venerdì, agosto 25, 2006
ZIBALDONE N. 8/2006
Interrompo il mio dire circa l’integrazione o meno degli extracomunitari e ritorno ad affrontare argomenti in apparenza più leggeri, ma in realtà altrettanto delicati; per questo ho costruito uno zibaldone nel quale racchiudo tre argomenti che mi hanno colpito in qualche modo in questi ultimi tempi.
Il PRIMO argomento riguarda la vicenda degli ostaggi catturati dai predoni nigeriani: si tratta di due italiani che si sono offerti volontari al posto degli altri 19 componenti il numeroso gruppo che ha affrontato il pericoloso viaggio; già, pericoloso, così pericoloso che il nostro Ministero degli Esteri sconsiglia i nostri compatrioti a intraprendere il viaggio, ma – chiaramente – non può impedire loro di andarci.
Ma mi sorge spontanea una domanda: perché dovremmo tutti preoccuparci per questi signori che non hanno voluto ascoltare i consigli di chi ne sa più di loro?
Evidentemente si considerano più furbi, più intelligenti dei funzionari del ministero che hanno emanato il divieto: e questo è il risultato, con l’aggiunta che se le nostre autorità non mettono in campo tutte le potenzialità per liberarli, c’è anche da essere criticati ed anche molto pesantemente!!
Il SECONDO argomento si riferisce all’uscita – infelice, o meglio, provocatoria – dell’ineffabile Blatter, Presidente della FIFA (l’ente internazionale che regola il calcio), che si è rivolto alle nostre autorità calcistiche facendo il seguente discorso (grosso modo): se la Juventus insiste nell’adire la giustizia ordinaria (il TAR) io sbatto l’Italia fuori da tutti i tornei, compreso quelli riservati alle squadre nazionali.
Ora, questo signore non si rende conto che il mondo sta cambiando e che parlare di “clausola compromissoria” tra squadre quotate in borsa è follia pura.
Con la mia fiorentinità credo di essere al di sopra di ogni sospetto di partigianeria juventina, ma trovo superato dai tempi l’obbligo che ha una qualsiasi squadra di adire soltanto i gradi di giudizio sportivi; non ci dimentichiamo che la prima volta che una entità sportiva – il calciatore Bosman – si rivolse alla giustizia ordinaria (quella europea per la precisione), smantellò tutto l’ordinamento calcistico, mandando in pensione il vecchio e superato concetto di “giocatore vincolato alla squadra XY”; e non si dimentichi il buon Blatter che l’avvocato che difende la Juve è lo stesso che difese Bosman, cioè il francese Dupont.
Il TERZO argomento è rivolto al solerte ministro Bersani, paladino delle liberalizzazioni e contiene una indicazione operativa: si è reco conto che la categoria degli editori specializzati nel libri scolastici è una vera e propria casta, della quale non possiamo fare assolutamente a meno (a differenza dei taxisti)? Si è reso conto il signor ministro che questi libri costano una fortuna (nessuno meno di 35 euro) e che il loro acquisto rappresenta un vero e proprio salasso per i genitori dei ragazzi che studiano? E dobbiamo aggiungere che – a differenza di altre forme di caste commerciali – questa può vantare una magnifica accoppiata composta dai professori – che li prescrivono - e dagli editori specializzati – che li stampano.
Credo che un intervento su questo salasso obbligatorio non sarebbe mal visto dal popolo della brava gente che cerca di accoppiare il pranzo con la cena e non sempre ci riesce; questo è quel popolo che non è molto interessato al costo di una corsa in taxi e neppure alla parcella del notaio per la vendita dell’auto, essendo entrambe le operazioni così sporadiche da non rappresentare un costo insopportabile, mentre i libri scolastici ci sono ogni anno.
Il PRIMO argomento riguarda la vicenda degli ostaggi catturati dai predoni nigeriani: si tratta di due italiani che si sono offerti volontari al posto degli altri 19 componenti il numeroso gruppo che ha affrontato il pericoloso viaggio; già, pericoloso, così pericoloso che il nostro Ministero degli Esteri sconsiglia i nostri compatrioti a intraprendere il viaggio, ma – chiaramente – non può impedire loro di andarci.
Ma mi sorge spontanea una domanda: perché dovremmo tutti preoccuparci per questi signori che non hanno voluto ascoltare i consigli di chi ne sa più di loro?
Evidentemente si considerano più furbi, più intelligenti dei funzionari del ministero che hanno emanato il divieto: e questo è il risultato, con l’aggiunta che se le nostre autorità non mettono in campo tutte le potenzialità per liberarli, c’è anche da essere criticati ed anche molto pesantemente!!
Il SECONDO argomento si riferisce all’uscita – infelice, o meglio, provocatoria – dell’ineffabile Blatter, Presidente della FIFA (l’ente internazionale che regola il calcio), che si è rivolto alle nostre autorità calcistiche facendo il seguente discorso (grosso modo): se la Juventus insiste nell’adire la giustizia ordinaria (il TAR) io sbatto l’Italia fuori da tutti i tornei, compreso quelli riservati alle squadre nazionali.
Ora, questo signore non si rende conto che il mondo sta cambiando e che parlare di “clausola compromissoria” tra squadre quotate in borsa è follia pura.
Con la mia fiorentinità credo di essere al di sopra di ogni sospetto di partigianeria juventina, ma trovo superato dai tempi l’obbligo che ha una qualsiasi squadra di adire soltanto i gradi di giudizio sportivi; non ci dimentichiamo che la prima volta che una entità sportiva – il calciatore Bosman – si rivolse alla giustizia ordinaria (quella europea per la precisione), smantellò tutto l’ordinamento calcistico, mandando in pensione il vecchio e superato concetto di “giocatore vincolato alla squadra XY”; e non si dimentichi il buon Blatter che l’avvocato che difende la Juve è lo stesso che difese Bosman, cioè il francese Dupont.
Il TERZO argomento è rivolto al solerte ministro Bersani, paladino delle liberalizzazioni e contiene una indicazione operativa: si è reco conto che la categoria degli editori specializzati nel libri scolastici è una vera e propria casta, della quale non possiamo fare assolutamente a meno (a differenza dei taxisti)? Si è reso conto il signor ministro che questi libri costano una fortuna (nessuno meno di 35 euro) e che il loro acquisto rappresenta un vero e proprio salasso per i genitori dei ragazzi che studiano? E dobbiamo aggiungere che – a differenza di altre forme di caste commerciali – questa può vantare una magnifica accoppiata composta dai professori – che li prescrivono - e dagli editori specializzati – che li stampano.
Credo che un intervento su questo salasso obbligatorio non sarebbe mal visto dal popolo della brava gente che cerca di accoppiare il pranzo con la cena e non sempre ci riesce; questo è quel popolo che non è molto interessato al costo di una corsa in taxi e neppure alla parcella del notaio per la vendita dell’auto, essendo entrambe le operazioni così sporadiche da non rappresentare un costo insopportabile, mentre i libri scolastici ci sono ogni anno.
giovedì, agosto 24, 2006
SMETTIAMO DI PARLARE DI INTEGRAZIONE
Un amico – non lo conosco personalmente, ma il semplice fatto che legga i miei post me lo fa considerare tale – ha commentato un mio intervento sull’integrazione degli extracomunitari, affermando, testualmente “…ci sono milioni di immigrati che lavorano come bestie qui per farci comprare i pelati a 2 lire…”.
Ho trovato tanto interessante e calzante questo commento che ho deciso di utilizzarlo come protagonista del mio attuale post; dobbiamo fare, però, un piccolo passo indietro, a quando io, più volte, ho denunciato che l’arrivo di questi disgraziati rappresenta nient’altro che una forma surrettizia di “schiavismo”: e mi spiego.
In piena globalizzazione, dove l’imperativo principale è quello di far costare poco alcuni prodotti per renderli similari – almeno economicamente – a quelli prodotti da paesi sottosviluppati, si è colpito principalmente il famigerato costo del lavoro, abbassandolo in maniera talmente violenta che i lavoratori italiani non lo hanno più accettato.
A questo punto si doveva trovare chi sostituisse – per le classiche due lire – i nostri lavoratori (braccianti, manovali, ecc) e, anziché partire con un veliero e bordeggiare le coste dell’Africa alla ricerca di giovani da catturare come schiavi, abbiamo preferito aspettare che questi venissero da soli, allettati da immagini di città opulente, piene di vetrine ricolme di lustrini e di cose buone, di cibi prelibati e di bei vestiti da indossare.
L’immagine di una sedia, si sa, non è una sedia, così come l’immagine delle nostre città non è la realtà che c’è nelle nostre città; ormai però il passo è stato fatto, la traversata effettuata, lo sbarco anche, documenti o non documenti, i disgraziati sono nella sospirata Italia e si ritrovano….a raccattare pomodori nelle assolate campagne del napoletano, con dei salari appena sufficienti a sopravvivere.
Se questo spaccato è vero – ed è vero, dovete concedermelo – come si può ragionare di “integrazione” e di altre balle del genere; anzitutto questi poveretti arrivano da noi e fanno la fame, non hanno gli stessi diritti dei nostri operai, non hanno voce in capitolo in niente che li riguardi.
E poi, “grande madre di tutte le diversità”, c’è la differenza religiosa che per alcuni di loro – quelli mussulmani – ha la preminenza su ogni altra forma impositiva; la religione impone il velo e lo Stato vorrebbe le donne a viso scoperto? La religione ha ragione e lo Stato torto; come possono comprendere che la religione qui da noi dice altre cose e che queste sono in sintonia con quelle sostenute dallo Stato? Forse i figli dei figli, forse i figli dei figli dei figli: insomma dobbiamo arrivare almeno alla terza generazione nata in Italia per riuscire a intendersi dando il giusto rispetto alle religioni – ma solo il rispetto!! – e seguendo invece i principi che lo Stato, cioè tutti noi, emana per la convivenza civile di tutta la gente.
Qualcuno mi dirà che in mezzo a loro c’è una minoranza abbastanza importante che riesce a condurre una vita che – almeno sotto il profilo materiale – è molto simile alla nostra: dovremmo esaminare queste situazioni caso per caso e ci troveremmo di fronte a grosse, grossissime sorprese, non tutte piacevoli, perché nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di gente che ha optato per la delinquenza (droga, prostituzione, terrorismo, ecc) ed allora ha trovato il modo di riempirsi la pancia, ma svendendo a poco prezzo dignità e umanità; se ci fate caso questo iter ha molti lati similari a quello che è avvenuto in America per i nostri emigranti dell’inizio secolo. L’unica differenza è la scarsa considerazione che aveva per noi italiani la religione cattolica, al di là delle feste rionali e delle manifestazioni pubbliche nelle quali era gioco forza fare bella mostra di “credenza”.
Ho trovato tanto interessante e calzante questo commento che ho deciso di utilizzarlo come protagonista del mio attuale post; dobbiamo fare, però, un piccolo passo indietro, a quando io, più volte, ho denunciato che l’arrivo di questi disgraziati rappresenta nient’altro che una forma surrettizia di “schiavismo”: e mi spiego.
In piena globalizzazione, dove l’imperativo principale è quello di far costare poco alcuni prodotti per renderli similari – almeno economicamente – a quelli prodotti da paesi sottosviluppati, si è colpito principalmente il famigerato costo del lavoro, abbassandolo in maniera talmente violenta che i lavoratori italiani non lo hanno più accettato.
A questo punto si doveva trovare chi sostituisse – per le classiche due lire – i nostri lavoratori (braccianti, manovali, ecc) e, anziché partire con un veliero e bordeggiare le coste dell’Africa alla ricerca di giovani da catturare come schiavi, abbiamo preferito aspettare che questi venissero da soli, allettati da immagini di città opulente, piene di vetrine ricolme di lustrini e di cose buone, di cibi prelibati e di bei vestiti da indossare.
L’immagine di una sedia, si sa, non è una sedia, così come l’immagine delle nostre città non è la realtà che c’è nelle nostre città; ormai però il passo è stato fatto, la traversata effettuata, lo sbarco anche, documenti o non documenti, i disgraziati sono nella sospirata Italia e si ritrovano….a raccattare pomodori nelle assolate campagne del napoletano, con dei salari appena sufficienti a sopravvivere.
Se questo spaccato è vero – ed è vero, dovete concedermelo – come si può ragionare di “integrazione” e di altre balle del genere; anzitutto questi poveretti arrivano da noi e fanno la fame, non hanno gli stessi diritti dei nostri operai, non hanno voce in capitolo in niente che li riguardi.
E poi, “grande madre di tutte le diversità”, c’è la differenza religiosa che per alcuni di loro – quelli mussulmani – ha la preminenza su ogni altra forma impositiva; la religione impone il velo e lo Stato vorrebbe le donne a viso scoperto? La religione ha ragione e lo Stato torto; come possono comprendere che la religione qui da noi dice altre cose e che queste sono in sintonia con quelle sostenute dallo Stato? Forse i figli dei figli, forse i figli dei figli dei figli: insomma dobbiamo arrivare almeno alla terza generazione nata in Italia per riuscire a intendersi dando il giusto rispetto alle religioni – ma solo il rispetto!! – e seguendo invece i principi che lo Stato, cioè tutti noi, emana per la convivenza civile di tutta la gente.
Qualcuno mi dirà che in mezzo a loro c’è una minoranza abbastanza importante che riesce a condurre una vita che – almeno sotto il profilo materiale – è molto simile alla nostra: dovremmo esaminare queste situazioni caso per caso e ci troveremmo di fronte a grosse, grossissime sorprese, non tutte piacevoli, perché nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di gente che ha optato per la delinquenza (droga, prostituzione, terrorismo, ecc) ed allora ha trovato il modo di riempirsi la pancia, ma svendendo a poco prezzo dignità e umanità; se ci fate caso questo iter ha molti lati similari a quello che è avvenuto in America per i nostri emigranti dell’inizio secolo. L’unica differenza è la scarsa considerazione che aveva per noi italiani la religione cattolica, al di là delle feste rionali e delle manifestazioni pubbliche nelle quali era gioco forza fare bella mostra di “credenza”.
mercoledì, agosto 23, 2006
SEMPRE A PROPOSITO DI INTEGRAZIONE
Vorrei continuare a dissertare sul concetto di “integrazione”, tante volte usato per gli extracomunitari che arrivano nel nostro Paese; il termine è ambiguo, addirittura anche la definizione che ne dà il Devoto-Oli non è chiarissima: incorporazione di una certa entità in una società, con l’esclusione di qualsiasi discriminazione razziale”.
Come si può vedere all’interno della definizione ci sono due realtà che quasi formano un ossimoro: da una parte si parla di “incorporazione” e quindi di un qualcosa che viene conquistato, mentre dall’altra si escludono discriminazioni razziali, cioè si consentirebbe a questa entità di mantenere le proprie caratteristiche antropologiche.
Ma andiamo avanti, sia pure tenendo presente che anche la definizione classica è di difficile attuazione; allora, da una parte abbiamo quella gran massa di extracomunitari che – arrivati in Italia per vie traverse – sono portati dalla condizione sociale oppure dall’indole specifica, a delinquere; dall’altra abbiamo l’altra faccia della medaglia che è rappresentata dai “disperati” che sempre più numerosi approdano sulle nostre spiagge siciliane, incuranti delle morti e dei patimenti, pronti a tutti pur di scappare alle tragiche condizioni di vita che hanno nei loro paesi.
A proposito di questi ultimi, si dice in giro che il maggiore afflusso di barconi fatiscenti carichi di disperati, sia dovuto alle reclamizzate diverse condizioni che il governo dell’Unione avrebbe posto in essere a proposito degli extracomunitari: mi sembra logico e naturale che questi disgraziati affluiscano dove è più facile approdare; certo che il “sinistrorso” (o presunto tale) Zapatero ha dato una bella dimostrazione al contrario, sbarrando totalmente il proprio paese all’arrivo dei magrebini e, addirittura, sparando su coloro che osano infrangere questa normativa (ci sono stati già diversi morti, ma i nostri giornali, intrisi di sinistrese, non ne parlano).
Cosa dobbiamo fare? Come dobbiamo comportarci per fare il nostro dovere di esseri umani?
Aprire completamente a tutti non avrebbe senso perché creerebbe dei problemi di difficile soluzione sia per noi che per coloro che stanno arrivando: questo perché è indispensabile che un paese si dia una qualche forma di accoglienza in modo da integrare questi esseri umani con gli altri esseri umani che già si trovano stanziati.
È come andare a pranzo in casa di qualcuno: se questo qualcuno ci ha invitato avrà anche predisposto un pasto degno dell’evento, ma se noi ci arriviamo all’improvviso, senza che il o la padrona di casa ne sappia niente, non troveremmo da mangiare che pane secco e qualche crosta muffita di formaggio.
E allora come fare per entrare in sintonia tra chi desidera essere invitato e chi desidera invitare?
Dovrebbe essere compito dell’intera comunità europea organizzare questo incontro, ma visto come si stanno comportando a proposito del Libano, credo che siano delle pie illusioni sperare in loro (io sono sempre stato scettico, me ne darete atto!).
Comunque ne riparleremo a breve, anche se dalla settimana proissima ci lasciamo per una diecina di giorni, dato che, come ogni anno, mi reco a Venezia per seguire la Mostra del Cinerma..
Come si può vedere all’interno della definizione ci sono due realtà che quasi formano un ossimoro: da una parte si parla di “incorporazione” e quindi di un qualcosa che viene conquistato, mentre dall’altra si escludono discriminazioni razziali, cioè si consentirebbe a questa entità di mantenere le proprie caratteristiche antropologiche.
Ma andiamo avanti, sia pure tenendo presente che anche la definizione classica è di difficile attuazione; allora, da una parte abbiamo quella gran massa di extracomunitari che – arrivati in Italia per vie traverse – sono portati dalla condizione sociale oppure dall’indole specifica, a delinquere; dall’altra abbiamo l’altra faccia della medaglia che è rappresentata dai “disperati” che sempre più numerosi approdano sulle nostre spiagge siciliane, incuranti delle morti e dei patimenti, pronti a tutti pur di scappare alle tragiche condizioni di vita che hanno nei loro paesi.
A proposito di questi ultimi, si dice in giro che il maggiore afflusso di barconi fatiscenti carichi di disperati, sia dovuto alle reclamizzate diverse condizioni che il governo dell’Unione avrebbe posto in essere a proposito degli extracomunitari: mi sembra logico e naturale che questi disgraziati affluiscano dove è più facile approdare; certo che il “sinistrorso” (o presunto tale) Zapatero ha dato una bella dimostrazione al contrario, sbarrando totalmente il proprio paese all’arrivo dei magrebini e, addirittura, sparando su coloro che osano infrangere questa normativa (ci sono stati già diversi morti, ma i nostri giornali, intrisi di sinistrese, non ne parlano).
Cosa dobbiamo fare? Come dobbiamo comportarci per fare il nostro dovere di esseri umani?
Aprire completamente a tutti non avrebbe senso perché creerebbe dei problemi di difficile soluzione sia per noi che per coloro che stanno arrivando: questo perché è indispensabile che un paese si dia una qualche forma di accoglienza in modo da integrare questi esseri umani con gli altri esseri umani che già si trovano stanziati.
È come andare a pranzo in casa di qualcuno: se questo qualcuno ci ha invitato avrà anche predisposto un pasto degno dell’evento, ma se noi ci arriviamo all’improvviso, senza che il o la padrona di casa ne sappia niente, non troveremmo da mangiare che pane secco e qualche crosta muffita di formaggio.
E allora come fare per entrare in sintonia tra chi desidera essere invitato e chi desidera invitare?
Dovrebbe essere compito dell’intera comunità europea organizzare questo incontro, ma visto come si stanno comportando a proposito del Libano, credo che siano delle pie illusioni sperare in loro (io sono sempre stato scettico, me ne darete atto!).
Comunque ne riparleremo a breve, anche se dalla settimana proissima ci lasciamo per una diecina di giorni, dato che, come ogni anno, mi reco a Venezia per seguire la Mostra del Cinerma..
martedì, agosto 22, 2006
INTEGRAZIONE O RIEDUCAZIONE ?
In questi ultimi giorni (pochi, al massimo dieci) si sono verificate una serie di violenze che hanno visto per protagonisti degli extracomunitari; è ovvio che i giornalisti (di ogni colore e orientamento) ci hanno inzuppato il pane e hanno dato la stura a tutta una serie di congetture; ma andiamo con ordine e vediamo questi fatti incresciosi e come sono stati presentati dai mess media.
Il primo (non in ordine di tempo) ha avuto luogo a Foggia e vede protagonista un 52enne rumeno che ha tentato di rapire una bambina di sei anni; l’atto delittuoso è stato sventato dal padre della piccola e da un carabiniere prontamente aggiunto: tutti i giornali hanno titolato che il bieco extracomunitario aveva tentato il rapimento della bambina per usarle violenza, dato che…non ci poteva essere altra spiegazione.
Il secondo si è svolto a Chieti, dove una ragazzina di appena 17 anni è stata violentata nel bagno di una discoteca, da parte di un algerino suo coetaneo.
Il terzo ha visto come protagonista una infermiera milanese 40enne che alle sei del mattino esce di casa e si dirige alla fermata del tram per raggiungere il proprio luogo di lavoro; mentre sta aspettando l’arrivo del mezzo pubblico, viene avvicinata da un marocchino che la trascina poco lontano e, tra i cespugli la violenta ripetutamente per quasi un’ora.
Il quarto ha avuto come protagonista il pittore Bresciani che è stato barbaramente ucciso nella sua casa da un magrebino che aveva fatto entrare: non si parla di cosa c’era andato a fare, perché non sta bene dire queste cose, ma appare chiaro che si tratta di sesso.
Il quinto si è svolto a Brescia, in una Chiesa, dove il sagrestano, di origine cingalese – un giovane soprannominato Camillo – ha ucciso e tentato di occultarne il cadavere, una ragazza di appena 23 anni: in questo caso sembra che il sesso non c’entri, in quanto l’assassino ha ammesso il delitto ma ha solo affermato di avere perso la testa e sul cadavere non sembra ci siano tracce di violenza.
L’ultimo della serie è quello che riguarda Hina, la giovane pakistana uccisa e sepolta dal padre perché accusata di tenere un comportamento “troppo occidentale”: su questo caso stanno uscendo delle novità a dir poco sconcertanti (se confermate); sembra che la ragazza avesse fatto in passato ben tre denunce nei confronti del padre, accusandolo di umiliazioni, percosse, minacce e addirittura di tentativi incestuosi: chiaro che se tutto questo fosse confermato, la vicenda assumerebbe tutto un altro aspetto. A proposito, dimenticavo di dire che tutte e tre le denunce sono state ritirate dalla ragazzina, ma coloro che le hanno ricevuto forse avrebbero fatto bene ad indagarci un po’ sopra.
Con tutti questi accadimenti, con tutto questo sesso gettato in pasto alla gente, si riaffaccia il discorso sull’integrazione degli extracomunitari, se cioè questo debba contenere una sorta di rieducazione, o meglio una specie di lavaggio del cervello per questi emigranti ai quali si vorrebbe cancellare tutto il passato ed immettere loro tutta la nostra “civiltà”.
È un discorso lungo che forse riprenderemo meglio in un prossimo futuro, ma per adesso sono fermo nel giudicare inattuabile (e forse anche immorale) un piano del genere; forse dopo tre generazioni si raggiungerà una qualche integrazione, ma anche in questo caso, il passato ritorna: guardate come è tornato nelle menti e nei cuori dei pakistani accusati del complotto londinese!!
Il primo (non in ordine di tempo) ha avuto luogo a Foggia e vede protagonista un 52enne rumeno che ha tentato di rapire una bambina di sei anni; l’atto delittuoso è stato sventato dal padre della piccola e da un carabiniere prontamente aggiunto: tutti i giornali hanno titolato che il bieco extracomunitario aveva tentato il rapimento della bambina per usarle violenza, dato che…non ci poteva essere altra spiegazione.
Il secondo si è svolto a Chieti, dove una ragazzina di appena 17 anni è stata violentata nel bagno di una discoteca, da parte di un algerino suo coetaneo.
Il terzo ha visto come protagonista una infermiera milanese 40enne che alle sei del mattino esce di casa e si dirige alla fermata del tram per raggiungere il proprio luogo di lavoro; mentre sta aspettando l’arrivo del mezzo pubblico, viene avvicinata da un marocchino che la trascina poco lontano e, tra i cespugli la violenta ripetutamente per quasi un’ora.
Il quarto ha avuto come protagonista il pittore Bresciani che è stato barbaramente ucciso nella sua casa da un magrebino che aveva fatto entrare: non si parla di cosa c’era andato a fare, perché non sta bene dire queste cose, ma appare chiaro che si tratta di sesso.
Il quinto si è svolto a Brescia, in una Chiesa, dove il sagrestano, di origine cingalese – un giovane soprannominato Camillo – ha ucciso e tentato di occultarne il cadavere, una ragazza di appena 23 anni: in questo caso sembra che il sesso non c’entri, in quanto l’assassino ha ammesso il delitto ma ha solo affermato di avere perso la testa e sul cadavere non sembra ci siano tracce di violenza.
L’ultimo della serie è quello che riguarda Hina, la giovane pakistana uccisa e sepolta dal padre perché accusata di tenere un comportamento “troppo occidentale”: su questo caso stanno uscendo delle novità a dir poco sconcertanti (se confermate); sembra che la ragazza avesse fatto in passato ben tre denunce nei confronti del padre, accusandolo di umiliazioni, percosse, minacce e addirittura di tentativi incestuosi: chiaro che se tutto questo fosse confermato, la vicenda assumerebbe tutto un altro aspetto. A proposito, dimenticavo di dire che tutte e tre le denunce sono state ritirate dalla ragazzina, ma coloro che le hanno ricevuto forse avrebbero fatto bene ad indagarci un po’ sopra.
Con tutti questi accadimenti, con tutto questo sesso gettato in pasto alla gente, si riaffaccia il discorso sull’integrazione degli extracomunitari, se cioè questo debba contenere una sorta di rieducazione, o meglio una specie di lavaggio del cervello per questi emigranti ai quali si vorrebbe cancellare tutto il passato ed immettere loro tutta la nostra “civiltà”.
È un discorso lungo che forse riprenderemo meglio in un prossimo futuro, ma per adesso sono fermo nel giudicare inattuabile (e forse anche immorale) un piano del genere; forse dopo tre generazioni si raggiungerà una qualche integrazione, ma anche in questo caso, il passato ritorna: guardate come è tornato nelle menti e nei cuori dei pakistani accusati del complotto londinese!!
domenica, agosto 20, 2006
DUE IMMAGINI INQUIETANTI
Anziché le solite notizie di stampa, questa volta vorrei proporre ai miei lettori, due immagini che sono apparse con molta ridondanza sui nostri quotidiani e sui telegiornali di maggiore ascolto.
La prima, la più “celebre”, si riferisce al nostro Ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, ripreso mentre visita la zona meridionale di Beirut (quella più bombardata) a braccetto del suo omologo libanese, Fawzi Saloukh, e di un dirigente di hezbollak, la fazione islamica che ha causato l’inizio dei combattimenti con Israele e che continua a non voler riconoscere allo stesso Israele il “diritto all’esistenza”.
Nelle cancellerie occidentali, ma in particolare tra i partiti italiani, si è stigmatizzato che un Ministro degli Esteri andasse a braccetto con un dirigente terrorista, ma a tutte queste eccezioni, vorrei fornire la mia “versione”: anzitutto, quando D’Alema si è diretto verso la parte meridionale di Beirut (verosimilmente guidato dal Ministro degli Esteri libanese) e si è trovato a fianco l’alto esponente di hezbollak, cosa avrebbe potuto fare? Forse abbatterlo con una gomitata allo stomaco seguita da un uppercut al mento? Oppure chiedere platealmente che il signore si guardasse bene dal toccarlo?
C’è da notare che l’esponente hezbollak non è Bin Laden, cioè non è un terrorista che fugge per le montagne, ma un esponente di una fazione politica che per distruggere Israele ammette anche il terrorismo, ma questa stessa fazione è presente in alto numero nel Parlamento libanese, segno che sono stati in molti a votarla.
Secondo aspetto: se notate bene la foto e le riprese televisive, D’Alema tiene le braccia lungo il corpo e quindi in pratica scongiura un “a braccetto” come si deve, ma sembrerebbe più l’atteggiamento di un “condannato che viene condotto verso il patibolo” (lo so bene che così non è, ma mi limito a leggere l’immagine che mi viene proposta).
L’altra immagine che mi ha incuriosito (e un po’ inquietato) è quella che riprende l’uccisione – nel campo profughi di Jenin, tristemente celebre per i massacri israeliani – di un palestinese accusato di collaborazionismo con Israele; l’uomo (un giovane di appena 21 anni) è stato ucciso con una raffica di mitra, dopodiché la folla che circonda il luogo dell’esecuzione ha iniziato a prendere a pedate il corpo – ormai senza vita – del disgraziato giovane; in questa barbara attività si è distinto un giovane con una maglietta nera ed un paio di jeans, che si è accanito con pugni e calci nei confronti della povera salma, il tutto a volto scoperto.
Perché ho voluto precisare che era a volto scoperto? Ma perché tutta la scena, dall’esecuzione al linciaggio “post mortem” veniva ripresa da un nugolo di giovani che utilizzava i propri cellulari con la videocamera incorporata, aggeggi che dalle nostre parti si avvicinano e a volte superano i cinquecento euro.
E allora mi domando: ma come gli aiuti che copiosamente l’occidente invia ai palestinesi vengono utilizzati per acquistare l’oggetto che è il simbolo dell’occidente? E poi, ma come sono tutti vestiti bene coloro che assistono all’esecuzione, sembrano usciti da una palestra romana o parigina o londinese.
E allora continuo a chiedermi: ma gli aiuti umanitari dell’occidente come vengono utilizzati, forse per cellulari prestigiosi e per jeans e magliette griffate?
La prima, la più “celebre”, si riferisce al nostro Ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, ripreso mentre visita la zona meridionale di Beirut (quella più bombardata) a braccetto del suo omologo libanese, Fawzi Saloukh, e di un dirigente di hezbollak, la fazione islamica che ha causato l’inizio dei combattimenti con Israele e che continua a non voler riconoscere allo stesso Israele il “diritto all’esistenza”.
Nelle cancellerie occidentali, ma in particolare tra i partiti italiani, si è stigmatizzato che un Ministro degli Esteri andasse a braccetto con un dirigente terrorista, ma a tutte queste eccezioni, vorrei fornire la mia “versione”: anzitutto, quando D’Alema si è diretto verso la parte meridionale di Beirut (verosimilmente guidato dal Ministro degli Esteri libanese) e si è trovato a fianco l’alto esponente di hezbollak, cosa avrebbe potuto fare? Forse abbatterlo con una gomitata allo stomaco seguita da un uppercut al mento? Oppure chiedere platealmente che il signore si guardasse bene dal toccarlo?
C’è da notare che l’esponente hezbollak non è Bin Laden, cioè non è un terrorista che fugge per le montagne, ma un esponente di una fazione politica che per distruggere Israele ammette anche il terrorismo, ma questa stessa fazione è presente in alto numero nel Parlamento libanese, segno che sono stati in molti a votarla.
Secondo aspetto: se notate bene la foto e le riprese televisive, D’Alema tiene le braccia lungo il corpo e quindi in pratica scongiura un “a braccetto” come si deve, ma sembrerebbe più l’atteggiamento di un “condannato che viene condotto verso il patibolo” (lo so bene che così non è, ma mi limito a leggere l’immagine che mi viene proposta).
L’altra immagine che mi ha incuriosito (e un po’ inquietato) è quella che riprende l’uccisione – nel campo profughi di Jenin, tristemente celebre per i massacri israeliani – di un palestinese accusato di collaborazionismo con Israele; l’uomo (un giovane di appena 21 anni) è stato ucciso con una raffica di mitra, dopodiché la folla che circonda il luogo dell’esecuzione ha iniziato a prendere a pedate il corpo – ormai senza vita – del disgraziato giovane; in questa barbara attività si è distinto un giovane con una maglietta nera ed un paio di jeans, che si è accanito con pugni e calci nei confronti della povera salma, il tutto a volto scoperto.
Perché ho voluto precisare che era a volto scoperto? Ma perché tutta la scena, dall’esecuzione al linciaggio “post mortem” veniva ripresa da un nugolo di giovani che utilizzava i propri cellulari con la videocamera incorporata, aggeggi che dalle nostre parti si avvicinano e a volte superano i cinquecento euro.
E allora mi domando: ma come gli aiuti che copiosamente l’occidente invia ai palestinesi vengono utilizzati per acquistare l’oggetto che è il simbolo dell’occidente? E poi, ma come sono tutti vestiti bene coloro che assistono all’esecuzione, sembrano usciti da una palestra romana o parigina o londinese.
E allora continuo a chiedermi: ma gli aiuti umanitari dell’occidente come vengono utilizzati, forse per cellulari prestigiosi e per jeans e magliette griffate?