sabato, ottobre 27, 2012
L'OSSIGENO E L'iPHONES
Dall’inizio della stramaledetta crisi, sia
gli osservatori economici che i politici hanno preso l’abitudine di dire che
“siamo in debito d’ossigeno”, alludendo al fatto che le tasse, le bollette o
altre diavolerie ci avrebbero tolto questo elemento chimico fondamentale per la
nostra sopravvivenza.
Ma non dimentichiamo che “ci toglie
l’ossigeno” anche tutta quella gente che non paga le tasse o che, più
modestamente, sale sul bus e non paga il biglietto; insomma tutti quelli che
consumano anche l’ossigeno che spetterebbe ad altri, facendo così in modo che
coloro che ne avrebbero diritto si ritrovano in mezzo ad una strada.
Per la verità, in mezzo ad una strada si
ritrovano anche tante altre persone – che evidentemente hanno “ossigeno” – le
quali aspettano di poter acquistare la nuova meraviglia: il nuovo telefonino
iPhones, anche se chiamarlo telefonino mi sembra come minimo riduttivo.
Ma chi sono questi signori che fanno le file
per acquistare un aggeggio di cui si potrebbe benissimo fare a meno? Non credo
che siano ricchi sfondati e neppure benestanti all’ultimo stadio, ma più semplicemente,
molti di loro, preferisce mangiare una
scatoletta per cena pur di avere l’oggetto del desiderio da esibire agli amici;
roba da analisi psichiatrica, siamo d’accordo, ma così va il mondo!
A proposito dell’iPhones, tra gli acquirenti
in fila, quanti sanno che l’oggetto delle loro brame viene costruito in Cina da
una fabbrica che si chiama Foxconn e che è stata costituita al solo scopo di realizzare
questo strumento?
E a proposito di questa azienda ci sarebbe da
aggiungere che la stessa è stata costretta ad ammettere di avere tra il suo personale anche dei
ragazzi tra i 14 e i 16 anni; per la
Cina niente di stranissimo, in quanto il lavoro minorile è
all’ordine del giorno, ma in occidente questa pratica è stigmatizzata, ma senza
che da ciò derivi alcuna conseguenza pratica, sul tipo di boicottare la
produzione fatta da ragazzini.
Inoltre, sempre questa azienda, è già stata
al centro delle cronache per un’ondata di suicidi dei suoi dipendenti che
intendevano così protestare contro le pesanti condizioni di lavoro nelle sue
fabbriche situate nel sud della Cina; dopo questi eventi la direzione
dell’impresa ha annunciato che ridurrà gli straordinari “obbligatori” dalle
attuali 20 ore per settimana a solo nove.
Insomma, il Mondo è proprio strano e pieno di
contraddizioni; volete l’ultima che ho sentito? Dunque, alcuni sondaggi di
analisti nostrani chiedono ad un campione di gente se, dopo le prossime elezioni, preferirebbe un governo tecnico o uno politico;
la risposta è stata largamente per il “politico”.
Allora, si è fatto agli stessi una seconda
domanda e si è chiesto loro chi tra i politici maggiormente ricorrenti,
preferirebbe che fosse incaricato di guidare il governo “politico”; sapete
qual’è stata la risposta, anch’essa largamente maggioritaria? Il “preferito” è Monti,
cioè l’unico che non è considerabile come politico e che ha svolto finora il
suo compito da tecnico e non da politico.
Vogliamo dire che queste domande vengono
rivolte a dei perfetti imbecilli? Non posso crederlo, forse è più facile che la
gente non conosca neppure la differenza tra tecnico e politico ma che si sia
fatta l’opinione che Monti – negli ultimi tempi – è uno dei pochi che non è
stato preso con le mani nel sacco e questo è più che sufficiente per essere
scelto per ricoprire la carica di Presidente del Consiglio.
In questo meraviglioso e disgraziato Paese,
basta proprio poco per emergere!!
giovedì, ottobre 25, 2012
LE SCELTE DELLA POLITICA
Il concetto che scaturisce dal titolo di
questo post è stato da me abbondantemente usato in passato e sta a significare
che coloro che il popolo designa a guidare una Nazione hanno l’”obbligo” di
scegliere quale indirizzo dare alla vita della gente; naturalmente, se questa
stessa gente non approva questo modo di condurre la vita del Paese, alla prima
occasione vota per un’altra persona (che magari è peggio di lui, ma questo si
vede solo dopo).
Ma questo discorso mi porta ad un evento che
giorni fa si è tenuto a Milano, nella celebre Galleria Vittorio Emanuele, dove
oltre cinquemila persone erano in attesa di ricevere il panino che significava
la chiusura definitiva del “McDonald’s” che verrà sostituito da una delle tante
“griffe” di successo.
Quando chiude una struttura – specialmente
una “storica” come quella – è sempre un fatto melanconico e che induce a
qualche riflessione: i ragazzi che lo frequentavano dove andranno a farsi
“avvelenare”; non ce la faranno a pagare i soldi che chiedono i ristorantini
della zona per un piatto di spaghetti; ma dobbiamo chiederci anche il motivo
vero per cui il locale americano chiude i battenti.
I motivi sono due: il primo è che il
proprietario del fondo (il Comune) ha ricevuto offerte superiori per affittarlo
e quindi le stesse offerte sono state girate a McDonald’s che non le ha potute
pareggiare; il secondo motivo è quello che mi interessa di più: sia la destra
che la sinistra che hanno governato e governano la città (tra scandali di varia
natura) reputano inelegante il fast food nel salotto buono di Milano,
consacrato ormai alla qualità apicale della sua produzione culturale: le scarpe
e le borsette.
E allora torniamo alla scelta politica – non
dimentichiamo che il fondo è di proprietà pubblica – cioè alla decisione che
hanno preso dei signori che la gente di Milano ha eletto per fare l’interesse
della comunità.
La politica può decidere ciò che è meglio
dare ai ragazzi e può pensare che la
piazza possa essere luogo di mescolanza, non solo di turisti giapponesi o russi
in corsa per gli acquisti prima di rientrare in patria e che si ritrovano
mischiati ad altri stranieri (sud-americani o slavi) impegnati in lavori
domestici e intenti a rilassarsi con la bottiglietta di birra in mano.
Insomma, viene cacciata la clientela giovane
e giovanissima a beneficio di una certa mescolanza: il ricco e lo snob alla
caccia dell’ultimo grido della griffe e i poveri che si prendono una qualche
ricreazione dopo una giornata di schiavistico lavoro presso i bravi borghesi.
La politica è la scelta delle priorità e può
decidere che una libreria, per quanto possa pagare un affitto basso, sia più
utile alla comunità di un negozio di lusso mirato al commercio internazionale.
E in questo caso attua tutte le decisioni
utili a mettere in pratica questa decisione che, ripeto, non è commerciale o
semplicemente utilitaristica, ma eminentemente politica, nel senso più alto del
termine “polis”, cioè “governo del popolo”.
Quindi, mi viene chiaro affermare che queste
decisioni sono l’essenza della democrazia e quando non ci sono vuol dire che il
processo politica-democrazia è interrotto da qualche cosa che ne mina il
funzionamento; non voglio dire che siano le mazzette, la concussione, la
corruzione o altre malefatte che abbiamo
imparato dalla cronaca ma potrebbe darsi; magari questo non è il caso, ma
chissà!!
Intanto i ragazzi sono alla caccia dei panini
di McDonald’s.
martedì, ottobre 23, 2012
SE PARLASSIMO UN PO' DI POLITICA ESTERA?
La nostra politica è decisamente
“provinciale”, in quanto parla solo di cose e di fatti nostrali, evitando di
mettere il naso fuori dai confini; va bene che siamo su un altro Pianeta, ma
nel dibattito di New York Obama sembra averla spuntata su Romney proprio sulla
politica estera e, in particolare, sulla
strage di Bengasi dove rimase ucciso l’Ambasciatore americano.
Da noi invece, si continua a dibattere sulla
legge elettorale oppure sul Monti bis (si o no?), sulle primarie (chi le vuole
e chi no) e, infine, sulla rottamazione dei cosiddetti anziani; possibile che
nessun opinionista televisivo abbia il coraggio di chiedere ad un politico che
si presenterà alle prossime elezioni cosa ne pensa della situazione del mondo
islamico, o della striscia di Gaza, perennemente insidiata dai conflitti tra
palestinesi e israeliani o di altre situazioni similari?
Certo che mettere l’uno contro l’altro il
giovane Renzi e il maturo Bersani è più facile e trova anche maggiore consenso
nell’utente televisivo “normale” che sente nominare il deputato che conosce e
del quale, molto probabilmente, conosce anche tutte le malefatte o le
benemerenze.
E invece, se vogliamo fare veramente una cosa
utile per la prossima generazione, dobbiamo impegnare i futuri governanti a
spiegarci – per esempio - come intendono procedere con la situazione
mediorientale, dove le “primavere arabe” hanno spazzato via tutta una serie di
regimi “autocratici” che però si mostravano amici dell’occidente ed hanno
portato al potere delle finte democrazie a forte connotazione religiosa; come
pensiamo di arginarle, specialmente perché in Italia abbiamo una nutrita
presenza di emigranti arabi dei quali non conosciamo la collocazione politica?
In Siria il regime del dittatore Assad – uno
dei pochi rimasti in sella – si scontra da mesi con “ribelli” finanziati
massicciamente da altri paesi arabi e sarebbe bene sapere: noi da che parte
stiamo? Con chi combatte il “sanguinario dittatore” ? Ma sappiamo chi sono gli oppositori
e se sono più o meno sanguinari di colui che vogliono deporre?
C’è poi un altro problema: se Israele dovesse
attaccare – come sembra sempre più probabile – le istallazioni nucleari
iraniane, noi con chi stiamo? Con la Repubblica degli
Ayatollah o con Gerusalemme?
E per rimanere in zona, siamo con i
palestinesi che rivendicano i territori o con Netanyau che non fa alcun passo
indietro? È chiaro per tutti che una guerra in quelle zone infiammerebbe non
solo il mondo arabo ma anche buona parte del mondo occidentale e orientale. E
noi?
Ricordiamoci che ogni atto violento che
scoppia a Bengasi o al Cairo, allunga la propria forza d’urto fino a casa
nostra e che cosa trova ad attenderla? Forse un Paese impreparato anche sotto
l’aspetto militare che non sa che pesci prendere, utilizzato com’è dalle varie istituzioni
internazionali che gli dettano le mosse da compiere.
È chiaro che è più facile parlare dello
spread o, peggio ancora, del “nuovo che avanza”, essere con Renzi o con
Bersani, sottoscrivere gli atteggiamenti istrionici di Grillo o quelli più
compassati di Casini, ma dobbiamo ricordarci che, volenti o no, ci troveremo
quanto prima a trattare i temi della Jjad e dell’islamismo esasperato e di
tutto questo la gente non sa niente, non
ha la minima idea di come la pensino i candidati a guidare questo Paese.
Non mi sembra serio e quindi auspico che gli addetti ai lavori – giornalisti
delle TV e della carta stampata – “costringano” i politici intervistati a
trattare anche questi temi ed a farci conoscere la loro idea in materia.
domenica, ottobre 21, 2012
BUTTIAMO L'OCCHIO SULLA GERMANIA
Diamo un’occhiata a quello che succede nella
Germania, nostra austera e arcigna vicina di casa ma al tempo stesso tenutaria
della cassaforte dell’Unione Europea; cominciamo da una nota “particolare”.
Fanatici del loro stato “federale”,
accompagnano questo aggettivo anche nella religione e, soprattutto in quella
cattolica, da cui proviene il nostro Papa Ratzinger. Sentite cosa succede!
In Germania, coloro che appartengono ad una
fede religiosa e risultano registrati come tali, sono tenuti ad un pagamento
che si aggira tra l’8 e il 9 per cento di quanto versato allo Stato; in
pratica, chi versa 10/mila euro al fisco deve sborsarne altri 800 o 900 alla
Chiesa, sia essa cattolica, protestante o ebraica.
Specialmente nella comunità cattolica, sta
diventando una sorta di abitudine quello di “dichiarare la propria uscita dalla
comunità” evitando così di versare il previsto contributo, ma ponendosi al
tempo stesso al di fuori della Chiesa; nel documento stilato dalla Conferenza
Episcopale tedesca, si afferma che “coloro che per qualunque motivo dichiarano davanti
all’autorità civile la propria uscita dalla Chiesa, vengono meno all’obbligo di
appartenenza alla comunità ecclesiale e a quello di consentire alla Chiesa, con
il suo contributo finanziario, di assolvere alle proprie mansioni”.
Insomma, detto in parole povere, chi non paga
non potrà avere accesso ai sacramenti, come la confessione, l’eucarestia, e non
potrà essere più padrino di battesimo; in caso di morte gli verrà negato il
funerale religioso anche se non verrà automaticamente scomunicato, perché
potrebbe in futuro “ricredersi” e rientrare nella comunità.
Abbiamo visto come si comporta la Chiesa tedesca e vediamo
ora come opera lo Stato tedesco; diciamo subito che non possiamo paragonare le
nostre ruberie – più o meno legali – con i loro teutonico atteggiamenti; ma
scendiamo un po’ nei particolari; per esempio, il Sindaco di Berlino porta a
casa 147/mila euro netti all’anno ma solo perché Berlino è una “città stata” e
quindi il borgomastro è anche capo del governo regionale; per fare un esempio,
come se fosse allo stesso tempo il nostro Alemanno e la nostra Polverini; sono
stato chiaro?
Da ora in poi, le cifre che citerò sono tutte
“al lordo” e quindi, dopo aver pagato le tasse rimangono in tasca all’individuo
circa la metà degli emolumenti; i consiglieri regionali guadagnano 6.800 euro
al mese mentre i consiglieri comunali prendono tra i 2.000 e i 3.000 euro al
mese; qualcuno di loro ha diritto a dei rimborsi spese – tra 500 e 1.500 euro –
ma per evitare il fisco bisogna portare le note spese dettagliatissime.
E ora arriviamo ai “pezzi grossi”: il
Presidente della Repubblica guadagna 199.000 euro, superato di poco da Frau
Angela Merkel che porta a casa 25.000 euro lordi al mese; diciamo subito che
entrambi incassano molto meno di Fiorito e anche di Lusi, ma i “nostri” sono
dei ladroni e non guadagnano correttamente, invece il Presidente della
Repubblica ha un appannaggio di 218/mila euro l’anno e il Primo Ministro ha lo
stipendio di senatore a vita, ma quello che li batte tutti è lo stenografo del
Senato che guadagna 290/mila euro l’anno; anche quest’ultima cifra possiamo
commentare che è perfettamente legale e non sottratta come ha fatto Fiorito.
Chiaro il concetto??
Da queste cifre, specie se paragonate con
quelle dei nostri “controllori”, è chiaro che i tedeschi sono “spilorci” anche
nei confronti dei loro uomini di Stato, figuratevi quando si tratta di parlare
degli stipendi degli “altri”!!
È difficile mettere insieme queste due
mentalità; non trovate??