martedì, aprile 07, 2009
IL TERREMOTO
Nella notte tra domenica e lunedì, precisamente alle 3,32, la terra ha tremato in Abruzzo, magnitudo 5.8, epicentro Paganica, a pochi chilometri da L’Aquila, distruggendo una serie di piccolo paesi vicini al capoluogo della regione e facendo danni immensi nel centro della città; i morti al momento in cui scrivo sfiorano le 200 unità, i feriti 1500 e i senza tetto superano i 50.000.
Come si può capire da questi numeri siamo in presenza di una autentica catastrofe alla quale possiamo al momento contrapporre solo degli aiuti per gli sfollati e delle promesse di una pronta ricostruzione dell’intero patrimonio abitativo.
Però, un paio di commenti sull’evento me li dovete concedere: anzitutto dobbiamo notare l’enorme affetto che il mondo intero ci sta riversando addosso; da tutte le parti piovono offerte di aiuti e grandissima solidarietà. Questo ritengo che dipenda dalla solidarietà che abbiamo offerto agli altri nei “loro” momenti di bisogno: della serie “chi compie un atto di generosità verrà ripagato nel medesimo senso”.
Ma in mezzo a tutto questo fiorire di iniziative solidaristiche, non poteva mancare la polemica, aspra e delicata al tempo stesso: un tecnico che dice di essere dipendente dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare, ma che lo stesso Ente smentisce di averlo tra i collaboratori, afferma che tramite le sue ricerche – sembra che impieghi una tecnica che ricerca il radon nell’aria, un gas che secondo lui anticiperebbe il sisma – avrebbe previsto, nella notte fatidica, cioè verso la mezzanotte, il tragico evento che si sarebbe verificato tre ore dopo; a parte che tutti gli scienziati non concordano su questa tecnica e a parte anche il fatto che analoga “profezia” era stata fatta nei giorni precedenti per la città di Sulmona (pensate se fosse stata evacuata), le tre ore di anticipo sul terremoto non mi sembra che consentano grandi manovre.
A questo proposito, cioè la previsione dei terremoti, c’è da dire che la Cina mi sembra essere all’avanguardia di tali sperimentazioni: il 4 febbraio del 1975 i sismologi e geofisici cinesi previdero luogo, ora e intensità di un sisma, grazie a misurazioni e raccolte dati nei 5 anni precedenti: come reazione, il governo evacuò la città di Hai Cheng evitando un’ecatombe data la particolare intensità del sisma (magnitudo 7.3).
Peccato che gli stessi scienziati cinesi non sapessero prevedere poco più di un anno dopo (28 luglio 1976) il sisma di magnitudo 8.2 che rase al suolo la città di Tangshan facendo 800mila morti.
Nel mondo la maggiore prova di “attitudine” alla lotta ai terremoti credo che ci pervenga dal Giappone, dove anziché spendere tutti quei soldi per la rilevazione di dati “preventivi”, compilano una mappa delle zone a rischio e in quelle aree impongono un tipo di costruzione antisismica fino al nono grado di magnitudo.
Purtroppo da noi abbiamo dei secoli di ritardo su questo sistema; non a caso si è visto che nelle riprese televisive, le macerie risultano composte quasi interamente da calcinacci di materia non cementizzata, eppure tutto l’Abruzzo è considerato zona a rischio sismico, così come tante altre parti d’Italia: chi ha controllato?
Quindi, a mio giudizio, quello che chiede la gente che ha subito – ma anche quella che ha “visto” – le tragiche situazioni derivate dal sisma, è una attenta e rigida applicazione della tecnica di costruzione antisismica nelle zone a rischio; che poi non sia una cosa semplice entrare a regime in qualche decennio, posso essere d’accordo (si tratta di regole e di miliardi), ma sono anche certo che finché non si comincia non si potrà mai arrivare in fondo; e questo è quello che chiedono i morti de L’Aquila.
Come si può capire da questi numeri siamo in presenza di una autentica catastrofe alla quale possiamo al momento contrapporre solo degli aiuti per gli sfollati e delle promesse di una pronta ricostruzione dell’intero patrimonio abitativo.
Però, un paio di commenti sull’evento me li dovete concedere: anzitutto dobbiamo notare l’enorme affetto che il mondo intero ci sta riversando addosso; da tutte le parti piovono offerte di aiuti e grandissima solidarietà. Questo ritengo che dipenda dalla solidarietà che abbiamo offerto agli altri nei “loro” momenti di bisogno: della serie “chi compie un atto di generosità verrà ripagato nel medesimo senso”.
Ma in mezzo a tutto questo fiorire di iniziative solidaristiche, non poteva mancare la polemica, aspra e delicata al tempo stesso: un tecnico che dice di essere dipendente dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare, ma che lo stesso Ente smentisce di averlo tra i collaboratori, afferma che tramite le sue ricerche – sembra che impieghi una tecnica che ricerca il radon nell’aria, un gas che secondo lui anticiperebbe il sisma – avrebbe previsto, nella notte fatidica, cioè verso la mezzanotte, il tragico evento che si sarebbe verificato tre ore dopo; a parte che tutti gli scienziati non concordano su questa tecnica e a parte anche il fatto che analoga “profezia” era stata fatta nei giorni precedenti per la città di Sulmona (pensate se fosse stata evacuata), le tre ore di anticipo sul terremoto non mi sembra che consentano grandi manovre.
A questo proposito, cioè la previsione dei terremoti, c’è da dire che la Cina mi sembra essere all’avanguardia di tali sperimentazioni: il 4 febbraio del 1975 i sismologi e geofisici cinesi previdero luogo, ora e intensità di un sisma, grazie a misurazioni e raccolte dati nei 5 anni precedenti: come reazione, il governo evacuò la città di Hai Cheng evitando un’ecatombe data la particolare intensità del sisma (magnitudo 7.3).
Peccato che gli stessi scienziati cinesi non sapessero prevedere poco più di un anno dopo (28 luglio 1976) il sisma di magnitudo 8.2 che rase al suolo la città di Tangshan facendo 800mila morti.
Nel mondo la maggiore prova di “attitudine” alla lotta ai terremoti credo che ci pervenga dal Giappone, dove anziché spendere tutti quei soldi per la rilevazione di dati “preventivi”, compilano una mappa delle zone a rischio e in quelle aree impongono un tipo di costruzione antisismica fino al nono grado di magnitudo.
Purtroppo da noi abbiamo dei secoli di ritardo su questo sistema; non a caso si è visto che nelle riprese televisive, le macerie risultano composte quasi interamente da calcinacci di materia non cementizzata, eppure tutto l’Abruzzo è considerato zona a rischio sismico, così come tante altre parti d’Italia: chi ha controllato?
Quindi, a mio giudizio, quello che chiede la gente che ha subito – ma anche quella che ha “visto” – le tragiche situazioni derivate dal sisma, è una attenta e rigida applicazione della tecnica di costruzione antisismica nelle zone a rischio; che poi non sia una cosa semplice entrare a regime in qualche decennio, posso essere d’accordo (si tratta di regole e di miliardi), ma sono anche certo che finché non si comincia non si potrà mai arrivare in fondo; e questo è quello che chiedono i morti de L’Aquila.