venerdì, dicembre 17, 2010
DUE PAROLE SUL LAVORO
Mentre si dibatte sull’andamento della crisi mondiale e sulle sue ripercussioni nel nostro Paese, mi sembra che tutti siano d’accordo su un punto: al momento i riflessi sul mondo del lavoro non sono ancora finiti ed anzi, si hanno ancora molte ripercussioni; ed è proprio di una di queste situazioni che intendo parlare; ed inoltre – visto il momento particolarmente fecondo per le mie idee – vorrei proporne un’altra, ovviamente di quelle “bislacche”
Si parla di una azienda che ha sede a Massa, il cui capitale è interamente in mano agli americani: la Eaton Corporation, fabbrica di motori a scoppio tra le più famose in Europa; ebbene, questa azienda ha posto da circa due anni i suoi 304 dipendenti in Cassa Integrazione e, dal 2 settembre scorso, ha aperto anche un conflitto difficilmente sanabile con i dipendenti, avendo consegnato a tutti i lavoratori ed alle rappresentanze sindacali una lettera in cui si accusano i lavoratori di “scarso impegno”; l’accusa della Eaton è basata principalmente sul fatto che non è stato raggiunto l’obiettivo della dirigenza che aveva posto al 17%, l’andamento dell’utile della fabbrica (come se fosse un obbligo!!); inoltre, viene imputato ai lavoratori la caduta della reputazione dello stabilimento, con conseguente maggiore difficoltà per individuare un potenziale acquirente; viene poi accennato al “solito” assenteismo ed alla bassa produttività, cosicché l’azienda ha la percezione che i lavoratori dello stabilimento non siano interessati al buon funzionamento della fabbrica, in quanto non sufficientemente coinvolti nel buon andamento aziendale; in sostanza, siamo di fronte ad un problema ed i lavoratori sono indicati come gli unici responsabili di questa situazione.
Nei giorni scorsi era previsto un nuovo incontro tra l’azienda e le forze sociali addirittura al Ministero per lo Sviluppo Economico, ma anziché i propri rappresentanti, la Eaton ha inviato un fax con il quale chiude ogni spiraglio alla trattativa, non accettando neppure un ulteriore ampliamento della Cassa Integrazione; quindi allo stato attuale, l’unico elemento certo è che adesso scatta la procedura di “mobilità”, il che – tradotto in termini meno sindacalesi – significa che i 304 dipendenti sono in mezzo ad una strada. Il Sindaco di Massa, credendo di fare cosa utile, si è dichiarato disponibile per l’acquisizione dell’area, mentre un gruppo di dipendenti ha iniziato uno sciopero della fame; questa la situazione attuale.
E adesso la mia idea “bislacca”: agli americani, il Sindaco o un’altra autorità pubblica, potrebbe fare questo discorso: non volete più sapere né della fabbrica e neppure dei dipendenti? Bene, allora il tutto – fabbrica (area e macchinari) e personale – viene nazionalizzato (forse non è il termine esatto, ma si fa presto a trovare quello giusto) ed il vostro rimborso è di Euro 1 (uno).
Dopo di che il Sindaco o l’altra autorità intervenuta, chiama gli industriali della zona e insieme a loro si mette a gestire la fabbrica, facendo così un’opera altamente civile e di carattere sociale, molto più utile di tante municipalizzate che sorgono come funghi solo per creare posti per i dirigenti del partito di riferimento del Sindaco.
Probabilmente gli americani s’incazzano e portano la situazione in Tribunale, ma voglio proprio vedere quel magistrato che da torto al Sindaco che ha rimesso in piedi una struttura “buttata alle ortiche” dai titolari e ha dato da mangiare a 304 famiglie della zona, dando contemporaneamente ragione a una “corporation” che al minimo cenno di difficoltà non trova di meglio che dare la colpa al dipendenti e, subito dopo, licenziare tutti e tornarsene in America, in attesa di monetizzare l’area. Sbaglio??
Si parla di una azienda che ha sede a Massa, il cui capitale è interamente in mano agli americani: la Eaton Corporation, fabbrica di motori a scoppio tra le più famose in Europa; ebbene, questa azienda ha posto da circa due anni i suoi 304 dipendenti in Cassa Integrazione e, dal 2 settembre scorso, ha aperto anche un conflitto difficilmente sanabile con i dipendenti, avendo consegnato a tutti i lavoratori ed alle rappresentanze sindacali una lettera in cui si accusano i lavoratori di “scarso impegno”; l’accusa della Eaton è basata principalmente sul fatto che non è stato raggiunto l’obiettivo della dirigenza che aveva posto al 17%, l’andamento dell’utile della fabbrica (come se fosse un obbligo!!); inoltre, viene imputato ai lavoratori la caduta della reputazione dello stabilimento, con conseguente maggiore difficoltà per individuare un potenziale acquirente; viene poi accennato al “solito” assenteismo ed alla bassa produttività, cosicché l’azienda ha la percezione che i lavoratori dello stabilimento non siano interessati al buon funzionamento della fabbrica, in quanto non sufficientemente coinvolti nel buon andamento aziendale; in sostanza, siamo di fronte ad un problema ed i lavoratori sono indicati come gli unici responsabili di questa situazione.
Nei giorni scorsi era previsto un nuovo incontro tra l’azienda e le forze sociali addirittura al Ministero per lo Sviluppo Economico, ma anziché i propri rappresentanti, la Eaton ha inviato un fax con il quale chiude ogni spiraglio alla trattativa, non accettando neppure un ulteriore ampliamento della Cassa Integrazione; quindi allo stato attuale, l’unico elemento certo è che adesso scatta la procedura di “mobilità”, il che – tradotto in termini meno sindacalesi – significa che i 304 dipendenti sono in mezzo ad una strada. Il Sindaco di Massa, credendo di fare cosa utile, si è dichiarato disponibile per l’acquisizione dell’area, mentre un gruppo di dipendenti ha iniziato uno sciopero della fame; questa la situazione attuale.
E adesso la mia idea “bislacca”: agli americani, il Sindaco o un’altra autorità pubblica, potrebbe fare questo discorso: non volete più sapere né della fabbrica e neppure dei dipendenti? Bene, allora il tutto – fabbrica (area e macchinari) e personale – viene nazionalizzato (forse non è il termine esatto, ma si fa presto a trovare quello giusto) ed il vostro rimborso è di Euro 1 (uno).
Dopo di che il Sindaco o l’altra autorità intervenuta, chiama gli industriali della zona e insieme a loro si mette a gestire la fabbrica, facendo così un’opera altamente civile e di carattere sociale, molto più utile di tante municipalizzate che sorgono come funghi solo per creare posti per i dirigenti del partito di riferimento del Sindaco.
Probabilmente gli americani s’incazzano e portano la situazione in Tribunale, ma voglio proprio vedere quel magistrato che da torto al Sindaco che ha rimesso in piedi una struttura “buttata alle ortiche” dai titolari e ha dato da mangiare a 304 famiglie della zona, dando contemporaneamente ragione a una “corporation” che al minimo cenno di difficoltà non trova di meglio che dare la colpa al dipendenti e, subito dopo, licenziare tutti e tornarsene in America, in attesa di monetizzare l’area. Sbaglio??
mercoledì, dicembre 15, 2010
UNA DELLE MIE IDEE “BISLACCHE”
Nella mia immensa bontà e dedizione agli altri (scherzo!!) mi è venuto in mente che i disservizi che il comune cittadino è costretto a subire dipendono da una cosa, una cosa sola, ma grossa, una cosa che cercherò di spiegare qui sotto.
Chiarisco: i pubblici amministratori – a qualunque livello essi siano – non sono direttamente colpevoli, in quanto possono invocare la mancanza della cosiddetta “conoscenza diretta” dei vari problemi, i quali, in effetti, vengono portati alla loro attenzione e diventano quindi “problemi”, ma solo perché lo sono per altre persone che, al massimo raccontano al pubblico amministratore o alla sua segreteria, le difficoltà che questi problemi generano nei confronti del comune cittadino.
Mi spiego meglio: prendiamo il traffico delle città, croce dei poveri cittadini costretti a muoversi sia per lavoro che per fare visita a parenti o amici; la loro vita è fatta di mezzi pubblici che generalmente portano ritardi mostruosi, ed una volta arrivati, si presentano come un enorme “carnaio”, in quanto contengono circa il doppio della gente prevista.
Ebbene, facciamo finta, per un momento, che i pubblici amministratori – Sindaci, Assessori, Presidenti di Province e di Regione – si comportino, in questo spaccato di vita quotidiana, come noi cittadini e quindi, al mattino per andare a raggiungere i loro scranni per pagati, usino un autobus che li porti vicino al loro ufficio; mi chiederete: e le auto blu? Le vuoi abolire? Nossignori, verranno usate solo per gli spostamenti istituzionali e non per condurli dalla loro abitazione al loro ufficio. Chiaro fino a qui??
Passiamo ora ad un altro settore della vita civile che sta particolarmente a cuore ad ogni individuo: la sanità, e facciamo un esempio concreto; il Presidente della Regione, avverte dei dolori all’addome e, dopo aver consultato il proprio medico, gli viene consigliato di fare delle analisi; come fa? Semplice, come facciamo tutti noi, cioè si mette in fila per prendere l’appuntamento e poi ripete la coda per fare l’analisi quando gli viene concesso; e non come avviene adesso, che il tutto si svolge in cliniche private nelle quali il Presidente si reca con l’auto blu e quando fa comodo a lui.
Ma andiamo avanti nel nostro esempio: dopo l’analisi, al nostro politico di rango, viene diagnosticata un’infiammazione all’appendice che necessita di un intervento, di lieve entità, ma sempre di un’operazione si tratta; ma come si fa a farsi operare? Come facciamo tutti noi, cioè ci mettiamo in fila presso la struttura sanitaria e, nel giorno che ci viene indicato, ci presentiamo per l’intervento; allo stesso modo si dovrebbe presentare il signor Presidente che – armato di pigiama e di borsa con spazzolino e rasoio elettrico – si dovrebbe presentare all’Ospedale dove dovrà subire l’operazione, fatta la quale, resterà degente per un paio di giorni, durante i quali mangerà la solita “sboba” degli altri malati e verrà trattato come uno di loro.
Invece, adesso, l’illustre personaggio, viene ricoverato in una Clinica Privata super lusso nella quale farà una degenza molto migliore di quella che normalmente ognuno di noi fa quando va in vacanza nel solito alberghetto di Rimini o di Viareggio. Spero che le differenze sui due diversi modi di approcciare un intervento chirurgico siano stati compresi appieno e valutati di conseguenza.
Ma da cosa discende questa mia volontà di rendere il personaggio illustre simile ad uno di noi? Semplice, il motivo è che fino a quando la nostra classe dirigente non si sarà resa conto di come vivono i loro “amministrati”, non potrà mettere in campo delle efficaci riforme atte a sistemare la nostra vita, almeno nei due comparti che ho sopra elencato: la mobilità cittadina e la sanità pubblica. Siete d’accordo??
Chiarisco: i pubblici amministratori – a qualunque livello essi siano – non sono direttamente colpevoli, in quanto possono invocare la mancanza della cosiddetta “conoscenza diretta” dei vari problemi, i quali, in effetti, vengono portati alla loro attenzione e diventano quindi “problemi”, ma solo perché lo sono per altre persone che, al massimo raccontano al pubblico amministratore o alla sua segreteria, le difficoltà che questi problemi generano nei confronti del comune cittadino.
Mi spiego meglio: prendiamo il traffico delle città, croce dei poveri cittadini costretti a muoversi sia per lavoro che per fare visita a parenti o amici; la loro vita è fatta di mezzi pubblici che generalmente portano ritardi mostruosi, ed una volta arrivati, si presentano come un enorme “carnaio”, in quanto contengono circa il doppio della gente prevista.
Ebbene, facciamo finta, per un momento, che i pubblici amministratori – Sindaci, Assessori, Presidenti di Province e di Regione – si comportino, in questo spaccato di vita quotidiana, come noi cittadini e quindi, al mattino per andare a raggiungere i loro scranni per pagati, usino un autobus che li porti vicino al loro ufficio; mi chiederete: e le auto blu? Le vuoi abolire? Nossignori, verranno usate solo per gli spostamenti istituzionali e non per condurli dalla loro abitazione al loro ufficio. Chiaro fino a qui??
Passiamo ora ad un altro settore della vita civile che sta particolarmente a cuore ad ogni individuo: la sanità, e facciamo un esempio concreto; il Presidente della Regione, avverte dei dolori all’addome e, dopo aver consultato il proprio medico, gli viene consigliato di fare delle analisi; come fa? Semplice, come facciamo tutti noi, cioè si mette in fila per prendere l’appuntamento e poi ripete la coda per fare l’analisi quando gli viene concesso; e non come avviene adesso, che il tutto si svolge in cliniche private nelle quali il Presidente si reca con l’auto blu e quando fa comodo a lui.
Ma andiamo avanti nel nostro esempio: dopo l’analisi, al nostro politico di rango, viene diagnosticata un’infiammazione all’appendice che necessita di un intervento, di lieve entità, ma sempre di un’operazione si tratta; ma come si fa a farsi operare? Come facciamo tutti noi, cioè ci mettiamo in fila presso la struttura sanitaria e, nel giorno che ci viene indicato, ci presentiamo per l’intervento; allo stesso modo si dovrebbe presentare il signor Presidente che – armato di pigiama e di borsa con spazzolino e rasoio elettrico – si dovrebbe presentare all’Ospedale dove dovrà subire l’operazione, fatta la quale, resterà degente per un paio di giorni, durante i quali mangerà la solita “sboba” degli altri malati e verrà trattato come uno di loro.
Invece, adesso, l’illustre personaggio, viene ricoverato in una Clinica Privata super lusso nella quale farà una degenza molto migliore di quella che normalmente ognuno di noi fa quando va in vacanza nel solito alberghetto di Rimini o di Viareggio. Spero che le differenze sui due diversi modi di approcciare un intervento chirurgico siano stati compresi appieno e valutati di conseguenza.
Ma da cosa discende questa mia volontà di rendere il personaggio illustre simile ad uno di noi? Semplice, il motivo è che fino a quando la nostra classe dirigente non si sarà resa conto di come vivono i loro “amministrati”, non potrà mettere in campo delle efficaci riforme atte a sistemare la nostra vita, almeno nei due comparti che ho sopra elencato: la mobilità cittadina e la sanità pubblica. Siete d’accordo??
lunedì, dicembre 13, 2010
KAMIKAZE
Per ora non sono moltissimi i kamikaze che “esercitano” in Europa, ma qualcuno c’è ed infatti, uno di loro si è fatto saltare in aria nel centro di Stoccolma, mentre la gente si aggirava per i negozi in cerca del regalo di Natale; delle sei bombe che portava alla cintura ne è scoppiata fortunatamente solo una che è stata decisiva per lui e che ha solo ferito due ignari passanti.
L’attentatore è un irakeno di 29 anni, arrivato in Europa nel 1992 per frequentare l’Università di Luton, in Gran Bretagna, dove si è laureato nel 2005; attualmente l’uomo vive in una cittadina a circa 200 chilometri da Stoccolma insieme alla moglie e due figlie; ha lasciato un testamento in cui afferma che “i vostri figli moriranno e anche le vostre figlie e i vostri fratelli, così come muoiono le nostre sorelle e i nostri figli”.
La rivendicazione di Al Qaeda fa riferimento alla presenza di truppe svedesi in Afghanistan ed alle “famose” vignette satiriche su Maometto realizzate dal disegnatore svedese Lars Vilks.
Quello che ho narrato qui sopra è il tipico esempio di come agisce un kamikaze, ma vediamo la genesi di questa figura che l’occidente non riesce a capire: anzitutto diciamo subito che quella parola significa – in giapponese – “vento divino”, in memoria di una tempesta che nel 1570 fece naufragare una flotta mongola che stava per invadere il Giappone; successivamente con lo stesso nome vennero chiamati gli aviatori giapponesi che nella seconda guerra mondiale andavano a schiantarsi con l’aereo carico di bombe contro le navi nemiche: bersaglio preferito le portaerei.
Il sacrificio del pilota era il prezzo da pagare per cercare l’affondamento di un grosso mezzo navale nemico; da aggiungere che esecutori e vittime erano entrambi “soggetti armati”, operanti in una guerra bestiale che stava facendo milioni di vittime; ma i kamikaze di oggi non sono più in questa posizione, ma agiscono come terroristi che raramente operano contro bersagli militari, ma se la prendono principalmente contro vittime civili, alla ricerca della paura collettiva che discende dal non sapere da quale parte potrà arrivare il pericolo.
Nessun nazionalismo può arrivare a far saltare in aria i propri adepti, ma solo un malefico connubio tra politica e religione può generare questi mostri, nella realtà giovani plagiati a loro volta, intimamente “innocenti” che subiscono un tale lavaggio del cervello che li imbarbarisce insegnando loro l’odio come viatico della redenzione e promettendo loro il Paradiso, dove troveranno il Profeta che li accompagnerà ad incontrare un certo numero di giovani vergini, pronte a concedersi agli eroici attentatori.
A mio modo di vedere, se uno Stato o una compagine strutturata come Al Qaeda riesce a trovare un certo numero di “suicidi a comando”, possiede il più forte armamento che si possa avere (altro che atomiche!”!); ricordo che il Generale De Gaulle ebbe a dire, dopo uno dei tanti attentati a lui rivolti, che “se uno è disposto a scambiare la sua vita con la mia, non c’è scorta che tenga: prima o poi vincerà lui”!!.
Ma se questi attentatori sono la mano armata dell’Islam politico, dobbiamo chiederci se stanno facendo la guerra all’occidente – ovviamente la guerra tradizionale, quella che tutti noi conosciamo – oppure se si tratta di una sorta di rivoluzione sotterranea, qualcosa di molto simile agli attentati di ogni rivoluzione che si rispetti; non è affatto facile rispondere a questo quesito e identificare con chiarezza quello che sta accadendo, ma se pensate che Al Qaeda ha detto di avere un migliaio di giovani che si offrono per “un incarico suicida”, non c’è’ da stare per niente tranquilli!!
L’attentatore è un irakeno di 29 anni, arrivato in Europa nel 1992 per frequentare l’Università di Luton, in Gran Bretagna, dove si è laureato nel 2005; attualmente l’uomo vive in una cittadina a circa 200 chilometri da Stoccolma insieme alla moglie e due figlie; ha lasciato un testamento in cui afferma che “i vostri figli moriranno e anche le vostre figlie e i vostri fratelli, così come muoiono le nostre sorelle e i nostri figli”.
La rivendicazione di Al Qaeda fa riferimento alla presenza di truppe svedesi in Afghanistan ed alle “famose” vignette satiriche su Maometto realizzate dal disegnatore svedese Lars Vilks.
Quello che ho narrato qui sopra è il tipico esempio di come agisce un kamikaze, ma vediamo la genesi di questa figura che l’occidente non riesce a capire: anzitutto diciamo subito che quella parola significa – in giapponese – “vento divino”, in memoria di una tempesta che nel 1570 fece naufragare una flotta mongola che stava per invadere il Giappone; successivamente con lo stesso nome vennero chiamati gli aviatori giapponesi che nella seconda guerra mondiale andavano a schiantarsi con l’aereo carico di bombe contro le navi nemiche: bersaglio preferito le portaerei.
Il sacrificio del pilota era il prezzo da pagare per cercare l’affondamento di un grosso mezzo navale nemico; da aggiungere che esecutori e vittime erano entrambi “soggetti armati”, operanti in una guerra bestiale che stava facendo milioni di vittime; ma i kamikaze di oggi non sono più in questa posizione, ma agiscono come terroristi che raramente operano contro bersagli militari, ma se la prendono principalmente contro vittime civili, alla ricerca della paura collettiva che discende dal non sapere da quale parte potrà arrivare il pericolo.
Nessun nazionalismo può arrivare a far saltare in aria i propri adepti, ma solo un malefico connubio tra politica e religione può generare questi mostri, nella realtà giovani plagiati a loro volta, intimamente “innocenti” che subiscono un tale lavaggio del cervello che li imbarbarisce insegnando loro l’odio come viatico della redenzione e promettendo loro il Paradiso, dove troveranno il Profeta che li accompagnerà ad incontrare un certo numero di giovani vergini, pronte a concedersi agli eroici attentatori.
A mio modo di vedere, se uno Stato o una compagine strutturata come Al Qaeda riesce a trovare un certo numero di “suicidi a comando”, possiede il più forte armamento che si possa avere (altro che atomiche!”!); ricordo che il Generale De Gaulle ebbe a dire, dopo uno dei tanti attentati a lui rivolti, che “se uno è disposto a scambiare la sua vita con la mia, non c’è scorta che tenga: prima o poi vincerà lui”!!.
Ma se questi attentatori sono la mano armata dell’Islam politico, dobbiamo chiederci se stanno facendo la guerra all’occidente – ovviamente la guerra tradizionale, quella che tutti noi conosciamo – oppure se si tratta di una sorta di rivoluzione sotterranea, qualcosa di molto simile agli attentati di ogni rivoluzione che si rispetti; non è affatto facile rispondere a questo quesito e identificare con chiarezza quello che sta accadendo, ma se pensate che Al Qaeda ha detto di avere un migliaio di giovani che si offrono per “un incarico suicida”, non c’è’ da stare per niente tranquilli!!