sabato, maggio 31, 2014
I RAGAZZI NEL GORGO DEL WEB
La vicenda: lei 13
anni, studentessa delle medie, lui 15, il più bello di tutta la compagnia, il
più “grande”, il più spregiudicato. Ecco come si rivolge alla sua fidanzatina:
“se non mi mandi i tuoi filmini su WhatsApp ti mollo”.
Come si fa a dire di
no ad un così cortese invito! La ragazzina acconsente e invia quanto richiesto,
peccato che quelle immagini – a dir poco scandalose .- in poco tempo abbiano
fatto il giro dei cellulari della scuola, poi della Provincia dove ha sede la
scuola, infine di mezza Italia.
È stata la madre della
ragazzina a raccontare tutta la vicenda agli investigatori: era preoccupata che
questi scatti scandalosi girassero tra gli amici della figlia e i suoi timori erano fondati: nell’etere c’erano
tre filmini e una diecina di foto in cui la ragazzina era la protagonista e che
non lasciavano nulla all’immaginazione.
Gli uomini della
squadra mobile hanno incontrato la ragazzina e ne hanno raccolto il disperato
sfogo e la successiva richiesta di aiuto; lei, appena adolescente – ripeto 13
anni – ha confessato di essere finita in una trappola tesa con l’inganno dal
suo “innamorato” poco più grande di lei.
Cosa succedeva? Un
pegno d’amore, quello che lui le chiedeva, ma una volta ottenuto ciò che voleva,
lui aveva subito provveduto a girarlo a diversi amici, soprattutto per
vantarsene.
Gli agenti di polizia
hanno segnalato e indagato decine di ragazzini che avevano ricevuto le immagini
della giovane sui propri smartphone e le avevano diffuse, o comunque non le
avevano cancellate dalla memoria del proprio telefono.
Come si è giustificato
il novello Casanova quando si è trovato di fronte ai poliziotti? “Sono cose tra
ragazzi, a lei piace mostrarsi, era accondiscendente”, si è giustificato il quindicenne,
affiancato dai genitori, di fronte agli inquirenti.
Le indagini, durate
alcuni mesi, hanno permesso di sequestrare il materiale e bloccarne la
diffusione.
I protagonisti di
questa storiaccia – tutti minorenni – sono stati ascoltati sempre in modalità
“protetta” con l’ausilio di operatori specializzati e di psicologi.
La ragazzina, dopo un
lunghissimo periodo di assenza dovuto alla profonda vergogna e dopo aver
partecipato ad un apposito percorso di reinserimento, ora è tornata a sedersi
nel suo banco di scuola, dove cerca di dimenticare, se possibile, l’incubo (o
meglio il “gorgo” come nel titolo) in cui era sprofondata.
Ovviamente si sono
scatenate le polemiche più disparate, con chi è contrario a qualsiasi controllo
della “rete” e chi auspicherebbe invece una qualche forma di controllo almeno
per i giovani che sono i più esposti a queste forme di ricatto.
Il mio modesto parere
è che la “rete” è così e così deve restare, altrimenti verrebbe snaturata; caso
mai guardiamo come è possibile “educare” gli utilizzatori di questo formidabile
e pericolosissimo strumento; e qui entrano in ballo sia gli educatori per
professione (gli insegnanti) e sia quelli per natura (i genitori).
Insegnare ai giovani a
tenersi ben stretta la propria intimità e, con quella, la propria immagine
“pubblica”; non si dimentichi che queste forme di “ricatto” provengono da
debolezze del ricattato, debolezze che hanno origine proprio da una
caratteristica che ha il cyberspazio, quella di tenere registrato
indelebilmente tutti i bit che gli vengono immessi, fino a quando qualche mano
misericordiosa non provvede alla “pulizia”.
Quindi, insegnate ai
vostri ragazzi a tenere cara la propria intimità!!
giovedì, maggio 29, 2014
IL GAS RUSSO AI CINESI
Ricordate Kondorkoskij, l’oligarca russo
della Yukos che aveva osato sfidare il Cremino facendosi una ventina di anni di
galera, parte in Siberia? Ebbene, al giorno d’oggi si trova in occidente, pieno
di soldi e assiste al completamento del “suo” gasdotto siberiano destinato a
rivoluzionare i rapporti energetici tra occidente e oriente.
Il gasdotto siberiano – costo 80/miliardi di
dollari – della lunghezza di oltre 5/mila chilometri, dovrebbe arrivare
addirittura a Shanghai spostando così a favore della Cina i rapporti secolari
della Russia con l’Europa e l’Asia.
Dopo 10 anni di trattative, è stato firmato
un accordo tra Russia e Cina in forza
del quale la prima riceverà 400/miliardi di dollari per fornire alla Cina
38/miliardi di metri cubi all’anno di gas, a partire dal 2018 e per la durata
di 30 anni.
Questo rinnovato interesse per le intese con la Cina, potrebbe non finire
qui: si sta parlando, al momento solo a livello di trattativa, di un interesse
cinese per la Rosneft,
il colosso petrolifero russo; e così gli equilibri energetici globali
cambierebbero, con la Russia
che volge il proprio interesse verso la
Cina e tutto questo a danno, ovviamente dell’Europa, quel
continenti – non si scordi – che nella recente crisi con l’Ucraina, si è
schierato nettamente contro la
Russia; questo è il risultato e credo che fosse facile
prevederlo.
E così Putin, il più filo-occidentale degli
“zar” che si sono susseguiti al Cremino, volta le spalle all’occidente e volge
lo sguardo – e soprattutto gli interessi – verso un mercato nuovo e forse più
appetitoso, quello dell’altro colosso, la Cina.
Questo sommovimento nelle strategie delle
fonti energetiche può creare difficoltà all’Europa? Direi senz’altro di sì,
anche sulla scorta di quanto tanti economisti rilanciano in base ai dati che
vogliono le fonti energetiche alla base dello sviluppo di ogni economia.
Per la verità, l’Italia con il suo 11,2% è il
Paese che si approvvigiona meno del gas Russo, al pari, o quasi, della Francia
(15,6); i più esposti sembrano essere i paesi dell’Europa Centrale e gli ex
appartenenti al Patto di Varsavia: Gerrmania (35,7%) Austria (71%), Grecia (59,5%)
Ungheria (43,7%); tutti gli altri dipendono dal gas russo con percentuali che
oscillano tra l’80 e il 100%.
Naturalmente, al momento dell’entrata in
vigore del nuovo accordo tra Russia e Cina, quest’ultima potrà annoverarsi tra
i paesi maggiormente dipendenti da Mosca, con una percentuale di circa il 75%.
E noi? Ha scritto Romano Prodi in tempi
recentissimi che “l’Italia, assurdamente, non è un paese povero di petrolio e
di gas ma preferisce importarli piuttosto che aumentare la produzione interna”;
nell’ultimo decennio abbiamo pagato all’estero 500/miliardi di euro per
procurarci la necessaria energia, un lusso che dobbiamo sicuramente rivedere. È
chiaro che il lusso di impedire qualsiasi “novità” sull’onda della puzza al
naso, non può certamente durare: chiaramente il pozzo petrolifero vicino alle
coste non è bello, ma poi quando si torna a casa si chiede il gas e l’energia
per vivere e la benzina per potersi spostare; continuare a comprare tutto dagli
altri, prima di tutto ci espone a rischi anche ricattatori e poi ci costa molto
di più di quanto ci verrebbe a costare l’energia da noi stessi prodotta.
L’ultimo caso è quello del gasdotto che
dovrebbe portare il metano dell’Azerbaijan fino alle coste della Puglia: la
comunità locale non lo vuole e quindi la politica locale si adegua; il motivo
trainante: minaccerebbe l’accoppiamento delle tartarughe marine!!
martedì, maggio 27, 2014
DIFFICILE COESISTENZA
Si parla da ogni parte che è necessario
coesistere con culture e religioni diverse; in teoria è un concetto
giustissimo, ma nella pratica delle cose, il tutto si complica enormemente e
ogni “parte” è pronta ad erigere un muro sempre più alto in modo che l’altro
non possa scavalcarlo.
Prendete ad esempio la vicenda delle
liceali rapite in Nigeria: il motivo è
semplicissimo e si riferisce al semplice fatto che alle donne musulmane non è
consentito frequentare una scuola e quindi l’essere “liceali” è già un peccato
che viene bollato dalle legge islamica con i più feroci sistemi e diventa
addirittura un “reato”
Dunque, siamo in un liceo nigeriano e 300
ragazze che lo frequentano – tutte di religione musulmana – vengono rapite da
un gruppo armato denominato “Boko Haram” facente capo al leader fondamentalista
Abubakar Shekau, diventato famoso nel
mondo per l’efferatezza delle sue azioni verso cristiani e altre religioni.
La prima idea è quella di suddividere il
gruppo in tanti gruppetti da 8 o 10 componenti, ciascuno dei quali viene
inviato in un mercato in Camerum per fare in modo che le sue componenti vengano
“comprate” come schiave da adibire a lavori domestici oppure a pratiche
sessuali (già, ancora esiste questo nel nostro bellissimo e disgraziato
Mondo!).
Comincia subito una mobilitazione
internazionale che ai delinquenti sequestratori fa cambiare idea: anziché
prendere del denaro, perché non utilizziamo queste ragazze per scambiarle con
alcuni prigionieri politici incarcerati
in Nigeria e in altri Paesi africani?
L’idea non è male e la banda si sposta su
questa iniziativa, muovendo tutto il proprio gruppo per fare pressione in
questo senso; la Nigeria,
però, dice subito – con encomiabile fermezza – che non accetta di trattare con
il gruppo di terroristi “Boko Haram” e quindi il problema resta aperto.
Intanto le 300 ragazze sono ancora
imprigionate da questa banda di terroristi e la mobilitazione delle coscienze
nel mondo occidentale non si placa; alcuni paesi cominciano anche a mettere in
piedi una sorta di “idea”: mobilitare delle forze tattiche internazionali e
fare una specie di blitz per liberare le ragazze; ovviamente il pericolo di
rappresaglia è altissimo e quindi al momento non se ne parla più, anche se
l’opzione resta aperta.
Nel
contesto dell’operazione sopra indicata, alcuni Paesi – tra i quali l’America, la Francia, l’Inghilterra e la Cina – hanno inviato in
Nigeria gruppi di specialisti delle forze armate, appartenenti all’intelligence
ed alle forze speciali; questo a dimostrazione che se non ci fosse altra via
percorribile, l’opzione della liberazione con la forza verrebbe ripresa.
Peraltro,
il presidente nigeriano Jonathan Goodluck che pure ha chiesto al mondo intero
di inviare truppe per la liberazione delle ragazze, frena le forze speciali che
già sono presenti sul suo territorio, non concedendo loro una piena libertà
d’azione e quindi facendo perdere del tempo prezioso.
Anche
Papa Francesco si è unito agli appelli internazionali, redigendo un tweet in
cui afferma “uniamoci nella preghiera per l’immediato rilascio delle liceali
rapite in Nigeria”.
Intanto
il gruppo Boko Haram ha annunciato festante che tutte le 300 ragazze sono state
convertite all’Islam; vi lascio immagine quale “libertà di coscienza” possa
stare alla base di questa “conversione”; insomma, il fatto è grave ed è ancora
in sospeso.
domenica, maggio 25, 2014
IL PROBLEMA E' SEMPRE LO STESSO: IL LAVORO
Lo scossone della
caduta del Pil sembra essere dimenticato – almeno fino alla prossima
rilevazione – ma il problema di questo dannato 0.1% in meno ha messo in crisi
tutto il sistema: il meccanismo è come sempre chiaro e prende le mosse dai
consumi, i quali determinano – con l’aumentare degli acquisti – un incentivo alle
aziende a produrre più merce in quanto aumentano le richieste; ovviamente se il
meccanismo si inceppa e fa segnare il segno meno ad una di queste componenti,
il risultato è in caduta e infatti il lavoro non è aumentato di un decimale ma
anzi, sembra segnare una pericolosa stagnazione.
Il Governo ha
presentato il famoso Jobs Act, meglio conosciuto come provvedimento sul lavoro,
dopo che le due camere si sono accapigliate su alcuni punti che, di fatto, non
mi appaiono come essenziali per un buon funzionamento della normativa.
A questo proposito, se
prendete un ragazzo in fila a un centro di primo impiego e gli chiedete che
cosa pensa della discussione conclusa da poco tempo alla Camera sul Decreto
Polertti, sapete cosa risponderà? “L’importante è lavorare!!”; se continuate
nelle domande agli altri giovani in fila, potrete accertare che le risposte
sono pressoché analoghe, perché le regole contano, certo che contano, ma alla
fine dei giochi, ai ragazzi che stanno senza far niente interessa non restare
con le mani in mano e cominciare ad entrare nel mondo del lavoro.
Siamo in presenza di
cifre “mostruose”: il 40% dei giovani non ha lavoro e quindi affermare che
siamo in “emergenza” è solo una scomoda verità; e accanto a questi giovani ci
sono tantissime famiglie che sono a loro volta impotenti nell’aiuto da dare ai
figli: va bene la paghetta, ma non si può certo continuare in eterno con questi
sistemi.
Ed allora diciamo
chiaro che il premier – che sembra essersi reso conto di questa realtà – fa
bene a spingere sull’acceleratore per fare in modo che la riforma del lavoro
vada in porto prima possibile e se ne possa constatare i benefici al più presto.
L’importante, per
tutti, sarà avere presente il primo interesse dei giovani, cioè lavorare e per
fare questo mi sembra che il ministro Poletti sia la persona giusta, in quanto
proveniente dallo stesso mondo del lavoro
che si cerca di regolamentare; lui stesso, che viene definito “padrone di
sinistra”, conosce quindi molto bene la situazione delle fabbriche e di coloro
che le frequentano.
L’imprenditore, come
ho accennato all’inizio di questo mio poso, ha interesse ad assumere mano
d’opera se ha la possibilità di aprire nuove linee di montaggio o altri
marchingegni che portino ad una maggiore produttività la propria azienda; ma
tutto questo solo se alla fine dei giochi, c’è qualcuno che sia interessato ad
acquistare questi prodotti che vengono realizzati; finora si batteva il ferro
dell’esportazione, ma al momento questa strada sembra impraticabile; anzi, i
dati ci dicono che la cadute – sia pure leggera – del Pil sia dipesa
esclusivamente da una analoga caduta del mercato delle esportazioni, dato che quello
interno avrebbe retto abbastanza berne.
Insomma, come si vede,
il tutto è legato insieme da fili sottili ma resistenti che intrecciano il
futuro dei giovani – e dei meno giovani – agli acquisti che la massaia può
permettersi in più rispetto a quelli che ha fatto finora.
Sembra un assurdo ma
l’economia lega le azioni del singolo in modo a volte incomprensibile ad un
esame superficiale e per agire in questo comparto dell’economia bisogna tenere
presenti tutte le componenti che vi partecipano.
Insomma, il lavoro
deve riprendere, altrimenti si va a fondo!!