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sabato, luglio 08, 2006

LA LOBBY DELLE GRIFFES 

Anche questo è un concetto che ho già espresso, ma che – fedele al principio che è sempre utile ripetere – desidero affrontare nuovamente, prendendo lo spunto da quanto accaduto a Firenze ad una turista tedesca che si è vista appioppare 1.000 euro di multa per avere acquistato un paio di occhiali con griffe contraffatta e, visto che questo governo sembra intenzionato ad attaccare i “privilegi” delle lobby attualmente imperanti, “i signori delle griffes” sono tra i più imponenti e radicati.
E la domanda che mi pongo è sempre la stessa: sono forse pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica i nomi di queste griffes? Come fa un modesto cittadino come me a sapere che Gucci – questa la marca degli occhiali in questione – è una griffe che viene appiccicata a un sacco di oggetti di consumo?
Ecco perché parlo di lobby – molto più pericolosa dei taxisti – quando alludo a questi nomi dell’alta moda, proprio perché non appena si sono fatti un nome nel genere merceologico che li riguarda prioritariamente, cominciano a espandersi in tutti i campi dove c’è da guadagnare e quindi arrivano a “firmare” ogni oggetto di consumo, persino gli spazzolini per i gabinetti; così fa Dolce & Gabbana, altrettanto Roberto Cavalli, mentre sembrano usare maggiore cautela (che io definirei buon gusto) Valentino e Armani, anche se il primo firma pure le mattonelle per i bagni.
Ed allora ricominciamo daccapo: la turista tedesca si trova a Firenze per visitare i suoi tanti capolavori artistici, quando, uscita dall’albergo, scopre di avere dimenticato gli occhiali da sole e che l’incipiente calura e l’altrettanto ossessivo chiarore solare, la infastidisce; trovandosi nei pressi di un mercato, si dirige verso una bancherella che ha questi strumenti e ne acquista uno – ad un prezzo ragionevole – che ha una scritta recitante il noto marchio “Gucci”: noto? Ma noto a chi? Ammesso che la signora non abbia mai sentito nominare il marchio in questione, cosa è un peccato mortale da farle pagare con la fustigazione; forse il Dio della massificazione si scaglierà contro l’incauta straniera e la bollerà a fuoco vivo finché non resterà marchiata per sempre?
Se gli occhiali sono di buona fattura, non rovinano gli occhi e neppure la vista, se le lenti sono di normale durata e se il prezzo richiesto è ragionevole, perché la signora in questione dovrebbe astenersi dall’acquistare l’oggetto e supporre che il medesimo sia opera di un contraffattore di griffes? Si ritorna a quanto chiedevo prima: siamo tutti tenuti a conoscere a memoria i nomi delle griffes? E se qualcuno non li conosce cosa deve fare: forse ripete l’anno, andando a ripetizione di marchi?
E poi c’è un altro aspetto assai curioso: quando il vigile urbano è intervenuto, di fronte a lui c’era la signora tedesca (acquirente degli occhiali) ma c’era anche il rivenditore dell’oggetto contraffatto; ebbene, all’acquirente si commina una multa salatissima e al venditore? Al venditore niente, ma proprio niente, anzi, non dico che riceva un encomio, ma una pacca sulla spalla sicuramente sì, perché con le sue patacche fa guadagnare un sacco di soldi al Comune e quindi può essere considerato un benemerito della città.
Mi viene in mente un paragone che – come tutti i miei – è decisamente azzardato e ai limiti dell’ossimoro: potremmo affermare che nel caso di una rapina in Banca, si condanna gli impiegati e si assolve i rapinatori?
Pensateci un attimo e vedrete che il rapinatore (colui cioè che commette l’azione delittuosa) può benissimo paragonarsi al contraffattore dei marchi celebri e gli impiegati di banca rappresentano i turisti che vengono abbindolati dai marchi contraffatti.
È azzardato, lo so, ma il paragone ha una sua logica che appare assurda soltanto se i vari elementi si guardano in modo singolo e non accoppiati tra loro; buffo, vero, buffo e, oserei dire, anche un po’ inquietante!!

giovedì, luglio 06, 2006

FORTE CON I DEBOLI, DEBOLE CON I FORTI 

E’ un vecchio adagio che da sempre caratterizza lo Stato – da qualsiasi partito o coalizione sia guidato – che discende direttamente dall’ottusità tipica di ogni “burocrazia” e, in particolare della nostra.
Per sostenere questo assunto, voglio raccontarvi un ultimo episodio che ho riscontrato sui quotidiani e che si è svolto – sarebbe meglio dire che si sta svolgendo – in un paese in Provincia di Arezzo: la storia ha inizio nel 1970 ed ha per protagonista un bambino di tre mesi che chiameremo Ivan; il bimbo cresce sanissimo, finché non giunge la data fatidica di compiere la vaccinazione antipolio: quelle poche gocce che venivano somministrate per preservarlo da una terribile malattia, in effetti lo condannano alla disabilità perenne, con una diagnosi che in termini scientifici recita encefalopatia epilettogena e, in termini concreti, spasmi e convulsioni.
In sostanza la vita del piccolo e dell’intera famiglia cambia radicalmente; solo dopo trent’anni (e siamo nel 2000) lo Stato riconosce il nesso di causalità tra vaccino e malattia e due anni dopo – siamo nel 2002 – stabilisce un rimborso di 70.644 euro (poco più di quanto incassa un alto burocrate per un mese di “lavoro”) e un indennizzo, direi una sorta di “pensione” di 620 euro mensili (non viene specificato se c’è il mese doppio per Natale).
Ed ecco che arriva il “forte con i deboli”: alla disgraziata madre che vive con quelle miserie che lo stato gli “passa”, giunge una cartella esattoriale di 2.831,65 euro per cumulo di arretrati per il trasporto di Ivan al Centro Diurno gestito da una Comunità Montana dove il giovane viene accompagnato giornalmente da un’auto della cooperativa e riaccompagnato a casa alla sera; alle famiglie dei pazienti viene chiesto una compartecipazione alla spesa di 50 euro mensili (quindi direi quasi “simbolica”) che la madre di Ivan si rifiuta di pagare e si rivolge in un primo tempo alla Commissione Tributaria Provinciale (che le ha dato ragione); il “caso” poi è finito alla Commissione Tributaria Regionale che ha rinviato la soluzione della pendenza alla giustizia ordinaria, cioè al Tribunale.
Nel frattempo, però, la burocrazia non è stata con le mani in mano e – forte della norma capestro che recita “solve et repete”, cioè prima paga e poi fai ricorso – fa partire la cartella esattoriale sopra indicata nella quale è specificato che se entro pochi giorni il pagamento non verrà assolto, il Comune provvederà al fermo delle due auto della madre di Ivan, una delle quali attrezzata specificatamente per il trasporto del giovane disabile.
A questo punto arriva l’eroe che salva la situazione: è il signor Sindaco che – pur con tutto il potere che detiene – può solo “sospendere” la cartella esattoriale fino alla decisione del Tribunale prevista per settembre; e incrociamo le dita per scaramanzia, perché se la magistratura darà torto alla madre di Ivan, non c’è niente da fare e la signora dovrà pagare tutti gli arretrati con gli interesse e le spese processuali.
C’è una morale a valle di questa vicenda? Se la vogliamo trovare, la possiamo cercare nell’esatto significato del termine “burocrazia”, così come ce lo fornisce il fedele Dizionario di Devoto-Oli: “il dominio o l’eccessivo potere della pubblica amministrazione, con la pedanteria delle consuetudini, delle forme, delle gerarchie”.
Il che tradotto in parole ancora più semplici, sta ad indicare una sorta di macchina tritatutto che non impiega mai il cervello: ecco, questa è una delle sacche di potere che esistono in Italia e che nessun governo è mai riuscito ad intaccare; vediamo se ci prova – non dico che ci riesca – quest’ultimo esecutivo che ci ritroviamo, perché rifarsela con i taxisti o con i farmacisti è facile, provate con i burocrati!!

martedì, luglio 04, 2006

MA CHI BENEFICIA DELLE LIBERALIZZAZIONI ? 

Neppure per mezzo secondo avevo creduto che queste liberalizzazioni fossero state fatte per venire incontro al popolo dei più deboli; neppure per un attimo ho cessato di sospettare che dietro tutta l’operazione ci fosse l’inizio del pagamento dei debiti verso i cosiddetti poteri forti (Coop, Grandi catene distributive, Assicurazioni, ecc.) e neppure per un secondo ho smesso di temere che alla lunga chi ci rimette è il cittadino medio che anche questo governo – come il precedente – tende a sospingere verso la classe meno abbiente.
Mi spiego meglio: diceva La Malfa (il padre, non il figlio degenere) che in presenza di un incendio in un cinematografo, si fa evacuare gli spettatori dando la precedenza ai più deboli (donne e bambini) e, analogamente, in caso di crisi si cerca di aiutare inizialmente quelli che hanno più bisogno e poi, via via tutti gli altri.
Non mi sembra che si sia seguita questa strada, e dire che la crisi c’è, almeno stando ai “proclami” dello scoppiettante Padoa Schioppa sulla terrificante situazione del debito pubblico; dico questo perché il signor Giuseppe, pensionato a poco più di 500 euro al mese, non riesco ad inquadrarlo come un frequentatore di taxi e neppure come uno che cambia auto tutti gli anni e risparmia così sulle spese per il cambio di proprietà; e non lo vedo neppure discutere animatamente con il suo commercialista per la definizione della notula.
Il tutto, dato e non concesso che la nuova normativa sui taxi riesca ad abbassare il prezzo delle corse ed a renderle più frequenti; e diminuisca pure il costo che farà pagare il Comune in sostituzione di quello dovuto al concessionario sulla base delle tariffe notarili; ed anche che la Coop venda l’Aspirina ad un mino prezzo.
No, non credo proprio che il signor Giuseppe possa sentirsi soddisfatto di queste prime liberalizzazioni, non credo neppure che con i soldi risparmiati possa andare in vacanza nel prossimo mese di agosto.
Piuttosto mi sembra che a “leggere” (cioè decodificare i segni) quello che è accaduto sinora, a guadagnarci siano sempre gli stessi padroni del vapore che – attraverso queste nuove situazioni – stanno cercando di dare la mazzata definitiva a tutte le piccole voci “fuori dal coro”, siano essi commercianti o piccolissimi imprenditori.
L’unica “grande casta” lievemente toccata da questa normativa (i farmacisti) è stata prontamente ricompensata con l’autorizzazione a detenere più di una licenza di farmacia per ciascun soggetto privato, facoltà finora negata e concessa soltanto ai Comuni.
Taxisti, commercialisti, farmacisti, notai: queste le prime categorie sotto il mirino del governo che, anziché metterli sotto la lente d’ingrandimento della Guardia di Finanza, li sottopone a queste piccole punture di spillo che vengono contrabbandate come “liberalizzazioni verso una effettiva concorrenza”; normativa – mi voglio ripetere per non essere frainteso – che non posso altro che approvare nella sostanza ma che nella forma (sembra che così si risolvano tutti i mali dell’Italia) mi lascia perplesso.
E finché qualcuno non si metterà a riflettere sui bisogni effettivi del sopra citato signor Giuseppe ed a controllare quelle sacche di privilegi contro le quali il nostro pensionato sbatte la testa tutti i giorni, non mi potrò considerare soddisfatto; a proposito del signor Giuseppe, mi ha telefonato che dal primo di luglio sono aumentati Gas ed Elettricità; con che cosa li paga questi aumenti, forse con le minori spese per il taxi o per la vendita dell’auto (che non ha) ??
Meditiamo, gente, meditiamo !!

lunedì, luglio 03, 2006

DUE CHIACCHIERE SULLE INVESTIGAZIONI 

Mi ha fatto venire in mente l’oggetto di questo post la visione in TV di quello che in gergo televisivo viene chiamato uno “station break”, cioè quella specie di anteprima di un programma che andrà in onda tra qualche giorno.
Lo “station” in questione si riferiva ad una serie di TV-Movie realizzati sulla scorta dei libri di Agata Christie che immortalano il grande investigatore privato Hercule Poirot, di origine belga ma internazionale per la conoscenza del grande pubblico; ebbene, questa sorta di trailer aveva al suo interno una frase – tutta su immagini di Poirot che si muove intorno ad un delitto inspiegabile per tutti – la quale frase diceva pressappoco così: “ecco il grande investigatore che non usa intercettazioni né comparazioni con il D.N.A., non fa pedinare la gente e neppure ordina perizie calligrafiche, ma scopre tutto quello che c’è da scoprire soltanto con l’aiuto delle sue cellule grigie”.
Analogamente a Poirot, abbiamo altri celebri investigatori che si sono mossi usando soltanto il cervello: dal padre di tutti i detective, Sherlock Holmes, fino al Commissario Maigret, dal grandissimo e grossissimo Nero Wolfe, all’azzimato Ellery Queen, per citare solo i più celebri, ma potrei continuare e riempirei l’intera pagina di investigatori celebri.
Qualcuno mi potrà svegliare dal sogno ed avvertirmi che stiamo parlando di celebrità…sulla carta stampata e non nella realtà; lo so benissimo, ma non è letteratura favolistica, non è fantascienza, in ogni libro che narra le avventure del detective di turno, ci viene spiegato come agiscono le cellule grigie del nostro investigatore e non mi è mai capitato di leggere che uno dei sopra citati “eroi del giallo” abbia ricevuto una sorta di divinazione che lo ha condotto alla scoperta della verità.
E adesso veniamo al vero motivo di questo post: la comparazione con quello che avviene ai giorni nostri, dove le Polizie dei vari Paesi (quindi non solo Italia) si avvalgono di mezzi tecnologici efficientissimi, ma che hanno il grave difetto di non necessitare del cervello umano, cosicché i risultati – molte volte – non sono comprensibili alla gente.
Com’è che si muove la nostra classe investigativa: il primo posto, tra i mezzi usati, compete di diritto alla famosa e famigerata figura del “pentito”, quel personaggio che, per scaricare in parte (ma direi in buona parte) il proprio debito con la società, rivela a magistrati ed investigatori quello che è a sua conoscenza circa il mondo malavitoso da lui frequentato fino a pochi attimi prima.
Al secondo posto nella scala dei mezzi usati per scoprire il o i colpevoli, dobbiamo collocare indiscutibilmente le intercettazioni telefoniche (ed anche visive quando è possibile); come agiscono questi strumenti? È semplice, quando un magistrato viene a conoscenza di un reato che è stato commesso “forse” da una certa persona, mette sotto controllo i telefoni (fissi e mobili) dell’indiziato e – a raggiera – di amici e parenti fino al terzo grado e oltre, così da impiegare uno stuolo di agenti con il solo incarico di “sbobinare” (questo è il termine tecnico usato) le registrazioni delle telefonate intercettate e passarle al P.M, il quale ha il noiosissimo – ma lucrativo – compito di ascoltare centinaia e centinaia di ore di telefonate, le quali nella stragrande maggioranza sono assolutamente estranee all’indagine.
Poi tutto questo materiale viene “rimesso in qualche modo” ai giornali che ne fanno l’uso più spregiudicato possibile: a questo proposito, ho scoperto che esiste un solo quotidiano, “Il Gazzettino, che non pubblica queste intercettazioni, proprio come scelta filosofica.
Ma torniamo ai nostri investigatori “di carta”: come si troverebbero ad indagare sui reati tipici della nostra civiltà? Come potrebbero scoprire la verità con i loro vetusti sistemi?
Non lo so, ma di una cosa sono certo: soltanto con la loro testa (non parliamo di cervello) gli investigatori di adesso non scoprirebbero proprio un bel niente!!

domenica, luglio 02, 2006

MA QUANTE LIBERALIZZAZIONI 

Il nuovo Governo, insieme ad un mini provvedimento per ripianare almeno in parte il debito pubblico (O,1% del PIL), ha varato in Consiglio dei Ministri una raffica di decreti che hanno lo scopo di liberalizzare alcune materie da troppo tempo ingessate in una normativa vecchia e soprattutto corporativa; cioè, ha fatto quello che avrebbe dovuto fare il centro destra e che non ha fatto o per interessi di bottega o perché non glielo hanno permesso.
Mi va tutto bene, ma sono della scuola di Sciascia che soleva dire “gratta un po’ sull’ideologia e trovi subito la robba”, dove il termine roba viene scritto con due “b” in stile siciliano e dove la frase indica che ogni “idea” ha alla base un tornaconto personale; ed allora, anche se è prematuro ogni commento, almeno fino al momento dell’approvazione parlamentare, vediamo sommariamente qualcuno di questi decreti, scegliendoli tra i più eclatanti.
Il Decreto che ha dato adito a polemiche immediate è quello che “sembra” liberalizzare il mestiere di taxista in quanto autorizza il Comune a rilasciare altre licenze a coloro che già ne fruiscono; così come l’ho letto non mi appare affatto “rivoluzionario” per il settore, in quanto ha subito due paletti: il primo è che demanda al Comune la possibilità della concessione di altre licenze – infatti dice che “può” rilasciare e non “deve” – ed il secondo è che questa possibilità viene riservata a coloro che già sono titolari di licenza.
Quindi, se ho capito bene, ci dirigiamo verso un sistema ultra liberistico in pieno stile americano dove non esiste il “padroncino”, ma semplicemente “il padrone” che ha un certo numero di taxi e un corrispondente numero di autisti: quindi in pratica viene azzerato il valore della licenza che si tramanda da padre in figlio o viene venduta per fare cassa.
Ma facciamo una ipotesi: premettiamo che i taxisti sono tutti riuniti in una o più cooperative che si occupano dei servizi appendicolari tipo radio-taxi, manutenzione delle auto, eccetera; facciamo anche l’ipotesi che queste piccole cooperative confluiscano nella madre di tutte le cooperative – cioè nella Coop – ed ecco che si è andato formando un grosso centro di potere che, dopo avere espropriato tutti i singoli “padroncini”, diventa l’unico e grande “padroncione”; ne deriverà un bene per il consumatore del taxi, sia in termini di costi che in ordine al servizio, cioè di tempi di attesa? Mah, difficile dirlo!
Il secondo argomento che ha dato adito a svariate polemiche è la ventilata ipotesi di concedere la vendita di medicinali da banco (Aspirina, Voltaren, ecc.) nei supermercati, concedendo in cambio ai farmacisti la possibilità di essere titolare in più di una farmacia ed anche la possibilità di praticare sconti a volontà sui farmaci.
Anche qui si è buttato a mare la casta dei farmacisti (come si è fatto con quella dei taxista) beneficiando esplicitamente la grande distribuzione; la domanda che dobbiamo porci è questa: i supermercati saranno costretti a mettere un laureato in farmacia al banco dei farmaci oppure questi potranno essere presi liberamente dal cliente come avviene con la pasta e il burro?
Questo perché, nel primo caso si avrebbe un incremento occupazionale ma difficilmente il prezzo del farmaco potrebbe costare meno che nelle farmacie; nel secondo caso ci potrebbe essere un abbassamento del costo ma immagino le grida dei benpensanti all’idea dei medicinali che potrebbero essere ingurgitati da bambini o adulti.
Mi sono permesso di esaminare questi due provvedimenti, mentre per gli altri ne riparleremo a suo tempo: peraltro, non vorrei che questa normativa “finta-rivoluzionaria”, fosse tutta una operazione di facciate e che al consumatore non porti alcun beneficio.
Speriamo di no: voi che dite??

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