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sabato, gennaio 21, 2006

ZIBALDONE n.2/2006 

Vorrei parlare, in questo secondo zibaldone del 2006, di tre argomenti abbastanza dissimili l’uno dall’altro e vedere se questi possono interessare anche i miei lettori.
IL PRIMO si riferisce al nostro fabbisogno energetico che – come apprendo da fonti giornalistiche – utilizza per quasi il 34% gas naturale e, per il rimanente, petrolio; della prima fonte energetica, siamo debitori per oltre un terzo dalla Russia, mentre per il petrolio abbiamo quasi la stessa incidenza riferita all’Iran.
La Russia – anche per motivi discendenti dall’eccezionale ondata di freddo che ha investito quel paese – ha cominciato tagliandoci il 6,8%, per proseguire nella giornata di ieri con il 12,2%.
L’Iran dal canto suo – sul fronte del petrolio – per effetto delle improvvide e scandalose (ma facenti parte di una sceneggiata) dichiarazioni del suo leader, Ahmadinejad, ha fatto impennare il costo del greggio fino a oltre 67 dollari al barile.
Conclusione: con la Russia adottiamo la politica delle ville (Berlusconi ospite di Putin nella mega dacia vicino a Mosca; Putin ospite di Berlusconi nella mega villa in Sardegna) mentre con l’Iran cerchiamo di non rispondere in maniera troppo bellicosa alle fesserie sparate ad arte dal suo apparentemente pazzerello leader.
Detta in soldoni, questa mi sembra la nostra politica estera per quanto riguarda l’energia, elemento – come è noto – vitale per ogni politica di sviluppo.
Prospettive per il futuro? Ma cosa volete che interessino ai nostri politici i problemi energetici ora che siamo in campagna elettorale?
IL SECONDO argomento, anch’esso riferito all’estero, riguarda il Primo Ministro israeliano Sharon e il tragico destino che lo ha condotto in sala rianimazione con un ictus che gli ha devastato il cervello.
Ritengo che in presenza di una figura come quella leonina di Sharon, sarebbe un peccato rovinarla con l’immagine di un vecchio su una carrozzina; se il Padreterno ha di questi poteri, vorrei pregarlo di far morire Sharon, in modo che la sua conclusione terrena corrisponda ad una sorta di uscita dalla scena teatrale del mondo, ma uscita da primo attore e non da comparsa balbettante.
Pensate alla vitalità dell’individuo: a 78 anni di età, alle prime difficoltà incontrate nel suo partito per la prosecuzione degli sgomberi a Gaza e nei territori occupati, non si è perso d’animo ed ha fondato un nuovo partito le cui proiezioni danno già al 42% dei consensi.
Questo non è certo l’uomo che possiamo ricordare su un carrozzina, con i lineamenti deturpati dalla malattia, senza parlare e senza nemmeno fare il minimo gesto: meglio, molto meglio ricordarlo all’interno di una bara poggiata su un affusto di cannone, come si conviene ad un combattente come lui è stato.
Il TERZO argomento riguarda l’ineffabile Alì Agca, arrestato nuovamente perché – secondo la Cassazione Turca – il Tribunale che lo ha messo in libertà ha sbagliato i conti; alla folla di giornalisti che gli si accalcava attorno ha urlato, in tre lingue (acculturato il ragazzo!): “Non sono Dio, sono soltanto Cristo!”.
Bontà sua!!

venerdì, gennaio 20, 2006

EUTANASIA 

Su richiesta di una cara amica – sollecitata a sua volta, probabilmente, da un caso personale – affronto il tema dell’eutanasia, ma senza la baldanza e l’entusiasmo che uso negli altri argomenti che sono abituato a trattare giornalmente, perché, quando si tocca l’essere umano bisogna cercare di evitare il più possibile le varie forme di strumentalizzazione e di personalizzazione; questo perché c’è la carne che soffre dietro ai nostri discorsi – miei e di altri che ne sanno certamente più di me – e quindi parlare delle sofferenze di un altro è sempre assai opinabile, a meno di scendere nell’assolutismo oggi imperante, in forza del quale “IO” sono al centro dell’universo e quindi quello che “IO” assumo essere la verità deve diventare automaticamente “la verità”.
Nei miei post sono anche abituato a partire da una vicenda reale e poi a fornire il mio modesto pensiero circa quel fatto; anche per l’eutanasia la vicenda ci sarebbe, ed è di quelle che fanno accapponare la pelle: si sta svolgendo in America e riguarda una bimba adottata, di 11 anni, ridotta allo stato vegetativo dalle percosse dei genitori adottivi e per la quale la Corte Suprema aveva deciso di “staccare la spina”, su richiesta della madre biologica; contemporaneamente a questa decisione la bimba ha preso a reagire agli stimoli dei medici e questi movimenti – forse involontari – hanno turbato la madre che ha deciso di ritirare la richiesta.
In questo caso però stiamo parlando di una persona che, oltre a non essere in grado di esprimere il proprio pensiero, non è neppure in preda a dolori o comunque difficoltà vitali, in quanto vive uno stato vegetativo attaccata a delle macchine (sapere poi se soffre o meno è un altro discorso, diciamo che non lo vediamo!)
Parliamo invece di chi sta affrontando una malattia – incurabile, cioè che non ha ragionevoli speranze di guarigione – e che ha le tipiche sofferenze di una degenza prolungata o comunque di uno stato di non autonomia operativa e di una impossibilità a porre in atto anche cose elementari della vita quotidiana.
È lecito che una persona del genere possa chiedere quella che viene definita “la dolce morte”, una serie di atti cioè, compiuti sotto la supervisione e l’approvazione medica, tesi a provocare un trapasso con il minore disagio possibile e in totale assenza di dolore?
I medici, che si atteggiano anche a filosofi, predicano la validità di questa “dolce morte” in quanto “atto di pietà” teso a permettere di “morire con dignità”; si vede, da queste affermazioni, che chi le fa ha visto tante volte morire – e quasi sempre senza dignità – ma non sono mai “morti loro” per poter dire che si può morire “con dignità”.
In effetti la morte con dignità non esiste; esiste caso mai la morte senza il dolore, ma fermiamoci qui e non mettiamo in campo la dignità, perché nel caso della morte non c’entra proprio niente.
Possiamo dire che quando un individuo – pienamente cosciente e sia pure sbagliando sotto un certo profilo etico/religioso – chiede di poter lasciare questa valle di lacrime perché non accetta più la vita che una gravissima malattia gli impone di fare e neppure i dolori che continua a subire, questa può considerarsi una richiesta quantomeno “legittima”.
Attenzione però ad andare oltre, perché seguitando su questa strada si arriva a ipotizzare anche un intervento nel caso di un qualunque suicidio, per motivi che a noi possono apparire futili, ma per colui che lo mette in atto sono gravissimi (un brutto voto a scuola, un amore finito e via di questo passo).
Quindi molta circospezione nel trattare questa materia di difficile gestione che però, capisco bene, stia diventando di grande attualità, stante anche la desuetudine alla sofferenza che l’odierna società ci sta imponendo attraverso i mass-media, secondo i quali si deve essere tutti belli e in forma; gli altri? Nel cassonetto dell’immondizia!

giovedì, gennaio 19, 2006

LE DONNE SEMPRE PIU' AL COMANDO 

Con l’affermazione di Michelle Bachelet in Cile, cominciano ad essere parecchie le donne che – in tutto il mondo – si vanno affermando anche in campo politico, sino a conquistare il comando in molti paesi.

La Bachelet – aderente al Partito Socialista - ha stravinto sul candidato conservatore, Sebastian Pinera, proprietario di canali televisivi e di altre industrie del paese.

Con questa “socialista”, l’America del sud mette un nuovo petalo rosso nella collana dei suoi presidenti, dopo Evo Morales (Bolivia), Hugo Chavez (Venezuela), Lula Da Silva (Brasile), Nicador Duarte (Paraguay) e Tabare Vasquez (Uruguay), a dimostrazione che “il cortiletto di casa” di cui hanno sempre parlato gli statunitensi, è ormai una cosa del passato.

Ma stavamo parlando di donne e non di politica; allora, poco prima della brava Michelle Bachelet, nel giro di tre mesi, altre due donne avevano stracciato altrettanti maschietti: ha cominciato la Merkel in Germania, ha poi proseguito la Johnson-Sirleaf in Liberia, dove ha sconfitto l’ex calciatore Weah, utilizzando il bello slogan “io sono L’UOMO giusto per questo paese”; .

Da notare poi che ci sono forti possibilità che i prossimi candidati alla Presidenza degli Stati Uniti siano due donne, la Condoleza Rice e Hilary Clinton.

Ma non basta: anche in Europa si ha una recrudescenza di questo femminismo: in Finlandia la signora Halonen, presidente uscente, è andata al ballottaggio – che si terrà il 29 gennaio prossimo – con il Ministro delle Finanze del suo paese ed è nettamente favorita.

Tutto questo ci deve per forza indurre a fare alcune riflessioni, la prima delle quali è chiedersi il perché in Italia siamo ben lontani da questa situazione generalizzata, siamo cioè ancora alle battute di spirito sulle donne in politica e, con i marpioni della politica che ci ritroviamo, è di là da venire il tempo in cui una nostra concittadina potrà insediarsi al Quirinale oppure a Palazzo Chigi.

A onor del vero, un tentativo “quasi riuscito” ebbe luogo sette anni fa, quando poi fu eletto Ciampi alla Presidenza della Repubblica: in quell’occasione, vi ricorderete, il Partito Radicale lanciò la candidatura di Emma Bonino, reduce da uno splendido lavoro compiuto a Bruxelles dove era stata nominata Commissario Europeo; anche lei uscì con lo slogan “l’uomo giusto al posto giusto”, facendo leva soprattutto sul carattere virile della brava Emma e sui suoi indubbi “attributi”, già mostrati nel suo precedente incarico.

Se questo femminismo continua, e non vedo perché non dovrebbe, arriveremo a “subire” anche in politica – come è giusto che sia – dopo essere risultati sconfitti in tanti altri campi della vita.

È ovvio che questa situazione produrrà in noi maschietti – convinti di essere i migliori, per grazia di Dio – una forte frustrazione che si rifletterà sulle nostre capacità operative ed anche “amatorie”.

Ma è proprio sul piano dello scontro che dobbiamo far proseguire il rapporto uomo-donna? Oppure – come io ritengo – non è forse vero che siamo arrivati al momento in cui questo rapporto và ridisegnato completamente alla luce delle nuove realtà? E’ indubbio che se non si procede ad un radicale mutamento del “modo” con cui siamo abituati ad interagire, i due sessi sono destinati a scontri feroci che avranno come unico risultato quello di non far progredire – anzi! – il rapporto maschio-femmina, rapporto, non si scordi mai, sul quale è stato costruito il mondo e sul quale ancora oggi si procede nella scala dell’evoluzione.

È indispensabile pertanto un nuovo tipo di approccio, anche sentimentale, all’incontro tra i due sessi, una delle cose più belle che il Padreterno ha creato.


mercoledì, gennaio 18, 2006

I TIFOSI SONO PEGGIO DEI NO-GLOBAL ?? 

Qualcuno di voi ha letto sui quotidiani di domenica scorsa oppure ha visto le riprese nei telegiornali della stessa giornata, in riferimento ai tafferugli capitati tra tifosi della squadra di calcio del Catania e Forze di polizia??

Sono cose aberranti, sono cose che lasciano senza parole e, soprattutto, lasciano senza nessuna scusante a favore dei giovani tifosi; vediamo prima cosa è successo, con ordine.

Sabato scorso si è giocata la partita di calcio di Serie B Brescia – Catania; una turba di tifosi catanesi si è imbarcata su un treno che si è bloccato alle ore 14.15, per un guasto, poco prima della stazione di Parma; a quel punto i tifosi si sono scatenati perché hanno visto inl pericolo l’assistere alla partita di Brescia e sono cominciati i tafferugli con le Forze dell’Ordine.

Per la verità il treno accusava già diverse ore di ritardo anche prima che si guastasse a Parma, ritardo dovuto a “problemi di ordine pubblico” già alla partenza da Villa San Giovanni, tanto da richiedere l’intervento della polizia ferroviaria per tifosi senza biglietto che non volevano pagarlo, per “esuberanze giovanili” (chiamiamole così), insomma era un tantino agitato.

Lungo il tragitto l’atmosfera a bordo del treno si era andata surriscaldando, un po’ per il ritardo, un po’ per l’eccitazione e un po’ per l’effetto branco che in questi casi moltiplica in modo esponenziale la rabbia di ciascun individuo.

Molti ragazzi hanno cominciato a tirare ripetutamente il freno di emergenza, sbeffeggiando poi il ferroviere che veniva a controllare l’accaduto: questo modo di operare ha compromesso la funzionalità del locomotore, tanto è vero che Trenitalia aveva predisposto il cambio della motrice alla stazione di Parma, ma il convoglio si è fermato prima dell’ingresso in stazione.

Le proteste dei giovani si sono articolate in vario modo: un “sit in” sui binari che ha bloccato tutto il traffico per e dal nord verso Bologna; poi una forma di saccheggio nei confronti della stazione di Parma, compiuta con metodo, quasi scientificamente, al termine della quale sembrava che fosse scoppiata una bomba o ci fosse stato un bombardamento aereo: conclusione, oltre 250 mila euro di danni; chi li pagherà??

Oltre ai danni materiali, ci sono stati dei ritardi colossali sia verso il nord che verso il sud, per quei treni che provenivano dalla zona di Milano ed erano diretti a Bologna.

Ora c’è da porsi alcune domande: prima, cosa si aspetta a far cessare i viaggi ferroviari dei tifosi calcistici? Poiché sembra che molti dei facinorosi siano stati identificati dalla Polizia, mi aspetto che a breve, oltre a conoscere il periodo di tempo che questi imbecilli trascorreranno in galera, si conosca anche tutti noi il modo come è stato stabilito il riparto dei danni che, ripeto, sono 250.000 euro, cioè 500 milioni del vecchio conio, mica bruscolini.

E se questi giovani non hanno i mezzi per rifondere i danni, si pretendano dalla famiglia e poi dai nonni e via discorrendo; in questi giorni c’è stata una iniziativa interessante da parte del Questore di Napoli che, a proposito del quattordicenne che ha stuprato una ragazza di trenta anni in piena notte, si è chiesto che razza di genitori sono coloro che non sanno neppure dove trascorre le notti il loro figlio e, di conseguenza, li ha chiamati a rispondere di correità.

Mi sembra una iniziativa giusta e sacrosanta, da applicare anche per questi facinorosi e imbecilli tifosi del calcio che si possono paragonare – per la violenza che pongono in questi atti – soltanto ai tristemente celebri “no global” o “disobbedienti” come preferite; anche loro devono essere chiamati a rispondere dei danni che provocano, sennò è una palese ingiustizia verso coloro che si comportano bene.

martedì, gennaio 17, 2006

SANITA' 

Il titolo esatto dovrebbe essere “malasanità”, ma questa parola non l’ho voluta usare perché presupporrebbe anche una “benesanità” e invece questa non c’è: sia chiaro, non voglio alludere all’operato di medici e infermieri che non sempre hanno colpe specifiche su quanto accade, ma mi riferisco invece ad un modo di organizzare la salute pubblica che, da quando è passata interamente nelle mani di politici di mestiere, fa acqua da tutte le parti.

In questi ultimi giorni i casi eclatanti sono stati tanti, direi “troppi”, perché non si raggiungesse le prime pagine dei quotidiani; vediamone alcuni: si è cominciato all’Ospedale di Piacenza dove un malato (80 anni) viene trasferito dal reparto di chirurgia all’intensivo di cardiologia; il degente, su una barella, accompagnato da tre infermieri e un rianimatore, viene messo nell’ascensore per salire (o scendere non so) alcuni piani e raggiungere l’unità di destinazione; improvvisamente l’ascensore si ferma, viene chiamato il pronto intervento della ditta che ne cura la manutenzione ma senza esito; si chiamano così i vigili del fuoco i quali hanno impiegato circa un’ora per liberare i cinque intrappolati (nel frattempo era stato aperto un varco e immesso ossigeno per il paziente).

Una volta riusciti ad aprire le porte, il malato è spirato addirittura ancora prima di raggiungere il reparto di rianimazione: sarebbe morto anche senza l’incidente all’ascensore? Chi può dirlo.

Il secondo caso ha avuto luogo a Canicattì ed ha visto protagonista un bimbo di poche ore, nato con una grave malformazione cardiaca e bisognoso di un ricovero immediato in una unità neonatale specializzata; i medici hanno interessato l’ospedale di Agrigento, ma ricevendo la risposta che lì non c’era posto; si è pensato allora di portare il bambino all’ospedale di Palermo, ma – a causa della lontananza – si è provveduto a chiedere l’elicottero che si trovava a Messina e che, causa il maltempo, ha impiegato alcune ore per raggiungere Canicattì; appena arrivato il mezzo, il neonato è stato caricato a bordo con la sua cullina, ma non ce l’ha fatta ad arrivare a Palermo.

Anche qui ci chiediamo: è stato fatto tutto il possibile? Perché, vista l’urgenza, non si è scelto Enna invece di Palermo? E poi la domanda conclusiva: era destino oppure no?

La stessa domanda che ci facciamo per un altro bimbo deceduto in modo sospetto all’ospedale di Messina poche ore dopo il primo, assegnando così alla Sicilia il triste primato.

Risaliamo al Nord e precisamente a Bergamo, per la morte di una donna di 33 anni che, dopo due gravidanze interrotte, si è sottoposta ad una laparoscopia esplorativa che, apparentemente, era perfettamente riuscita; dopo qualche giorno la donna ha avuto un malore ed è stata sottoposta ad una nuova operazione che ha evidenziato una perforazione dello stomaco: la morte è sopraggiunta dopo poco per una crisi settica e per una insufficienza renale acuta. Anche in questo caso dobbiamo chiederci se era destino (o come si vuole chiamare) oppure c’è qualcos’altro.

Chiudiamo con un po’ di spirito, narrando quanto accaduto in Inghilterra dove un detenuto (lo chiameremo John), nel 2001 ottenne di cambiare sesso e diventare donna (Jane), il tutto a spese del servizio sanitario nazionale: costo dell’intervento, oltre 22.500 euro e trasferimento in un carcere femminile. Adesso, dopo cinque anni vissuti da donna, un nuovo cambio: desidera ritornare ad essere uomo (cioè John): la risposta è stata che si può fare, ma la sanità britannica non è disposta a pagare un nuovo intervento: la pazienza degli inglesi sembra davvero finita!


lunedì, gennaio 16, 2006

NON CI RESTA CHE PIANGERE 

Ricordate il film “Non ci resta che piangere” diretto dalla coppia Benigni-Troisi e in particolare la gag dei due che si trovano catapultati nel 1400 e, entrando in una città immaginaria incocciano nel gabelliere che gli chiede: “Chi siete? Dove andate? Un fiorino!”; questa frase, sempre uguale, viene pronunciata tre volte, con altrettanti versamenti del fiorino, finché i due lo “mandano a quel paese”.

Auguriamoci che altrettanto succeda al Sindaco di Firenze che – prendendo spunto da quanto già fatto a Stoccolma e a Londra (ma sono altre realtà ed altre organizzazioni) – ha preannunciato un “ticket” per entrare a Firenze da parte di auto guidate da abitanti di altre province che, pare ammontino addirittura al 60% della circolazione; da notare che le province limitrofe sono praticamente attaccate al territorio metropolitano.

Lo scopo dell’amministratore pubblico è il seguente ed è addirittura scandito dallo stesso con una sorta di “proclama”: così ci libereremo di ingorghi e smog; magari ci sarebbe da chiedergli come fanno coloro che abitano fuori città per problemi di pendolarismo ad arrivare sul posto di lavoro, ma anche a questo c’è subito una precisa risposta da parte dell’ineffabile Sindaco: che si usi il treno, il quale con un nuovo marchingegno messo a punto dall’accoppiata Trenitalia/Regione e dal nome “memorario”, ha servizi più efficienti e collega meglio anche le stazioni di quartiere (questo, ovviamente, e a scanso d’equivoci è il pensiero del Sindaco non il mio).

Coloro che proprio debbono usare l’auto potranno al massimo attraversare la città sulle autostrade che la circondano, ma per entrare in città si pagherà un ticket di ingresso che varierà da 1 a 2 euro a volta.

Alcune osservazioni dell’uomo della strada, partendo proprio da quest’ultima considerazione e cioè l’attraversamento della città attraverso l’autostrada: le obiezioni sarebbero due, la prima riguarda lo smog di tutti questi “nuovi” veicoli che transitano ai fianchi della città: dove si pensa che vada? Forse rimane dentro le auto dei “fuori provincia” che se lo riportano a casa? Seconda considerazione: per fare un piano del genere significa non aver mai usato il raccordo autostradale, altrimenti anche il più sprovveduto si sarebbe accorto che è sempre intasato di veicoli, poiché ormai serve da attraversamento della città anche per i fiorentini e quindi è diventato una sorta di “tangenziale” con in più il normale traffico autostradale.

Parliamo poi dell’utilizzo del treno: sono quasi quotidiane le manifestazioni di protesta di coloro che sono “costretti” ad usare il treno locale per spostamenti a livello regionale; avere in mente di incrementare questo mezzo con altri “pendolari” è semplicemente folle.

Si noti bene che tutti quelli che lo possono usare, già lo fanno, a danno dell’auto, ma c’è una gran massa che non può sia per motivi di orario e sia per motivi di ubicazione.

Comunque sia, credere di risolvere tutti i problemi di smog aumentando le entrate del Comune con multe e balzelli di vario genere non mi sembra utile alla cittadinanza, la quale comincia a mugugnare perché sente che “a bischerata si aggiunge bischerata”.

Ci sarebbe da aggiungere che prima di impostare un piano del genere che prevede il ticket per i “non fiorentini” o ci dedichiamo all’autarchia oppure organizziamo delle strutture alternative alle auto, per esempio trasporti pubblici efficienti, parcheggi scambiatori ai margini della città e altro del genere.

Arrivare e sparare fesserie come quelle che vi ho riportato, mi sa tanto di autoritarismo, lo stesso – a ben vedere – che ha il gabelliere nel film citato all’inizio; ma non dimentichiamo come gli va a finire, viene “mandato a quel paese”: è forse quello che anche il signor Sindaco desidera?


domenica, gennaio 15, 2006

DUE USCITE DI GALERA UN PO' PARTICOLARI 

In questi ultimi tempi ci sono state due uscite di galera, quasi contemporanee, che pur molto dissimili l’una dall’altra, fanno entrambe riflettere; vediamole singolarmente insieme.

La prima è la più clamorosa e riguarda il mancato assassino di Giovanni Paolo II, il turco Ali Agca, che dopo aver trascorso circa 19 anni in Italia, venne consegnato alle autorità turche perché scontasse in quelle carceri un ergastolo che gli era stato comminato per l’omicidio di un giornalista: il killer turco ha beneficiato, caso più unico che raro, di ben due “grazie”, la prima ricevuta in Italia nel 2000 e la seconda in Turchia, ricevuta adesso, in maniera un po’ sospetta: si pensi che il Ministro della Giustizia ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale per questa concessione.

Comunque sia, l’ex “Lupo Grigio” è adesso in libertà e, se escludiamo un contenzioso con l’esercito turco per renitenza alla leva, possiamo considerarlo un uomo libero; addirittura sembra che sia riuscito a far perdere le tracce

Indubbiamente è un “personaggio”, alcune delle immagini diventate simbolo del secolo lo hanno come protagonista ( il momento dello sparo in Piazza S.Pietro, l’incontro in carcere con il Papa), ma oltre a questo si è distinto anche per alcune dichiarazioni scandalosamente e sfacciatamente menzognere, come quando durante il processo per il tentato omicidio del Papa, sollecitato dal Giudice Santiapichi a mostrare la sua esatta figura storica (cioè chi c’è dietro di lui) egli ebbe a ribattere che “era la reincarnazione di Gesù Cristo”.

Lo facesse chiunque di noi si guadagnerebbe il manicomio, ma Ali era talmente conosciuto come un furbo di tre cotte che la magistratura non diede seguito a queste dichiarazioni; l’ineffabile turco, dopo aver fatto sapere di conoscere benissimo “il terzo segreto di Fatima”, fece sapere anche che era al corrente del luogo dove veniva tenuta prigioniera la giovane Emanuela Orlandi, rapita nel bel mezzo dello Stato della Città del Vaticano e la cui vicenda, secondo lui, era intrecciata alla sua.

Il Santo Padre, in una conversazione poco prima della sua morte, avvalorò la tesi che dietro Agca c’era il KGB, in quello che lui stesso definì “uno degli ultimi singulti di un regime morente”: nessuno è riuscito a sapere qualcosa dall’interessato che ha sempre giocato tra menzogne e mezze affermazioni di verità.

Il secondo “liberato” dalle prigioni è il prof. Carlo Cremonini, condannato a 30 anni di reclusione per il duplice omicidio avvenuto nel 1992 di una vicina di casa e del di lei figlio, avvenuta come suol dirsi “per futili motivi”, cioè perché infastidito dai rumori che provenivano dall’appartamento delle vittime che abitavano al piano di sopra di quello dell’omicida; in appello il verdetto venne modificato in quanto l’imputato fu riconosciuto “pazzo” e quindi non punibile e pertanto fu condannato a 10 anni di cure da effettuarsi nel manicomio giudiziale di Castiglione delle Siviere; adesso vive in una residenza protetta vicino a Pordenone e – se non ci saranno controindicazioni – sarà libero di gestire le sue giornate.

L’omicida al processo ebbe a dichiarare che gli dispiaceva di non avere sterminato l’intera famiglia e quindi i superstiti – il marito della donna uccisa e la figlia – vivono nel terrore e non osano uscire di casa per paura di incontrare il “pazzo” che viene a completare il lavoro.

Auguriamoci che coloro che dovevano controllare abbiano controllato bene e che non succeda qualche fatto increscioso, ma poiché ne sono successi tanti, come fare a stare tranquilli?? I due superstiti della strage del 1992 vivono nel terrore; come dar loro torto, specie visti i precedenti accaduti varie volte in Italia!!


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