sabato, gennaio 10, 2009
NIENTE SPOT SULLA TV PUBBLICA FRANCESE
In Francia è entrata in vigore una nuova normativa che abolisce la pubblicità sulla TV pubblica nella fascia 20.30 – 06.00; il primo impatto con la gente sembra essere stato di grande successo: il “prime time” 20.30/23.00, ha registrato un incremento di tre milioni di telespettatori, ma anche le altre fasce (seconda serata e notturno) hanno avuto una maggiore presenza di telespettatori.
Non è dato sapere l’introito della TV pubblica francese per la pubblicità, anche se un dato comprendente la spesa pubblicitaria per abitante è abbastanza interessante: in Francia su un totale di 162 euro per abitante, la maggior quota (56) è riservata alla stampa, mentre alla TV (pubblica e privata) sono andati 55 euro e 11 alla radio; in Italia, tanto per fare un paragone, su un totale pro capite di 151, la fa da padrona la TV con 80 euro, mentre alla stampa ne vanno solo 40 e 12 alla radio.
Possiamo così affermare che l’andamento del nostro Paese è simile a quello della Spagna (78 contro 59) e del Giappone (97 contro 68); in tutti gli altri paesi a più alto sviluppo economico l’andamento degli investimenti pubblicitari è opposto; faccio solo un paio di esempi: in Germania con un totale di 210 euro per abitante, 130 vanno alla stampa, 51 alla TV e 9 alla radio; in Inghilterra su un totale di 304 euro, 131 sono destinati alla stampa, 81 alla TV e 11 alla radio; per concludere abbiamo anche il dato degli Stati Uniti, dove su un totale di 402 euro per abitante, 170 vanno sulla stampa, 132 sulla TV e 48 alla radio.
Dopo questa normativa, alla TV pubblica francese resta soltanto il canone; vediamo a quanto ammonta: la Francia è suddivisa in 96 dipartimenti metropolitani, i cui abitanti pagano un canone di 116 euro e in 4 dipartimenti d’oltremare, dove si pagano 74 euro.
Se trasportiamo questa situazione sulla TV italiana (facendo il conto soltanto su Rai 1), abbiamo questi dati: noi paghiamo un canone che ammonta a 107,50 euro, quindi in linea con quello francese, per un totale di 1 miliardo e 588 milioni, gli introiti pubblicitari sono all’incirca 1 miliardo e 136 milioni di euro per le tre reti e se estrapoliamo la cifra riguardante solo Rai 1 avremmo 700 milioni circa di minori introiti. Quindi il budget della RAI, già in rosso adesso, raggiungerebbe delle passività tali da indurre gli amministratori a portare i libri in Tribunale. Evidentemente la TV pubblica francese ha molte meno spese della nostra e quindi il suo bilancio può essere “alleggerito” del gettito pubblicitario. Ora, dopo essermi scusato per tutta questa messe di numeri, andiamo a vedere dove la nostra TV pubblica spende i soldi e, per fare questo, vi sottopongo un “piccolo fatterello” riportato in un breve trafiletto da un solo quotidiano: un teologo, tale Don Renzo Lavatori, descritto come “demonologo di fama internazionale”, si scaglia contro la televisione arrivando a sostenere che Satana si nasconde subdolamente in certi spettacoli e giochi tv, per esempio “Affari tuoi” (RAI 1); il pacco, sostiene il sacerdote, è satanico, infonde nel concorrente la fiducia che la buona o cattiva sorte possa decidere sul suo destino e lo incita a credenze spesso superstiziose e a ritenere che il denaro “non” si guadagna con il sudore della fronte.
Gli ha risposto il conduttore della trasmissione, Max Giusti, non certo un’aquila, il quale controbatte al teologo che “noi cerchiamo di regalare un po’ di allegria e di serenità; trovo sproporzionato attribuire a questa trasmissione tanta importanza sociologica”.
Forse il sacerdote esagera, ma l’iter psicologico degli spettatori di queste trasmissioni è proprio quello da lui ha descritto; che Max Giusti non se ne sia reso conto non mi meraviglia più di tanto: ognuno arriva dove può!
Non è dato sapere l’introito della TV pubblica francese per la pubblicità, anche se un dato comprendente la spesa pubblicitaria per abitante è abbastanza interessante: in Francia su un totale di 162 euro per abitante, la maggior quota (56) è riservata alla stampa, mentre alla TV (pubblica e privata) sono andati 55 euro e 11 alla radio; in Italia, tanto per fare un paragone, su un totale pro capite di 151, la fa da padrona la TV con 80 euro, mentre alla stampa ne vanno solo 40 e 12 alla radio.
Possiamo così affermare che l’andamento del nostro Paese è simile a quello della Spagna (78 contro 59) e del Giappone (97 contro 68); in tutti gli altri paesi a più alto sviluppo economico l’andamento degli investimenti pubblicitari è opposto; faccio solo un paio di esempi: in Germania con un totale di 210 euro per abitante, 130 vanno alla stampa, 51 alla TV e 9 alla radio; in Inghilterra su un totale di 304 euro, 131 sono destinati alla stampa, 81 alla TV e 11 alla radio; per concludere abbiamo anche il dato degli Stati Uniti, dove su un totale di 402 euro per abitante, 170 vanno sulla stampa, 132 sulla TV e 48 alla radio.
Dopo questa normativa, alla TV pubblica francese resta soltanto il canone; vediamo a quanto ammonta: la Francia è suddivisa in 96 dipartimenti metropolitani, i cui abitanti pagano un canone di 116 euro e in 4 dipartimenti d’oltremare, dove si pagano 74 euro.
Se trasportiamo questa situazione sulla TV italiana (facendo il conto soltanto su Rai 1), abbiamo questi dati: noi paghiamo un canone che ammonta a 107,50 euro, quindi in linea con quello francese, per un totale di 1 miliardo e 588 milioni, gli introiti pubblicitari sono all’incirca 1 miliardo e 136 milioni di euro per le tre reti e se estrapoliamo la cifra riguardante solo Rai 1 avremmo 700 milioni circa di minori introiti. Quindi il budget della RAI, già in rosso adesso, raggiungerebbe delle passività tali da indurre gli amministratori a portare i libri in Tribunale. Evidentemente la TV pubblica francese ha molte meno spese della nostra e quindi il suo bilancio può essere “alleggerito” del gettito pubblicitario. Ora, dopo essermi scusato per tutta questa messe di numeri, andiamo a vedere dove la nostra TV pubblica spende i soldi e, per fare questo, vi sottopongo un “piccolo fatterello” riportato in un breve trafiletto da un solo quotidiano: un teologo, tale Don Renzo Lavatori, descritto come “demonologo di fama internazionale”, si scaglia contro la televisione arrivando a sostenere che Satana si nasconde subdolamente in certi spettacoli e giochi tv, per esempio “Affari tuoi” (RAI 1); il pacco, sostiene il sacerdote, è satanico, infonde nel concorrente la fiducia che la buona o cattiva sorte possa decidere sul suo destino e lo incita a credenze spesso superstiziose e a ritenere che il denaro “non” si guadagna con il sudore della fronte.
Gli ha risposto il conduttore della trasmissione, Max Giusti, non certo un’aquila, il quale controbatte al teologo che “noi cerchiamo di regalare un po’ di allegria e di serenità; trovo sproporzionato attribuire a questa trasmissione tanta importanza sociologica”.
Forse il sacerdote esagera, ma l’iter psicologico degli spettatori di queste trasmissioni è proprio quello da lui ha descritto; che Max Giusti non se ne sia reso conto non mi meraviglia più di tanto: ognuno arriva dove può!
venerdì, gennaio 09, 2009
UN PAIO DI NOSTRE ANOMALIE
La prima “anomalia” si è avuta in Sardegna, dove una signora di soli 47 anni, gravemente ustionata in varie parti del corpo, avrebbe potuto essere salvata solo con l’amputazione di un piede e di una mano; prospettata alla signora la situazione in tutta la sua atroce gravità, il medico si è sentito rispondere con un netto rifiuto e, alla successiva precisazione del sanitario che l’amputazione le avrebbe salvato la vita, la donna ha ribadito, alla presenza di tre magistrati all’uopo convocati, che non intendeva farsi operare e che preferiva la morte.
L’arcivescovo di Sassari – sembra in piena lucidità mentale – ha stigmatizzato l’atteggiamento della donna e, dopo aver definito “orrenda” tutta la faccenda, ha affermato che “ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità; nessuna legge può spezzare una vita”. Forse non ha capito il porporato che la decisione di non operare non discendeva da nessuna legge ma solo dalla volontà della paziente di non sottoporsi a tale mutilazione; forse non ha neppure capito che la presenza dei magistrati serviva solo ad accertare la volontà della donna e che tale volontà fosse espressa nel pieno possesso delle facoltà mentali; forse non sa, o finge di non sapere che la nostra Costituzione (quella italiana e non quella vaticana) prevede espressamente che “nessuno può essere sottoposto ad un trattamento contro la sua volontà”; comunque, con tutte queste lacune che stiamo riscontrando, possiamo anche perdonare l’arcivescovo e informarlo che se i medici avessero proceduto contro la volontà della paziente, avrebbero violato la legge e commesso quindi un reato.
Per concludere, in questo Paese, dove ci sono tante storture e tante cose sbagliate, c’è una legge che ha ancora il suo valore e questa legge afferma che nessuno può essere mutilato contro la sua volontà, anche se tale mutilazione è fatta “a fin di bene”; insomma, qual’è il mio bene lo decido ancora io e solo io! Chiaro il concetto?
L’altra anomalia accade proprio questi giorni, quando il termometro scende sotto lo zero e la neve imbianca le colline e, in qualche caso, anche le pianure; ebbene, tutti i TG fanno a gara a fare previsioni catastrofistiche sulle vicende meteorologiche, tutti i giornali dedicano ampi spazi alle vicende del tempo e quindi inducono la gente a preoccuparsi ancora di più,
Come primo commento mi viene da dire che dobbiamo preoccuparci del “tempo che passa” – unica cosa veramente seria alla quale non possiamo porre rimedio – e lasciar perdere quello meteorologico, considerandolo come una cosa naturale che ci proviene dalla natura e che è sempre stato così, più o meno. E se anche fosse un po’ peggiorato, sappiamo bene che la natura non è una cosa che abbiamo il diritto di regolare e quindi dobbiamo accettarla così come ci viene propinata.
E ricordiamoci anche di qualche anno fa – per me sono molti anni fa – in cui la nevicata in città era una cosa quasi naturale ogni due o tre anni; ed anche la temperatura – sotto zero – dovremmo ricordarcela proprio perché in tempi passati non avevamo tutte le possibilità di combattere il freddo come abbiamo adesso; il vero problema credo che stia nella circostanza che adesso quasi tutti noi abbiamo la casa riscaldata e, in molti casi anche rinfrescata d’estate e quindi abbiamo perso l’abitudine a soffrire un po’ le differenze termiche e diamo la colpa alla natura, ma il problema siano noi, non la natura che continua a difendersi dall’inquilino uomo che mette a soqquadro tutto quello che tocca. Quindi smettiamo di prendere per oro colato quello che ci propina la TV, sennò siamo proprio un popolo bue!!
L’arcivescovo di Sassari – sembra in piena lucidità mentale – ha stigmatizzato l’atteggiamento della donna e, dopo aver definito “orrenda” tutta la faccenda, ha affermato che “ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità; nessuna legge può spezzare una vita”. Forse non ha capito il porporato che la decisione di non operare non discendeva da nessuna legge ma solo dalla volontà della paziente di non sottoporsi a tale mutilazione; forse non ha neppure capito che la presenza dei magistrati serviva solo ad accertare la volontà della donna e che tale volontà fosse espressa nel pieno possesso delle facoltà mentali; forse non sa, o finge di non sapere che la nostra Costituzione (quella italiana e non quella vaticana) prevede espressamente che “nessuno può essere sottoposto ad un trattamento contro la sua volontà”; comunque, con tutte queste lacune che stiamo riscontrando, possiamo anche perdonare l’arcivescovo e informarlo che se i medici avessero proceduto contro la volontà della paziente, avrebbero violato la legge e commesso quindi un reato.
Per concludere, in questo Paese, dove ci sono tante storture e tante cose sbagliate, c’è una legge che ha ancora il suo valore e questa legge afferma che nessuno può essere mutilato contro la sua volontà, anche se tale mutilazione è fatta “a fin di bene”; insomma, qual’è il mio bene lo decido ancora io e solo io! Chiaro il concetto?
L’altra anomalia accade proprio questi giorni, quando il termometro scende sotto lo zero e la neve imbianca le colline e, in qualche caso, anche le pianure; ebbene, tutti i TG fanno a gara a fare previsioni catastrofistiche sulle vicende meteorologiche, tutti i giornali dedicano ampi spazi alle vicende del tempo e quindi inducono la gente a preoccuparsi ancora di più,
Come primo commento mi viene da dire che dobbiamo preoccuparci del “tempo che passa” – unica cosa veramente seria alla quale non possiamo porre rimedio – e lasciar perdere quello meteorologico, considerandolo come una cosa naturale che ci proviene dalla natura e che è sempre stato così, più o meno. E se anche fosse un po’ peggiorato, sappiamo bene che la natura non è una cosa che abbiamo il diritto di regolare e quindi dobbiamo accettarla così come ci viene propinata.
E ricordiamoci anche di qualche anno fa – per me sono molti anni fa – in cui la nevicata in città era una cosa quasi naturale ogni due o tre anni; ed anche la temperatura – sotto zero – dovremmo ricordarcela proprio perché in tempi passati non avevamo tutte le possibilità di combattere il freddo come abbiamo adesso; il vero problema credo che stia nella circostanza che adesso quasi tutti noi abbiamo la casa riscaldata e, in molti casi anche rinfrescata d’estate e quindi abbiamo perso l’abitudine a soffrire un po’ le differenze termiche e diamo la colpa alla natura, ma il problema siano noi, non la natura che continua a difendersi dall’inquilino uomo che mette a soqquadro tutto quello che tocca. Quindi smettiamo di prendere per oro colato quello che ci propina la TV, sennò siamo proprio un popolo bue!!
giovedì, gennaio 08, 2009
ZIBALDONE N.1/2009
Con questo “zibaldone” cominciamo un nuovo anno, sperando di essere sempre gli stessi o comunque di aumentare sempre un po’; questa volta vorrei trattare tre argomenti, con l’augurio di riuscire ad essere un po’ più “leggero” di come sono stato in questi ultimi post, anche se le situazioni sono veramente serie.
IL PRIMO argomento si riferisce ad un trafiletto che ho trovato su un quotidiano e che , parlando di uno specialista di chirurgia ortopedica, lo presenta come primario dell’ospedale di una città capoluogo di provincia (non diciamo il nome) ed anche “docente” presso l’Università di Pincopalle e di Vattelappesca (non diciamo i nomi veri).
Ci sarebbe da chiedersi come faccia il bravo chirurgo ortopedico ad assolvere tutti i suddetti impegni, ma il problema mi è stato spiegato da mia figlia, ricercatrice presso l’università di Firenze, la quale mi ha detto che le due “docenze” sono soltanto dei corsi assegnati all’ortopedico dal consiglio di facoltà, massimo uno per università e della durata media di una diecina di ore.
Ora capisco e mi tornano i conti; i signori colleghi giornalisti, prima di scrivere queste cose, dovrebbero stare più attenti ed informarsi meglio. D’accordo??
IL SECONDO argomento riguarda la situazione del PD che a mio modo di vedere sta rasentando lo psicodramma; dopo tutti i membri di enti locali importanti che sono indagati presso varie Procure, il segretario, Veltroni, a proposito del Comune di Napoli aveva invitato il Sindaco a scegliere tra due strade: la prima era rappresentata dalle dimissioni dell’intera giunta, mentre la seconda comprendeva una sostituzione quasi totale della giunta con assessori nuovi di zecca, con lo slogan sbandierato ai quattro venti della “discontinuità”.
Il sindaco, l’ineffabile Rosa Russo Iervolino, ha invece fatto di testa propria, sostituendo solo quegli assessori che sono sotto le grinfie della giustizia ma niente di più; ovviamente ci sono state reazioni diverse: il segretario campano Nicolais si è dimesso ed è stato sostituito da Veltroni con Morando al quale sono stati conferiti pieni poteri per rimettere a posto la situazione.
È quindi comprensibile che all’interno del gruppo dirigente del PD ci sia un po’ di maretta ed è a questa situazione incresciosa che do la colpa per i manifesti che stanno uscendo nelle principali città italiane a proposito della crisi israelo/palestinese: “Gaza: cessare il fuoco, trattare per la pace”. Magari, visto che non viene detto come fare, ci si poteva aggiungere anche “vincere al superenalotto”, tanto una speranza in più o in meno non guasta mai.
IIL TERZO argomento si riferisce ancora alla crisi mediorientale: non tutte le fonti sono concordi, ma molti giornali danno la notizia che nel periodo precedente il Natale, in occasione della scadenza della tregua tra Israele e i palestinesi della striscia di Gaza, il Presidente egiziano, Mubarak, avrebbe convocato al Cairo una conferenza con Israele (il dimissionario Olmert), Abu Mazen (per Al Fatah) ed un rappresentante di Hamas; sembrava tutto fatto, ma all’ultimo minuto Hamas non si è dichiarato disponibile all’incontro, sembra per precisa disposizione dell’Iran che, al momento, pare avere interesse a mantenere caldo il problema, probabilmente per attendere l’insediamento di Obama alla Casa Bianca e vedere quali sono le precise idee del nuovo inquilino, sulla situazione mediorientale.
Povero Obama, al momento della presa del potere, sulla scrivania del famoso Studio Ovale, troverà un sacco di dossier da risolvere al più presto. Facciamogli tanti auguri!!
IL PRIMO argomento si riferisce ad un trafiletto che ho trovato su un quotidiano e che , parlando di uno specialista di chirurgia ortopedica, lo presenta come primario dell’ospedale di una città capoluogo di provincia (non diciamo il nome) ed anche “docente” presso l’Università di Pincopalle e di Vattelappesca (non diciamo i nomi veri).
Ci sarebbe da chiedersi come faccia il bravo chirurgo ortopedico ad assolvere tutti i suddetti impegni, ma il problema mi è stato spiegato da mia figlia, ricercatrice presso l’università di Firenze, la quale mi ha detto che le due “docenze” sono soltanto dei corsi assegnati all’ortopedico dal consiglio di facoltà, massimo uno per università e della durata media di una diecina di ore.
Ora capisco e mi tornano i conti; i signori colleghi giornalisti, prima di scrivere queste cose, dovrebbero stare più attenti ed informarsi meglio. D’accordo??
IL SECONDO argomento riguarda la situazione del PD che a mio modo di vedere sta rasentando lo psicodramma; dopo tutti i membri di enti locali importanti che sono indagati presso varie Procure, il segretario, Veltroni, a proposito del Comune di Napoli aveva invitato il Sindaco a scegliere tra due strade: la prima era rappresentata dalle dimissioni dell’intera giunta, mentre la seconda comprendeva una sostituzione quasi totale della giunta con assessori nuovi di zecca, con lo slogan sbandierato ai quattro venti della “discontinuità”.
Il sindaco, l’ineffabile Rosa Russo Iervolino, ha invece fatto di testa propria, sostituendo solo quegli assessori che sono sotto le grinfie della giustizia ma niente di più; ovviamente ci sono state reazioni diverse: il segretario campano Nicolais si è dimesso ed è stato sostituito da Veltroni con Morando al quale sono stati conferiti pieni poteri per rimettere a posto la situazione.
È quindi comprensibile che all’interno del gruppo dirigente del PD ci sia un po’ di maretta ed è a questa situazione incresciosa che do la colpa per i manifesti che stanno uscendo nelle principali città italiane a proposito della crisi israelo/palestinese: “Gaza: cessare il fuoco, trattare per la pace”. Magari, visto che non viene detto come fare, ci si poteva aggiungere anche “vincere al superenalotto”, tanto una speranza in più o in meno non guasta mai.
IIL TERZO argomento si riferisce ancora alla crisi mediorientale: non tutte le fonti sono concordi, ma molti giornali danno la notizia che nel periodo precedente il Natale, in occasione della scadenza della tregua tra Israele e i palestinesi della striscia di Gaza, il Presidente egiziano, Mubarak, avrebbe convocato al Cairo una conferenza con Israele (il dimissionario Olmert), Abu Mazen (per Al Fatah) ed un rappresentante di Hamas; sembrava tutto fatto, ma all’ultimo minuto Hamas non si è dichiarato disponibile all’incontro, sembra per precisa disposizione dell’Iran che, al momento, pare avere interesse a mantenere caldo il problema, probabilmente per attendere l’insediamento di Obama alla Casa Bianca e vedere quali sono le precise idee del nuovo inquilino, sulla situazione mediorientale.
Povero Obama, al momento della presa del potere, sulla scrivania del famoso Studio Ovale, troverà un sacco di dossier da risolvere al più presto. Facciamogli tanti auguri!!
mercoledì, gennaio 07, 2009
LA CHIESA E LA CARITA'
Vi prego di credermi quando vi dico che un laico purosangue come me, ha fatto fatica a scrivere questo post, ma la verità deve andare sopra ad ogni cosa, per cui dopo il post sulla social card, debbo parlare degli interventi della Chiesa a favore dei poveri e dei senza lavoro.
Ha cominciato il Cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, che ha annunciato di aver destinato la cifra di un milione di euro (proveniente dall’8 per mille) come primo versamento in un fondo “famiglia-lavoro” aperto nella Diocesi per i bisogni della gente.
A Napoli il Cardinale Sepe mette il grembiule sopra ai paramenti sacri e distribuisce il pane alla mensa dei poveri, atto di profonda carità cristiana che, specie a Natale, ha colpito l’immaginario della gente ed ha fatto fare al porporato una splendida figura.
Anche perché nessun ministro della Repubblica si è dedicato all’impegno di cui sopra, segno – sempre nell’immaginario collettivo della gente – che lor signori se ne fregano dei poveri: hanno stanziato i 40 euro mensili della social card, non sempre funzionante, e per il resto ognuno s’arrangi come meglio può.
C’è poco da dire, in verità i due cardinali hanno dato un’immagine di profonda carità all’intera Nazione; che poi non sia tutto oro quello che riluce, è un'altra faccenda.
Per andare avanti nel discorso, mi avvalgo di un film prodotto nel 1968, dal titolo “L’uomo venuto dal Cremino nei panni di Pietro”, regia del bravo ma non eccelso Michael Anderson; interprete, splendido, Antony Quinn.
Per coloro che non hanno visto il film, devo spendere due parole per farvelo inquadrare: è la storia di un Vescovo russo, Kiril, che si trova incarcerato in Siberia per espresso ordine del Segretario del PCI russo, quando – a seguito di accordi con il Vaticano – viene improvvisamente liberato e rimandato a Roma; al suo arrivo è immediatamente ricevuto dal Papa e nominato Cardinale.
Dopo questo evento, trascorsi pochi giorni, il Papa muore e i Cardinali di tutto il mondo si riuniscono in Conclave, al quale partecipa anche il neo Cardinale Kiril; tra i due contendenti, entrambi italiani, la maggioranza decide di eleggere un terzo, Kiril, che si ritrova quindi ad essere Papa, con il nome di Kiril 1°.
Nei primissimi tempi del suo pontificato, il nuovo Papa, deve affrontare una gravissima crisi tra la Russia e la Cina, con quest’ultima che accusa sia i sovietici che i paesi occidentali di fare di tutto per affamare quel popolo e quindi, se non riceverà aiuti importanti, sarà costretta a muovere le truppe per una guerra di conquista.
Il Segretario del Partito Comunista Cinese, dopo avere udito Kiril che assicura il proprio intervento presso i popoli di tutto il mondo, dice una frase al Papa che lo farà riflettere a lungo: “ma tu, cosa ci rimetti? Apri la tua finestra su Piazza San Pietro e chiedi a tutti i popoli di aiutare i cinesi; se lo fanno, sarai stato bravo e convincente, mentre se non lo faranno tu avrai la coscienza salva, in quanto hai fatto il possibile”.
Rientrato a Roma con questo problema ancora irrisolto e con la frase del cinese ancora in testa, decide di chiedere l’autorizzazione al collegio Cardinalizio per fare un discorso veramente “rivoluzionario”; dopo varie discussioni, tutti i porporati approvano la “svolta” del Papa che, subito dopo, si affaccia alla “solita finestra” e afferma che la Chiesa, venderà TUTTI i suoi beni (palazzi, terre, opere d’arte) per aiutare i fratelli cinesi e se per questo dovrà trovarsi povera e indigente, andrà mendica per il mondo.
Ecco, questa è un tipo di carità “TOTALE” che è apparsa solo nel cinema e che ancora non è stata messa in opera da nessun Pontefice: avverrà prima o poi??
Ha cominciato il Cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi, che ha annunciato di aver destinato la cifra di un milione di euro (proveniente dall’8 per mille) come primo versamento in un fondo “famiglia-lavoro” aperto nella Diocesi per i bisogni della gente.
A Napoli il Cardinale Sepe mette il grembiule sopra ai paramenti sacri e distribuisce il pane alla mensa dei poveri, atto di profonda carità cristiana che, specie a Natale, ha colpito l’immaginario della gente ed ha fatto fare al porporato una splendida figura.
Anche perché nessun ministro della Repubblica si è dedicato all’impegno di cui sopra, segno – sempre nell’immaginario collettivo della gente – che lor signori se ne fregano dei poveri: hanno stanziato i 40 euro mensili della social card, non sempre funzionante, e per il resto ognuno s’arrangi come meglio può.
C’è poco da dire, in verità i due cardinali hanno dato un’immagine di profonda carità all’intera Nazione; che poi non sia tutto oro quello che riluce, è un'altra faccenda.
Per andare avanti nel discorso, mi avvalgo di un film prodotto nel 1968, dal titolo “L’uomo venuto dal Cremino nei panni di Pietro”, regia del bravo ma non eccelso Michael Anderson; interprete, splendido, Antony Quinn.
Per coloro che non hanno visto il film, devo spendere due parole per farvelo inquadrare: è la storia di un Vescovo russo, Kiril, che si trova incarcerato in Siberia per espresso ordine del Segretario del PCI russo, quando – a seguito di accordi con il Vaticano – viene improvvisamente liberato e rimandato a Roma; al suo arrivo è immediatamente ricevuto dal Papa e nominato Cardinale.
Dopo questo evento, trascorsi pochi giorni, il Papa muore e i Cardinali di tutto il mondo si riuniscono in Conclave, al quale partecipa anche il neo Cardinale Kiril; tra i due contendenti, entrambi italiani, la maggioranza decide di eleggere un terzo, Kiril, che si ritrova quindi ad essere Papa, con il nome di Kiril 1°.
Nei primissimi tempi del suo pontificato, il nuovo Papa, deve affrontare una gravissima crisi tra la Russia e la Cina, con quest’ultima che accusa sia i sovietici che i paesi occidentali di fare di tutto per affamare quel popolo e quindi, se non riceverà aiuti importanti, sarà costretta a muovere le truppe per una guerra di conquista.
Il Segretario del Partito Comunista Cinese, dopo avere udito Kiril che assicura il proprio intervento presso i popoli di tutto il mondo, dice una frase al Papa che lo farà riflettere a lungo: “ma tu, cosa ci rimetti? Apri la tua finestra su Piazza San Pietro e chiedi a tutti i popoli di aiutare i cinesi; se lo fanno, sarai stato bravo e convincente, mentre se non lo faranno tu avrai la coscienza salva, in quanto hai fatto il possibile”.
Rientrato a Roma con questo problema ancora irrisolto e con la frase del cinese ancora in testa, decide di chiedere l’autorizzazione al collegio Cardinalizio per fare un discorso veramente “rivoluzionario”; dopo varie discussioni, tutti i porporati approvano la “svolta” del Papa che, subito dopo, si affaccia alla “solita finestra” e afferma che la Chiesa, venderà TUTTI i suoi beni (palazzi, terre, opere d’arte) per aiutare i fratelli cinesi e se per questo dovrà trovarsi povera e indigente, andrà mendica per il mondo.
Ecco, questa è un tipo di carità “TOTALE” che è apparsa solo nel cinema e che ancora non è stata messa in opera da nessun Pontefice: avverrà prima o poi??
martedì, gennaio 06, 2009
ANCORA SULLA SOCIAL CARD
Ricordate? Il giorno 26 dello scorso mese di dicembre vi ho raccontato la disavventura di un povero pensionato che ha avuto dal Ministero dell’Economia una social card senza fondi e quindi si è visto rifiutare la spesa dal Supermercato nel quale era andato a rifornirsi; la vicenda era semplicemente la narrazione dell’evento, senza nessuna notizia circa le motivazioni di questo disservizio e senza alcun commento ricavato dai mass-media: insomma era soltanto il racconto di un racconto.
Ebbene, adesso sono in grado di fornire qualcosa di più su quanto avvenuto: il numero previsto da Tremonti è stato 1.300mila; a fronte di questo, le Poste avrebbero ricevuto finora 366mila richieste di social card da parte di altrettanti “poveri” (chiamiamoli così i richiedenti); l’INPS, cioè colui che tira fuori materialmente i soldi, ne avrebbe autorizzate soltanto 200mila, che avrebbero ricevuto il “caricamento” della somma prevista, mentre 100mila sarebbero state respinte per mancanza di requisiti e 66mila sono ancora in lavorazione e vengono attivate mano a mano che sono pronte..
Ma cosa significa respinte? Evidentemente – lo voglio dare per assunto – c’era qualcosa che non andava nella domanda del “povero” e quindi l’INPS non ha dato luogo all’emissione della social card; il problema è che nessuno si è preso la briga di informare colui al quale è stata respinta la domanda, cosicché la tesserina ricevuta dalle Poste ha cominciato a essere utilizzata, con i risultati che è facile immaginare, in quanto era un semplice pezzetto di plastica senza alcun valore spendibile.
Errore del “povero” che ha dato per scontato l’attivazione della social card ? Cerro, ma se proviamo a metterci nei suoi panni, vedrete che non era facile comportarsi diversamente: se nessuno mi dice niente in contrario, vuol dire che va tutto bene e che la tessera che mi hanno consegnato è la social card, regolarmente attivata; questo si è detto la stragrande maggioranza dei “poveri esclusi”.
Ma chi doveva dire qualcosa al “povero”? Siamo in Italia e siamo maestri nel rimpallo delle responsabilità: le Poste affermano di non aver titolo per dire al “povero” se la domanda era approvata o meno; non ci resta quindi nessun altro che il ministero dell’Economia che avrebbe dovuto scrivere, con la maggiore celerità possibile, al “povero” per spiegare il motivo della mancata attivazione della tessera.
Ma c’è di più: sembra che le Poste e il Ministero avessero due “griglie di requisiti” diverse, per cui il risultato è questa figuraccia che lo Stato sta facendo nei confronti di questi 100mila “poveri” respinti.
Sia chiaro una cosa: in questo frangente nel quale veniva data la patente di “povero”, bisognava mettere in moto tutte le energie possibili e immaginabili affinché non avvenisse il minimo errore, poiché qualsiasi dissonanza sarebbe avvenuta sulla pelle del “povero” – dopo averlo marchiato come “povero” – e non gli avrebbe neppure consentito di avere quanto spettante ai poveri come lui.
Vorrei concludere con una considerazione: avete sentito parlare di questa vicenda sui grandi giornali o sugli schermi televisivi? La risposta ve la do subito io: non ho visto nessun giornale e nessuna TV parlare dell’incidente, solo il “Corriere della Sera”, a pagina 37, nella rubrica della posta, ha ospitato la lettera di un lettore che protestava per l’inghippo, ma non ha fornito alcuna risposta.
Come possiamo spiegare questo comportamento? Forse che l’avvento del famigerato “regime” ha fatto sì che ci sia stata la saldatura tra maggioranza e stampa, anche quella che sembra fare il tifo per l’opposizione? Meditiamo, gente, meditiamo!!
Ebbene, adesso sono in grado di fornire qualcosa di più su quanto avvenuto: il numero previsto da Tremonti è stato 1.300mila; a fronte di questo, le Poste avrebbero ricevuto finora 366mila richieste di social card da parte di altrettanti “poveri” (chiamiamoli così i richiedenti); l’INPS, cioè colui che tira fuori materialmente i soldi, ne avrebbe autorizzate soltanto 200mila, che avrebbero ricevuto il “caricamento” della somma prevista, mentre 100mila sarebbero state respinte per mancanza di requisiti e 66mila sono ancora in lavorazione e vengono attivate mano a mano che sono pronte..
Ma cosa significa respinte? Evidentemente – lo voglio dare per assunto – c’era qualcosa che non andava nella domanda del “povero” e quindi l’INPS non ha dato luogo all’emissione della social card; il problema è che nessuno si è preso la briga di informare colui al quale è stata respinta la domanda, cosicché la tesserina ricevuta dalle Poste ha cominciato a essere utilizzata, con i risultati che è facile immaginare, in quanto era un semplice pezzetto di plastica senza alcun valore spendibile.
Errore del “povero” che ha dato per scontato l’attivazione della social card ? Cerro, ma se proviamo a metterci nei suoi panni, vedrete che non era facile comportarsi diversamente: se nessuno mi dice niente in contrario, vuol dire che va tutto bene e che la tessera che mi hanno consegnato è la social card, regolarmente attivata; questo si è detto la stragrande maggioranza dei “poveri esclusi”.
Ma chi doveva dire qualcosa al “povero”? Siamo in Italia e siamo maestri nel rimpallo delle responsabilità: le Poste affermano di non aver titolo per dire al “povero” se la domanda era approvata o meno; non ci resta quindi nessun altro che il ministero dell’Economia che avrebbe dovuto scrivere, con la maggiore celerità possibile, al “povero” per spiegare il motivo della mancata attivazione della tessera.
Ma c’è di più: sembra che le Poste e il Ministero avessero due “griglie di requisiti” diverse, per cui il risultato è questa figuraccia che lo Stato sta facendo nei confronti di questi 100mila “poveri” respinti.
Sia chiaro una cosa: in questo frangente nel quale veniva data la patente di “povero”, bisognava mettere in moto tutte le energie possibili e immaginabili affinché non avvenisse il minimo errore, poiché qualsiasi dissonanza sarebbe avvenuta sulla pelle del “povero” – dopo averlo marchiato come “povero” – e non gli avrebbe neppure consentito di avere quanto spettante ai poveri come lui.
Vorrei concludere con una considerazione: avete sentito parlare di questa vicenda sui grandi giornali o sugli schermi televisivi? La risposta ve la do subito io: non ho visto nessun giornale e nessuna TV parlare dell’incidente, solo il “Corriere della Sera”, a pagina 37, nella rubrica della posta, ha ospitato la lettera di un lettore che protestava per l’inghippo, ma non ha fornito alcuna risposta.
Come possiamo spiegare questo comportamento? Forse che l’avvento del famigerato “regime” ha fatto sì che ci sia stata la saldatura tra maggioranza e stampa, anche quella che sembra fare il tifo per l’opposizione? Meditiamo, gente, meditiamo!!
lunedì, gennaio 05, 2009
LE PAROLE SONO IMPORTANTI
Le oltre mille persone che sono arrivate sull’Isola di Lampedusa nelle ultime settimane, mi hanno ridestato un problema, solo in apparenza linguistico ma di fatto assai importante per questi disgraziati che riescono ad approdare ed anche per coloro che li accolgono, o meglio, li subiscono.
Quante parole sono state usate per definire gli immigrati? Tantissime, direi quasi troppe; una volta erano i vulavà o i vucumprà, ma per fortuna questi due termini sono andati in disuso fino ad essere quasi cancellati; cosa c’è rimasto? Abbiamo la possibilità di scegliere tra clandestini, extracomunitari, rom-rumeni, sinti, negri (o neri), islamici, marocchini; insomma, come potete vedere, c’è una vasta gamma di espressioni che a volte viene usata anche a sproposito.
Il primo termine che cito – extracomunitari – è passato un po’ di moda, visto che i rom, i rom-rumeni, i sinti-rumeni e i romeni, sono diventati “comunitari” da quando la Romania è entrata a far parte dell’Europa.
Adesso il termine più usato è “clandestini” che sembra fare riferimento a qualcuno che si sottrae alla legge e alle forze dell’ordine, una persona che si nasconde, di fatto un criminale (secondo le leggi vigenti) a causa della sua sola esistenza; se mi permettete un paragone che so benissimo essere blasfemo, direi che anche i gloriosi partigiani possono essere considerati dei “clandestini”.
Ma quand’è che una persona diventa un clandestino? Quando arriva sul sacro suolo della Patria senza chiedere permesso? Ma forse, non lo chiede perché tanto non glielo darebbero! O forse è considerato clandestino anche colui al quale è scaduto il permesso di soggiorno? In effetti è proprio così: uno può lavorare per anni in Italia usufruendo dei permessi di soggiorno e trovarsi ad un certo punto nell’impossibilità di rinnovare l’ultimo documento ricevuto, per qualche ragione (malattia o altro); così il soggetto diventa clandestino ed è responsabile di una serie di reati punibili anche con il carcere, tra cui quello di essere un clandestino: ragionamento kafkiano ma che non fa una grinza!
Ci sono poi tutte le persone di cui parlavamo all’inizio, cioè coloro che arrivano in barca nel nostro paese: quelli che approdano sono subito etichettati come clandestini, ma anche coloro che non ce la fanno ed i cui corpi rimangono in fondo al mare, sono definiti clandestini; pensate che – traggo da un articolo del “Corriere della Sera” - “….Una motovedetta ha recuperato sei cadaveri in mare, a 50 miglia da Lampedusa; fanno parte del gruppo di 14 corpi di clandestini individuati da un aereo della Marina”; in realtà, questi clandestini avevano solo cercato di avvicinarsi alle nostre coste ma purtroppo per loro sono morti nel tentativo di diventarlo; erano solo “clandestini potenziali” e non sono neppure riusciti a ottenere lo status che desideravano tanto.
Mi sembra ovvio che, almeno fino a quando questi “signori stranieri” non arrivano sul suolo italiano, sia i giornalisti che i politici farebbero meglio a dar loro la possibilità di essere unicamente delle persone: africani, probabilmente, o “migranti”, del resto l’immigrazione – al contrario della clandestinità – ha una lunga e nobile tradizione.
Insomma, potremmo almeno cercare di umanizzare la morte di questi disperati, ma il punto è che questi signori debbono rimanere senza faccia, senza identità, senza nome, perché è molto più facile discriminare una categoria (i clandestini) invece di un qualcuno che ha un nome, una famiglia, una storia personale, insomma è – al pari nostro – un essere umano. Chiaro il concetto??
Quante parole sono state usate per definire gli immigrati? Tantissime, direi quasi troppe; una volta erano i vulavà o i vucumprà, ma per fortuna questi due termini sono andati in disuso fino ad essere quasi cancellati; cosa c’è rimasto? Abbiamo la possibilità di scegliere tra clandestini, extracomunitari, rom-rumeni, sinti, negri (o neri), islamici, marocchini; insomma, come potete vedere, c’è una vasta gamma di espressioni che a volte viene usata anche a sproposito.
Il primo termine che cito – extracomunitari – è passato un po’ di moda, visto che i rom, i rom-rumeni, i sinti-rumeni e i romeni, sono diventati “comunitari” da quando la Romania è entrata a far parte dell’Europa.
Adesso il termine più usato è “clandestini” che sembra fare riferimento a qualcuno che si sottrae alla legge e alle forze dell’ordine, una persona che si nasconde, di fatto un criminale (secondo le leggi vigenti) a causa della sua sola esistenza; se mi permettete un paragone che so benissimo essere blasfemo, direi che anche i gloriosi partigiani possono essere considerati dei “clandestini”.
Ma quand’è che una persona diventa un clandestino? Quando arriva sul sacro suolo della Patria senza chiedere permesso? Ma forse, non lo chiede perché tanto non glielo darebbero! O forse è considerato clandestino anche colui al quale è scaduto il permesso di soggiorno? In effetti è proprio così: uno può lavorare per anni in Italia usufruendo dei permessi di soggiorno e trovarsi ad un certo punto nell’impossibilità di rinnovare l’ultimo documento ricevuto, per qualche ragione (malattia o altro); così il soggetto diventa clandestino ed è responsabile di una serie di reati punibili anche con il carcere, tra cui quello di essere un clandestino: ragionamento kafkiano ma che non fa una grinza!
Ci sono poi tutte le persone di cui parlavamo all’inizio, cioè coloro che arrivano in barca nel nostro paese: quelli che approdano sono subito etichettati come clandestini, ma anche coloro che non ce la fanno ed i cui corpi rimangono in fondo al mare, sono definiti clandestini; pensate che – traggo da un articolo del “Corriere della Sera” - “….Una motovedetta ha recuperato sei cadaveri in mare, a 50 miglia da Lampedusa; fanno parte del gruppo di 14 corpi di clandestini individuati da un aereo della Marina”; in realtà, questi clandestini avevano solo cercato di avvicinarsi alle nostre coste ma purtroppo per loro sono morti nel tentativo di diventarlo; erano solo “clandestini potenziali” e non sono neppure riusciti a ottenere lo status che desideravano tanto.
Mi sembra ovvio che, almeno fino a quando questi “signori stranieri” non arrivano sul suolo italiano, sia i giornalisti che i politici farebbero meglio a dar loro la possibilità di essere unicamente delle persone: africani, probabilmente, o “migranti”, del resto l’immigrazione – al contrario della clandestinità – ha una lunga e nobile tradizione.
Insomma, potremmo almeno cercare di umanizzare la morte di questi disperati, ma il punto è che questi signori debbono rimanere senza faccia, senza identità, senza nome, perché è molto più facile discriminare una categoria (i clandestini) invece di un qualcuno che ha un nome, una famiglia, una storia personale, insomma è – al pari nostro – un essere umano. Chiaro il concetto??
domenica, gennaio 04, 2009
L'EUROPA E LA CRISI MEDIORIENTALE
Dall’inizio dell’anno, alla guida dell’Europa, la Repubblica Ceca subentra alla Francia di Sarkozy; in particolare, colui che siederà a Bruxelles nell’ufficio di presidenza è Vaclav Klaus, un autentico euroscettico.
Klaus si è sempre rifiutato di issare la bandiera europea sugli edifici pubblici di Praga e – insieme all’Irlanda – non ha ancora ratificato il trattato di Lisbona che apre la via per una radicale riforma delle strutture commerciali.
Il primo ministro cèco, Topolanek, è un personaggio più possibilista e si affanna a rassicurare i partner europei garantendo che il suo paese saprà continuare il lavoro di Parigi e promettendo che al più presto sarà ratificato il trattato di Lisbona.
Da notare che in questo momento ci sono due crisi – entrambe importanti, sia pure su piani diversi – che vorrebbero un’Europa coesa e impegnata sugli scacchieri mondiali, specie in questi primi giorni di gennaio che vedono la potenza americana in fase di “ristrutturazione”, con un Bush in partenza e con un Obama che avrebbe diritto almeno ad un periodo di tranquilla presa di potere.
Crisi finanziaria e recessione economica: questo il primo dei problemi sull’agenda del nuovo Presidente, mentre la crisi palestinese è l’altro banco di prova per la nuova leadership; l’inizio non è stato dei migliori: la prima dichiarazione di Klaus sull’invasione israeliana della striscia di Gaza è stata “e solo una mossa difensiva”, scatenando le rabbiose reazioni di tutto il mondo arabo e di parte dell’Europa.
Ed è così che il prode Sarkozy, distaccandosi dalla delegazione ufficiale dell’Europa, intraprenderà un suo personale viaggio in medio oriente al fine di riallacciare le fila di un discorso iniziato qualche tempo fa con i due interlocutori e che conteneva – si dice – anche una sorta di nuova “road map”; la mossa di Nicolas è duplice, ma è sempre tesa ad ottenere un successo “personale”: da una parte far dimenticare le affermazioni del cèco Klaus e dall’altra cercare di mettere il cappello su una trattativa che altrimenti tra qualche giorno passerà nelle mani della nuova accoppiata Obama/Clinton.
E quindi, per l’ennesima volta assistiamo ad una brutta figura dell’Europa, intendendo per tale una sostanziale personalizzazione del pensiero di ciascuno stato membro: questa non è ormai più una novità e non farebbe neppure notizia se si trattasse di affrontare il problema della lunghezza dei piselli da vendere, ma questa volta stiamo discutendo di esseri umani che rischiano la pelle anche standosene chiusi in casa.
Ma facciamo un attimo mente locale su quella che ormai è una vera e propria guerra anche se “anomala” in quanto dichiarata da uno Stato nei confronti di un Partito Politico; in questa vicenda ci sono due enormi anomalie: la prima è la pervicacia con cui Hamas si rifiuta di riconoscere lo Stato di Israele: è ovvio che senza tale riconoscimento nessuna trattativa può essere seriamente presa in considerazione in quanto è snaturata da un “vulnus” iniziale.
La seconda anomalia riguarda Israele e la sua affermazione “distruggeremo Hamas”; di queste situazioni e di queste sparate è piena la storia di questi ultimi anni, ma nessuna di queste ha portato fortuna a chi l’ha fatta; come è possibile che degli uomini politici, pratici di cose militari, come sono gli israeliani possano pensare che in questa invasione si possa parlare di vittoria israeliana e, conseguentemente, di sconfitta di Hamas: ormai è chiaro al mondo intero che la condanna dei due popoli è quella di trovare un compromesso che permetta ad entrambi una vita accettabile: solo così potranno affrontare il futuro e solo con la fiducia reciproca arrivarci.
Klaus si è sempre rifiutato di issare la bandiera europea sugli edifici pubblici di Praga e – insieme all’Irlanda – non ha ancora ratificato il trattato di Lisbona che apre la via per una radicale riforma delle strutture commerciali.
Il primo ministro cèco, Topolanek, è un personaggio più possibilista e si affanna a rassicurare i partner europei garantendo che il suo paese saprà continuare il lavoro di Parigi e promettendo che al più presto sarà ratificato il trattato di Lisbona.
Da notare che in questo momento ci sono due crisi – entrambe importanti, sia pure su piani diversi – che vorrebbero un’Europa coesa e impegnata sugli scacchieri mondiali, specie in questi primi giorni di gennaio che vedono la potenza americana in fase di “ristrutturazione”, con un Bush in partenza e con un Obama che avrebbe diritto almeno ad un periodo di tranquilla presa di potere.
Crisi finanziaria e recessione economica: questo il primo dei problemi sull’agenda del nuovo Presidente, mentre la crisi palestinese è l’altro banco di prova per la nuova leadership; l’inizio non è stato dei migliori: la prima dichiarazione di Klaus sull’invasione israeliana della striscia di Gaza è stata “e solo una mossa difensiva”, scatenando le rabbiose reazioni di tutto il mondo arabo e di parte dell’Europa.
Ed è così che il prode Sarkozy, distaccandosi dalla delegazione ufficiale dell’Europa, intraprenderà un suo personale viaggio in medio oriente al fine di riallacciare le fila di un discorso iniziato qualche tempo fa con i due interlocutori e che conteneva – si dice – anche una sorta di nuova “road map”; la mossa di Nicolas è duplice, ma è sempre tesa ad ottenere un successo “personale”: da una parte far dimenticare le affermazioni del cèco Klaus e dall’altra cercare di mettere il cappello su una trattativa che altrimenti tra qualche giorno passerà nelle mani della nuova accoppiata Obama/Clinton.
E quindi, per l’ennesima volta assistiamo ad una brutta figura dell’Europa, intendendo per tale una sostanziale personalizzazione del pensiero di ciascuno stato membro: questa non è ormai più una novità e non farebbe neppure notizia se si trattasse di affrontare il problema della lunghezza dei piselli da vendere, ma questa volta stiamo discutendo di esseri umani che rischiano la pelle anche standosene chiusi in casa.
Ma facciamo un attimo mente locale su quella che ormai è una vera e propria guerra anche se “anomala” in quanto dichiarata da uno Stato nei confronti di un Partito Politico; in questa vicenda ci sono due enormi anomalie: la prima è la pervicacia con cui Hamas si rifiuta di riconoscere lo Stato di Israele: è ovvio che senza tale riconoscimento nessuna trattativa può essere seriamente presa in considerazione in quanto è snaturata da un “vulnus” iniziale.
La seconda anomalia riguarda Israele e la sua affermazione “distruggeremo Hamas”; di queste situazioni e di queste sparate è piena la storia di questi ultimi anni, ma nessuna di queste ha portato fortuna a chi l’ha fatta; come è possibile che degli uomini politici, pratici di cose militari, come sono gli israeliani possano pensare che in questa invasione si possa parlare di vittoria israeliana e, conseguentemente, di sconfitta di Hamas: ormai è chiaro al mondo intero che la condanna dei due popoli è quella di trovare un compromesso che permetta ad entrambi una vita accettabile: solo così potranno affrontare il futuro e solo con la fiducia reciproca arrivarci.