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sabato, settembre 19, 2009

QUALCHE RIFLESSIONE SUL LAVORO "NERO" 

Mi è venuto in mente di trattare questo argomento, per due motivi: il primo è la notizia che nei primi otto mesi del 2009, la Guardia di Finanzia ha scoperto nella Regione dove sono nato e dove vivo (la Toscana) 45 evasori totali e 13 parziali, per complessivi 63 milioni di euro d’imposte evase; il secondo motivo è un fatterello accadutomi nella settimana in corso che voglio raccontarvi e farci qualche considerazione.
Torniamo agli evasori scoperti dai finanzieri e, anzitutto, ricordiamo che a fronte della cifra evasa, l’importo che entrerà effettivamente nelle casse dell’Erario è una percentuale – abbastanza bassa – e quindi aspettiamo prima di fare i salti di gioia; quello che invece è interessante, è la varietà delle situazioni nella quale si è scoperta l’evasione: così cominciamo da un gioielliere del centro storico fiorentino che ha venduto “in nero” 170 orologi Rolex, con una evasione di 2milioni di euro; cambiamo genere e passiamo a un boscaiolo che, ad oggi, ha omesso di contabilizzare 540mila euro di sola IVA (piccolo commento: quanti alberi ha tagliato?); abbiamo poi una società edile che – pur costruendo case e altre strutture – non presentava nessuna dichiarazione dei redditi, con una evasione accertata di circa 2milioni di euro.
Potrei continuare con queste “particolari” situazioni di evasione, ma mi fermo con un’ultima osservazione: il 15% degli evasori totali e parziali è rappresentato da imprese cinesi che, nel loro complesso, hanno fatto registrare un’evasione di oltre 21milioni di euro: hanno così il record tra gli immigrati; complimenti!!
Comunque sia, fermo restando la bassa percentuale di recupero, diciamo come si usa dalle mie parti: “meglio di nulla, marito vecchio” e tiriamo avanti.
E adesso veniamo al fatterello capitatomi in questa settimana: per dare una pulita alle finestre ed agli avvolgibili delle tapparelle, mi sono rivolto – su consiglio di un’amica – ad una donna ucraina (33 anni, due figli ed il marito, tutti rimasti in patria, mentre lei è qui in Italia con la sorella); questa signora lavora così: prende appuntamenti solo per 4 ore consecutive, al mattino e al pomeriggio; è praticamente tutta occupata: a me ha detto di avere qualche buco vuoto fra due settimane, alla faccia della crisi!!
Prende 10 euro l’ora che, moltiplicati per le ore lavorate in un giorno, fanno 80 euro; poiché lavora sei giorni la settimana (la domenica si riposa), sono circa 26 giorni il mese e quindi arriva a guadagnare qualcosa più di duemila euro mensili.
Non l’ho precisato perché pensavo che si capisse, ma la signora non rilascia ricevuta, non è iscritta a niente, forse è addirittura clandestina; insomma non versa un bottone allo Stato, dal quale peraltro “esige” alcune prestazioni, sul tipo dell’assistenza medica e quella ospedaliera.
La cifra di 2.000 euro mensili netti, non è dappoco, specie se paragonata al lavoro svolto; diciamo che forse ci arriva qualche operaio specializzato o qualche impiegato con diversi anni di anzianità, ma il resto dei lavoratori guadagna meno.
Ma la signora cosa ne fa di questo denaro? Semplice, una piccola parte lo usa per viverci, mentre una gran parte lo invia in Ucraina dove il coniuge e gli altri parenti (nonni, zii, ecc.), ci campano e il resto lo investono in appartamenti ed altre cose che lì costano veramente poco.
Una considerazione: a parte il “non pagare le tasse in Italia”, arriviamo all’assurdo che i soldi guadagnati da noi, prendono il volo per altri Paesi; quindi, abbiamo un doppio scapito: l’Erario non incassa e il denaro esce dall’Italia – più o meno legalmente – per un altro Paese; dov’è la nostra convenienza?? Chiaro il concetto??

venerdì, settembre 18, 2009

ANCORA SANGUE ITALIANO IN AFGHANISTAN 

Questa volta il tributo di sangue è stato molto grande: 6 morti e 4 feriti (gravi anche se non in pericolo di vita); il “solito” kamikaze, disposto a barattare la propria vita con quella di altri che neppure conosce, ha scaraventato contro un convoglio di automezzi “lince”, un furgone carico di qualche centinaio di chili di esplosivo ed è riuscito ad inserirsi tra due automezzi, distruggendone uno e danneggiando fortemente l’altro.
Il nostro è un paese strano: pensate che si continua a sentire frasi del tipo “bisogna prendere atto che siamo in guerra” e cose del genere; ma come, ancora non l’abbiamo capito che in Afghanistan si sta combattendo una guerra – magari “non convenzionale”, cioè senza divise – e che questa guerra vede gli eserciti NATO impegnati contro civili combattenti (talebani ed altri alleati) che vogliono cacciare questi eserciti ritenuti invasori; da notare che neppure Alessandro il Grande riuscì a sconfiggere questa gente.
Ma torniamo un passo indietro e chiediamoci cosa ci facciamo in quel paese: teoricamente la missione NATO, richiesta dall’ONU, è una “operazione di pace”, motivata – ed ecco l’ipocrita formula coniata dall’amministrazione Bush – dalla necessità di “esportare la democrazia in quel paese”.
Ora, mi sembra chiaro e mi sono stufato anche di ripeterlo, che gli eserciti NATO, tra cui quello italiano, non sono in Afghanistan per una missione di pace ma – pur svolgendo anche opera di pacificazione tra quella gente – sono lì per tutelare precisi interessi economici dell’occidente; se accettiamo questo principio, accettiamo anche la dolorosa perdita di nostri ragazzi: sappiamo bene che in guerra il soldato ha grosse probabilità di morire.
Comunque, se analizziamo le cifre, vediamo che i morti in missioni “cosiddette di pace” sono molto meno di quelli “sul lavoro”; e se permettete – so di non essere simpatico dicendo questo – provo più pietà per l’operaio caduto dall’impalcatura che guadagna un terzo di quanto percepisce un soldato in missione all’estero.
Ma lasciamo perdere queste graduatorie del dolore umano, e torniamo all’origine della missione in Afghanistan: come ho detto sopra, l’amministrazione Bush ebbe a coniare la frase “esportiamo la democrazia”, autentica fesseria, almeno per due grossi motivi: il primo è che qualunque democrazia nasce soltanto se è ”fortemente voluta e sanguinosamente ricercata” dall’interno del paese in questione; solo la gente che vi abita può decidere che il sistema politico occidentale è meglio del proprio e quindi lottare per averlo; credere che questo possa essere portato dall’esterno “sulla punta delle baionette”, è follia, anzi peggio, è un prenderci in giro, perché sappiamo bene che alla base c’è solo la difesa o la conquista di enormi interessi economici.
Il secondo motivo è anch’esso ovvio: perché si va ad esportare la democrazia solo in paesi che hanno grandi potenzialità economiche in termini di materie prime? E non si va a fare le stesse cose in luoghi dove queste potenzialità non esistono?
Quindi, non prendiamoci in giro e cominciamo a chiamare le cose con il loro nome: stiamo combattendo una guerra sanguinaria e difficile perché il nemico si rende invisibile ed appare all’improvviso; ma almeno questo conflitto viene combattuto da “professionisti della guerra” e non da semplici “richiamati” come si faceva in un passato non tanto remoto, sia in Italia che nel resto del mondo..Ecco, questa è l’unica consolazione, in una giornata di grande mestizia e di dolore umano per i sei ragazzi che ci hanno lasciato e per le loro famiglie; chiaro il concetto?

giovedì, settembre 17, 2009

A CHE PUNTO E' QUSTA CRISI? 

Qualche giorno addietro, il grande Ben Bernanke, presidente della Federal Riserve, ha dichiarato che la peggiore crisi degli ultimi anni è stata superata e siamo fuori dalle recessione; naturalmente la dichiarazione è relativa agli Stati Uniti, ma è evidente che la ripresa americana influenza positivamente le economie europee.
Dopo questa buona notizia, per la verità arriva una doccia fredda, in quanto Bernanke avverte che la disoccupazione sarà lenta a diminuire, da quel +9.7% di agosto, massimo storico da 26 anni negli U.S.A.
Ed infatti, anche in Europa, la doccia gelata arriva sul versante dell’occupazione e proviene dall’OCSE, la quale segnala che – a fronte di un tasso di disoccupazione nel 2007 pari al 7.4% – nel giugno 2009 abbiamo raggiunto l’8.3%.
Se scendiamo nel dettaglio, vediamo che una situazione veramente preoccupante è quella della Spagna che ha una disoccupazione, al giugno 2009, pari ad stratosferico 18.1%, mentre la Francia è all’incirca alla metà – 9.4% - e la Germania al 7.7%; e noi come stiamo andando? Il dato che abbiamo è riferito al primo trimestre di quest’anno ed è pari al 7.4%, quindi – anche calcolando un aumento deciso – dovremmo attestarsi sullo stesso valore di quello tedesco.
Ancora più preoccupante il dato che si riferisce alla fine del prossimo anno – il 2010 – con previsioni del tasso di disoccupazione pari al 10% nell’area OCSE, con l’Italia in linea con questa media; ecco, a questi dati io credo poco, poiché sono proiettati troppo in avanti (15 mesi; 5 trimestri) e in economia questo tempo è una mostruosità, dato che basta un niente – come per esempio una oscillazione del petrolio o di qualche altra materia prima – per far saltare queste cifre.
Ma poi, questi numeri così piccoli – in assoluto – non rendono appieno l’idea della drammaticità della situazione e quindi è bene che si torni a presentare le cifre reali; ebbene, nell’area OCSE, perdurando questo andamento, alla fine del 2010 avremo 57milioni di senza lavoro (è una Nazione grandicella, sul tipo di Italia o Francia!!).
A questa situazione occupazionale, più dei sindacati, sembra pensare con preoccupazione la parte padronale: l’amministratore delegato di FIAT, ha chiesto il rinnovo degli incentivi nel settore auto per il 2010, avvertendo che, in caso contrario, “avremo un impatto disastroso” con forti ricadute per l’occupazione; in sostanza il ricatto è sempre quello dei tempi degli Agnelli: socializziamo le perdite ma lasciamo in azienda gli utili.
Infine, restano da affrontare le sfide cruciali, nate sull’onda di questa crisi devastante, e cioè l’approvazione a livello internazionale delle nuove regole dei mercati finanziari.
Questo perché – lo dico “a sensazione”, senza pezze d’appoggio – da questa crisi ho la sensazione che alcuni ne escano con le tasche piene di soldi (più di quelli che avevano all’inizio) e molti invece si ritrovino con le ossa rotte: è un po’ come il dopoguerra classico, nel quale c’è chi si è arricchito e chi ha perso tutto.
Tra questi ultimi ci sono i salariati – operai e impiegati – che ormai vengono considerati come “carne da cannone” e fanno parte delle trattative di vendita delle aziende sulla base delle decine di migliaia da “licenziare”; l’ultimo dato ci proviene dalla Germania e riguarda il futuro della Opel: la cordata austro-russo- canadese ha preannunciato il taglio di 15.000 posti di lavoro; tutto questo, ovviamente, alla faccia della sbandierata eticità del lavoro che da ogni parte viene posto al centro del processo aziendale, ma che poi viene relegato in un cantuccio buio e umido!

mercoledì, settembre 16, 2009

NOI E INTERNET: E' VERO AMORE? 

Nel complesso panorama della comunicazione interpersonale, un posto di rilievo lo ha preso internet, o meglio, l’uso del computer per l’web, per le e.mail e per tutte le altre diavolerie del genere.
Vediamo allora il rapporto tra l’italiano e queste nuove tecnologie: solo 37 italiani su 100 – quindi circa un terzo – usano regolarmente internet, mentre la media europea è di 56 su 100 – più della metà – e dobbiamo aggiungere che nel computo delle attività da internauta, un italiano su due non ha mai aperto una pagina web.
Dov’è che invece noi siamo bravissimi? Ma nell’uso – che in molti casi diventa abuso – dei cellulari: pensate che su 100 italiani, 152,9 ha il telefonino, contro la media europea che è di 119 e quella – stupefacente per molti versi – degli Stati Uniti (87 su 100) e del Giappone (84 su 100).
Ma torniamo all’uso di internet: tra i motivi della bassa diffusione del sistema, dobbiamo metterci che, a gennaio del corrente anno, solo il 19% delle famiglie dispone della famosa “banda larga”, quella tecnologia telefonica che permette di utilizzare il cosiddetto collegamento veloce; la media europea è del 23%, ma ricordiamoci che stiamo parlando di media e quindi ci sono anche Nazioni che non dovrebbero neppure essere paragonate con noi.
Secondo il rapporto della Commissione UE sulla diffusione delle tecnologie di comunicazione, l’Italia è all’ultimo posto in quanto a download (scarico) di film e musica o visione di video on-line e tra gli ultimi (23mo posto) ad usare il web regolarmente; resta da aggiungere che per noi, il web continua a significare quasi esclusivamente mandare e-mail e cercare informazioni su prodotti e servizi.
Ma, come dicevo sopra, le cifre relative all’utilizzo del cellulare, rovesciano le posizioni tra noi e gli altri paesi europei: 153 cellulari ogni 100 persone, contro i 119 della media europea; questo dato ci fa vincere la medaglia per il paese più chiacchierone del mondo, specie perché negli altri due paesi più sviluppati tecnologicamente (USA e Giappone) la diffusione è assai inferiore (siamo sotto il 90%).
A valle di questa situazione tecnologica, esiste però un problema di difficoltà comunicatoria: già viviamo in un’epoca di incomunicabilità, se poi, quando riceviamo una comunicazione via e-mail, noi rispondiamo con un SMS, usando quindi il telefonico, siamo in pieno caos.
Mi spiego meglio: ognuno di noi ha una sua predilezione per lo strumento da usare per comunicare, ma dobbiamo anche sforzarci di rispondere con lo stesso mezzo usato dal nostro mittente: se uno manda un SMS non dobbiamo chiamarlo al telefono, neppure a quello cellulare, ma dovremmo usare lo stesso mezzo; analogamente, se riceviamo un e-mail non bisogna rispondere con un telegramma e neppure con un fax o un SMS.
Accanto a queste situazioni, ci sono poi i paradossi, cioè coloro che non rispondono né agli SMS, né agli e-mail e neppure ai fax; il motivo è molto semplice: non hanno dimestichezza con il mezzo e quindi utilizzano il cellulare solo per telefonare o, al massimo, per rispondere alle telefonate, il computer solo per scrivere, come fosse una macchina da scrivere un po’ più evoluta e il fax, solo come vassoio per te e pasticcini.
Vi dico la verità, questi ultimi sono coloro che mi rimangono più simpatici, sono cioè quelli che non si piegano alla tecnologia e che restano con le loro conoscenze e applicano solo quelle, in barba alle statistiche; loro sono così, prendere o lasciare, loro vanno avanti con il loro “stile” e non si fanno coinvolgere dalle “mode”. Bravissimi!!

martedì, settembre 15, 2009

COSA HO TROVATO AL MIO RITORNO 

Quale panorama ho ritrovato al mio ritorno a casa? Anzitutto è bene precisare che non sono stato in “eremitaggio” e quindi qualche voce mi giungeva anche a Venezia, mentre mi occupavo di cinema, ma in quella sede – come ho già avuto modo di dire – si pensa e si lavora su altre cose, per cui le notizie che ci giungono, arrivano “ovattate”, come se fossero distanti mille miglia; e invece sono lì accanto!!
Dunque, il panorama politico è disarmante, tanto che non viene neppure voglia di ragionarci sopra; tutti sono occupati a “smerlare” tutti, ma non sul piano politico., ma andando a guardare sotto le lenzuola e spifferando a destra e a manca di cose che dovrebbero fare rabbrividire gli elettori; ma sia chiaro che questo non avviene: non ci sono spostamenti di voti per le smargiassate di Berlusconi, come non ce ne sono per quelle di D’Alema o per quelle – indirette – del Direttore de “L’Avvenire”.
Gli italiani, ormai lo sappiamo bene, ci sghignazzano un po’ sopra, magari qualcuno ci fa anche una reprimenda, ma quando si tratta di esprimere la volontà politica (il voto), queste vicende non hanno più nessun significato e non influiscono sul risultato.
Altri sono i problemi che interessano gli elettori: innanzi tutto il posto di lavoro e subito dopo la sicurezza; per il lavoro, abbiamo assistito a scene allucinanti (suicidi annunciati, notti passate sul Colosseo, ecc) e le forze politiche non riescono ancora a capire che questo è il problema dei problemi: non voglio dire che sia di facile soluzione, ma chi può deve trovare “qualcosa” che tranquillizzi coloro che si sudano mensilmente i mille euro che gli vengono dati e, almeno, gli consenta dei sonni tranquilli.
In Francia, a questo proposito, si è arrivati a dei morti, in quanto i suicidi non sono stati solo annunciati ma anche realizzati; mi sembra chiaro che il mondo del lavoro è l’unica componente veramente “globalizzata” che ha quindi le stesse problematiche e le stesse difficoltà in tutto il mondo; da notare che un giorno sì e l’altro pure, arrivano da strutture internazionali di tutto rispetto, delle notizie sul tipo “la crisi è alla fine”, oppure “tra pochissimo usciremo dal tunnel”, ma nel mondo del lavoro queste sembrano soltanto delle battute di dubbio gusto, che non trovano poi riscontro nella realtà.
L’altro problema – indirettamente legato a questo – è quello della sicurezza: il cittadino italiano, in particolare quello della piccola e media borghesia, ma anche del proletariato più ricco, non accetta la presenza massiccia e asfissiante di immigrati che – sembra a questi signori – vengono qui per “rubare i nostri posti di lavoro”; è chiaro che così non è, ma non c’è verso di farlo capire.
Oltre al problema del lavoro, si imputa ai migranti tutta la delinquenza che abbiamo in Italia: anche qui non possiamo generalizzare, ma certo che se i giornali titolano spesso a quattro colonne che un romeno stupra una ragazza italiana, a lungo andare l’opinione pubblica ne rimane per forza turbata e a loro imputa tutte le nequizie che si svolgono da noi; ma ricordiamoci che non è con il lassismo indifferenziato che si risolve il problema: l’elettorato ha premiato alcune forze politiche che avevano nel loro programma un atteggiamento di estrema fermezza ed ora sono “costrette” a mantenere le promesse, pena l’allontanamento dei cittadini; d’altro canto, altre forze politiche – cioè il centro sinistra, tanto per non far nomi – quando attacca la maggioranza su questo punto, deve stare attento in quanto non trova poi il necessario consenso nella base elettorale; ed a niente valgono i richiami della Chiesa o di altre strutture, la gente se ne frega di tutti e guarda solo al proprio orticello: questo si chiama egoismo da paura, ma non c’è niente da fare!! Chiaro il concetto??

lunedì, settembre 14, 2009

RITORNO A CASA 

Sono rientrato ieri sera da Venezia, dove ho seguito la Mostra del Cinema, ed il primo pensiero è stato quello di raccontare agli amici alcune cose della rassegna; anzitutto diciamo subito che il film che ha vinto il Leone d’Oro è “Lebanon”, del regista israeliano Samuel Maoz; che dire in proposito? In una giuria di cui faccio parte, che assegnava il Premio “Nazareno Taddei” l’ho votato (ed ha vinto) e quindi non avrei niente da recriminare; però il film non mi sembra completamente riuscito, anche se la tematica pacifista che stava a cuore all’autore viene fuori con evidenza; certo che in quel contesto la vittoria era facilmente pronosticabile, ma non soltanto per le doti del film israeliano, ma per “la mancanza di doti” di quasi tutti gli altri.
Tra gli attori è stato premiato un bravissimo Colin Firth per il film dell’esordiente Tom Ford “A single man”, ma anche il Nicolas Cage di “Bad Lieutenant” di Herrzog, sarebbe stato un altrettanto degno vincitore; tra le donne – e qui c’è il “contentino” per il cinema italiano – ha primeggiato Ksenia Rappoport per il film “La doppia ora” dell’esordiente Giuseppe Capotondi, al suo esordio nei lungometraggi.
La kermesse veneziana è stata “rallegrata” anche da altre presenze che hanno movimentato l’ambiente e, in alcuni casi, addirittura monopolizzato l’attenzione è stato il caso di George Clooney, presente come co-produttore di due film e come interprete di “The men who stare at goats”, ma soprattutto atteso per la “co-presenza” di Elisabetta Canalis sul “red carpet” della Mostra: gridolini delle fans all’attore e “buu” di disapprovazione alla ragazza che ha spezzato il cuore di molte fanciulle ancora speranzose; ma del bel Gorge si è parlato anche a fronte di una sua presunta omosessualità: ebbene, in conferenza stampa, ci sono state moltissime domande in merito, alle quali l’attore ovviamente non ha risposto, perché l’unica risposta avrebbe potuto essere quella “portami la sorella e ti faccio vedere io!!”.
Altre presenze “strane” – non sul tappeto rosso ma nei locali dell’Hotel Excelsior – sono state quelle dell’ex cardinale Milingo che, insieme alla celebre Noemi, ha presentato un film in cui i due saranno presenti: “Kamorra’s”; il regista ha detto che entrambi sono stati ingaggiati “per amicizia”.
Abbiamo poi avuto la onnipresente Patrizia D’Addario che – invitata dalla televisione australiana (ne inventano proprio di tutti i colori) – ha fatto una breve apparizione nei saloni dell’Excelsior e si è limitata a farsi fotografare: l’ho vista e vi assicuro che non vale i soldi che la fanciulla afferma di avere percepito da Berlusconi.
Ma forse la presenza più “particolare” e, sotto certi aspetti inquietante, è stata quella di Hugo Chavez, il Presidente venezuelano che è protagonista del documentario realizzato da Oliver Stone, per presentare l’antiamericanismo imperante in sudamerica.
Ebbene, la Mostra di Venezia aveva ricevuto finora due soli uomini di stato – Mussolini e Hitler – e adesso il presidente/dittatore, come lo definiscono al suo paese, diventa il terzo: non è in buona compagnia, ma a giudicare dalla naturalezza con cui è sfilato sulla passerella, mi sembra che si sia divertito moltissimo per la passeggiata fino a Venezia; specie per le ovazioni che gli sono state tributate dalla sinistra extra parlamentare nostrana.
Per concludere, una edizione della Mostra “interlocutoria”, sopraffatta dai problemi logistici che stanno dietro alla realizzazione del nuovo Palazzo del Cinema (pronto nel 2011, ma tutti assicurano che lo sarà nel 2010); l’organizzazione comunque ha tenuto, nonostante le difficoltà di questo dobbiamo rendergli onore.

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