martedì, maggio 26, 2009
FORUM
Vorrei spendere qualche parola su una trasmissione televisiva che – oltre ad essere tra le più longeve – è anche, a mio modo di vedere, una delle più diseducative che ci possa capitare di vedere. Ma andiamo con ordine e cominciamo dalla vicenda, cioè da come nasce il programma: siamo nel 1985 e lo conduce Catherine Spaak su Canale 5; ha un format originale italiano – cioè non acquistato all’estero – ed è condotto dalla bella attrice belga fino al 1988, quando arriva Rita Dalla Chiesa che resta al comando fino al ‘97, sostituita da Paola Perego, salvo riprenderlo nel 2003 e tenerla fino ad ora.
Il programma nasce su Canale 5 ma si alterna anche su Rete 4, e al momento è diviso in due tronconi che impegnano entrambe le emittenti: dalle 11 alle 13 sulla rete ammiraglia e dalle 14.00 alle 15.30 sull’altra.
Il format della trasmissione utilizza la formula dell’arbitrato per risolvere piccole controversie tra cittadini in varie materie, dalle più spicciole (motivi condominiali) alle più impegnative (problematiche familiari); la sentenza che scaturisce alla fine del programma è in realtà un “lodo arbitrale”” e come tale non è sottoponibile ad appello; naturalmente per poter decidere in merito alla questione sottoposta, è indispensabile che i due contraenti firmino una liberatoria di accettazione.
Ogni causa viene analizzata tramite il dibattimento tra le parti ed inizia con un interrogatorio che il giudice svolge nei confronti della parte ricorrente; mentre il giudice è in camera di consiglio per stilare la sentenza, la conduttrice intervista il pubblico sia direttamente che aiutata da due personaggi fissi, tali Marco e Fabrizio. I “giudici” che si alternano sono lo “storico” Santi Licheri e i nuovi entrati Beatrice Dalia, Stefano Marzano e Francesco Riccio. In sostanza, abbiamo un giudizio “ufficiale” che stabilisce la ragione e il torto e una sorte di giudizio popolare che compie la stessa funzione, tant’è vero che viene stilato una percentuale di favorevoli ed una di contrari.
Qual è il problema che citavo all’inizio circa la diseducatività della trasmissione? Ce ne sono svariati e cercherò di riportarli brevemente: il primo è che le diatribe tra i due ricorrenti sembrano veri ma sono stilati a tavolino, o meglio, tra le tante richieste viene scelto quelle che hanno più “pruriginosità”; questi signori sono delle persone reali, ma ricevono un compenso per aver partecipato alla trasmissione; analogo compenso lo hanno coloro che formano “il pubblico”, i quali in ultima analisi sono coloro che fungono da contraltare al giudice.
Ma il grosso problema è quello delle sciocchezze che vengono sparate dal pubblico – ma anche dai collaboratori della conduttrice – i quali, tutti, si auto-nominano psicologi ed esperti di etica familiare; le frasi che vengono dette hanno la stessa valenza di quelle che possiamo ascoltare al Bar Sport quando si discute della partita di calcio e per una sorta di graduatoria, quello che dicono i due conduttori – di una ignoranza cavernosa – ha una valenza ancora superiore.
Mi si chiederà: ma sono chiacchiere in libertà, non c’è da preoccuparsi! E invece sta proprio qui il trucco: sono “chiacchiere” ma dette dalla TV e quindi assumono una importanza enorme per gli sprovveduti spettatori (e sono tanti); in sostanza, quello che viene detto è recepito come un “insegnamento” di carattere morale o etico che proviene da un insegnante particolarissimo come è la televisione. Gli interventi della stessa Dalla Chiesa, sono sulla stessa linea: chiacchiere dette dalla donna che sa fare bene il ragù; peccato che queste diventano degli insegnamenti sul modo di affrontare la vita. Capito il danno che sta facendo una trasmissione del genere?
Il programma nasce su Canale 5 ma si alterna anche su Rete 4, e al momento è diviso in due tronconi che impegnano entrambe le emittenti: dalle 11 alle 13 sulla rete ammiraglia e dalle 14.00 alle 15.30 sull’altra.
Il format della trasmissione utilizza la formula dell’arbitrato per risolvere piccole controversie tra cittadini in varie materie, dalle più spicciole (motivi condominiali) alle più impegnative (problematiche familiari); la sentenza che scaturisce alla fine del programma è in realtà un “lodo arbitrale”” e come tale non è sottoponibile ad appello; naturalmente per poter decidere in merito alla questione sottoposta, è indispensabile che i due contraenti firmino una liberatoria di accettazione.
Ogni causa viene analizzata tramite il dibattimento tra le parti ed inizia con un interrogatorio che il giudice svolge nei confronti della parte ricorrente; mentre il giudice è in camera di consiglio per stilare la sentenza, la conduttrice intervista il pubblico sia direttamente che aiutata da due personaggi fissi, tali Marco e Fabrizio. I “giudici” che si alternano sono lo “storico” Santi Licheri e i nuovi entrati Beatrice Dalia, Stefano Marzano e Francesco Riccio. In sostanza, abbiamo un giudizio “ufficiale” che stabilisce la ragione e il torto e una sorte di giudizio popolare che compie la stessa funzione, tant’è vero che viene stilato una percentuale di favorevoli ed una di contrari.
Qual è il problema che citavo all’inizio circa la diseducatività della trasmissione? Ce ne sono svariati e cercherò di riportarli brevemente: il primo è che le diatribe tra i due ricorrenti sembrano veri ma sono stilati a tavolino, o meglio, tra le tante richieste viene scelto quelle che hanno più “pruriginosità”; questi signori sono delle persone reali, ma ricevono un compenso per aver partecipato alla trasmissione; analogo compenso lo hanno coloro che formano “il pubblico”, i quali in ultima analisi sono coloro che fungono da contraltare al giudice.
Ma il grosso problema è quello delle sciocchezze che vengono sparate dal pubblico – ma anche dai collaboratori della conduttrice – i quali, tutti, si auto-nominano psicologi ed esperti di etica familiare; le frasi che vengono dette hanno la stessa valenza di quelle che possiamo ascoltare al Bar Sport quando si discute della partita di calcio e per una sorta di graduatoria, quello che dicono i due conduttori – di una ignoranza cavernosa – ha una valenza ancora superiore.
Mi si chiederà: ma sono chiacchiere in libertà, non c’è da preoccuparsi! E invece sta proprio qui il trucco: sono “chiacchiere” ma dette dalla TV e quindi assumono una importanza enorme per gli sprovveduti spettatori (e sono tanti); in sostanza, quello che viene detto è recepito come un “insegnamento” di carattere morale o etico che proviene da un insegnante particolarissimo come è la televisione. Gli interventi della stessa Dalla Chiesa, sono sulla stessa linea: chiacchiere dette dalla donna che sa fare bene il ragù; peccato che queste diventano degli insegnamenti sul modo di affrontare la vita. Capito il danno che sta facendo una trasmissione del genere?