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sabato, ottobre 16, 2004

Zibaldone n.9 

Gli argomenti che vorrei mischiare in questo zibaldone sono tre, tutti tratti prevalentemente dai telegiornali di oggi.
Il PRIMO si riferisce alla notizia, che ho già trattato, circa la presa di posizione del Preside di una scuola di Avezzano, sulla “opportunità” da parte delle ragazze, di indossare i jeans molto al di sotto della vita e quindi con conseguente vista dell’ombellico (davanti) e dell’inizio del fondoschiena (dietro).
Della vicenda la cosa che più sconcerta è il fatto che in questa civiltà che “brucia” qualsiasi evento in brevissimo tempo, i jeans a vita bassa tengono ancora bellamente le prime posizioni nei più importanti TG.
La cosa è stata ampliata con interviste ai giovani e giovanissimi non solo sulla presa di posizione del Preside ma anche sui loro gusti nel vestire e su come riescono a soddisfarli (con quali soldi).
E qui chiaramente viene fuori la famiglia – se non altro in qualità di sovvenzionatrice delle spese voluttuarie dei figli – ma nessun giornalista si è preso la briga di recarsi da qualche genitore per cercare di capire il rapporto che si instaura con i figli a proposito dei vestiti da indossare. Forse qualcuno l’ha fatto, ma il risultato è stato così deludente che non è stato mandato in onda: la verità è che nella maggioranza delle famiglie italiane (forse mondiali) la famiglia serve per tirare fuori i soldi e basta, poi non ci sono scambi di opinione sulle cose da indossare o sui libri da leggere e cose del genere. Il tutto si muove all’interno di una logica che discende direttamente dalla “moda”, della quale sono intrise entrambe le generazioni (figli e genitori).
Il SECONDO riguarda invece la “passeggiata milanese” del Cavaliere, ovviamente reso euforico per l’approvazione della legge di riforma della Costituzione; fa bene ad essere felice, ma spero si renda conto che ha compiuto solo uno dei quattro passi necessari all’approvazione definitiva.
Comunque, felice come una pasqua e con qualche capello in più rispetto all’ultima volta che i milanesi l’hanno incontrato, il buon Silvio si è aggirato tra la gente a passeggio e ai giornalisti presenti ha detto varie cose, tra le quali la più interessante è che questa è solo una delle 24 riforme che dovranno essere approvate: speriamo che per le altre ci sia meno agitazione in Parlamento.
Durante questa passeggiata, dalla gente che si faceva intorno si è sentito chiaramente un “ladro!”, rivolto al nostro Premier; il giornalista si è affrettato a informarci che il losco e offensivo individuo è già stato denunciato in una precedente occasione. Il Berlusca evidentemente non gradisce, eppure in giornate piovose come oggi, è invalso l’uso di dire “piove, governo ladro!”; quindi siamo in linea con la tradizione.
Il TERZO fatto si riferisce alla odierna minaccia di un certo “Esercito Islamico in Irak” di uccidere tutti gli italiani presenti in quella disgraziata terra, siano essi militari, operatori, imprenditori o comunque civili qualora non se ne vadano tutti alla svelta dal Paese.
Non mi sembra che anche in questo caso ci sia qualcosa di particolarmente originale, in quanto la stessa affermazione è stata fatta diverse volte in precedenza.
L’unica diversità è nella nostra risposta: il Ministro della Difesa ha detto che dopo le elezioni irakene, si potrà valutare l’opportunità di ritirare, almeno in parte, il nostro contingente.
Questa è una bella novità, che mi sembra discenda direttamente dall’eroismo dei nostri politici quando si avvicina l’epoca delle elezioni.
Comunque così va il mondo!

venerdì, ottobre 15, 2004

Impresenziare: nuovi verbi, vecchie logiche 

Location: una stazione di un capoluogo di provincia del nord-ovest; protagonista: io che sono arrivato con quaranta minuti di anticipo e cerco di far passare il tempo.
Girellando qua e là, sul primo binario della stazione, vedo una stanza che ha come indicazione: “Assistenza clienti”; hai visto, mi dico, anche le Ferrovie non ci considerano più come utenti (cioè costretti a usufruire) ma come clienti, persone cioè da assecondare e da tenerne di conto, perché altrimenti non tornano.
Mi avvicino alla porta d’ingresso e dalla medesima esce un signore (faccia di tola, fisico asciutto e ben tenuto, tipico di chi non ha mai fatto niente in vita sua, pantalone bianco immacolato, maglia altrettanto candida, ma con alcune righe multicolori); il signore in questione che cosa combina: applica alla porta un cartellino che recita: “SE L’UFFICIO
E’ IMPRESENZIATO, RIVOLGERSI ALL’UFFICIO INFORMAZIONI”.
Apposto questo capolavoro di lessico e di grammatica, si dirige verso la stanza accanto e si mette beatamente a chiacchierare con un altro signore; dopo alcuni minuti, si stanca anche di stare lì e si dirige verso il Bar, dove prende un caffè; dopo, esce addirittura dalla Stazione e non si vede per alcuni minuti; poi ritorna e riprende a “impresenziare” l’ufficio, ma solo per alcuni secondi, perché un nuovo bisogno lo obbliga a uscire e a dirigersi verso….non so dove, sono stato costretto ad andare a prendere il mio treno, posso solo dire che nella mezzora che sono stato davanti all’Ufficio Assistenza Clienti, il signore sarà stato presente per non più di trenta secondi.
Dopo avere scherzato sul termine “impresenziare” (del resto le Ferrovie sono famose per i verbi strani, ricordate l’obliterare di qualche anno fa?), dobbiamo però fare una qualche riflessione sul signore che non impresenzia manco per niente.
Questo ometto, fa parte della schiera di coloro che al mattino, appena alzati, NON ringraziano Dio e la Madonna per la fortuna che hanno avuto nel trovare un posto di lavoro di questo genere; e dopo colazione NON ringraziano tutti i Santi per essere impiegati in una struttura che gli consente di fare il porco comodo; e prima di uscire di casa NON ringraziano il Padreterno per la sicurezza del posto di lavoro e, soprattutto dello stipendio, per la tutela sindacale che è loro assicurata e tante altre facilitazioni; e, buon ultimo, quando arrivano al lavoro, NON ringraziano Gesù Bambino per avergli trovato un posto di lavoro nel quale il lavoro è solo un modo di dire.
Mi ricorda una frase che viene attribuita, nell’ambiente, ad un giornalista che ad un amico che gli domandava come si trovasse a fare questo mestiere, gli rispose: “fare il giornalista è molto faticoso, lavorare però è un’altra casa, è molto peggio!”.
Fino a qui abbiamo scherzato, ma poi mi viene in mente che, per la serie ride bene chi ride l’ultimo, il signore “impresenziatore”, a quest’ora è bello tranquillo a casa propria, pacioso e ben pasciuto, certo del proprio domani e anche del domani l’altro.
E noi? Noi invece siamo a roderci il fegato, a vedere scene nelle quali per fare un lavoro da una persona ce ne mettono tre e che per mandare avanti questo benedetto Paese non si trova nessuno disposto un po’ a sacrificarsi per il bene di tutti.
E allora? Allora niente, andiamo anche noi a “impresenziare” da qualche parte e buona notte a tutti.
Però riflettiamo gente, riflettiamo!

mercoledì, ottobre 13, 2004

100 omicidi: già permessi premio 

Sulla stampa di oggi, viene confermata una notizia d’Agenzia di ieri che riporta un fatto – a mio avviso – veramente clamoroso: a Giovanni Brusca, coautore della strage di Capaci (uccisione di Falcone), autoaccusatosi di un centinaio di omicidi e, particolare forse più ributtante di tutti, autore della morte e dello “scioglimento” nell’acido solforico del piccolo Giuseppe Di Matteo, 12 anni, unica colpa essere figlio di un pentito di mafia, vengono già concessi permessi premio ogni 45 giorni.
Quindi ogni mese e mezzo, questo signore – la cui unica similitudine è con i delinquenti di Al Qaeda – raggiunge la famiglia (campata lautamente da noi) in una residenza protetta e trascorre il fine settimana con moglie e figli (sempre a nostre spese).
Questo avviene dalla primavera scorsa – io l’ho appreso solo ora – quindi dal 2003; se consideriamo che il brav’uomo è stato arrestato nel 1996, si deduce che ha scontato soltanto sette anni di carcere continuativo.
Ma c’è di più: il suo difensore ha presentato istanza di scarcerazione o, in alternativa, di arresti domiciliari per il suo assistito; la pratica è già stata istruita e – dopo i pareri di alcune Procure – il tutto verrà passato alla Direzione Nazionale Antimafia.
Il tutto, ovviamente fatto “a norma di legge” e con applicazione di regolamenti già in vigore da tempo.
Vorrei essere molto chiaro e, soprattutto non desidero che mi si accusi di demagogia: le sentenze che la magistratura emette sono “IN NOME DEL POPOLO ITALIANO”; le leggi che il Parlamento emana sono “per” il popolo italiano.
Ebbene, quando “il popolo italiano” si arrabbia per questi che appaiono assurdi favoritismi, gli viene ribattuto che si sta solo applicando la legge.
Ma io dico che se “il popolo italiano” rimane sconvolto da queste decisioni e da questa forma di applicazione della legge, mi sembra che il meno che si possa fare è di “CAMBIARE LA LEGGE”, in ossequio ai desiderata del più volte richiamato popolo italiano. E questi cambiamenti farli subito, con la stessa velocità, almeno, che si è usata per la “Cerami” (vero Cavaliere?)
Quando si ha la fortuna di catturare un fior di delinquente come Giovanni Brusca, gli si fa il processo e come condanna gli diamo “carcere a vita”, cioè si mette in galera e si butta via la chiave, come si diceva una volta.
Ma lui si pente e ci permette di arrestare altri delinquenti come lui? Capisco che è un bel dilemma: accettare la collaborazione del delinquente pentito (e ripagarlo in qualche modo), oppure nel caso specifico il richiedente si è macchiato di tali e tanti delitti e così efferati, che non è nemmeno il caso di trattare.
Anche nel caso che venga deciso di considerarlo un “pentito”, come è avvenuto con Brusca, anziché cento ergastoli come si meriterebbe, il nostro delinquente viene condannato “solo” a venti anni di galera (questo è quanto avvenuto al suo processo).
Però non si cominci poi con gli scamotti delle varie leggi e leggine fatte per ben altre persone: il signorino si faccia i suoi venti anni tutti filati e solo trascorso questo termine gli facciamo riabbracciare la famiglia.
Se così non gli va bene, lasciamo perdere ogni collaborazione: lui si tenga le sue informazioni (che raramente portano a qualcosa di positivo) e noi ce lo teniamo in galera; e amici come prima!

martedì, ottobre 12, 2004

La logica dell'informazione militante 

Per l’editore Mursia, Francesco Giorgino che oltre ad essere il noto mezzobusto del TG1 è anche docente alla Sapienza di Roma, pubblica un interessante saggio sulla comunicazione televisiva e giornalistica dal titolo “Dietro la notizia”.
Questo libro – del quale citerò alcuni stralci e che consiglio ai miei lettori – mi serve per alcune affermazioni che porto avanti da tempo e che, nel volume, sia pure in forma indiretta, sono riportate.
Partiamo dal primo di una lunga serie di esempi che l’autore cita: nel febbraio 2004 alcuni giornalisti della Domenica Sportiva intervistano Berlusconi al termine di una partita del Milan (di cui è Presidente Onorario); il fatto che il medesimo sia anche Presidente del Consiglio, fa scatenare il Presidente della RAI, Lucia Annunziata, la quale mette sotto accusa i giornalisti della sua azienda. Si riunisce il CdA della RAI e in quella sede sia i cronisti che il direttore della testata sportiva vengono assolti.
Come avrà reagito l’Annunziata? Per “Il Giornale”: <>; per “L’Unità”: <>.
Questo è un tipico esempio di come a livello meramente informativo, due fonti dissimili per impostazione ideologica, si dividono anche a livello della pura e semplice elencazione dei fatti avvenuti.
Mi spiego meglio: il fatto di come si è comportata l’Annunziata dopo la bocciatura del Cda RAI è uno e uno solo (è quello che si potrebbe definire “la verità”) e per entrambe le testate la verità deve essere una ed una sola; su questa verità fattuale, si innescano poi i commenti che per forza di cose possono, anzi aggiungerei debbono, essere diversi, discendendo dal patrimonio culturale, ideologico e quant’altro divide i due quotidiani.
Il problema è che l’ideologia traspare anche sul fatto concreto e riesce a snaturarlo fino a farlo apparire diverso da quello che è; da ciò scaturisce subito una prima considerazione: per effetto di tale difformità tra le notizie, la sfiducia verso la carta stampata (ma direi anche verso radio e tv) è ormai diventata endemica.
Una volta le notizie che venivano date dai quotidiani o dai telegiornali erano considerate dai fruitori come oro colato – ovviamente a livello puramente informativo – fermo restando che dallo schieramento ideologico delle singole testate scaturiva il diverso commento circa l’evento, aspetto che faceva parte della fase di “comunicazione”. Ma almeno cosa era successo doveva essere uguale per tutti, come ci insegna il giornalismo anglosassone che divide nettamente di ogni notizia l’aspetto informativo da quello della comunicazione.
Mi è sembrato interessante il libro che ho sopra indicato e anche attuale per i contenuti; se non ci possiamo più fidare neppure della descrizione materiale dell’evento, allora si capisce perché – per esempio nei commenti alla finanziaria – da una parte si continua a blaterare sulla “stangata” e dall’altra si insiste invece su un aumento, sia pure del solo 2% della capacità di spesa.
Evidentemente non c’è più alcuna necessità di dire la verità; spariamo notizie solo a beneficio della coalizione che la testata rappresenta – in modo palese o occulto – tacendo qualsiasi conoscenza che potrebbe essere utile al lettore o allo spettatore per avvicinarsi alla conoscenza dei fatti.


Ombellico scoperto e burka 

Al peggio non c’è mai fine, dice un proverbio che mi sembra molto calzante: un preside di una scuola di Avezzano ha vietato l’uso dei jeans con vita abbassata e quindi con mostra dell’ombellico fino a…(dipende) e del fondoschiena …fino a (dipende).
Tale moda, che è tesa a “mostrare”, viene paragonata dall’illustre cattedratico all’uso del burka che, come è noto, è teso invece a “nascondere”.
In pratica entrambe i look vengono stigmatizzati e – quel che è peggio – assolutamente vietate dal preside che, se non altro, si è reso famoso, se non benvisto dai giovani che ovviamente tendono a prenderlo in giro, dopo averci sghignazzato sopra.
Questa è la scuola italiana, questi sono gli insegnanti dei nostri figli e – riforma Moratti o non riforma Moratti – questi sono coloro designati a formare la futura classe dirigente.
Badate bene, non che si debba essere per forza favorevoli ai jeans a vita abbassata, ma c’è modo e modo di discuterci sopra.
Tanto per cominciare dobbiamo ammettere che questo tipico vestiario viene indossato da “tutte” le ragazzine ed è diventato in uso anche alle ragazze (20 e 30 anni) e, perché no, anche a diverse signore.
L’abbigliamento, come dicevo, è decisamente particolare e, per essere ben indossato, necessiterebbe di un fisico adeguato: banditi quindi i cuscinetti di grasso che si formano appena sotto la forma dei fianchi, assolutamente vietate le pancette un po’ sporgenti che fanno fare al jeans una curva non molto simpatica.
Se questo lo dici ad una ragazza – cioè che non tutte possono permettersi la vita bassa – lei ti risponde che non indossa l’indumento per essere più bella o per essere alla moda, ma solo perché…le piace (tipica risposta di chi non sa cosa rispondere).
Ma comunque sia, l’offesa agli occhi degli osservatori più esigenti è soprattutto nei casi delle signore ultratrentenni, con un paio di gravidanze all’attivo, ma che non demordono nel voler “mordere la vita”; ed allora portano i jeans con la vita abbassata: sono ridicole? Forse, ma meglio così che coperte fino alla punta dei capelli con un burka celestini. Se poi invece fosse possibile una via di mezzo, beh allora…
Quello però che non riesco a tollerare è l’assurda ingerenza di un funzionario statale nel modo di vestire delle studentesse: se non c’è niente che vada contro la morale corrente (e indubbiamente non c’è) non capisco perché l’illustre professore debba arrabbiarsi, prendere carta e penna ed emanare circolari.
La sua risposta è stata: quando una ragazza sta a sedere, colui che è dietro lei, rischia di vedere l’inizio del fondoschiena e…non va bene!
Ma perché non va bene, c’è qualcosa di male, specie se il fondoschiena è ben fatto e si guarda con interesse?
Purtroppo si torna lì: non sono molti i fondoschiena che si possono permettere di essere promossi ad un esame del genere, ma allora si scende nel buon gusto personale e di gruppo.
A proposito del vestire di gruppo, avete notato che i giovani – contrari alle divise militaristiche – sono invece …. tutti in divisa perché hanno tutti lo stesso look, con lo stesso tipo di abito e con le stesse fogge di capelli, con le stesse scarpe e con gli stessi zainetti.
Non se ne rendono conto, ma è un modo di essere tutti etichettati con un solo cartoncino e questo, se mi è permesso dirlo, è esattamente il contrario di quello che i giovani si augurano, per se e per gli altri: ma è solo un’immagine, ovviamente, perché nella realtà invece….

lunedì, ottobre 11, 2004

I presunti tagli degli Enti Locali 

A margine delle discussioni sulla finanziaria – della quale non si conoscono ancora i particolari, ovviamente, in quanto deve ancora passare in Parlamento – si sprecano le riunioni, le dichiarazioni, le mobilitazioni degli Enti Locali (Regioni e Comuni in testa).
Tutti questi signori si stracciano le vesti e piangono calde lacrime per i tagli che saranno costretti a eseguire sui servizi che la loro struttura mette a disposizione dei cittadini (tutto questo in previsione di minori contributi statali, cosa che non è affatto stata dichiarata).
Ci fanno così intravedere asili che non riescono ad accogliere i bambini, mense scolastiche realizzate a base di “pan secco e basta”, vecchi abbandonati a loro stessi, senza la minima assistenza, e via di questo passo.
Mai che nessun Ente Locale si proponga una serie di tagli “virtuosi”, per esempio quello delle onerosissime consulenze, tutte assegnate a compari e/o a sodali (secondo i luoghi); siamo arrivati a dei bilanci paralleli di quello che gli enti locali spendono per accontentare gli amici e gli amici degli amici, di coloro cioè che gli hanno dato una mano per l’elezione e che lo rifaranno alla prossima consultazione.
E qui sorge un bel discorso di principio: laddove si forma un centro di potere, accanto si genera una struttura parassitaria che serve unicamente a soddisfare le voglie degli amici; sembra ineluttabile che ciò avvenga, nonostante le tante e reiterate assicurazioni del contrario fatte da tanti uomini di potere.
Sembrerebbe quasi che il potere, per sua natura, stravolga il modo di essere di chi lo esercita e tenda ad essere una fucina di favori, di prebende, quando non siano addirittura delle mazzette.
Ed è per questo – caro simpatico amico Bossi – che pur essendo con te d’accordo in varie battaglie, non lo sono mai stato per quanto riguarda la cosiddetta “devolution”, cioè il conferimento di tutta una serie di funzioni direttamente all’Ente Locale che lo esercita al posto dello Stato.
Questo perché, fermo restando il numero degli statali/nullafacenti, la nuova normativa tende alla creazione di altri, tanti centri di spesa ruotanti attorno a numerosi impiegati della regione o del comune, comunque nullafacenti come gli statali.
Si tende cioè a duplicare i centri di spesa, con l’accumulo di persone (serbatoio di voti non indifferente!) che si mostrano in tutto e per tutto dei replicanti di quelli dei quali hanno detto male fino a poco tempo prima.
E non c’è nemmeno da auspicare che le funzioni assunte dagli Enti Locali possano far derivare un minor numero di “statali”, impiegati o tecnici che siano, dato che quelli che ci sono ci restano e non mi si venga a dire che al pacioso romano si possa chiedere – dato che le funzioni del suo ministero sono state assunte dalle Regioni – di spostarsi, per esempio in Piemonte per continuare a lavorare, con le stesse mansioni e con lo stesso stipendio, alle dipendenze di quell’Ente locale.
A proposito di statali: è in scadenza il loro contratto e, come c’era da prevedere, il 2% previsto come incremento su tutte le spese statali, non è sufficiente per loro; e ci sono anche all’interno della compagine governativa chi gli da ragione; sarebbe bene che gli italiani vedessero e valutassero appieno questi eventi, domani che si presenti l’occasione di un voto saprebbero meglio considerare come fare.


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