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sabato, agosto 08, 2009

RICHIESTA AI GIOVANI 

Nel mio post di ieri, faccio una sorta di “preghiera” ai giovani perché riescano in quello in cui abbiamo mancato noi adulti, cioè nel sistemare i tanti problemi di questa società imperfetta; mi è venuto in mente motivo di Giancarlo Bigazzi del 1982, dal titolo “Conto su di te”, cantato da Adriano Cementano e – poiché il pezzo non ebbe molto successo all’epoca – voglio riportare il testo per coloro che non lo conoscono, sottoscrivendo integralmente quanto vi appare.
Conto su di te perché tu sei mio figlio / conto su di te ma non pretendo e non voglio che tu diventi un re / né un campione, ma soltanto che/ tu faccia sempre del tuo meglio.
Conto su di te perché porti rispetto a tua madre / e a me come all’ultimo insetto che ha creato Dio / e se io mi addormento prendi il posto mio / per tirare il carretto conto su di te / non scansare la lotta conto su di te perché affronti / la roccia che una vita è e lo faccia meglio di me.
Conto su di te perché studi e lavori oltre che per te/ perché il mondo migliori e se avrai di più non nasconder / tesori pensa che c’è un Dio nei tuoi fratelli chiusi fuori / conto su di te per fermare il cemento sulla prateria / dove gli scappamenti sputano follia e mortali incidenti / conto su di te per salvare una trota soffocata / da una plastica idiota / conto su di te perché vinca la vita e / la bomba A ammuffisca là dove sta.
Conto su di te che hai la vita davanti se assomigli a me / anche nei sentimenti forse soffrirai navigando di fronte / e saranno guai difendere un’idea o un’amante / ma io sento che l’importante è nel cuore conta su di me / per sbagliare ed amare conta su di me / come io conto su di te.
Se noi adulti avessimo parlato ai nostri ragazzi con queste parole dette con cuore puro, forse loro avrebbero capito e ci avrebbero cacciati dagli “outlet” e dalle boutique alla moda, perché avrebbero compreso che lì era tutto falso, tutto vuoto, tutta finzione!!
Ma proprio per questo sono convinto che ancora “tutto non sia perduto” e che a voi spetti l’onere di sistemare questo baraccone che ha abbandonato le idealogie per il consumismo ed ha ricevuto la logica risposta della alienazione.
Non vi posso fornire la ricetta per raggiungere lo scopo, ma sento che qualcosa è ancora possibile fare, non pensando ai “vecchi” come me - che magari vorranno riempirvi la testa di suggerimenti – ma limitandovi a fare tutto l’opposto di quello che abbiamo fatto noi dal dopoguerra ad oggi.
E state attenti ad una circostanza: le parole dei “sapienti” (oggi li chiamiamo opinion leader) sono sempre rivolte a delle similitudini che però non si possono applicare alla vita di tutti i giorni, la sola che possediamo e sulla quale siamo chiamati a cimentarci.
Quindi, cercate di fare a meno di questi “sapienti” allo stesso modo di cui s’invoca la beatitudine di quel “Paese che non ha bisogno d’eroi”; cercate di essere voi stessi i sapienti di turno e pensate che ne va della vostra esistenza e di quella di coloro che saranno, un giorno, i vostri figli.
Ma ricordate che una bella immagine della possibilità concreta di realizzare una “globalizzazione dal volto umano”, ci viene dalla contrapposizione di due figure emergenti della nostra società: da una parte Bill Gates emblema della iper-tecnologia che ha permesso tante diavolerie commerciali e dall’altra il Mullah Omar che rifugge da tutte le sofisticate invenzioni occidentali ritenendole portatrici di disgregazione sociale e morale; vogliamo provare a cercare una via di mezzo senza demonizzare nessuno dei due?? Se ci riusciamo forse troviamo il bandolo della matassa!!

venerdì, agosto 07, 2009

EMERGENZA ALCOL 

Dopo aver passato vari anni, intere generazioni, nei quali si aveva l’allarme droga, adesso – anche se non possiamo disattendere il precedente – dobbiamo preoccuparci di una nuova calamità che sembra cadere addosso ai nostri giovani: l’alcolismo, la ricerca dello sballo attraverso una nuova forma di “divertimento”, come era quello del “fumo”, ma più a buon mercato e giudicato alla moda rispetto ai vecchi sistemi.
In particolare l’estate ha portato alla luce questo fenomeno che viene accostato alle vacanze, alla “movida”, al “tira tardi” la sera, insomma a tutti i divertimenti che la stagione “impone”; le mode, si sa, nascono da menti ingegnose, ma anche da eventi che si organizzano per guadagnare soldi; un esempio: a Panarea è stato realizzato un “rave party” in barca, che aveva la caratteristica di essere obbligatoriamente “ad alto tasso alcolico”. Una ragazza che vi ha partecipato, ha bevuto così tanto da rischiare la vita ed è stata ricoverata in Ospedale con una diagnosi di “coma etilico”.
Dopo che si sono avuti i primi sintomi del problema, lo Stato – da buon dispensatore di “ottime abitudini” – ha emanato una serie di provvedimenti che cercano di regolamentare la vendita di bevande alcoliche; al momento si privilegia il blocco delle vendite dopo una certa ora, in quanto si inquadra il problema nella più vasta realtà degli incidenti automobilistici dovuti all’alto tasso alcolico dei guidatori; ma in alcuni casi si comincia a vietare la vendita al di sotto di una certa età (in genere 16 anni) ma in entrambi i casi non mi sembra che i provvedimenti si possano chiamare risolutivi.
E questo per un paio di ragioni: la prima è che l’alcol non è la droga, cioè non viene acquistato in zone “segrete”, ma se ne può fare incetta al Supermercato, ed il giovane che vuole “sballare” è accanto alla massaia che fa la spesa per la famiglia; inoltre abbiamo visto che già in passato la regolamentazione – ed anzi l’assoluta proibizione negli USA - non ha sortito effetto alcuno, se non quello di dare alla malavita un nuovo comparto di commercializzazione dei propri prodotti.
Ci sono da tenere presente le parole che ci provengono dai medici ed infermieri che lavorano ai Pronto Soccorso degli Ospedali: “sono giovani dai 18 ai 25 anni, arrivano ubriachi fradici, in particolare dalle 2 alle 5 del mattino”; ma forse ancora più interessante è la dichiarazione di una ristoratrice di Panarea: “si rovinano, questi giovani, si rovinano; si alzano alle 14 o alle 15, non mangiano niente e si danno appuntamento sui moli dai quali partono con le barche cariche di bevande alcoliche e si ubriacano ballando: è una fortuna che ancora non siano avvenuti incidenti tragici”. Forse dovremmo cominciare a chiedersi cosa cercano i giovani d’oggi in questo “sballo” – fra l’altro meno dispendioso di quello a mezzo droga – cioè cosa cercano di supplire con l’ingurgitare così tante bibite alcoliche; è indubbiamente una forma di allontanamento dalla realtà che li circonda, quella realtà che continua a considerarli solo come “consumatori” ed è pronta a metterli alla porta alla prima mancanza.
Io credo – da ex genitore ed attuale nonno – che si continui a parlare poco con i nostri ragazzi, si continui a ritenere la maglietta con la griffe l’unica cosa che li possa soddisfare e non si cerchi mai di andare “contro – corrente”, parlando con loro e cercando di far capire che la vita è una cosa meravigliosa che può anche trasformarsi in un inferno, così come noi adulti stiamo cercando di fare; ed è loro impegno sistemare le cose in modo che questa marcia società cambi, ma questo non si può fare da ubriachi; e si ricordino che coloro che detengono le leve del potere bevono “con misura” e non si ubriacano; chiaro il concetto??

giovedì, agosto 06, 2009

RICICLATI DI LUSSO 

Vi narrerò alcune storie tristi, leggendo le quali non potrete trattenere le lacrime, ma vi invito a farvi forza ed a continuare: si tratta di politici locali, fedelissimo al “capetto” che li ha fatti entrare in politica, i quali, pur arrabattandosi per fare un po’ di carriera, alla Camera o al Senato, sono stati “trombati” in entrambi i rami del Parlamento; vedo già i vostri cigli che stanno inumidendosi, ma non disperate per la sorte dei malcapitati, in quanto il loro referente politico non li ha dimenticati e non manca di ricompensarli con un posto in qualche CdA (municipalizzate o altro); e soprattutto con ricche prebende. Sentite alcune di queste vicende.
Cominciamo con la Calabria: tale F.P., candidato “trombato” (da ora in poi non lo specificherò più) al Consiglio Regionale nel 2005 per l’Ulivo, si è “accasato” presso la USL di Cosenza per il “simbolico” compenso di 137.000 euro l’anno.
In Emilia, invece, c’è una struttura – la Hera – che fa incetta di questi signori e li paga lautamente; volete qualche dato? Bene, nel CdA dell’azienda multiutility specializzata in rifiuti, acqua, luce e gas per buona parte della Regione, su 18 membri, nove sono ex politici; ed è facile capire il motivo, viste le prebende; l’Amministratore Delegato, M.C., già assessore al bilancio di Ferrara, adesso si porta a casa 350.000 euro l’anno, mentre il vice Presidente G.R., più volte assessore a Modena, si deve accontentare di 120mila euro; e gli altri sette membri-politici del consiglio – tutti ex assessori – vengono retribuiti con 100mila euro.
In Liguria abbiamo il caso “simpatico” di L.M. – ex Vice Sindaco di La Spezia ed ex assessore regionale ai trasporti – che adesso è Presidente dell’Autorità Portuale di Genova e si porta a casa 200mila euro l’anno.
E ora diamo un’occhiata alla Lombardia: tale P.M., dal 2005 al 2008 consigliere comunale per la Lega Nord nel Comune di Stresa, sul Lago Maggiore, viene riciclato nel CdA dell’Eni e guadagna al momento 135mila euro l’anno.
Ma la Regione dove il ricollocamento è diventato un’arte è senz’altro la Sicilia; un paio di esempi: tale S.A., centrista poi passato all’UdC, partito per cui si candida al Senato nel 2008; fallita l’impresa, adesso è Presidente della Multiservizi, azienda della Regione, dove guadagna quasi 106mila euro l’anno; e nel CdA della stessa struttura è approdato anche Matteo Graziano che, dopo un lusinghiero curriculum politico, ha cominciato ad inanellare tutta una serie di insuccessi che lo hanno condotto a doversi “accontentare” di 66.113 euro l’anno.
Per la situazione della Sicilia, voglio fare un discorso a parte: la Sicilia è realmente una regione “autonoma”, in tutti i sensi, a cominciare dal numero dei dipendenti e dalle loro prebende; facciamo un piccolo paragone con la Lombardia e vediamo che questa, con 9 milioni di abitanti, ha un organico di 3.978 dipendenti, mentre la Sicilia, con una popolazione di 5 milioni ha 18.000 stipendiato; cioè con quasi il 50% in meno di popolazione da amministrare si ha il doppio di dipendenti: e questa è una prima, macroscopica anomalia. Secondo problema: a Paleremo c’è un dirigente ogni 6 dipendenti, per un totale di 2.150, mentre a Milano la situazione è di 1 dirigente ogni 60 persone. Mi sembra che ci sia una bella differenza sotto il profilo dei costi!Se riportiamo queste cifre a livello di spesa, abbiamo infatti che il costo per il personale nell’isola è di 162milioni di euro, mentre in Lombardia si superano di poco i 20 milioni. Quale è la differenza tra le due strutture? Semplice, la Lombardia è una Regione “normale” mentre la Sicilia è “a statuto speciale”; e che sia “speciale” si vede e bene!!

mercoledì, agosto 05, 2009

LA PANDEMIA 

Il termine pandemia – secondo il Devoto Oli – indica una “epidemia con tendenza a diffondersi rapidamente attraverso vastissimi territori o continenti”; il nome infatti proviene dal greco pandèmia che significa in “tutto il popolo”.
Perché questo cappello al mio post odierno? Perché vorrei trattare l’argomento dell’influenza derivante dal virus A/H1N1 che sta fortemente preoccupando le organizzazioni preposte alla cura della salute pubblica; nella miriade di cifre che circolano sui quotidiani di tutto il mondo, ce n’è una nuova, fresca di giornata, che proviene dall’Organizzazione Mondiale della Sanità con sede a Ginevra, che parla di una stima di infettati dal virus che potrà variare tra il 15 e il 45% della popolazione, il che indica – facendo una stima media del 30% - un numero di infettati pari a due miliardi di individui; notare che se alziamo la media della stima, raggiungiamo tranquillamente i tre miliardi e via di questo passo.
Il nuovo problema che sta preoccupando gli scienziati è che il virus sembra fare resistenza al “Tamiflu”, medicamento finora utilizzato in tutto il mondo: si sono avuti casi di resistenza in alcune cittadine a cavallo della frontiera tra il Messico e gli USA, segno che il virus sta facendo mutazioni che lo portano a resistere all’antivirale.
Ed ora qualche numero: sono 429 le vittime dell’A/H1N1 in tutto il mondo, a fronte di un totale di casi accertati pari a 111.542; il paese più colpito è gli Stati Uniti che hanno avuto 170 morti su 33.902 casi accertati, seguiti dal Messico con 119 morti a fronte di 10.262 contagiati; in Europa sono ancora pochissimi (tre) i casi mortali, nonostante i quasi 10.000 casi accertati.
Fin qui la situazione della pandemia sotto il profilo dello sviluppo sanitario, ma adesso proviamo ad andare oltre e a cercare il trucco messo in piedi dalle multinazionali che sono sempre all’agguato per guadagnare quattrini sopra ogni disgrazia.
Sentite questa: giorni addietro, su un nostro telegiornale nazionale, abbiamo appreso che “il virus si diffonderà nel 100% del pianeta” e che saranno necessari quindi “vari milioni di vaccini, la gran parte dei quali dovranno essere riservati all’Africa, dove minori sono le protezioni”.
Ed allora tutto diventa più chiaro e “il pensar male diventa verità”: le industrie farmaceutiche dell’occidente – quelle più rapinose – troveranno il modo di sistemare i propri bilanci vendendo milioni (forse miliardi) di dosi – probabilmente in gran parte inutili – al cosiddetto “Continente dimenticato” e verranno pagati con i fondi che i Paesi sviluppati metteranno formalmente a disposizione di quelli in via dei sviluppo.
In sostanza si tratta di far restare i soldi in famiglia, rendendo ancora più indissolubili i rapporti tra governi e multinazionali del farmaco, in un circuito “poco virtuoso” che si autoalimenta, dimostrando – da una parte – il buon cuore degli occidentali verso gli amici africani e – dall’altra – facendo fare affari d’oro agli amici industriali.
Il giochetto è semplice, specie se si controllano le leve dell’effettivo potere (mass-media e multinazionali): i giornali e le televisioni amplificano il problema della pandemia influenzale in modo che l’opinione pubblica ne venga toccata e subisca quella scarica di “paura ed emozione” tipica di questi eventi; subito dopo arriva la notizia che il tutto può essere contenuto in limiti accettabili (per l’occidente), mentre si va espandendo verso le zone africane ed asiatiche; risultato di questa duplice operazione “a tanaglia”? L’intervento delle industrie farmaceutiche sovvenzionate dai soldi degli stati occidentali, e il gioco è fatto!! Chiaro il concetto??

martedì, agosto 04, 2009

L'OGGI DELLA DOLCE VITA 

Cinquanta anni fa, Fellini realizzava il suo (probabilmente) capolavoro, quel “La dolce vita” che procurò all’autore molta fama ma anche altrettanti problemi; di una cosa possiamo esser certi: in quel film c’erano tutti i vizi degli italiani e, se li osserviamo adesso, vediamo che non ne abbiamo emendati nessuno, anzi, forse ne abbiamo aggiunto qualcun altro. Vediamo alcuni “blocchi tematici” del film .
Anzitutto l’amore che nel film è visto in due modi, nessuno dei quali è quello “autentico”: sesso, nelle sequenze che riguardano Marcello (il protagonista) con la nobildonna Maddalena, ma poi – quando l’uomo è con la legittima consorte – diventa non il sentimento che ci aspetteremmo, ma una totale esplosione di egoismo.
Abbiamo poi varie sequenze dedicate alla violenza che i “media” esercitano sull’uomo: dalle esibizioni dei paparazzi nei night club di Via Veneto, all’arrivo della diva all’aeroporto, per passare agli sciacalli che vanno all’arrembaggio della vedova alla quale hanno sterminato la famiglia, per concludere, con la presenza delle televisioni al supposto miracolo che poi si rivelerà tutto un trucco.
Una quindicina di anni fa, lo scrittore Antonio Tabucchi ebbe a congratularsi con Fellini, affermando che, mentre lui non aveva capito niente, il regista aveva capito “tutto”, in particolare aveva “scoperto” che l’Italia era un paese del Basso Impero, con i suoi vizi esasperati, con la prepotenza dei “media”, con i finti scoop e con la “spettacolarizzazione del niente”; come si può vedere, questa intervista avrebbe potuto essere fatta oggi stesso e, temo, anche domani, ma forse anche domani l’altro.
I personaggi che Fellini crea nel suo film, hanno tutti una sostanziale disperazione per il loro futuro e per la vita che stanno conducendo, e nessuno ha un barlume di gioia, un briciolo di speranza; solo Paolina, la diafana adolescente dallo sguardo puro e terso, guarda tutti negli occhi, compreso Marcello che ne rimane turbato.
Ed il film, infatti – a differenza della vita reale – dopo avere presentato un caleidoscopio di brutture e di turpitudine, nelle quali pure il nostro Marcello è andato ad infognarsi, termina con Paolina che offre aiuto a Marcello lo chiama serenamente, con voce fresca e pura, come a dirgli che “lei è lì, quando lui vorrà, potrà andare da lei”: cosa sia questa ragazzina è difficile dirlo, alcuni hanno parlato di “grazia” e non credo che si possa dar loro torto completamente; certo che l’autore non sa cosa sia questa sua creatura; ne ha sentito il “bisogno” ma non ne conosce appieno l’entità e quindi la descrive come un angelo del Perugino, senza però darle ulteriori etichette.
E oggi, se qualcuno di noi è caduto così in basso da richiedere una mano, a chi potrebbe rivolgersi? Forse cercherebbe di raggiungere la celebrità, in qualunque modo lo si possa fare e quindi potrebbe seguire l’esempio della “escort” (traduzione: prostituta) D’Addario che, ha avuto – e sta avendo – successo nonostante la sua professione, in quanto è diventata “un volto conosciuto”.
Come ho detto altre volte, non serve sapere per quale motivo uno viene riconosciuto (bandito o Premio Nobel), l’importante è che sia riconosciuto dalla gente, sia diventato una celebrità: a questo punto il gioco è fatto e, poiché nella nostra società non esiste più il concetto di “perdere la faccia”, quello che resta è solo “diventare famoso”, qualunque cosa e per qualsiasi ragione tu lo sia diventato (ripeto: bandito o Nobel).
Ecco, questo è forse l’unico vizio che abbiamo in più rispetto a quelli evidenziati da Fellini: il diventare famoso solo attraverso i mass-media.

lunedì, agosto 03, 2009

LA RIFORMA DEL PROCESSO PENALE 

Sotto questa cappa di calore che deriva dal “solleone” luglio/agostano, affronto – sia pure superficialmente – il problema della magistratura e, segnatamente, della riforma del processo penale, disegno di legge messo a punto dal Ministro di Giustizia, Alfano.
Breve parentesi: saprete immagino che il termine “solleone” discende dalla circostanza che sotto il profilo astrologico, nel periodo 23/7-23/8, siamo sotto il segno del “leone” e quindi è facile l’accostamento tra la maggiore calura dell’anno e il segno zodiacale; bene, chiusa la parentesi e continuiamo il nostro discorsino sulla magistratura: dunque dicevamo che il ministro ha predisposto un disegno di legge – non ancora presentato in Parlamento – e questo è stato rimesso per l’esame al C.S.M. che è l’acronimo di “Consiglio Superiore della Magistratura” e non di “Centro Studi Monacali” come qualcuno potrebbe supporre.
Bene, il suddetto CSM, come prima battuta ha subito “bocciato” il disegno di legge, imputandogli quattro “vizi capitali” che lo rendono imperfetto; senza entrare nel merito delle singole norme – visto anche che non ne avrei le capacità tecniche – mi viene fatto però di ripetere quanto ho già detto varie volte: con una giustizia allo sfascio come abbiamo noi, qualsiasi modifica non può altro che migliorarla.
E poi, se le critiche provengono dal CSM non le posso proprio ritenere attendibili, stante il quasi totale asservimento della struttura a proteggere i colleghi magistrati da qualunque reato o mancanza abbiano commesso.
A questo proposito, vi racconto quanto già uscito su un libro “pepato” dedicato ai magistrati: sono le 18 di un freddo pomeriggio di dicembre quando L.V. – magistrato irreprensibile di Corte d’Appello con una età di 41 anni – fa il suo ingresso in un piccolo cinema dove si proietta il film “La stella di latta” con John Wayne; al nostro inquisitore, dei cow-boy non frega proprio niente, in quanto è in cerca di ben altro, così dopo aver scrutato la sala nel buio, scivola su un seggiolino accanto ad un ragazzo di 14 anni, tale I.M. e – stando al verbale redatto dalla Polizia – “conduceva il minorenne in uno dei bagni, dal quale provenivano urla del tipo, zozzone e altre; recatomi nel locale bagno, ho invano tentato di aprire la porta e solo dopo essermi qualificato, ho ottenuto tale apertura; ho identificato L.V. che invano tentava di nascondere I.M.; quest’ultimo, interrogato sull’accaduto, ha ammesso che l’uomo gli aveva sbottonato i pantaloni e, estratto il pene, lo aveva preso in bocca”.
Sentite ora cosa sono andati a “inventarsi” i colleghi togati: al prode L.V. è stato riconosciuto che un violento urto al capo contro l’architrave metallico di una porta aveva causato un trauma cranico e, inoltre, gli veniva riconosciuta l’eccezionale mole di lavoro che il citato L.V. era stato costretto a svolgere nel suo ufficio: insomma, il combinato disposto dei due eventi aveva indotto la Sezione Disciplinare del CSM ad assolvere il Dottor V., “perché non punibile avendo agito in stato di transeunte incapacità di volere al momento del fatto”. Ed il Dottor V. non solo aveva ripreso servizio, ma era stato valutato positivamente per la promozione a consigliere di cassazione, con tutti gli arretrati maturati nel frattempo. Complimenti vivissimi!!
Una ricerca eseguita nel 2006 a supporto di un libro, evidenzia come è vista nel paese, l’amministrazione della giustizia: gli aggettivi di gran lunga più usati furono “lenta”, “persecutoria”, “ridicola”, “superficiale”, “caotica”, “politicizzata”; l’aggettivo “ottima” è stato usato soltanto dallo 0,9% degli intervistati.
E questa gente dovrebbe dettarci le regole per la nostra vita? Mi sembra impossibile!

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