giovedì, dicembre 02, 2004
Zibaldone n.13
Gli argomenti più interessanti – almeno a mio modo di vedere – in questi ultimi giorni sono stati due: vediamoli insieme.
Il PRIMO si riferisce ad un nuovo “esproprio proletario” con scherzetto finale, quasi una ripetizione di quanto avvenuto all’Harri’s Bar di Venezia e del quale ho già parlato in un post del 13/11: questa volta siamo a Treviso e gli avventori sono molti di più (una cinquantina) e stanno festeggiando apparentemente la nascita di un bel bambino ancora in fasce; per il resto il copione segue la traccia solita: grande abbuffata, dieci portate, e per finire, 5 bottiglie di Moet&Chandon.
Al momento del conto, portato da un irreprensibile cameriere (quaranta euro a testa per complessivi duemila euro) prima hanno lasciato ottanta euro di mancia (la classe non è acqua!) e quindi hanno indicato al proprietario del ristorante di rivolgersi alla NATO o al Presidente della Regione Veneto, Galan, come nel caso di Venezia per avere il conto pagato. Quindi, lasciando tutti sbigottiti (ma forse è dir poco) hanno abbandonato il ristorante, giocando con il bambino festeggiato (vero tocco di genio finale: il bimbo era un bambolotto di gomma!).
Dopo la risata di rigore per la simpatia dell’operazione, sorge spontanea una domanda: come possono affrontare il futuro i signori ristoratori? Debbono chiedere un pagamento anticipato a chi siede nel loro locale? Debbono chiedere un’adeguata cauzione prima di iniziare a servirli? Oppure debbono servire solo i clienti ben conosciuti (come fanno i cassieri di banca con gli assegni)?
Perché resta da notare che il gruppo dei 50 commensali era assolutamente irreprensibile in quanto a modo di vestire e atteggiamenti durante il pasto; era composto da uomini e donne e queste ultime erano anche molto eleganti.
Il problema adesso è: come difendersi, poiché chiaramente avremo altri casi del genere?
Il SECONDO argomento che desidero trattare è l’ennesima puntata di “affittopoli”, lo scandalo cioè delle case di proprietà dello Stato o di Enti Pubblici che vengono vendute o affittate a VIP (prevalentemente politici) per un tozzo di pane: l’esempio più eclatante è quello dell’appartamento a Milano, Piazza Duomo, vista Madonnina, al prezzo di 155 euro al mese!
Non mi sconcerta lo scandalo, l’ennesimo scandalo, quello che mi sconcerta è invece che le persone coinvolte sembrano fregarsene bellamente di quanto accaduto in passato.
Cioè, mi spiego meglio: con la vastissima gamma dli scandali che si possono mettere in piedi per chi gestisce il potere, va a finire che ricadono sempre sulla stessa minestra.
Questo – a mio modo di vedere – sta a significare che non hanno il benché minimo timore delle autorità di controllo, tanto sanno di essere quasi invulnerabili e quindi non sprecano neppure il loro tempo per inventarsi qualcosa di nuovo.
E forse hanno ragione di non temere niente e nessuno, tant’è che le autorità che hanno “svenduto” questi beni immobili hanno già cominciato a trincerarsi dietro alle solite frasi di circostanza: “si esagera sempre” oppure “le cose non stanno propriamente così” ed altre frasi del genere.
E i mezzi di comunicazione di massa (segnatamente i quotidiani dai quali ho attinto la notizia) non fanno i nomi dei VIP intrallazzoni: guai, c’è la privacy che li difende e quindi verranno nominati quando lo scandalo sarà ormai sbollito.
Così va l’Italia, signori miei, ma ora in compenso ci hanno abbassato le tasse!
Il PRIMO si riferisce ad un nuovo “esproprio proletario” con scherzetto finale, quasi una ripetizione di quanto avvenuto all’Harri’s Bar di Venezia e del quale ho già parlato in un post del 13/11: questa volta siamo a Treviso e gli avventori sono molti di più (una cinquantina) e stanno festeggiando apparentemente la nascita di un bel bambino ancora in fasce; per il resto il copione segue la traccia solita: grande abbuffata, dieci portate, e per finire, 5 bottiglie di Moet&Chandon.
Al momento del conto, portato da un irreprensibile cameriere (quaranta euro a testa per complessivi duemila euro) prima hanno lasciato ottanta euro di mancia (la classe non è acqua!) e quindi hanno indicato al proprietario del ristorante di rivolgersi alla NATO o al Presidente della Regione Veneto, Galan, come nel caso di Venezia per avere il conto pagato. Quindi, lasciando tutti sbigottiti (ma forse è dir poco) hanno abbandonato il ristorante, giocando con il bambino festeggiato (vero tocco di genio finale: il bimbo era un bambolotto di gomma!).
Dopo la risata di rigore per la simpatia dell’operazione, sorge spontanea una domanda: come possono affrontare il futuro i signori ristoratori? Debbono chiedere un pagamento anticipato a chi siede nel loro locale? Debbono chiedere un’adeguata cauzione prima di iniziare a servirli? Oppure debbono servire solo i clienti ben conosciuti (come fanno i cassieri di banca con gli assegni)?
Perché resta da notare che il gruppo dei 50 commensali era assolutamente irreprensibile in quanto a modo di vestire e atteggiamenti durante il pasto; era composto da uomini e donne e queste ultime erano anche molto eleganti.
Il problema adesso è: come difendersi, poiché chiaramente avremo altri casi del genere?
Il SECONDO argomento che desidero trattare è l’ennesima puntata di “affittopoli”, lo scandalo cioè delle case di proprietà dello Stato o di Enti Pubblici che vengono vendute o affittate a VIP (prevalentemente politici) per un tozzo di pane: l’esempio più eclatante è quello dell’appartamento a Milano, Piazza Duomo, vista Madonnina, al prezzo di 155 euro al mese!
Non mi sconcerta lo scandalo, l’ennesimo scandalo, quello che mi sconcerta è invece che le persone coinvolte sembrano fregarsene bellamente di quanto accaduto in passato.
Cioè, mi spiego meglio: con la vastissima gamma dli scandali che si possono mettere in piedi per chi gestisce il potere, va a finire che ricadono sempre sulla stessa minestra.
Questo – a mio modo di vedere – sta a significare che non hanno il benché minimo timore delle autorità di controllo, tanto sanno di essere quasi invulnerabili e quindi non sprecano neppure il loro tempo per inventarsi qualcosa di nuovo.
E forse hanno ragione di non temere niente e nessuno, tant’è che le autorità che hanno “svenduto” questi beni immobili hanno già cominciato a trincerarsi dietro alle solite frasi di circostanza: “si esagera sempre” oppure “le cose non stanno propriamente così” ed altre frasi del genere.
E i mezzi di comunicazione di massa (segnatamente i quotidiani dai quali ho attinto la notizia) non fanno i nomi dei VIP intrallazzoni: guai, c’è la privacy che li difende e quindi verranno nominati quando lo scandalo sarà ormai sbollito.
Così va l’Italia, signori miei, ma ora in compenso ci hanno abbassato le tasse!
mercoledì, dicembre 01, 2004
Noi e la violenza
Sono successi, in questi ultimi tempi, due episodi che mi hanno fatto riflettere circa il rapporto che ognuno di noi sta avendo con la violenza.
Anzitutto vediamo i fatti: il PRIMO episodio si è svolto in Lombardia ed ha come protagonista un ex modello diventato agente di modelle nella Milano bene; il bellimbusto convive con una donna ungherese che, malauguratamente rimane in stato interessante e non sente ragioni di abortire.
Facciamo un passo indietro: l’ex modello aveva subito in passato una operazione che – a suo dire – lo aveva reso sterile e per questo aveva citato in Tribunale l’Ospedale e il Chirurgo che lo aveva operato chiedendo 500.000 Euro di risarcimento (cioè un miliardo circa).
È ovvio che se la sua convivente rimane incinta, salta tutta la teoria della sterilità e soprattutto salta la richiesta di risarcimento; bene, cosa fare: semplice, uccidere la donna (strozzandola) e poi dare fuoco al cadavere in modo da cancellare ogni traccia del feto.
Detto così, mi fa l’impressione della trama di un film “noir”, ma invece è brutale, oscena realtà: come si può pensare ad un essere umano che, dopo aver messo incinta una donna con la quale ha convissuto abbastanza a lungo, la uccide e distrugge il cadavere e, di conseguenza anche il figlioletto che la ragazza portava in grembo e del quale egli era il padre. Tutto per un miliardo: chiaro che questo denaro gli sarebbe dovuto rimanere talmente indigesto da dover essere utilizzato tutto in medicine, clisteri e supposte!
Il SECONDO episodio è accaduto in Toscana, precisamente a Firenze, ed ha per protagonista un cieco ed il suo fedele cane da accompagnamento, di nome Sheila.
Mentre i due si trovano a passare per una via del centro, incrociano uno o più punkabbestia, che sono una forma moderna dei barboni di una volta, mischiata ai contestatori dei Centri Sociali, ed hanno come segno caratteristico la compagnia fissa di un cane, al quale – è giusto dirlo – dedicano grandi attenzioni, tant’è vero che li portano in giro senza guinzaglio per…paura di fargli male..
Torniamo al nostro cieco ed al suo cane: l’uomo sente improvvisamente la propria bestia guaire di dolore e sente un brontolio minaccioso di altri cani; istintivamente, per difendere il proprio “compagno” allunga una pedata – ovviamente senza mirare a niente, essendo cieco – e incoccia uno dei cani aggressori.
La reazione del o dei giovani è stata micidiale: inveendo contro il cieco per la pedata allungata ad uno dei loro cani, hanno preso a spintonarlo, poi a colpirlo con pugni e schiaffi, quindi – caduto a terra il malcapitato – lo hanno preso a pedate, ferendolo in vari punti del corpo ma, per fortuna, in modo non gravissimo. Il povero cieco è ricoverato all’Ospedale e adesso il suo pensiero – oltre ai vigliacchi che lo hanno colpito – è rivolto a Sheila della quale dice “quando non ci sono io non vuole mangiare e neppure uscire di casa; bisogna che torni presto a casa”.
Cosa ci rappresentano questi due episodi, se non l’indifferenza verso la sofferenza altrui e – in qualche caso – addirittura verso la vita degli altri?
Mi sembrano la riprova che il senso di umanità che dovrebbe distinguerci dalle bestie si stia sempre più affievolendo, facendoci regredire sempre di più.
Va a finire che le scimmie, sentendo che noi discendiamo da loro, fanno un’azione legale di disconoscimento della paternità e ci lasciano nel guado della non conoscenza delle nostre origini!
Anzitutto vediamo i fatti: il PRIMO episodio si è svolto in Lombardia ed ha come protagonista un ex modello diventato agente di modelle nella Milano bene; il bellimbusto convive con una donna ungherese che, malauguratamente rimane in stato interessante e non sente ragioni di abortire.
Facciamo un passo indietro: l’ex modello aveva subito in passato una operazione che – a suo dire – lo aveva reso sterile e per questo aveva citato in Tribunale l’Ospedale e il Chirurgo che lo aveva operato chiedendo 500.000 Euro di risarcimento (cioè un miliardo circa).
È ovvio che se la sua convivente rimane incinta, salta tutta la teoria della sterilità e soprattutto salta la richiesta di risarcimento; bene, cosa fare: semplice, uccidere la donna (strozzandola) e poi dare fuoco al cadavere in modo da cancellare ogni traccia del feto.
Detto così, mi fa l’impressione della trama di un film “noir”, ma invece è brutale, oscena realtà: come si può pensare ad un essere umano che, dopo aver messo incinta una donna con la quale ha convissuto abbastanza a lungo, la uccide e distrugge il cadavere e, di conseguenza anche il figlioletto che la ragazza portava in grembo e del quale egli era il padre. Tutto per un miliardo: chiaro che questo denaro gli sarebbe dovuto rimanere talmente indigesto da dover essere utilizzato tutto in medicine, clisteri e supposte!
Il SECONDO episodio è accaduto in Toscana, precisamente a Firenze, ed ha per protagonista un cieco ed il suo fedele cane da accompagnamento, di nome Sheila.
Mentre i due si trovano a passare per una via del centro, incrociano uno o più punkabbestia, che sono una forma moderna dei barboni di una volta, mischiata ai contestatori dei Centri Sociali, ed hanno come segno caratteristico la compagnia fissa di un cane, al quale – è giusto dirlo – dedicano grandi attenzioni, tant’è vero che li portano in giro senza guinzaglio per…paura di fargli male..
Torniamo al nostro cieco ed al suo cane: l’uomo sente improvvisamente la propria bestia guaire di dolore e sente un brontolio minaccioso di altri cani; istintivamente, per difendere il proprio “compagno” allunga una pedata – ovviamente senza mirare a niente, essendo cieco – e incoccia uno dei cani aggressori.
La reazione del o dei giovani è stata micidiale: inveendo contro il cieco per la pedata allungata ad uno dei loro cani, hanno preso a spintonarlo, poi a colpirlo con pugni e schiaffi, quindi – caduto a terra il malcapitato – lo hanno preso a pedate, ferendolo in vari punti del corpo ma, per fortuna, in modo non gravissimo. Il povero cieco è ricoverato all’Ospedale e adesso il suo pensiero – oltre ai vigliacchi che lo hanno colpito – è rivolto a Sheila della quale dice “quando non ci sono io non vuole mangiare e neppure uscire di casa; bisogna che torni presto a casa”.
Cosa ci rappresentano questi due episodi, se non l’indifferenza verso la sofferenza altrui e – in qualche caso – addirittura verso la vita degli altri?
Mi sembrano la riprova che il senso di umanità che dovrebbe distinguerci dalle bestie si stia sempre più affievolendo, facendoci regredire sempre di più.
Va a finire che le scimmie, sentendo che noi discendiamo da loro, fanno un’azione legale di disconoscimento della paternità e ci lasciano nel guado della non conoscenza delle nostre origini!
domenica, novembre 28, 2004
Bentornato Grazianeddu!
Dopo 38 anni di galera il “bandito” Graziano Mesina è stato graziato dal Presidente della Repubblica d’intesa con il Ministro della Giustizia.
Se guardiamo il curriculum del sardo e lo confrontiamo con i “graziati” degli ultimi tempi (specialmente brigatisti oppure pentiti), c’è molto da riflettere.
Anzitutto vediamo chi è stato Mesina: inizia a frequentare le patrie galere nel 1956 a soli 14 anni per porto abusivo di d’arma e oltraggio a pubblico ufficiale; ci resta poco ma dopo soli 4 anni ci ritorna per aver sparato in luogo pubblico.
Da quel momento comincia la vera carriera che lo porterà all’ergastolo, non per un omicidio ma per sommatoria di pene ottenute soprattutto per evasione.
E parliamo un po’ di queste ultime – le evasioni – che sono stati gli eventi più caratterizzanti per la vita di Grazianeddu: anzitutto è bene precisare che sono state 9 (nove), sì avete letto bene, ribadisco nove; credo che sia un record da Guiness dei Primati, anche perché quasi tutte le evasioni sono state dettate da motivi di cuore.
Eccolo il debole di Mesina, le donne, per le quale è sempre stato disposto a fare qualunque cosa e senza le quali non è mai riuscito a stare.
Una delle “donne del bandito” è stata una certa Valeria Fusé: a questa donna egli è stato sentimentalmente legato per svariato tempo.
Ma in questi lunghi anni di carcere (ripeto 38, anch’essi un record), Graziano ha avuto il tempo e il modo per riflettere sul perché egli è diventato un fuorilegge.
Nessuno può sapere l’intima verità che sta nel fondo dell’anima di ciascuno di noi, quindi la risposta che Mesina si è dato può darsi che rifletta anche una certa condiscendenza nei propri confronti: certo che le motivazioni che il bandito pone in testa a tutto si ricollegano alle ingiustizie che egli avrebbe patito in gioventù e alle quali si è ribellato varie volte, così come sarebbe disposto a fare anche oggi (sono parole sue).
Proprio come simbolo di una certa ribellione alle ingiustizie della legge, Graziano Mesina ha rappresentato un simbolo per molti sardi ma anche per svariati italiani: è stato il simbolo della libertà, un nuovo Robin Hooh, oppure Che Guevara o altri personaggi così dissimili gli uni dagli altri; pensate che si è vociferato di incontri tra Mesina e Feltrinelli allo scopo di organizzare azioni rivoluzionarie nell’isola nel periodo delle Brigate Rosse
Mesina ebbe un ultimo momento di celebrità quando nel 1992 – in semilibertà ad Asti – ottiene il permesso (oppure gli viene chiesto) di rientrare in Sardegna per occuparsi del sequestro del piccolo Farouk Kassam; quando il bambino venne liberato dai rapitori Mesina ebbe a vantarsi del proprio intervento (“L’ho fatto liberare io”), nonostante che le autorità lo smentissero categoricamente.
L’anno dopo – nel 1993 – gli trovano in casa un Kalashnikov e viene rimesso in prigione, dove resta fino alla grazia concessagli da Ciampi.
È un eroe oppure un fuorilegge? Probabilmente – come in ogni caso – la personalità dell’individuo abbraccia entrambe le componenti e quindi possiamo dire che Mesina è un uomo che ha sbagliato molte volte, in alcuni casi può essere scusato, in altri no; il bandito però ha pagato, e molto caro, per gli errori commessi e quindi in ogni caso dobbiamo rispettarlo.
E poi, rispetto a tanti brigatisti o peggio ai pentiti che sfiorano le patrie galere per essere subito rimessi in libertà, diciamocelo chiaro: Graziano Mesina è tutt’altra cosa, più serio, più degno, più uomo.
Io almeno la penso così!
Se guardiamo il curriculum del sardo e lo confrontiamo con i “graziati” degli ultimi tempi (specialmente brigatisti oppure pentiti), c’è molto da riflettere.
Anzitutto vediamo chi è stato Mesina: inizia a frequentare le patrie galere nel 1956 a soli 14 anni per porto abusivo di d’arma e oltraggio a pubblico ufficiale; ci resta poco ma dopo soli 4 anni ci ritorna per aver sparato in luogo pubblico.
Da quel momento comincia la vera carriera che lo porterà all’ergastolo, non per un omicidio ma per sommatoria di pene ottenute soprattutto per evasione.
E parliamo un po’ di queste ultime – le evasioni – che sono stati gli eventi più caratterizzanti per la vita di Grazianeddu: anzitutto è bene precisare che sono state 9 (nove), sì avete letto bene, ribadisco nove; credo che sia un record da Guiness dei Primati, anche perché quasi tutte le evasioni sono state dettate da motivi di cuore.
Eccolo il debole di Mesina, le donne, per le quale è sempre stato disposto a fare qualunque cosa e senza le quali non è mai riuscito a stare.
Una delle “donne del bandito” è stata una certa Valeria Fusé: a questa donna egli è stato sentimentalmente legato per svariato tempo.
Ma in questi lunghi anni di carcere (ripeto 38, anch’essi un record), Graziano ha avuto il tempo e il modo per riflettere sul perché egli è diventato un fuorilegge.
Nessuno può sapere l’intima verità che sta nel fondo dell’anima di ciascuno di noi, quindi la risposta che Mesina si è dato può darsi che rifletta anche una certa condiscendenza nei propri confronti: certo che le motivazioni che il bandito pone in testa a tutto si ricollegano alle ingiustizie che egli avrebbe patito in gioventù e alle quali si è ribellato varie volte, così come sarebbe disposto a fare anche oggi (sono parole sue).
Proprio come simbolo di una certa ribellione alle ingiustizie della legge, Graziano Mesina ha rappresentato un simbolo per molti sardi ma anche per svariati italiani: è stato il simbolo della libertà, un nuovo Robin Hooh, oppure Che Guevara o altri personaggi così dissimili gli uni dagli altri; pensate che si è vociferato di incontri tra Mesina e Feltrinelli allo scopo di organizzare azioni rivoluzionarie nell’isola nel periodo delle Brigate Rosse
Mesina ebbe un ultimo momento di celebrità quando nel 1992 – in semilibertà ad Asti – ottiene il permesso (oppure gli viene chiesto) di rientrare in Sardegna per occuparsi del sequestro del piccolo Farouk Kassam; quando il bambino venne liberato dai rapitori Mesina ebbe a vantarsi del proprio intervento (“L’ho fatto liberare io”), nonostante che le autorità lo smentissero categoricamente.
L’anno dopo – nel 1993 – gli trovano in casa un Kalashnikov e viene rimesso in prigione, dove resta fino alla grazia concessagli da Ciampi.
È un eroe oppure un fuorilegge? Probabilmente – come in ogni caso – la personalità dell’individuo abbraccia entrambe le componenti e quindi possiamo dire che Mesina è un uomo che ha sbagliato molte volte, in alcuni casi può essere scusato, in altri no; il bandito però ha pagato, e molto caro, per gli errori commessi e quindi in ogni caso dobbiamo rispettarlo.
E poi, rispetto a tanti brigatisti o peggio ai pentiti che sfiorano le patrie galere per essere subito rimessi in libertà, diciamocelo chiaro: Graziano Mesina è tutt’altra cosa, più serio, più degno, più uomo.
Io almeno la penso così!