sabato, novembre 29, 2008
E ORA TOCCA AI "POVERI MA NON TROPPO"
Dopo la “social card” per i poverissimi, il Governo ha approvato nuove misure per i “poveri ma non troppo”: si tratta di un assegno “una tantum” tra i 200 e i 1.000 euro che arriverà direttamente a casa di coloro che hanno i parametri – abbastanza complicati – che rientrano in quelli stabiliti dal Ministero dell’Economia.
Dicevo che sono abbastanza complicati in quanto tengono conto del reddito ma anche della composizione familiare, per cui – facendo un solo esempio – una famiglia composta da due persone con un reddito di 17.000 euro riceverà un contributo di 300 euro, mentre per i pensionati anziani monoreddito, se hanno un introito di 15.000 euro avranno 200 euro di contributo.
Ed ecco che si stanno delineando le classifiche dei “poveri” e quindi vediamo di costruirci sopra alcune considerazioni di ordine generale: anzitutto – come ho già avuto modo di dire – a nessuno piace “apparire” povero in pubblico e quindi l’invio del contributo “una tantum” direttamente al proprio domicilio mi sembra una mossa azzeccata.
Ed a questo proposito, vorrei fare una riflessione, partendo dal celebre motto di Longanesi “si stava meglio quando si stava peggio”: la rivoluzione industriale proclamò “il diritto all’uguaglianza” in antitesi a quanto si verificava prima, dove una serie di caste e ordini, suddivideva la società in ricchissimi, ricchi, quasi poveri e poveri, senza che la vita avesse alcuna possibilità di incidere in tale classifica che veniva determinata dalla nascita, dal censo che si acquisiva in tale sede.
Il diritto all’uguaglianza, senza che peraltro ci fosse alcuna possibilità di mantenere la promessa, ha di fatto creato una massa di scontenti e di frustrati; mi spiego meglio: adesso, una pop star, un divo della TV o del cinema, un calciatore, ed altre figure emergenti nella nostra società (ad esempio l’individuo anonimo che indovina “il pacco”) è più lontano dall’individuo comune, dal “basso ceto” come viene ironicamente chiamato, di quanto lo fosse il feudatario rispetto al suo servo.
E con una differenza fondamentale: nel caso del mondo medioevale, la disuguaglianza era codificata e legittimata e quindi poneva gli individui al riparo dalla frustrazione, dall’invidia e dall’odio; in concreto, allora si diceva “non è colpa mia se non sono nato nobile, se non sono nato re; quelli partecipano ad un altro campionato e non ho l’obbligo di misurarmi con loro”; ma in una società dove esiste il teorico diritto all’uguaglianza, io non posso sopportare la disuguaglianza dell’uguale, perché la vivo come un insulto, un’offesa oppure – caso raro ma presente – una mia colpa specifica.
Scusate la digressione dall’argomento aiuti per superare la crisi, ma il fatto di essere codificato “povero” o “povero ma non troppo”, rientra in quel discorso che ho fatto sopra e quindi mi sembra appropriato; comunque, tornando alle misure anticrisi, mentre da una parte c’è da rilevare che nessuna di esse è da considerarsi “strutturale”, ma legata alla contingenza e quindi da eliminare al venir meno della necessità, c’è una misura della quale si è parlato poco e che invece mi sembra la più innovativa: lo Stato fissa un tetto del 4% per i mutui stipulati a tasso variabile; quello che viene richiesto in più dall’Istituto di Credito va a carico dello Stato che, così facendo, è anche invogliato a tenere d’occhio l’andamento di tale comparto.
Anche l’aumento delle risorse per gli ammortizzatori sociale è un provvedimento che va nella giusta direzione; si tratta ora di vedere chi rientra in tale categoria assistenziale: se ci vanno anche i “precari” allora applaudo.
Dicevo che sono abbastanza complicati in quanto tengono conto del reddito ma anche della composizione familiare, per cui – facendo un solo esempio – una famiglia composta da due persone con un reddito di 17.000 euro riceverà un contributo di 300 euro, mentre per i pensionati anziani monoreddito, se hanno un introito di 15.000 euro avranno 200 euro di contributo.
Ed ecco che si stanno delineando le classifiche dei “poveri” e quindi vediamo di costruirci sopra alcune considerazioni di ordine generale: anzitutto – come ho già avuto modo di dire – a nessuno piace “apparire” povero in pubblico e quindi l’invio del contributo “una tantum” direttamente al proprio domicilio mi sembra una mossa azzeccata.
Ed a questo proposito, vorrei fare una riflessione, partendo dal celebre motto di Longanesi “si stava meglio quando si stava peggio”: la rivoluzione industriale proclamò “il diritto all’uguaglianza” in antitesi a quanto si verificava prima, dove una serie di caste e ordini, suddivideva la società in ricchissimi, ricchi, quasi poveri e poveri, senza che la vita avesse alcuna possibilità di incidere in tale classifica che veniva determinata dalla nascita, dal censo che si acquisiva in tale sede.
Il diritto all’uguaglianza, senza che peraltro ci fosse alcuna possibilità di mantenere la promessa, ha di fatto creato una massa di scontenti e di frustrati; mi spiego meglio: adesso, una pop star, un divo della TV o del cinema, un calciatore, ed altre figure emergenti nella nostra società (ad esempio l’individuo anonimo che indovina “il pacco”) è più lontano dall’individuo comune, dal “basso ceto” come viene ironicamente chiamato, di quanto lo fosse il feudatario rispetto al suo servo.
E con una differenza fondamentale: nel caso del mondo medioevale, la disuguaglianza era codificata e legittimata e quindi poneva gli individui al riparo dalla frustrazione, dall’invidia e dall’odio; in concreto, allora si diceva “non è colpa mia se non sono nato nobile, se non sono nato re; quelli partecipano ad un altro campionato e non ho l’obbligo di misurarmi con loro”; ma in una società dove esiste il teorico diritto all’uguaglianza, io non posso sopportare la disuguaglianza dell’uguale, perché la vivo come un insulto, un’offesa oppure – caso raro ma presente – una mia colpa specifica.
Scusate la digressione dall’argomento aiuti per superare la crisi, ma il fatto di essere codificato “povero” o “povero ma non troppo”, rientra in quel discorso che ho fatto sopra e quindi mi sembra appropriato; comunque, tornando alle misure anticrisi, mentre da una parte c’è da rilevare che nessuna di esse è da considerarsi “strutturale”, ma legata alla contingenza e quindi da eliminare al venir meno della necessità, c’è una misura della quale si è parlato poco e che invece mi sembra la più innovativa: lo Stato fissa un tetto del 4% per i mutui stipulati a tasso variabile; quello che viene richiesto in più dall’Istituto di Credito va a carico dello Stato che, così facendo, è anche invogliato a tenere d’occhio l’andamento di tale comparto.
Anche l’aumento delle risorse per gli ammortizzatori sociale è un provvedimento che va nella giusta direzione; si tratta ora di vedere chi rientra in tale categoria assistenziale: se ci vanno anche i “precari” allora applaudo.
venerdì, novembre 28, 2008
LA STRAGE DI MUMBAI
Anzitutto precisiamo una cosa che nessuna televisione – almeno quando ero sintonizzato io – ha detto: Mumbai è nient’altro che Bombay, la capitale economica dell’India e in particolare del cinema, tant’è vero che viene chiamata, nell’ambiente dello spettacolo, un po’ ironicamente Bollywood.
Detto questo, parliamo della strage di ieri l’altro, continuata anche ieri e che al momento in sui scrivo sembra terminata con un bilancio finale di 135 morti e oltre 300 feriti, fra i quali molti sono gravissimi.
Un piccolo – mica tanto piccolo, si parla di 200 attentatori – esercito ha attaccato i luoghi più rinomati della città, i luoghi simbolo, come l’Hotel Marriott e altri ed ha cominciato a sparare all’impazzata, uccidendo tutti quelli che gli si paravano di fronte, usando anche granate ma soprattutto armi automatiche (mitra e pistole).
La contemporaneità dell’attacco in vari posti della città, ha fatto si che la Polizia e le Forze Armate avessero un comprensibile ritardo nell’inquadrare l’attentato in tutta la sua gravità e, questo ritardo, è stato ben utilizzato dai terroristi che proprio nelle prime ore hanno fatto la maggior parte delle vittime.
Chi sono questi terroristi? Così come in Italia si dava la colpa di tutto a Gelli e alla mafia, in questo caso si è scomodato Al Qaeda, per la splendida organizzazione del piano d’attacco che – dicono in molti, anche il nostro Ministro degli Esteri – fa pensare ad una struttura super organizzata come quella del fantomatico Bin Laden; per la verità, l’unica immagine che ho avuto modo di vedere, riprende uno degli attentatori che indossa il braccialetto tipico degli hindu, ma potrebbe essere un depistaggio e la pista islamica, in particolare quella del “principe del terrore” resta la più probabile.
In realtà la situazione socio politica dell’India è assai complessa sia sotto il profilo economico che quello religioso: lo sviluppo del Paese esploso a metà degli anni ’80 e ancora in piena corsa, ha accentuato il già presente divario di povertà, generando una differenza impressionante tra ricchezza e povertà, laddove quest’ultima sta ad indicare coloro che non hanno mezzi per mangiare a sufficienza e questi rappresentano l’80% della popolazione, un numero impressionante in assoluto che rasenta la cifra mostruosa di un miliardo di persone.
L’altro problema – quello religioso – vede una netta predominanza degli hindu i quali hanno ridotto la minoranza musulmana – 120 milioni di persone, un decimo dell’intera popolazione – alla più completa emarginazione, quasi come i “fuori casta”; oltre a questo c’è da ricordare che la maggioranza hindu infierisce sulla minoranza con azioni violente, la peggiore della quale è stata il pogrom del 2002 nel quale vennero uccisi 2.000 islamici.
A latere di tutti i problemi, c’è la rivendicazione autonomistica del Kashmir, con una popolazione quasi interamente musulmana, che interessa anche al vicino Pakistan, e che rivendica di essere la vera “Casa Naturale dell’Islam” e dove i musulmani si rifugiano.
Nell’organizzazione dell’attentato c’è probabilmente lo zampino di qualche servizio segreto – Indiano o Pakistano o entrambi – in quanto la precisione del commandos mostrata sul campo sembra appartenere ad un esercito ben addestrato.
Comunque a tutti fa comodo dare la colpa ad Al Qaeda: all’Europa ed all’America perché costringe tutti gli Stati a fare quadrato contro Bin Laden ed all’India in quanto gli permette di glissare sulle questioni aperte all’interno del proprio Paese.
Detto questo, parliamo della strage di ieri l’altro, continuata anche ieri e che al momento in sui scrivo sembra terminata con un bilancio finale di 135 morti e oltre 300 feriti, fra i quali molti sono gravissimi.
Un piccolo – mica tanto piccolo, si parla di 200 attentatori – esercito ha attaccato i luoghi più rinomati della città, i luoghi simbolo, come l’Hotel Marriott e altri ed ha cominciato a sparare all’impazzata, uccidendo tutti quelli che gli si paravano di fronte, usando anche granate ma soprattutto armi automatiche (mitra e pistole).
La contemporaneità dell’attacco in vari posti della città, ha fatto si che la Polizia e le Forze Armate avessero un comprensibile ritardo nell’inquadrare l’attentato in tutta la sua gravità e, questo ritardo, è stato ben utilizzato dai terroristi che proprio nelle prime ore hanno fatto la maggior parte delle vittime.
Chi sono questi terroristi? Così come in Italia si dava la colpa di tutto a Gelli e alla mafia, in questo caso si è scomodato Al Qaeda, per la splendida organizzazione del piano d’attacco che – dicono in molti, anche il nostro Ministro degli Esteri – fa pensare ad una struttura super organizzata come quella del fantomatico Bin Laden; per la verità, l’unica immagine che ho avuto modo di vedere, riprende uno degli attentatori che indossa il braccialetto tipico degli hindu, ma potrebbe essere un depistaggio e la pista islamica, in particolare quella del “principe del terrore” resta la più probabile.
In realtà la situazione socio politica dell’India è assai complessa sia sotto il profilo economico che quello religioso: lo sviluppo del Paese esploso a metà degli anni ’80 e ancora in piena corsa, ha accentuato il già presente divario di povertà, generando una differenza impressionante tra ricchezza e povertà, laddove quest’ultima sta ad indicare coloro che non hanno mezzi per mangiare a sufficienza e questi rappresentano l’80% della popolazione, un numero impressionante in assoluto che rasenta la cifra mostruosa di un miliardo di persone.
L’altro problema – quello religioso – vede una netta predominanza degli hindu i quali hanno ridotto la minoranza musulmana – 120 milioni di persone, un decimo dell’intera popolazione – alla più completa emarginazione, quasi come i “fuori casta”; oltre a questo c’è da ricordare che la maggioranza hindu infierisce sulla minoranza con azioni violente, la peggiore della quale è stata il pogrom del 2002 nel quale vennero uccisi 2.000 islamici.
A latere di tutti i problemi, c’è la rivendicazione autonomistica del Kashmir, con una popolazione quasi interamente musulmana, che interessa anche al vicino Pakistan, e che rivendica di essere la vera “Casa Naturale dell’Islam” e dove i musulmani si rifugiano.
Nell’organizzazione dell’attentato c’è probabilmente lo zampino di qualche servizio segreto – Indiano o Pakistano o entrambi – in quanto la precisione del commandos mostrata sul campo sembra appartenere ad un esercito ben addestrato.
Comunque a tutti fa comodo dare la colpa ad Al Qaeda: all’Europa ed all’America perché costringe tutti gli Stati a fare quadrato contro Bin Laden ed all’India in quanto gli permette di glissare sulle questioni aperte all’interno del proprio Paese.
giovedì, novembre 27, 2008
LA SOCIAL CARD
E così la montagna, cioè l’accoppiata Berlusconi Tremonti ha partorito il topolino, cioè le misure per tamponare la crisi dei consumi prevista per le prossime feste.
Tra le misure varate per famiglie ed aziende, spicca per la sua originalità – anche se analoga iniziativa venne presa negli U.S.A. nel 1939 – la Social Card, cioè una sorta di Bancomat o Carta di Credito pre-pagata, del valore di 40 euro mensili, che lo Stato consegnerà a 1.3 milioni di famiglie “povere”; questa caratteristica deve essere dimostrata in due modi: per gli anziani sotto i 65 anni – niente – sopra e fino ai 69 anni, con reddito fino a 6.000 euro annui – OK – e analogo risultato si ottiene per coloro che superano i 70 anni ed hanno reddito di 8.000 euro, sempre annuo ovviamente.
Questa forma di provvidenza viene assegnata anche a famiglie con figli fino a 3 anni di età, il cui reddito – non dei figli, ma dell’intera famiglia – non superi i 6.000 euro annui.
Oltre a questi requisiti, diciamo così finanziari, i titolari debbono anche NON possedere più di una casa e di una automobile (due nel caso di famiglia con figli minori), essere titolari di una sola utenza elettrica e del gas e avere in banca risparmi per non oltre 15.000 euro (ma ci rendiamo conto della fesseria di questa norma?).
Ed anche questa volta si è scelto di far sentire poveri coloro che sono poveri, e farli sentire di fronte a tutti, alla cassiera del Supermercato o all’impiegata dell’ENEL, ai quali dovranno mostrare la “tessera della vergogna”; insomma li vogliono etichettare, sputtanare – come si diceva una volta – di fronte a tutti; a questo proposito sarebbe bene che i nostri governanti vedessero uno dei capolavori del nostro cinema, quell’”Umberto D” di Vittorio De Sica, nel quale un misero – solo per i soldi – non accetta di mostrarsi come tale.
E adesso me li vedo i miei amici “poveri” che, radunati attorno alla tavola, si chiedono come faranno a spendere questo ben di Dio (40 euro); pensate, se riescono a frazionarlo giornalmente, si ritrovano una cifra di 1 euro e 33 centesimi; ma resta il problema di come spenderli: c’entra un quotidiano (fare svelti, perché stanno aumentando) oppure un chilo di pane o qualche arancia o forse anche un chilo di mele: insomma, la gamma delle possibilità è ampia e variegata; beati loro!!
Per le imprese – tutte, quindi non ci sono aiuti solo per le PMI – è stata mantenuta la detassazione per premi e straordinari ed è stata aggiunta una novità che ha un qualche interesse: l’IVA sulle vendite verrà pagata solo al momento in cui la relativa fattura sarà incassata; questo mi sembra l’unico elemento positivo in tutta la babele di norme, alcune delle quali rasentano la follia; da noi si verifica giornalmente che l’azienda fattura un bene o una prestazione e alla scadenza (mensile o trimestrale) deve versare l’IVA; se la fattura non viene pagata per vari motivi (il principale è che il creditore non ha soldi) non esiste alcuna forma di recupero dell’imposta che è stata pagata allo stato; c’è da aggiungere che il creditore, intestatario della fattura, può mettere la fattura, ancorché non pagata, in detrazione dell’IVA che lui deve pagare; ecco, almeno questa stortura è stata cancellata.
Ma torniamo al nostro “povero” che si rigira nelle mani la social card e si chiede dove andare a spendere questo ben di Dio; a questo proposito, c’è da specificare che al momento soltanto il 5% degli esercizi interpellati dallo Stato (supermercati, ipermercati ed altre strutture) hanno aderito all’iniziativa ed accetteranno la carta facendo anche uno sconto del 5%; c’è da capirli, perché avere lo Stato come loro debitore non deve essere una cosa gradevole e quindi meglio attendere.
Tra le misure varate per famiglie ed aziende, spicca per la sua originalità – anche se analoga iniziativa venne presa negli U.S.A. nel 1939 – la Social Card, cioè una sorta di Bancomat o Carta di Credito pre-pagata, del valore di 40 euro mensili, che lo Stato consegnerà a 1.3 milioni di famiglie “povere”; questa caratteristica deve essere dimostrata in due modi: per gli anziani sotto i 65 anni – niente – sopra e fino ai 69 anni, con reddito fino a 6.000 euro annui – OK – e analogo risultato si ottiene per coloro che superano i 70 anni ed hanno reddito di 8.000 euro, sempre annuo ovviamente.
Questa forma di provvidenza viene assegnata anche a famiglie con figli fino a 3 anni di età, il cui reddito – non dei figli, ma dell’intera famiglia – non superi i 6.000 euro annui.
Oltre a questi requisiti, diciamo così finanziari, i titolari debbono anche NON possedere più di una casa e di una automobile (due nel caso di famiglia con figli minori), essere titolari di una sola utenza elettrica e del gas e avere in banca risparmi per non oltre 15.000 euro (ma ci rendiamo conto della fesseria di questa norma?).
Ed anche questa volta si è scelto di far sentire poveri coloro che sono poveri, e farli sentire di fronte a tutti, alla cassiera del Supermercato o all’impiegata dell’ENEL, ai quali dovranno mostrare la “tessera della vergogna”; insomma li vogliono etichettare, sputtanare – come si diceva una volta – di fronte a tutti; a questo proposito sarebbe bene che i nostri governanti vedessero uno dei capolavori del nostro cinema, quell’”Umberto D” di Vittorio De Sica, nel quale un misero – solo per i soldi – non accetta di mostrarsi come tale.
E adesso me li vedo i miei amici “poveri” che, radunati attorno alla tavola, si chiedono come faranno a spendere questo ben di Dio (40 euro); pensate, se riescono a frazionarlo giornalmente, si ritrovano una cifra di 1 euro e 33 centesimi; ma resta il problema di come spenderli: c’entra un quotidiano (fare svelti, perché stanno aumentando) oppure un chilo di pane o qualche arancia o forse anche un chilo di mele: insomma, la gamma delle possibilità è ampia e variegata; beati loro!!
Per le imprese – tutte, quindi non ci sono aiuti solo per le PMI – è stata mantenuta la detassazione per premi e straordinari ed è stata aggiunta una novità che ha un qualche interesse: l’IVA sulle vendite verrà pagata solo al momento in cui la relativa fattura sarà incassata; questo mi sembra l’unico elemento positivo in tutta la babele di norme, alcune delle quali rasentano la follia; da noi si verifica giornalmente che l’azienda fattura un bene o una prestazione e alla scadenza (mensile o trimestrale) deve versare l’IVA; se la fattura non viene pagata per vari motivi (il principale è che il creditore non ha soldi) non esiste alcuna forma di recupero dell’imposta che è stata pagata allo stato; c’è da aggiungere che il creditore, intestatario della fattura, può mettere la fattura, ancorché non pagata, in detrazione dell’IVA che lui deve pagare; ecco, almeno questa stortura è stata cancellata.
Ma torniamo al nostro “povero” che si rigira nelle mani la social card e si chiede dove andare a spendere questo ben di Dio; a questo proposito, c’è da specificare che al momento soltanto il 5% degli esercizi interpellati dallo Stato (supermercati, ipermercati ed altre strutture) hanno aderito all’iniziativa ed accetteranno la carta facendo anche uno sconto del 5%; c’è da capirli, perché avere lo Stato come loro debitore non deve essere una cosa gradevole e quindi meglio attendere.
mercoledì, novembre 26, 2008
ABBIAMO IL NOSTRO OBAMA
Il reality “L’isola dei famosi” ha incoronato vincitore il transgender Vladimir Luxuria, il quale – prima di approdare al programma condotto da Simona Ventura – ha fatto anche politica attiva nel Partito della Rifondazione Comunista ed è giunto fino alla Camera dei Deputati, dove lo ricordano soprattutto per la famosa “guerra dei cessi” perché nessuno dei due sessi lo voleva nel proprio gabinetto (inteso non in senso politico ma proprio come orinatoio).
Alcuni commenti, prima di affrontare il titolo di questo mio post: anzitutto l’ideatrice del programma, Simona Ventura, che ha affermato che “il pubblico si è dimostrato maturo e far vincere Luxuria in un Paese bigotto come il nostro non è mica uno scherzo, è un risultato che rispecchia una società in evoluzione”.
La Gardini, che ebbe con Vladimir la querelle sui gabinetti, ha ribadito il proprio concetto affermando che “tra me e Luxuria non fu la guerra dei cessi, ma dei sessi; per me sono due, per lei sono cinque” (non sono riuscito a comprendere quali siano gli altri tre, ma dipende da una mia impreparazione e quindi me ne scuso).
E adesso passiamo ai “compagni” della politica: il quotidiano di Rifondazione “Liberazione” riporta nell’occhiello: Donna eccezionale, nostra collaboratrice, deputata comunista”; e noi a chiederci: ma chi è Rosa Luxemburg o Nilde Iotti? Nessuna delle due, nel titolo si legge: “Forza Vladimir: hai vinto tu”; e nel corpo dell’articolo siamo arrivati a leggere: “Vladimir come Obama”? Forse è un po’ esagerato ma fatecelo dire!”
Ma siamo andati oltre l’accostamento, perché da più parti – ovviamente in casa comunista – si profila di offrire su un piatto d’argento a Vladimir la candidatura alle prossime europee, perché – come spiega il leader Ferrero – “nella vittoria del reality televisivo c’è valenza politica nel senso di costume, apertura mentale, modelli umani: insomma un modello antropologico molto positivo”.
Ed un altro esponente di Rifondazione, Russo Spena, afferma convintamene che Luxuria ha dimostrato intelligenza e sensibilità in una trasmissione “apparentemente” banale; chissà cosa ci avrà trovato il bravo ex deputato nel reality della Ventura, andando a scavare al di là della banalità che tutti noi vediamo!!
Poteva mancare Grillini, leader dell’Arcigay? Sicuramente no e infatti la sua dichiarazione è roboante: “una vittoria enorme, una svolta storica nel costume italiano, a dimostrazione che le missioni difficili possono diventare possibili”.
Per tutte queste dichiarazioni dobbiamo tenere presente che questi signori sono stati sbattuti fuori dal Parlamente e che negli ultimi dodici mesi l’unico che ha vinto qualcosa è stato Luxuria; quindi, onore a lui/lei.
E adesso proviamo a chiederci il perché dell’accostamento di Obama con Luxuria; evidentemente il colore della pelle del neo Presidente USA fa il paio con i problemi di ordine sessuale della nostra ex deputata.
Ritengo cosa vana andare a spiegare che Obama è stato eletto per le cose che diceva e che mostrava di essere in grado di realizzare, mentre di Luxuria si è valutato solo una vaga e semplicistica “simpatia” per mettere il suo nome in cima alla classifica.
Insomma, se permettete, una certa differenza anche sotto il profilo della simpatia esiste; e comunque, per noi italiani, esiste il concetto – vecchio più di me – che ogni Nazione ha il governo che si merita e parafrasando questo detto, possiamo affermare che ognuno ha il suo Obama, il nostro è un transgender e si chiama Vladimir Luxuria, ma è vestito da donna: che vorrà dire??
Alcuni commenti, prima di affrontare il titolo di questo mio post: anzitutto l’ideatrice del programma, Simona Ventura, che ha affermato che “il pubblico si è dimostrato maturo e far vincere Luxuria in un Paese bigotto come il nostro non è mica uno scherzo, è un risultato che rispecchia una società in evoluzione”.
La Gardini, che ebbe con Vladimir la querelle sui gabinetti, ha ribadito il proprio concetto affermando che “tra me e Luxuria non fu la guerra dei cessi, ma dei sessi; per me sono due, per lei sono cinque” (non sono riuscito a comprendere quali siano gli altri tre, ma dipende da una mia impreparazione e quindi me ne scuso).
E adesso passiamo ai “compagni” della politica: il quotidiano di Rifondazione “Liberazione” riporta nell’occhiello: Donna eccezionale, nostra collaboratrice, deputata comunista”; e noi a chiederci: ma chi è Rosa Luxemburg o Nilde Iotti? Nessuna delle due, nel titolo si legge: “Forza Vladimir: hai vinto tu”; e nel corpo dell’articolo siamo arrivati a leggere: “Vladimir come Obama”? Forse è un po’ esagerato ma fatecelo dire!”
Ma siamo andati oltre l’accostamento, perché da più parti – ovviamente in casa comunista – si profila di offrire su un piatto d’argento a Vladimir la candidatura alle prossime europee, perché – come spiega il leader Ferrero – “nella vittoria del reality televisivo c’è valenza politica nel senso di costume, apertura mentale, modelli umani: insomma un modello antropologico molto positivo”.
Ed un altro esponente di Rifondazione, Russo Spena, afferma convintamene che Luxuria ha dimostrato intelligenza e sensibilità in una trasmissione “apparentemente” banale; chissà cosa ci avrà trovato il bravo ex deputato nel reality della Ventura, andando a scavare al di là della banalità che tutti noi vediamo!!
Poteva mancare Grillini, leader dell’Arcigay? Sicuramente no e infatti la sua dichiarazione è roboante: “una vittoria enorme, una svolta storica nel costume italiano, a dimostrazione che le missioni difficili possono diventare possibili”.
Per tutte queste dichiarazioni dobbiamo tenere presente che questi signori sono stati sbattuti fuori dal Parlamente e che negli ultimi dodici mesi l’unico che ha vinto qualcosa è stato Luxuria; quindi, onore a lui/lei.
E adesso proviamo a chiederci il perché dell’accostamento di Obama con Luxuria; evidentemente il colore della pelle del neo Presidente USA fa il paio con i problemi di ordine sessuale della nostra ex deputata.
Ritengo cosa vana andare a spiegare che Obama è stato eletto per le cose che diceva e che mostrava di essere in grado di realizzare, mentre di Luxuria si è valutato solo una vaga e semplicistica “simpatia” per mettere il suo nome in cima alla classifica.
Insomma, se permettete, una certa differenza anche sotto il profilo della simpatia esiste; e comunque, per noi italiani, esiste il concetto – vecchio più di me – che ogni Nazione ha il governo che si merita e parafrasando questo detto, possiamo affermare che ognuno ha il suo Obama, il nostro è un transgender e si chiama Vladimir Luxuria, ma è vestito da donna: che vorrà dire??
martedì, novembre 25, 2008
E' UNA SOCIETA' DI "NO-UOMINI" ?
Il fatto di Rimini, dove quattro ragazzi “normali” hanno dato fuoco ad un barbone che dormiva su una panchina, mi induce a pormi e a porvi la domanda che è nel titolo.
Questi quattro imbecilli – tutti provenienti da famiglie “normali – hanno dato fuoco al disgraziato, che aveva la sfortuna di non potersi difendere, “per divertimento”, come hanno dichiarato ai Carabinieri, per ingannare la noia.
E lo hanno ribadito nelle intercettazioni telefoniche nelle quali si vantavano – fra se e con amici e fidanzate – del gesto compiuto, con frasi del tipo “vedessi come bruciava bene” oppure “lo abbiamo scaldato per bene”.
Come genesi dell’evento – se vale la pena ricercarla – c’è una serata come tante altre passata ad annoiarsi nel solito Bar e poi la proposta diabolica di uno di loro: “sarebbe bello dare fuoco al barbone”; detto e fatto, la proposta viene accolta all’unanimità, senza la minima reticenza ed il minimo dubbio e i quattro, armati di una tanica di benzina si sono diretti verso la solita panchina dove tante volte avevano visto un disgraziato barbone che l’aveva adottata come proprio letto.
Poi l’incendio dell’uomo che si alza e barcollando cerca di scrollarsi di dosso le fiamme e infine i soccorsi che lo portano all’Ospedale, dove gli riscontrano il 50% dell’epidermide con bruciature di terzo grado: non morirà, ma rimarrà deturpato in eterno e dovrà soffrire le pene dell’inferno.
I quattro imbecilli, non ancora identificati dalle Forze dell’Ordine, hanno continuato per buona parte della notte a passare dal luogo dell’incendio e ad ascoltare i commenti della gente; magari si saranno infilati in qualche gruppetto per esprimere anch’essi la loro idea su quanto accaduto.
Quando sono stati catturati, dopo poco hanno confessato senza peraltro fornire alcuna motivazione al gesto sconsiderato; tra i quattro adesso si aprirà il festival del “tu sei più responsabile di me” oppure “io gli ho versato addosso meno benzina di te” ; comunque al momento l’accusa è tentato omicidio e, considerata la giovane età – tra i 19 e i 21 anni – vedrete che non sconteranno una grandissima pena e quella poca che verrà comminata loro, la sconteranno fuori dal carcere, impegnati in opere di assistenza a chi ha bisogno: magari proprio ai grandi ustionati come propone lo psichiatra Paolo Crepet.
Quello che invece mi permetto di suggerire io è l’istituzione di un nuovo reato: quello di non appartenere al genere umano e quindi di essere condannato a uscire dalla società degli uomini e trascorrere il resto della vita in un ambiente diverso dalla tua città o dalla tua famiglia: appunto il carcere, inteso come rifugio dove nascondere il “non umano” agli occhi del resto della gente ed anche a quelli delle loro famiglie che ora si sgolano ad affermare “è stato un fulmine a ciel sereno; non sapevamo niente, erano bravissimi quei ragazzi; siamo sconvolti, distrutti”.
La gente assedia la Caserma di Rimini e, quando i ragazzi escono, li apostrofa duramente invitandoli a “spararsi” e gridando loro “vergogna” a pieni polmoni: come sarà possibile riempire il vulnus che questo evento drammatico ha creato nei cittadini della tranquilla Rimini?
Non certo con l’assegnazione dei quattro giovani ad uno dei tanti servizi sociali e neppure con pochi mesi di carcere da scontare, magari, agli arresti domiciliari.
Temo proprio che se non si immette nel codice un nuovo reato – quello che ho sopra indicato – giustizia non sarà fatta e la gente non sarà contenta.
Questi quattro imbecilli – tutti provenienti da famiglie “normali – hanno dato fuoco al disgraziato, che aveva la sfortuna di non potersi difendere, “per divertimento”, come hanno dichiarato ai Carabinieri, per ingannare la noia.
E lo hanno ribadito nelle intercettazioni telefoniche nelle quali si vantavano – fra se e con amici e fidanzate – del gesto compiuto, con frasi del tipo “vedessi come bruciava bene” oppure “lo abbiamo scaldato per bene”.
Come genesi dell’evento – se vale la pena ricercarla – c’è una serata come tante altre passata ad annoiarsi nel solito Bar e poi la proposta diabolica di uno di loro: “sarebbe bello dare fuoco al barbone”; detto e fatto, la proposta viene accolta all’unanimità, senza la minima reticenza ed il minimo dubbio e i quattro, armati di una tanica di benzina si sono diretti verso la solita panchina dove tante volte avevano visto un disgraziato barbone che l’aveva adottata come proprio letto.
Poi l’incendio dell’uomo che si alza e barcollando cerca di scrollarsi di dosso le fiamme e infine i soccorsi che lo portano all’Ospedale, dove gli riscontrano il 50% dell’epidermide con bruciature di terzo grado: non morirà, ma rimarrà deturpato in eterno e dovrà soffrire le pene dell’inferno.
I quattro imbecilli, non ancora identificati dalle Forze dell’Ordine, hanno continuato per buona parte della notte a passare dal luogo dell’incendio e ad ascoltare i commenti della gente; magari si saranno infilati in qualche gruppetto per esprimere anch’essi la loro idea su quanto accaduto.
Quando sono stati catturati, dopo poco hanno confessato senza peraltro fornire alcuna motivazione al gesto sconsiderato; tra i quattro adesso si aprirà il festival del “tu sei più responsabile di me” oppure “io gli ho versato addosso meno benzina di te” ; comunque al momento l’accusa è tentato omicidio e, considerata la giovane età – tra i 19 e i 21 anni – vedrete che non sconteranno una grandissima pena e quella poca che verrà comminata loro, la sconteranno fuori dal carcere, impegnati in opere di assistenza a chi ha bisogno: magari proprio ai grandi ustionati come propone lo psichiatra Paolo Crepet.
Quello che invece mi permetto di suggerire io è l’istituzione di un nuovo reato: quello di non appartenere al genere umano e quindi di essere condannato a uscire dalla società degli uomini e trascorrere il resto della vita in un ambiente diverso dalla tua città o dalla tua famiglia: appunto il carcere, inteso come rifugio dove nascondere il “non umano” agli occhi del resto della gente ed anche a quelli delle loro famiglie che ora si sgolano ad affermare “è stato un fulmine a ciel sereno; non sapevamo niente, erano bravissimi quei ragazzi; siamo sconvolti, distrutti”.
La gente assedia la Caserma di Rimini e, quando i ragazzi escono, li apostrofa duramente invitandoli a “spararsi” e gridando loro “vergogna” a pieni polmoni: come sarà possibile riempire il vulnus che questo evento drammatico ha creato nei cittadini della tranquilla Rimini?
Non certo con l’assegnazione dei quattro giovani ad uno dei tanti servizi sociali e neppure con pochi mesi di carcere da scontare, magari, agli arresti domiciliari.
Temo proprio che se non si immette nel codice un nuovo reato – quello che ho sopra indicato – giustizia non sarà fatta e la gente non sarà contenta.
lunedì, novembre 24, 2008
NE SENTIVAMO PROPRIO IL BISOGNO
Ne sentivamo proprio il bisogno di un nuovo partito, tanto ce ne sono pochi!! E invece ne è nato un altro, proveniente da una costola de “La Destra” di Storace, la quale arrivava dal ginocchio di A.N.: il nome del nuovo partito messo in piedi dalla Daniela Santanché è “Movimento per l’Italia”; attuale collocazione: ovviamente alla destra dello schieramento ma con strizzate d’occhio al PDL per vedere di entrarvi a far parte..
Perché perdere tempo a parlare di un neonato movimento politico la cui influenza è al momento trascurabile? Perché tra le cose che si propone di fare ce n’è una che ho propugnato tante volte anch’io: la bella Santanché lancia l’idea di una “petizione popolare” perché tutti coloro che hanno incarichi politici si riducano lo stipendio del 30%; e la proposta è accompagnata dalla seguente frase: “non si possono chiedere sacrifici agli altri se non si è pronti a farli in prima persona”.
Il discorso è sacrosanto e non fa una piega, peccato però che provenga da una formazione politica che al momento non ha nessun incarico all’interno del sistema e quindi da esso non riceve alcuna mercede; in soldoni: è facile parlare di sacrifici da far fare agli altri e approfittare di tale idea per raggiungere un qualsiasi scranno politico; bisognerà vedere se anche dopo rimarranno della stessa idea.
Intanto una lieve sforbiciata ai propri introiti arriva dal Senatore Berselli, il quale oltre che parlamentare di AN, è anche Sindaco di un Comune in Provincia di Rimini, Montefiore Conca, e per quest’ultima carica percepisce una indennità mensile di 1.446,07 euro; ebbene, il nobile gesto del parlamentare consiste nel rinunciare a tale indennità che – riporta il comunicato dell’Ufficio Stampa del Senatore – nei cinque anni di mandato avrebbe fruttato a Berselli la non trascurabile cifra di quasi 95.000 euro.
Vogliamo dire che siamo sulla buona strada per il ravvedimento di questi personaggi politici? Se proprio vogliamo tirarci su il morale facciamolo pure, ma non prendiamo il caso di Berselli come una presa di coscienza dei nostri personaggi politici, i quali di ridursi lo stipendio non ne parlano assolutamente.
Di contro, a La Spezia è stato trovato un volantino firmato dalle “Neo Brigate Rosse” nel quale si afferma che “nessun compromesso sarà possibile con i carnefici della libertà e dei diritti; romperemo l’accerchiamento del regime plutocratico”.
Gli inquirenti si dicono “cauti” se non addirittura “scettici” rispetto ad un ritorno di formazioni brigatiste, ma non è questo che – al momento – mi interessa; quello che vorrei far rilevare è l’ultima parola del volantino, quel “plutocratico” che a me ricorda altre affermazioni nelle quali il termine campeggiava.
Per questioni di età non ero certamente presente, ma l’ho letto nei libri di storia che il regime fascista è nato quale antagonista al sistema “demo-masso-plutocratico” e con questo pluri termine stava ad indicare che la lotta era specificatamente contro “la democrazia”, “la massoneria” e “la plutocrazia”; per le prime due parole non servono ulteriori spiegazioni, mentre per l’ultima occorre una breve chiosa: come è noto, il significato di plutocrazia è – in estrema sintesi – regime dei ricchi, proprio quello che sono i nostri parlamentari.
Scherzi a parte, questi volantini minacciosi delle B.R. (che siano “neo” o altro) un po’ debbono inquietarci, poiché sappiamo bene che è nei momenti di crisi – anzitutto economica – che la protesta si può trasformare in lotta armata; al momento abbiamo un Paese in crisi, oltre che economica anche di valori, ma – a mio modo di vedere – manca il partito che possa guidare tale azione (vedi pag. 1 Libretto Rosso di Mao).
Perché perdere tempo a parlare di un neonato movimento politico la cui influenza è al momento trascurabile? Perché tra le cose che si propone di fare ce n’è una che ho propugnato tante volte anch’io: la bella Santanché lancia l’idea di una “petizione popolare” perché tutti coloro che hanno incarichi politici si riducano lo stipendio del 30%; e la proposta è accompagnata dalla seguente frase: “non si possono chiedere sacrifici agli altri se non si è pronti a farli in prima persona”.
Il discorso è sacrosanto e non fa una piega, peccato però che provenga da una formazione politica che al momento non ha nessun incarico all’interno del sistema e quindi da esso non riceve alcuna mercede; in soldoni: è facile parlare di sacrifici da far fare agli altri e approfittare di tale idea per raggiungere un qualsiasi scranno politico; bisognerà vedere se anche dopo rimarranno della stessa idea.
Intanto una lieve sforbiciata ai propri introiti arriva dal Senatore Berselli, il quale oltre che parlamentare di AN, è anche Sindaco di un Comune in Provincia di Rimini, Montefiore Conca, e per quest’ultima carica percepisce una indennità mensile di 1.446,07 euro; ebbene, il nobile gesto del parlamentare consiste nel rinunciare a tale indennità che – riporta il comunicato dell’Ufficio Stampa del Senatore – nei cinque anni di mandato avrebbe fruttato a Berselli la non trascurabile cifra di quasi 95.000 euro.
Vogliamo dire che siamo sulla buona strada per il ravvedimento di questi personaggi politici? Se proprio vogliamo tirarci su il morale facciamolo pure, ma non prendiamo il caso di Berselli come una presa di coscienza dei nostri personaggi politici, i quali di ridursi lo stipendio non ne parlano assolutamente.
Di contro, a La Spezia è stato trovato un volantino firmato dalle “Neo Brigate Rosse” nel quale si afferma che “nessun compromesso sarà possibile con i carnefici della libertà e dei diritti; romperemo l’accerchiamento del regime plutocratico”.
Gli inquirenti si dicono “cauti” se non addirittura “scettici” rispetto ad un ritorno di formazioni brigatiste, ma non è questo che – al momento – mi interessa; quello che vorrei far rilevare è l’ultima parola del volantino, quel “plutocratico” che a me ricorda altre affermazioni nelle quali il termine campeggiava.
Per questioni di età non ero certamente presente, ma l’ho letto nei libri di storia che il regime fascista è nato quale antagonista al sistema “demo-masso-plutocratico” e con questo pluri termine stava ad indicare che la lotta era specificatamente contro “la democrazia”, “la massoneria” e “la plutocrazia”; per le prime due parole non servono ulteriori spiegazioni, mentre per l’ultima occorre una breve chiosa: come è noto, il significato di plutocrazia è – in estrema sintesi – regime dei ricchi, proprio quello che sono i nostri parlamentari.
Scherzi a parte, questi volantini minacciosi delle B.R. (che siano “neo” o altro) un po’ debbono inquietarci, poiché sappiamo bene che è nei momenti di crisi – anzitutto economica – che la protesta si può trasformare in lotta armata; al momento abbiamo un Paese in crisi, oltre che economica anche di valori, ma – a mio modo di vedere – manca il partito che possa guidare tale azione (vedi pag. 1 Libretto Rosso di Mao).
domenica, novembre 23, 2008
ALLORA E' COLPA DELLA PSICOLOGIA !!
Due grandi della terra – Barack Obama e Berlusconi – fanno in questi giorni degli strani discorsi che, a ben guardare, sembrano uscire dalla stessa bocca, anche se tra i due c’è un abisso in fatto di cultura e di gestione della cosa pubblica.
Dunque, entrambi i governanti, incitano i cittadini a “non cambiare abitudini” in queste prossime feste natalizie: a loro dire, questo invito al consumismo è l’unico argine ad una crisi reale che potrebbe verificarsi con una caduta verticale degli acquisti; quindi mi raccomando a tutti voi: quei pochi spiccioli che vi sono rimasti in tasca, spendeteli fino all’ultimo centesimo e così facendo, allontanerete dal Paese l’allarme deflazione.
Mentre Berlusconi veleggia con una maggioranza tale che gli permette … qualsiasi fesseria, l’abbronzato neo eletto Presidente U.S.A., deve attendere la metà di gennaio del prossimo anno per insediarsi alla Casa Bianca e adesso può solo mandare dei segnali agli americani, sia attraverso i suoi discorsi quasi quotidiani ma soprattutto con le nomine dei propri collaboratori, in particolare per quelli dei dicasteri economici: proprio venerdì quella di Timothy F. Geithner a capo del Ministero del Tesoro è stata salutata dagli operatori di Borsa con un balzo di circa il 6%, a dimostrazione della stima verso il personaggio e della fiducia nella sua azione prossima nei confronti della disastrata economia americana.
Infatti, dall’inizio del 2008 ad oggi, negli States sono stati perduti 1,2 milioni di posti di lavoro e, prima di trovare un qualcosa che fermi la spirale della crisi, si pensa a un altro mezzo milioni di americani che verrà espulso dal proprio lavoro; per fermare questa emorragia il povero Obama ha solo la parola ed infatti attraverso la sua settimanale trasmissione radiofonica, ha annunciato la propria sfida: 2,5 milioni di posti di lavoro entro il gennaio 2011, cioè nei prossimi due anni di presidenza democratica (per la verità quella del milione di posti di lavoro mi sembra di averla già sentita!!).
Il Cavaliere – che invece è nel pieno dei suoi poteri – oltre alle misure che vengono annunciate, poi smentite e quindi presentate nuovamente, lancia il suo proclama ai propri concittadini invitandoli a comportarsi nelle prossime feste con la stessa abitudine degli altri anni e quindi a spendere non secondo le proprie disponibilità, ma secondo quanto occorre all’economia nazionale per tirarsi su.
Questa uscita sulla psicologia del consumatore è veramente interessante; sembrerebbe che l’homo-economicus, preoccupato della situazione “mondiale”, non allarghi i cordoni della borsa e – per quanto riguarda i regali natalizi – si limiti a poche cianfrusaglie di basso prezzo; ed invece così non dovrebbe fare, perché è con l’incremento dei consumi che si ritira su l’economia.
Ma c’è un piccolo particolare che il Cavaliere non ha messo nel conto: il negoziante al quale mi rivolgo per la mia “spesa pazza per l’ economia da salvare” non accetta in pagamento, neppure parziale, la copia del discorso di Silvio in cui vengo incitato a consumare a più non posso, ma vuole denaro contante o carta di credito.
Quindi, prima di dire sciocchezze, si guardi bene a chi sono rivolti: l’italiano è sempre stato “splendido” nelle proprie spese e se adesso tale splendore è appannato, non è colpa sua ma del decaduto potere d’acquisto.
Concludo quindi con un invito al nostro Governo: faccia un “buono spesa” da spendere nel prossimo Natale e vedrà che tutti gli italiani si affolleranno nei negozi; certo che se la cifra è di soli 50 euro, come ho sentito ventilare, forse non vale la pena neppure muoversi da casa e prendere l’autobus per andare in Centro.
Dunque, entrambi i governanti, incitano i cittadini a “non cambiare abitudini” in queste prossime feste natalizie: a loro dire, questo invito al consumismo è l’unico argine ad una crisi reale che potrebbe verificarsi con una caduta verticale degli acquisti; quindi mi raccomando a tutti voi: quei pochi spiccioli che vi sono rimasti in tasca, spendeteli fino all’ultimo centesimo e così facendo, allontanerete dal Paese l’allarme deflazione.
Mentre Berlusconi veleggia con una maggioranza tale che gli permette … qualsiasi fesseria, l’abbronzato neo eletto Presidente U.S.A., deve attendere la metà di gennaio del prossimo anno per insediarsi alla Casa Bianca e adesso può solo mandare dei segnali agli americani, sia attraverso i suoi discorsi quasi quotidiani ma soprattutto con le nomine dei propri collaboratori, in particolare per quelli dei dicasteri economici: proprio venerdì quella di Timothy F. Geithner a capo del Ministero del Tesoro è stata salutata dagli operatori di Borsa con un balzo di circa il 6%, a dimostrazione della stima verso il personaggio e della fiducia nella sua azione prossima nei confronti della disastrata economia americana.
Infatti, dall’inizio del 2008 ad oggi, negli States sono stati perduti 1,2 milioni di posti di lavoro e, prima di trovare un qualcosa che fermi la spirale della crisi, si pensa a un altro mezzo milioni di americani che verrà espulso dal proprio lavoro; per fermare questa emorragia il povero Obama ha solo la parola ed infatti attraverso la sua settimanale trasmissione radiofonica, ha annunciato la propria sfida: 2,5 milioni di posti di lavoro entro il gennaio 2011, cioè nei prossimi due anni di presidenza democratica (per la verità quella del milione di posti di lavoro mi sembra di averla già sentita!!).
Il Cavaliere – che invece è nel pieno dei suoi poteri – oltre alle misure che vengono annunciate, poi smentite e quindi presentate nuovamente, lancia il suo proclama ai propri concittadini invitandoli a comportarsi nelle prossime feste con la stessa abitudine degli altri anni e quindi a spendere non secondo le proprie disponibilità, ma secondo quanto occorre all’economia nazionale per tirarsi su.
Questa uscita sulla psicologia del consumatore è veramente interessante; sembrerebbe che l’homo-economicus, preoccupato della situazione “mondiale”, non allarghi i cordoni della borsa e – per quanto riguarda i regali natalizi – si limiti a poche cianfrusaglie di basso prezzo; ed invece così non dovrebbe fare, perché è con l’incremento dei consumi che si ritira su l’economia.
Ma c’è un piccolo particolare che il Cavaliere non ha messo nel conto: il negoziante al quale mi rivolgo per la mia “spesa pazza per l’ economia da salvare” non accetta in pagamento, neppure parziale, la copia del discorso di Silvio in cui vengo incitato a consumare a più non posso, ma vuole denaro contante o carta di credito.
Quindi, prima di dire sciocchezze, si guardi bene a chi sono rivolti: l’italiano è sempre stato “splendido” nelle proprie spese e se adesso tale splendore è appannato, non è colpa sua ma del decaduto potere d’acquisto.
Concludo quindi con un invito al nostro Governo: faccia un “buono spesa” da spendere nel prossimo Natale e vedrà che tutti gli italiani si affolleranno nei negozi; certo che se la cifra è di soli 50 euro, come ho sentito ventilare, forse non vale la pena neppure muoversi da casa e prendere l’autobus per andare in Centro.