aver letto questo post.
Come in tutte le favole, cominciamo con il dire: facciamo un passo indietro; in che senso? Nel senso che vediamo di inquadrare il problema.
Gli stipendi ed i salari rimangono costanti e il costo della vita aumenta; il governo smuove appena, appena le acque con aumenti di pochi euro e, di contro, le strutture che hanno in pugno l’energia aumentano le bollette di cifre consistenti e quindi il problema del potere d’acquisto rimane insoluto.
Questo potere fa sì che il cittadino comune, o meglio la famiglia comune, percependo sempre le stesse cifre di qualche anno fa, ma con i costi aumentati, deve obbligatoriamente tagliare le spese e, poiché l’energia (gas, luce e telefono) non è facilmente gestibile se non con risparmi di modesta entità, i tagli vengono riversati sulla spesa di tutti i giorni, sugli alimentari, sul vestiario, insomma su tutti quei generi che erano prioritari fino a qualche anno fa.
La soluzione del problema potrebbe essere quella di bloccare gli aumenti dell’energia, cioè di quelle spese fisse cui accennavo sopra, ma sembra che questo non sia possibile; però, vorrei sapere per quale motivo se aumenta il pane e la pasta si grida alla speculazione, mentre se aumenta il pedaggio autostradale nessuno fiata, eppure sappiamo tutti che attraverso questa via arrivano quasi tutte le merci che poi si riversano sui mercati.
Ma allora, come faccio a promettere la soluzione del problema se poi questa non esiste? In verità, la soluzione esiste, e l’ho scoperta sul giornale di oggi: il governo, nella persona del Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, sta varando un Decreto con il quale si stanziano 4 milioni e 500 mila euro per quattro anni, quindi in totale 18 milioni, per finanziare un’operazione nei confronti dei magistrati, o meglio, di alcuni magistrati.
Ed anche qui facciamo il classico passo indietro: poiché la legge non consente per 4 anni ai magistrati di prima nomina di andare a ricoprire funzioni “monocratiche” (cioè essere soli a decidere) sia come P.M. che come Giudici, le sedi cosiddette “disagiate”, soprattutto al Sud (un centinaio), dove è alto il tasso di criminalità ed altre storie del genere, debbono essere ricoperte da magistrati già in carriera; ed allora, per incentivare i signori magistrati a chiedere il trasferimento in “quelle” sedi, si propone loro un aumento dello stipendio di 2.500 euro al mese nette ed il riconoscimento di un maggior punteggio ai fini della carriera.
Si signori, avete letto bene, 2.500 euro in più al normale stipendio (che non è quello di un operaio, ma forse di quattro operai messi insieme) solo per andare a ricoprire un posto in una di queste sedi; mi direte, “ma c’è pericolo!!” ed io vi rispondo “quanto tempo è che non si legge di un attentato ad un magistrato?”, mentre di morti bianche, cioè di incidenti sul lavoro si legge ogni giorno.
Quindi, se dobbiamo incentivare qualcuno, mi sembrerebbe meglio utilizzare questi quattrini nei confronti di operai che prestano la loro opera in qualcosa di “veramente pericoloso”. Ma lasciamo perdere e non polemizziamo!
Comunque, in quelle 100 sedi, avremo altrettante famiglie con un alto potere d’acquisto e quindi tutti i commercianti della zona saranno interessati. Chiaro??!!
lunedì, settembre 08, 2008
IL RITORNO DA VENEZIA
Ed eccomi di ritorno dal Festival di Venezia e il mio primo pensiero è di raccontare, sia pure succintamente, quello che ho percepito: anzitutto è stato un anno che ha risentito, e non poteva essere altrimenti, della crisi generale e quindi alcune ristrettezze si sono avvertite, basti pensare che c’è stato un calo di quasi il 10% nelle affluenze del pubblico.
Poi si è avvertita una ristrettezza nelle disponibilità dell’organizzazione, ristrettezza spalmata in tutto, ad esclusione dei soggiorni di VIP o presunti tali; questo problema nasce dall’abbandono di alcuni sponsor (
Anche i film ne hanno in un certo senso risentito, in quanto è stato privilegiato il prodotto italiano – anche nel “riempimento” – anziché andare scoprire qualche prodotto di una cinematografia a noi non consueta; ma questo avrebbe comportato una certa lievitazione nei costi ed allora si è preferito presentare alcuni vecchi titoli contrabbandandoli come “riscoperte”; comunque a me, che sono un patito di cinema, il tutto è piaciuto: come mia attività, vi posso dire che in 11 giorni ho visto 23 film ed ho fatto altrettanti articoli: non mi sembra poco!
A questo proposito, senza voler entrare ancora nel merito delle premiazioni – gli italiani ai margini, come neppure io prevedevo – vorrei proporvi, qui di seguito, la lettura del film che ha vinto il Leone d’oro della 65° Mostra del Cinema di Venezia, “The wrestler” del regista americano Darren Aronofsky, film non trascendentale, ma sicuramente più che decoroso decoroso, che ha avuto la fortuna di potersi avvalere di una eccezionale interpretazione di Mickey Rourke; la lettura che vi propongo è stata da me realizzata 45 minuti dopo aver visto il film (il tempo di arrivare in camera) e vi aggiungo che per farla ho impiegato circa un’ora (non l’ho neppure riletta).
E’ la storia di Randy Robinson, detto “The Ram” (l’ariete), un lottatore professionista in auge verso la fine degli anno ’80, il quale adesso si limita a sbarcare il lunario facendo incontri di periferia, anche se il suo ricordo attira ancora pubblico; è completamente in rotta con la figlia, Stephanie, che non vede da diversi anni (della moglie non si dice niente), ed è alla ricerca di una vera relazione con la quale stabilizzare la propria vita: ha un rapporto, al momento esclusivamente epidermico, con Cassidy, una spogliarellista non più giovanissima e, in qualche momento sarebbe tentato di andare oltre nella relazione con la donna, ma sia lei che lui, evidentemente scottati dalla vita, frenano sul futuro.
Incontriamo Ram – come viene chiamato affettuosamente da amici e colleghi – nel suo primo incontro sul ring e, prima ancora, nel backstage dei match, dove i vari lottatori “si mettono d’accordo” sulla tattica da usare e, in particolare, su chi deve vincere per fare contento il pubblico.
Ram ha l’incontro principale e, come stabilito, vince, ma il suo volto ed il suo corpo sono ancora più devastati dalle botte (vere) che i due lottatori si scambiano sul ring; dopo l’incontro Ram si reca nel locale dove si esibisce Cassidy e i due, dopo essersi scambiati delle effusioni in un privé, parlano di varie cose e, in particolare della loro vita: la ragazza vive con un figlio di nove anni al quale dedica tutti i momenti liberi, mentre l’uomo ha una figlia che – come già detto – non vede da svariati anni.
Dopo il secondo incontro al quale assistiamo, ancora vittorioso per Ram, questi ha uno svenimento e viene ricoverato d’urgenza in Ospedale: è un infarto di grosse proporzioni ed il medico che lo ha operato – gli è stato messo un bypass – lo invita a fare d’ora in avanti una vita tranquilla e morigerata e gli vieta assolutamente, se vuol continuare a vivere, di riprendere l’attività agonistica.
Triste e sconsolato per la prospettiva di dover lasciare il suo mondo della lotta, Ram, come al solito, si reca da Cassidy e si sfoga con lei: riceve un consiglio ben preciso e cioè quello di tentare una ricucitura nei rapporti con la figlia; l’uomo ci pensa sopra e quindi si decide a recarsi a casa della ragazza, nella quale ci trova una donna di colore (gli basta per “stabilire” che la figlia è lesbica), e ricerca un rapporto che la ragazza non accetta: “sei stato finora senza presentarti a nessuno dei miei compleanni ed ora che hai bisogno di qualcuno che ti assista cerchi me; scordatelo” e gli volta le spalle; su consiglio di Cassidy ed insieme alla ragazza, si reca in un negozio di abbigliamento per comprare qualcosa per la figlia: “un regalo fa sempre un buon effetto” gli dice Cassidy.
Viene scelto un capo di vestiario dal colore sgargiante ed un giaccone pesante per il freddo e, con questi regali, Ram si reca nuovamente dalla figlia: questa volta l’atteggiamento della ragazza è diverso e contiene una sorta di accettazione: i due fissano di incontrarsi a cena il sabato successivo.
Intanto Ram ha annunciato ufficialmente il suo ritiro dall’agonismo ed a ripreso a lavorare in un Centro Commerciale che lo impiega il sabato e la domenica; proprio quel sabato che deve recarsi a cena con Stephanie, una litigata con un cliente del negozio lo trattiene più del solito e Ram, all’uscita, fuori dei gangheri, si reca in un Bar per sborniarsi, quando si ricorda dell’impegno con la figlia: arriverà con oltre due ore di ritardo e sarà la chiusura definitiva “non ti voglio vedere mai più” gli dice la ragazza e l’uomo si rivolge allora a Cassidy per raccontarle l’accaduto e chiedere consiglio, ma anche con lei trova il modo di litigare e la ragazza lo mette alla porta, ripetendogli che “lui è solo un cliente per lei”.
Con queste due bastonate tra capo e collo, ricevute peraltro dalle due uniche persone che contino per lui, Ram si vede “costretto” a rientrare nell’unico mondo che lo ha accolto sempre con affetto – la lotta – e decide di accettare un incontro difficile con un avversario da lui già battuto in passato e che adesso vuole la rivincita, “l’Ayatollah”.
Cassidy apprende dell’incontro e capisce la situazione; si precipita nel luogo dove è stato montato il ring e giunge proprio pochi minuti prima che Ram scenda in campo; vanamente lo scongiura di non farlo, ma l’uomo – con una chiarezza disarmante – le dice che quello è l’unico mondo che non lo ha mai deluso, mentre tutti gli altri lo hanno scacciato.
Ovviamente l’incontro ha luogo nei modi stabiliti (dovrà vincere Ram), ma quando siamo nella parte finale, il suo avversario si accorge che Ram non ce la fa più e cerca di abbreviare, ma Ram vuole tentare una delle mosse classiche del wrestling, il volo dalla vetta delle corde sul corpo dell’avversario: fa fatica a raggiungere la posizione di partenza, il volo decolla, ma il regista non ci mostra l’atterraggio; evidentemente l’uomo atterra e muore sul ring.
Film di vicenda, che ci mostra la enorme solitudine in cui versa l’uomo, il quale non ha nessun aggancio con amici e famigliari, ma viene compreso solo da coloro che – almeno in apparenza – sono suoi avversari e i quali si dannano l’anima per riempirlo di botte (alcune vere altre finte).
La condizione di Ram è caratteristica: quando si accorge che il mondo – cioè la donna che ama e la figlia – non ne vogliono più sapere di lui, si rivolge all’unico mondo che lo ha sempre ospitato e continuerà a farlo; e in questa scelta è ben consapevole che sta avviandosi alla morte, ma questa soluzioni gli sembra una liberazione da una vita che ormai non ha per lui più alcun significato.
Le ultime due sequenze – l’estremo tentativo di Cassidy per fermarlo e l’incontro di lotta, con l’avversario che si preoccupa delle sue condizioni fisiche – sono strappalacrime, ma l’autore le realizza con buona maestria e con la tecnica del “pugno nello stomaco” (il nostro ovviamente).
L’attore, un irriconoscibile Mickey Rourke, mostra tutto il suo talento anche se si ritrova molto spesso sopra le righe, ma è un difetto perdonabile specie se consideriamo il personaggio che interpreta. Gli altri sono tutti ben al di sopra della media e quindi possiamo pronosticare a questo film un buon successo di cassetta.