sabato, marzo 05, 2005
Tango Bond
Sono conscio che oggi dovrei parlare della liberazione della giornalista Giuliana Sgrena e della morte – eroica e sfortunata – di un alto funzionario del SISMI che aveva condotto le trattative in Irak, pagato il riscatto (si parla di 5 milioni di dollari) e stava conducendo la donna liberata verso l’aeroporto; un imbecille di soldato americano – in parte scusabile con la tensione che si vive in quei luoghi – ha fatto fuoco contro l’auto che stava procedendo, si dice, troppo velocemente e, oltre alla morte dello 007 provocava il ferimento della giornalista e dei due altri italiani a bordo.
Vediamo ora come si comporterà il nostro governo nei confronti di quello statunitense!
Comunque sia, una giornata che avrebbe potuto essere piena di gioia si è trasformata in una tragedia mitigata dalla felicità per la liberazione di Giuliana: sono così arrabbiato che non mi va di continuare su questo tema e quindi affronto un altro argomento interessante: i “tango bond”.
Un breve passo indietro: negli anni ’90 il governo argentino emise delle obbligazioni ad un tasso molto vantaggioso per gli investitori che, in patria, vedevano arretrare i rendimenti dei titoli e delle obbligazioni consuete.
Molti di loro, si parla di 450.000 investitori solo in Italia – “consigliati” dalle Banche, o comunque non avvertiti della logica pericolosità dell’operazione – hanno aderito all’iniziativa ed hanno acquistato questi titoli che, per i primi anni, hanno reso quanto stabilito e successivamente, ormai sono quattro o cinque anni, non hanno più reso niente e sono diventati indisponibili anche in linea capitale.
Si è verificato il “default” (avrete letto questa parola mutuata dal linguaggio inglese dell’elettronica) e il governo argentino ha sostanzialmente dichiarato fallimento, o meglio si è dichiarato indisponibile a rimborsare le obbligazioni al loro valore facciale.
In un primo momento ha cercato (il governo argentino) di correlare la situazione delle obbligazioni con quella della carne argentina che l’Europa importava in modica quantità, in quanto utilizzatrice della carne continentale; successivamente si è compreso bene che era una sorta di ricatto, al quale i paesi dell’U.E. non potevano sottostare e, comunque, anche se fosse stato accettato, non comportava alcuna garanzia di contropartita da parte degli argentini.
Circa un anno fa il governo debitore ha fatto una proposta di riduzione del debito a circa il 30% del suo valore nominale e ha aggiunto una clausola capestro: o così o niente.
Due terzi dei debitori italiani – forse anche un po’ incazzati per la strafottenza argentina – non hanno aderito al piano del debitore e, “consigliati” da un certo Nicola Stock si sono messi in aperto contrasto con tutti gli altri creditori nel mondo che, invece, hanno aderito per circa il 75% all’offerta argentina.
E ora, ci sarebbe da chiedersi, che cosa facciamo? Stock non ha fatto una piega al successo dell’iniziativa argentina e ha detto che “stiamo predisponendo gli strumenti più opportuni, ecc. ecc.”; insomma, in questi discorsi c’è una gran puzza di aria fritta alla quale poi in genere fa seguito una solenne fregatura.
Alcuni creditori che hanno fatto causa direttamente alla banca tramite la quale avevano effettuato l’investimento hanno avuto pienamente ragione in tribunale; ma ci vorrebbe una azione più massiccia per tentare di sistemare la gran massa di creditori italiani.
Mi punge vaghezza che, così come è stato con Cirio e come probabilmente sarà con Parmalat, chi ci rimette è sempre lo stesso: il povero cittadino indifeso e ignorante su cui si riversa tutta la vigliaccheria di questo mondo che ormai è abituato a vivere di rapine.
Vediamo ora come si comporterà il nostro governo nei confronti di quello statunitense!
Comunque sia, una giornata che avrebbe potuto essere piena di gioia si è trasformata in una tragedia mitigata dalla felicità per la liberazione di Giuliana: sono così arrabbiato che non mi va di continuare su questo tema e quindi affronto un altro argomento interessante: i “tango bond”.
Un breve passo indietro: negli anni ’90 il governo argentino emise delle obbligazioni ad un tasso molto vantaggioso per gli investitori che, in patria, vedevano arretrare i rendimenti dei titoli e delle obbligazioni consuete.
Molti di loro, si parla di 450.000 investitori solo in Italia – “consigliati” dalle Banche, o comunque non avvertiti della logica pericolosità dell’operazione – hanno aderito all’iniziativa ed hanno acquistato questi titoli che, per i primi anni, hanno reso quanto stabilito e successivamente, ormai sono quattro o cinque anni, non hanno più reso niente e sono diventati indisponibili anche in linea capitale.
Si è verificato il “default” (avrete letto questa parola mutuata dal linguaggio inglese dell’elettronica) e il governo argentino ha sostanzialmente dichiarato fallimento, o meglio si è dichiarato indisponibile a rimborsare le obbligazioni al loro valore facciale.
In un primo momento ha cercato (il governo argentino) di correlare la situazione delle obbligazioni con quella della carne argentina che l’Europa importava in modica quantità, in quanto utilizzatrice della carne continentale; successivamente si è compreso bene che era una sorta di ricatto, al quale i paesi dell’U.E. non potevano sottostare e, comunque, anche se fosse stato accettato, non comportava alcuna garanzia di contropartita da parte degli argentini.
Circa un anno fa il governo debitore ha fatto una proposta di riduzione del debito a circa il 30% del suo valore nominale e ha aggiunto una clausola capestro: o così o niente.
Due terzi dei debitori italiani – forse anche un po’ incazzati per la strafottenza argentina – non hanno aderito al piano del debitore e, “consigliati” da un certo Nicola Stock si sono messi in aperto contrasto con tutti gli altri creditori nel mondo che, invece, hanno aderito per circa il 75% all’offerta argentina.
E ora, ci sarebbe da chiedersi, che cosa facciamo? Stock non ha fatto una piega al successo dell’iniziativa argentina e ha detto che “stiamo predisponendo gli strumenti più opportuni, ecc. ecc.”; insomma, in questi discorsi c’è una gran puzza di aria fritta alla quale poi in genere fa seguito una solenne fregatura.
Alcuni creditori che hanno fatto causa direttamente alla banca tramite la quale avevano effettuato l’investimento hanno avuto pienamente ragione in tribunale; ma ci vorrebbe una azione più massiccia per tentare di sistemare la gran massa di creditori italiani.
Mi punge vaghezza che, così come è stato con Cirio e come probabilmente sarà con Parmalat, chi ci rimette è sempre lo stesso: il povero cittadino indifeso e ignorante su cui si riversa tutta la vigliaccheria di questo mondo che ormai è abituato a vivere di rapine.
venerdì, marzo 04, 2005
Automobili e dintorni
Il tempaccio che funesta in questi giorni l’Italia, mostra sempre più spesso automobili in panne sulle strade o autostrade innevate; motivo principale – oltre che la coltre spessa di neve e il ghiaccio – la mancanza di catene a bordo delle auto e sui camion che, pertanto, si trovano Il costrette a fermarsi, a volte in modo brusco e quindi intraversarsi, bloccando così la fila di auto che segue.
A vedere queste immagini in televisione mi sono venute in mente un paio di cose: la prima è che – con ogni probabilità – una buona percentuale di automobilisti avrebbe potuto benissimo fare a meno di usare l’auto per i suoi spostamenti e optare per altri mezzi. Mi si risponderà: se ce lo dicevano che le condizioni atmosferiche sarebbero diventate così inclementi! Ebbene, bisogna proprio vivere in cima al cocuzzolo di un monte e non avere disponibile alcun mezzo di comunicazione per “cadere dalle nuvole” sulla situazione meteorologica che è attualmente in atto e che è stata prevista dagli esperti con almeno cinque giorni di anticipo. Quindi, l’avventurarsi su strade e autostrade a bordo del proprio mezzo – senza catene – è sintomo di un sostanziale menefreghismo per la propria e l’altrui incolumità, salvo poi lamentarsi per la mancanza di tempestività dei soccorsi.
Ho visto anche un equipaggio del 118 che doveva recarsi a soccorrere qualcuno, fermo in attesa che qualcuno della sua Associazione gli recapitasse le famose catene. Ma come si fa ad uscire con l’ambulanza e non avere le catene?
In materia vorrei aggiungere questo: qual è l’elemento ostativo che impedisce di rendere obbligatorio – per tutto l’anno – la presenza delle catene a bordo di tutte le auto e, ovviamente, tanto più dei camion?
Ricordo che due o tre anni or sono si verificò tutto il problema del giubbetto catarifrangente che doveva essere acquistato, messo a bordo dell’auto e in una posizione che potesse essere indossato prima di scendere dalla macchina al buio o in presenza di nebbia. Guai se non ce l’hai sull’auto, rischi una bella multa!
Mi sembra che con poche decine di euro in più – ma poi ce ne rubano tanti, uno più uno meno – si potrebbe dotarsi tutti di catena da neve e, molto importante, imparare a metterle, perché altrimenti mi sembra inutile averle a bordo.
Ci sarà sempre il solito pignoletto che dirà; ma io tanto con la neve non uso l’auto e quindi non ne ho bisogno”; bene, ma è come il giubbetto catarifrangente, alla cui imposizione qualcuno avrebbe potuto osservare che “a lui non serve perché quando cala il sole oppure c’è la nebbia, lui è sempre in casa”.
Via, siamo seri, nessuno di noi può dire quello che farà domani, o per sua scelta o perché costrettovi da qualcosa di esterno a lui; quindi….
Sinceramente, l’adozione obbligatoria delle catene a bordo di auto e camion, anche se non risolverà tutti i problemi, credo che possa rivelarsi utile in queste circostanze.
Sempre a proposito del pianeta auto, ho letto alcuni giorni fa che in America la General Motor (quella del divorzio con la FIAT) ha costruito l’auto più potente mai realizzata: pensate raggiunge i 320 chilometri orari, velocità finora raggiunta solo dalle auto da corsa.
Bravi, complimenti, e poi cosa ci facciamo con questo mostro che – in qualunque Paese – dovrebbe essere vietato commercializzare?
Dobbiamo fare campagne per limitare la velocità delle auto e andiamo a pubblicizzare una macchina che cammina a questa velocità da Formula 1?
Mi auguro che questo mostro – ripeto, mostro – sia un prototipo e non esca mai dalla fabbrica, anche se mi disturba soltanto il fatto che sia stato costruito.
A vedere queste immagini in televisione mi sono venute in mente un paio di cose: la prima è che – con ogni probabilità – una buona percentuale di automobilisti avrebbe potuto benissimo fare a meno di usare l’auto per i suoi spostamenti e optare per altri mezzi. Mi si risponderà: se ce lo dicevano che le condizioni atmosferiche sarebbero diventate così inclementi! Ebbene, bisogna proprio vivere in cima al cocuzzolo di un monte e non avere disponibile alcun mezzo di comunicazione per “cadere dalle nuvole” sulla situazione meteorologica che è attualmente in atto e che è stata prevista dagli esperti con almeno cinque giorni di anticipo. Quindi, l’avventurarsi su strade e autostrade a bordo del proprio mezzo – senza catene – è sintomo di un sostanziale menefreghismo per la propria e l’altrui incolumità, salvo poi lamentarsi per la mancanza di tempestività dei soccorsi.
Ho visto anche un equipaggio del 118 che doveva recarsi a soccorrere qualcuno, fermo in attesa che qualcuno della sua Associazione gli recapitasse le famose catene. Ma come si fa ad uscire con l’ambulanza e non avere le catene?
In materia vorrei aggiungere questo: qual è l’elemento ostativo che impedisce di rendere obbligatorio – per tutto l’anno – la presenza delle catene a bordo di tutte le auto e, ovviamente, tanto più dei camion?
Ricordo che due o tre anni or sono si verificò tutto il problema del giubbetto catarifrangente che doveva essere acquistato, messo a bordo dell’auto e in una posizione che potesse essere indossato prima di scendere dalla macchina al buio o in presenza di nebbia. Guai se non ce l’hai sull’auto, rischi una bella multa!
Mi sembra che con poche decine di euro in più – ma poi ce ne rubano tanti, uno più uno meno – si potrebbe dotarsi tutti di catena da neve e, molto importante, imparare a metterle, perché altrimenti mi sembra inutile averle a bordo.
Ci sarà sempre il solito pignoletto che dirà; ma io tanto con la neve non uso l’auto e quindi non ne ho bisogno”; bene, ma è come il giubbetto catarifrangente, alla cui imposizione qualcuno avrebbe potuto osservare che “a lui non serve perché quando cala il sole oppure c’è la nebbia, lui è sempre in casa”.
Via, siamo seri, nessuno di noi può dire quello che farà domani, o per sua scelta o perché costrettovi da qualcosa di esterno a lui; quindi….
Sinceramente, l’adozione obbligatoria delle catene a bordo di auto e camion, anche se non risolverà tutti i problemi, credo che possa rivelarsi utile in queste circostanze.
Sempre a proposito del pianeta auto, ho letto alcuni giorni fa che in America la General Motor (quella del divorzio con la FIAT) ha costruito l’auto più potente mai realizzata: pensate raggiunge i 320 chilometri orari, velocità finora raggiunta solo dalle auto da corsa.
Bravi, complimenti, e poi cosa ci facciamo con questo mostro che – in qualunque Paese – dovrebbe essere vietato commercializzare?
Dobbiamo fare campagne per limitare la velocità delle auto e andiamo a pubblicizzare una macchina che cammina a questa velocità da Formula 1?
Mi auguro che questo mostro – ripeto, mostro – sia un prototipo e non esca mai dalla fabbrica, anche se mi disturba soltanto il fatto che sia stato costruito.
giovedì, marzo 03, 2005
Morti eccellenti
In questi tre o quattro giorni a cavallo tra febbraio e marzo, abbiamo avuto le morti di tre cittadini eccellenti della nostra Repubblica, di VIP, tanto per usare un termine moderno,
Si è cominciato con Mario Luzi, grande poeta del novecento, forse il più grande tra gli italiani, reso celebre prima dal fatto che tutti gli anni era candidato al Nobel e mai è riuscito a vincerlo, un anno addirittura battuto da Dario Fo; il secondo fatto che lo ha portato sui giornali è stato relativo ad una polemica di carattere politico che Luzi – nominato da Ciampi Senatore a vita - ha rivolto contro alcuni personaggi del governo – Berrlusconi, Fini e Gasparri – e questo mal si conciliava con l’effige che molti si erano fatti del personaggio: un vecchietto (vecchio lo era perché è morto a 90 anni), saggio e un po’ rincoglionito (non lo era affatto) che non sapeva niente del mondo che lo circondava, come se vivesse in un castello isolato dal mondo; invece il nostro Senatore era un uomo del suo mondo che desiderava vivere la vita il più intensamente possibile: vedovo da molti anni, si è spento serenamente nella notte e la sua morte è stata scoperta il mattino successivo dalla governante che arrivava per le normali pulizie.
La polemica è continuata anche dopo la sua morte: tutta una serie di personaggi – da Feltri a Cardini – si sono scatenati a consigliare Ciampi (tirarlo per la giacca come si usa dire adesso) circa il suo naturale sostituto, e mentre Feltri punta su Oriana Fallaci, Cardini sarebbe per lo storico Giorgio Spini: il “raccomandato” da Feltri creerebbe tante di quelle polemiche (com’è costume del giornalista milanese e della scrittrice fiorentina) che penso proprio Ciampi non abbia nessuna voglia di affrontare, mentre la scelta di Spini sarebbe più tranquilla per il nostro Presidente.
Gli altri due “morti eccellenti” sono stati Alberto Castagna e Corrado Pani; del primo si è addirittura interrotto il normale iter del Festival di Sanremo per affidare al povero Bonolis una sorta di commemorazione in diretta che c’entrava con la trasmissione quanto il cavolo a merenda.
Del personaggio si è ricordato le origini giornalistiche e la successiva trasformazione in intrattenitore di trasmissioni leggere, prima sulla RAI – di mattina – e successivamente con quella che gli ha dato la popolarità: “Stranamore” sulle reti Mediaset; alcuni anni fa ha avuto un brutto attacco di cuore dal quale non si è mai ripreso completamente, anche se aveva ricominciato la propria attività televisiva.
Del secondo, Corrado Pani, al di là delle doti di attore e delle cose riuscite che ha messo in scena su molti teatri italiani, è stato ricordato principalmente per due fatti: la partecipazione – non esaltante – al film “Pinocchio” di Benigni nel ruolo del Presidente del Tribunale e, soprattutto, la relazione con Mina che, negli anni ’60 scandalizzò l’Italia e dalla quale nacque un figlio, Massimiliano che, fortunatamente ha ricordato il padre con belle parole di affetto.
Il personaggio Pani è stato anche – ma direi soprattutto – un grande attore teatrale che ha lavorato con Ronconi, addirittura con Visconti e con Streheler: tutto questo le cronache giornalistiche tendono a minimizzarlo, per evidenziare le cose più “conosciute” dai lettori: il cinema e gli scandali.
Vogliamo fare una graduatoria dello spazio che i tre VIP hanno avuto – da morti – sui mass media? Allora, 1° Castagna, 2° Pani e 3° Luzi. Smettiamo di scandalizzarci e accettiamolo!
Si è cominciato con Mario Luzi, grande poeta del novecento, forse il più grande tra gli italiani, reso celebre prima dal fatto che tutti gli anni era candidato al Nobel e mai è riuscito a vincerlo, un anno addirittura battuto da Dario Fo; il secondo fatto che lo ha portato sui giornali è stato relativo ad una polemica di carattere politico che Luzi – nominato da Ciampi Senatore a vita - ha rivolto contro alcuni personaggi del governo – Berrlusconi, Fini e Gasparri – e questo mal si conciliava con l’effige che molti si erano fatti del personaggio: un vecchietto (vecchio lo era perché è morto a 90 anni), saggio e un po’ rincoglionito (non lo era affatto) che non sapeva niente del mondo che lo circondava, come se vivesse in un castello isolato dal mondo; invece il nostro Senatore era un uomo del suo mondo che desiderava vivere la vita il più intensamente possibile: vedovo da molti anni, si è spento serenamente nella notte e la sua morte è stata scoperta il mattino successivo dalla governante che arrivava per le normali pulizie.
La polemica è continuata anche dopo la sua morte: tutta una serie di personaggi – da Feltri a Cardini – si sono scatenati a consigliare Ciampi (tirarlo per la giacca come si usa dire adesso) circa il suo naturale sostituto, e mentre Feltri punta su Oriana Fallaci, Cardini sarebbe per lo storico Giorgio Spini: il “raccomandato” da Feltri creerebbe tante di quelle polemiche (com’è costume del giornalista milanese e della scrittrice fiorentina) che penso proprio Ciampi non abbia nessuna voglia di affrontare, mentre la scelta di Spini sarebbe più tranquilla per il nostro Presidente.
Gli altri due “morti eccellenti” sono stati Alberto Castagna e Corrado Pani; del primo si è addirittura interrotto il normale iter del Festival di Sanremo per affidare al povero Bonolis una sorta di commemorazione in diretta che c’entrava con la trasmissione quanto il cavolo a merenda.
Del personaggio si è ricordato le origini giornalistiche e la successiva trasformazione in intrattenitore di trasmissioni leggere, prima sulla RAI – di mattina – e successivamente con quella che gli ha dato la popolarità: “Stranamore” sulle reti Mediaset; alcuni anni fa ha avuto un brutto attacco di cuore dal quale non si è mai ripreso completamente, anche se aveva ricominciato la propria attività televisiva.
Del secondo, Corrado Pani, al di là delle doti di attore e delle cose riuscite che ha messo in scena su molti teatri italiani, è stato ricordato principalmente per due fatti: la partecipazione – non esaltante – al film “Pinocchio” di Benigni nel ruolo del Presidente del Tribunale e, soprattutto, la relazione con Mina che, negli anni ’60 scandalizzò l’Italia e dalla quale nacque un figlio, Massimiliano che, fortunatamente ha ricordato il padre con belle parole di affetto.
Il personaggio Pani è stato anche – ma direi soprattutto – un grande attore teatrale che ha lavorato con Ronconi, addirittura con Visconti e con Streheler: tutto questo le cronache giornalistiche tendono a minimizzarlo, per evidenziare le cose più “conosciute” dai lettori: il cinema e gli scandali.
Vogliamo fare una graduatoria dello spazio che i tre VIP hanno avuto – da morti – sui mass media? Allora, 1° Castagna, 2° Pani e 3° Luzi. Smettiamo di scandalizzarci e accettiamolo!
lunedì, febbraio 28, 2005
Zibaldone n.3/2005
In questo terzo zibaldone del 2005, affronterò tre argomenti che – in questi ultimi tempi – hanno destato il mio, e spero il vostro, interesse.
Il PRIMO riguarda l’afonia che ha colpito il Santo Padre, ultimo di tutta una serie di malanni che ha avuto in questi ultimi anni.
Se guardiamo bene Giovanni Paolo II non è stato più “molto bene” dopo l’attentato di Alì Agca; questa pistolettata – che secondo le profezie di Fatima era il terzo segreto della pastorella portoghese – sembrerebbe quasi contenete un qualcosa che non ha più fatto star bene il Pontefice.
All’epoca, ricorderete, si parlò dei servizi segreti dell’est che avrebbero armato la mano del giovane turco; ebbene, se mi si consente il paragone, mi sembra quasi che l’avvelenamento da diossina del presidente ucraino – anch’esso imputato al KGB – possa paragonarsi a questa strana forma di “ammaliamento” che, piano piano, si è sparso per tutto il corpo del Papa. Fantapolitica? Può darsi!
Il SECONDO argomento prende l’avvio da una intervista rilasciata da Barbara Berlusconi (20 anni, figlia del Presidente del Consiglio), nella quale la giovane dichiara, testualmente, “Papà voleva che collaborassi con lui in politica, ma ho deciso di non accettare perché non mi sento ancora pronta”. E poi ancora: “Trovo che la politica sia interessante, ma per riuscire a farla attivamente e consciamente bisogna essere più maturi e con esperienza di vita maggiore”
Possiamo dire con certezza che con queste risposte la ragazza mostra di avere del sale in zucca; mi fa arrabbiare soltanto il fatto che una ragazzina come lei possa avere la possibilità di intraprendere una strada che per molte persone – o per passione o per i soldi – rappresenta un miraggio irraggiungibile.
Un’ultima cosa: la bella Barbara – che vorrebbe fare l’attrice di cinema – è proprio certa che l’augusto genitore sia in possesso di quelle qualità che lei dice di non avere?
Il TERZO e ultimo argomento riguarda ancora una volta la giustizia e, in particolare, l’attività della magistratura; il tutto prende l’avvio da una intervista rilasciata dal Procuratore Generale di Milano, Blandini – sostituto del celebre Borrelli – il quale riafferma una frase fatta del tipo “la nostra giustizia è applicare la legge, non i sondaggi TV”, nella quale - a parte l’ovvietà, mischiata con una bella dose di spocchia, della seconda parte della frase – viene riaffermata l’unica dipendenza dei giudici dalla legge.
Peccato che proprio pochi giorni fa, vedi il mio post del 25 febbraio, un G.U.P. (Giudice dell’udienza preliminare) ha applicato sicuramente la legge, ma in senso sfavorevole, e di molto, all’imputato, addirittura comminando una pena di un terzo superiore a quella richiesta dal P.M. e argomentando questa sua decisione con una diversa visione nell’applicazione della pena.
In questo modo di applicare la legge, ho trovato sicuramente grande diversità rispetto ai 16 anni inflitti a Ruggero Jucker (massacratore della fidanzata) in appello, dopo i 30 in primo grado ed anche ai 20 anni comminati a Vito Cosco, reo di aver ucciso quattro persone, tra le quali una bimba di due anni. Queste due sentenze hanno entrambe alimentato grandi polemiche e proteste del pubblico, in specie dei parenti delle vittime.
Con questo non voglio dire che il G.U.P. di cui sopra ha presieduto “un tribunale del popolo” (tanto aborrito dal P.G.) ma certamente è andato incontro, volutamente o meno, ai sentimenti del popolo e non mi sembra che abbia fatto qualcosa di scandaloso, anzi!
Sempre ricordando che tutti questi giudici, dal grande P.G. Blandini in giù, amministrano giustizia “in nome del popolo italiano”.
Il PRIMO riguarda l’afonia che ha colpito il Santo Padre, ultimo di tutta una serie di malanni che ha avuto in questi ultimi anni.
Se guardiamo bene Giovanni Paolo II non è stato più “molto bene” dopo l’attentato di Alì Agca; questa pistolettata – che secondo le profezie di Fatima era il terzo segreto della pastorella portoghese – sembrerebbe quasi contenete un qualcosa che non ha più fatto star bene il Pontefice.
All’epoca, ricorderete, si parlò dei servizi segreti dell’est che avrebbero armato la mano del giovane turco; ebbene, se mi si consente il paragone, mi sembra quasi che l’avvelenamento da diossina del presidente ucraino – anch’esso imputato al KGB – possa paragonarsi a questa strana forma di “ammaliamento” che, piano piano, si è sparso per tutto il corpo del Papa. Fantapolitica? Può darsi!
Il SECONDO argomento prende l’avvio da una intervista rilasciata da Barbara Berlusconi (20 anni, figlia del Presidente del Consiglio), nella quale la giovane dichiara, testualmente, “Papà voleva che collaborassi con lui in politica, ma ho deciso di non accettare perché non mi sento ancora pronta”. E poi ancora: “Trovo che la politica sia interessante, ma per riuscire a farla attivamente e consciamente bisogna essere più maturi e con esperienza di vita maggiore”
Possiamo dire con certezza che con queste risposte la ragazza mostra di avere del sale in zucca; mi fa arrabbiare soltanto il fatto che una ragazzina come lei possa avere la possibilità di intraprendere una strada che per molte persone – o per passione o per i soldi – rappresenta un miraggio irraggiungibile.
Un’ultima cosa: la bella Barbara – che vorrebbe fare l’attrice di cinema – è proprio certa che l’augusto genitore sia in possesso di quelle qualità che lei dice di non avere?
Il TERZO e ultimo argomento riguarda ancora una volta la giustizia e, in particolare, l’attività della magistratura; il tutto prende l’avvio da una intervista rilasciata dal Procuratore Generale di Milano, Blandini – sostituto del celebre Borrelli – il quale riafferma una frase fatta del tipo “la nostra giustizia è applicare la legge, non i sondaggi TV”, nella quale - a parte l’ovvietà, mischiata con una bella dose di spocchia, della seconda parte della frase – viene riaffermata l’unica dipendenza dei giudici dalla legge.
Peccato che proprio pochi giorni fa, vedi il mio post del 25 febbraio, un G.U.P. (Giudice dell’udienza preliminare) ha applicato sicuramente la legge, ma in senso sfavorevole, e di molto, all’imputato, addirittura comminando una pena di un terzo superiore a quella richiesta dal P.M. e argomentando questa sua decisione con una diversa visione nell’applicazione della pena.
In questo modo di applicare la legge, ho trovato sicuramente grande diversità rispetto ai 16 anni inflitti a Ruggero Jucker (massacratore della fidanzata) in appello, dopo i 30 in primo grado ed anche ai 20 anni comminati a Vito Cosco, reo di aver ucciso quattro persone, tra le quali una bimba di due anni. Queste due sentenze hanno entrambe alimentato grandi polemiche e proteste del pubblico, in specie dei parenti delle vittime.
Con questo non voglio dire che il G.U.P. di cui sopra ha presieduto “un tribunale del popolo” (tanto aborrito dal P.G.) ma certamente è andato incontro, volutamente o meno, ai sentimenti del popolo e non mi sembra che abbia fatto qualcosa di scandaloso, anzi!
Sempre ricordando che tutti questi giudici, dal grande P.G. Blandini in giù, amministrano giustizia “in nome del popolo italiano”.
domenica, febbraio 27, 2005
Il futuro è dei vecchi
Anzitutto chiariamo il nocciolo del problema: stiamo parlando di vecchi, o anziani come si dice adesso con un tono compassionevole, ed in questa categoria vengono classificate le persone che superano i 65 anni di età.
Prendo lo spunto da una intervista rilasciata da Monorchio, ex Ragioniere Generale dello Stato e adesso a capo dell’Osservatorio della terza età; la prima dichiarazione che mi lascia stupefatto è che – fatti tutti i conti – l’Italia è il Paese più anziano del mondo: me lo dice una tale autorità ed io ci credo.
Alcuni dati: nel 2011 gli anziani saranno il 20,7% dei residenti italiani; nel 2030 tale percentuale si porterà verso il 30%, superando addirittura il numero della generazione di mezzo (30-59 anni) ed infine nel 2050 gli ultra sessantacinquenni raggiungeranno il 35% degli abitanti, e di questi 8 milioni avranno più di 80 anni e 2 milioni più di 90.
Già da questi dati si avverte subito che il problema è imponente, sia sotto il profilo previdenziale che sotto quello sanitario; anche perché – ripetendo una frase che ho inventato io (modestia a parte) – la scienza moderna non ha allungato la vita ma ha semplicemente allontanato la morte.
Cioé, mi spiego meglio, questa massa di anziani non è rinfrancato da un giovanilismo che è, purtroppo, solo di facciata, ma ha tutte le problematiche e tutti gli acciacchi di una persona di quell’età, nessuno escluso.
Tra le varie iniziative che questo “Osservatorio” sta mettendo in piedi, ce n’è una che – secondo me - merita particolare attenzione: la creazione di una sorta di decalogo (dieci sono infatti i punti presi in esame) che sfocia in un “contratto” che le associazioni stanno cominciando a sottoporre ai politici impegnati nelle prossime elezioni; e la raccomandazione che viene dall’Osservatorio è netta: “Votate solo chi accetta il decalogo”.
Non ho lo spazio per esaminare tutti e dieci i punti, ma ce ne sono quattro che secondo me meritano particolare attenzione: il PRIMO chiede l’istituzione di un “Ministero per la terza età”, il SECONDO rivendica l’istituzione di un fondo per i non autosufficienti per 1,5 miliardi di euro l’anno; il TERZO riguarda l’istituzione di un “voucher” per le prestazioni specialistiche che non si riescono ad avere a causa delle liste di attesa, come dire che se è difficile attendere per un giovane, per un anziano è veramente intollerabile.
Il QUARTO punto riguarda i “percorsi formativi riconosciuti per le badanti”, questa nuova figura a cavallo tra la profilassi e l’assistenza, che sta prendendo sempre più piede nel mondo degli anziani.
Per quest’ultimo problema c’è qualche politico che ha già dichiarato la propria disponibilità: si tratta del sottosegretario al Welfare, Maria Grazia Sestini, che oltre ad avere espresso apprezzamento per l’intero decalogo, ha annunciato che il suo Ministero ha già in fase avanzata lo studio per l’istituzione di un “albo delle badanti”.
Non voglio essere così demagogico da sottoscrivere la dichiarazione di un membro della sinistra “macché Ponte sullo Stretto, con quei soldi pensiamo agli anziani”, anche perché i problemi sono di natura diversa e quindi non sovrapponibili; caso mai posso dire, anzi ribadire perché l’ho detto altre volte, che gli argomenti che dovrebbero essere in cima alla lista delle cose da risolvere sono: i malati, gli anziani e i bambini (leggasi giovani).
Queste tre problematiche ovviamente non nell’ordine che le ho scritte ma tutte insieme, formano una sorta di “obbligo di risoluzione” e quindi sono – a mio modo di vedere – all’apice delle cose cui mettere mano, e alla svelta; chi non lo fa non è degno di governare un paese.
Prendo lo spunto da una intervista rilasciata da Monorchio, ex Ragioniere Generale dello Stato e adesso a capo dell’Osservatorio della terza età; la prima dichiarazione che mi lascia stupefatto è che – fatti tutti i conti – l’Italia è il Paese più anziano del mondo: me lo dice una tale autorità ed io ci credo.
Alcuni dati: nel 2011 gli anziani saranno il 20,7% dei residenti italiani; nel 2030 tale percentuale si porterà verso il 30%, superando addirittura il numero della generazione di mezzo (30-59 anni) ed infine nel 2050 gli ultra sessantacinquenni raggiungeranno il 35% degli abitanti, e di questi 8 milioni avranno più di 80 anni e 2 milioni più di 90.
Già da questi dati si avverte subito che il problema è imponente, sia sotto il profilo previdenziale che sotto quello sanitario; anche perché – ripetendo una frase che ho inventato io (modestia a parte) – la scienza moderna non ha allungato la vita ma ha semplicemente allontanato la morte.
Cioé, mi spiego meglio, questa massa di anziani non è rinfrancato da un giovanilismo che è, purtroppo, solo di facciata, ma ha tutte le problematiche e tutti gli acciacchi di una persona di quell’età, nessuno escluso.
Tra le varie iniziative che questo “Osservatorio” sta mettendo in piedi, ce n’è una che – secondo me - merita particolare attenzione: la creazione di una sorta di decalogo (dieci sono infatti i punti presi in esame) che sfocia in un “contratto” che le associazioni stanno cominciando a sottoporre ai politici impegnati nelle prossime elezioni; e la raccomandazione che viene dall’Osservatorio è netta: “Votate solo chi accetta il decalogo”.
Non ho lo spazio per esaminare tutti e dieci i punti, ma ce ne sono quattro che secondo me meritano particolare attenzione: il PRIMO chiede l’istituzione di un “Ministero per la terza età”, il SECONDO rivendica l’istituzione di un fondo per i non autosufficienti per 1,5 miliardi di euro l’anno; il TERZO riguarda l’istituzione di un “voucher” per le prestazioni specialistiche che non si riescono ad avere a causa delle liste di attesa, come dire che se è difficile attendere per un giovane, per un anziano è veramente intollerabile.
Il QUARTO punto riguarda i “percorsi formativi riconosciuti per le badanti”, questa nuova figura a cavallo tra la profilassi e l’assistenza, che sta prendendo sempre più piede nel mondo degli anziani.
Per quest’ultimo problema c’è qualche politico che ha già dichiarato la propria disponibilità: si tratta del sottosegretario al Welfare, Maria Grazia Sestini, che oltre ad avere espresso apprezzamento per l’intero decalogo, ha annunciato che il suo Ministero ha già in fase avanzata lo studio per l’istituzione di un “albo delle badanti”.
Non voglio essere così demagogico da sottoscrivere la dichiarazione di un membro della sinistra “macché Ponte sullo Stretto, con quei soldi pensiamo agli anziani”, anche perché i problemi sono di natura diversa e quindi non sovrapponibili; caso mai posso dire, anzi ribadire perché l’ho detto altre volte, che gli argomenti che dovrebbero essere in cima alla lista delle cose da risolvere sono: i malati, gli anziani e i bambini (leggasi giovani).
Queste tre problematiche ovviamente non nell’ordine che le ho scritte ma tutte insieme, formano una sorta di “obbligo di risoluzione” e quindi sono – a mio modo di vedere – all’apice delle cose cui mettere mano, e alla svelta; chi non lo fa non è degno di governare un paese.