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lunedì, agosto 09, 2004

Emergenza sbarchi clandestini 

E’ di ieri l’ennesimo sbarco di clandestini nordafricani sulle coste della Sicilia; mi è sembrato uno dei più cruenti perché dalla Libia alla Sicilia sono partiti in oltre 100 e ben 28 sono morti durante il viaggio e, coloro che sono giunti a destinazione lo hanno fatto in condizioni fisiche veramente pietose.
I mass media ci imbottiscono di informazioni sull’evento e ci danno alcune testimonianze dei disperati che hanno raggiunto l’Italia; una per tutte: un padre è partito in compagnia di un figlioletto che – durante la traversata – è spirato ed è stato costretto a gettarlo in mare, ultima e definitiva tomba per un misero corpicino che forse si meritava qualcosa di più.
Premetto una breve considerazione, dopo di che ci addentriamo nell’argomento: il Padreterno non può restare indifferente a questa massa di dolori, a questa miriade di disperati che scelgono una traversata ad alto rischio pur di abbandonare i loro posti natii; da aggiungere che questi sbarchi della disperazione avvengono in concomitanza delle nostre vacanze, sicché si possono ritrovare ad approdare vicino ad un ombrellone dove una coppia di opulenti coniugi borghesi sta consumando il rituale delle vacanze.
Quindi, se il Padreterno valuterà con la consueta giustezze ed equilibrio i pro e i contro dei clandestini, da una parte, e della coppia borghese in vacanza, c’è da aspettarsi qualcosa di interessante!
Ed ora alcune considerazioni, chiarendo che non ho la minima aspirazione a trovare una soluzione (per me non c’è!); allora, andiamo avanti: la prima notazione è che se un numero sempre maggiore di disperati è disposto a qualsiasi rischio pur di abbandonare il loro paese ed approdare nell’”Opulento Occidente”, non ci sono leggi, non ci sono Polizie, non ci sono Marine che possano formarli.
Pensare il contrario è illudersi, sperare cioè che un minimo abbaiare delle nostre forze dell’ordine sia sufficiente a sconfiggere questa tragica corsa all’oro è come credere nelle favole.
I politici poi che cavalcano l’onda dell’intransigenza non sono attendibili: lo fanno soltanto per appagare il proprio elettorato oltranzista, ma anch’essi sanno benissimo che la forza non è affatto sufficiente per fermare questa ondata di disperati.
E allora?
C’è l’altro sistema, cioè quello di andare ad aiutarli nelle loro patrie, in modo da non costringerli ad abbandonarle. Come diceva un saggio, se ti chiedono aiuto, non regalare un pesce ma insegnagli a pescarlo.
Questa soluzione presuppone accordi di collaborazione tra l’Europa (non solo l’Italia) e i vari Paesi che versano in condizioni di estrema indigenza; certo, che tanto per cominciare, queste forme di “aiuto allo sviluppo” dovrebbero procedere in modo diverso da come sono avvenute in un recente passato in cui i soldi restavano in Italia (almeno per l’80%) e venivano divisi tra i vari partiti politici al potere.
Sarebbe quindi opportuno che gli aiuti da inviare ai Paesi in via di sviluppo fossero veramente …inviati e non solo stanziati.
Ma questo, ovviamente, è al di sopra delle forze e delle possibilità dei nostri politici e quindi ho proprio paura che l’ipotesi non sia praticabile.
Forse ci sono altri sistemi, ma io non li conosco! E voi?
Posso concludere con un aforisma, una sorta di preghiera che ho udito in occasione di una mensa: “Signore, Ti ringraziamo per questo cibo, danne anche a chi non ne ha e togline un po’ a chi ne ha o ne vuole troppo”. Che ve ne pare?

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