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martedì, gennaio 06, 2009

ANCORA SULLA SOCIAL CARD 

Ricordate? Il giorno 26 dello scorso mese di dicembre vi ho raccontato la disavventura di un povero pensionato che ha avuto dal Ministero dell’Economia una social card senza fondi e quindi si è visto rifiutare la spesa dal Supermercato nel quale era andato a rifornirsi; la vicenda era semplicemente la narrazione dell’evento, senza nessuna notizia circa le motivazioni di questo disservizio e senza alcun commento ricavato dai mass-media: insomma era soltanto il racconto di un racconto.
Ebbene, adesso sono in grado di fornire qualcosa di più su quanto avvenuto: il numero previsto da Tremonti è stato 1.300mila; a fronte di questo, le Poste avrebbero ricevuto finora 366mila richieste di social card da parte di altrettanti “poveri” (chiamiamoli così i richiedenti); l’INPS, cioè colui che tira fuori materialmente i soldi, ne avrebbe autorizzate soltanto 200mila, che avrebbero ricevuto il “caricamento” della somma prevista, mentre 100mila sarebbero state respinte per mancanza di requisiti e 66mila sono ancora in lavorazione e vengono attivate mano a mano che sono pronte..
Ma cosa significa respinte? Evidentemente – lo voglio dare per assunto – c’era qualcosa che non andava nella domanda del “povero” e quindi l’INPS non ha dato luogo all’emissione della social card; il problema è che nessuno si è preso la briga di informare colui al quale è stata respinta la domanda, cosicché la tesserina ricevuta dalle Poste ha cominciato a essere utilizzata, con i risultati che è facile immaginare, in quanto era un semplice pezzetto di plastica senza alcun valore spendibile.
Errore del “povero” che ha dato per scontato l’attivazione della social card ? Cerro, ma se proviamo a metterci nei suoi panni, vedrete che non era facile comportarsi diversamente: se nessuno mi dice niente in contrario, vuol dire che va tutto bene e che la tessera che mi hanno consegnato è la social card, regolarmente attivata; questo si è detto la stragrande maggioranza dei “poveri esclusi”.
Ma chi doveva dire qualcosa al “povero”? Siamo in Italia e siamo maestri nel rimpallo delle responsabilità: le Poste affermano di non aver titolo per dire al “povero” se la domanda era approvata o meno; non ci resta quindi nessun altro che il ministero dell’Economia che avrebbe dovuto scrivere, con la maggiore celerità possibile, al “povero” per spiegare il motivo della mancata attivazione della tessera.
Ma c’è di più: sembra che le Poste e il Ministero avessero due “griglie di requisiti” diverse, per cui il risultato è questa figuraccia che lo Stato sta facendo nei confronti di questi 100mila “poveri” respinti.
Sia chiaro una cosa: in questo frangente nel quale veniva data la patente di “povero”, bisognava mettere in moto tutte le energie possibili e immaginabili affinché non avvenisse il minimo errore, poiché qualsiasi dissonanza sarebbe avvenuta sulla pelle del “povero” – dopo averlo marchiato come “povero” – e non gli avrebbe neppure consentito di avere quanto spettante ai poveri come lui.
Vorrei concludere con una considerazione: avete sentito parlare di questa vicenda sui grandi giornali o sugli schermi televisivi? La risposta ve la do subito io: non ho visto nessun giornale e nessuna TV parlare dell’incidente, solo il “Corriere della Sera”, a pagina 37, nella rubrica della posta, ha ospitato la lettera di un lettore che protestava per l’inghippo, ma non ha fornito alcuna risposta.
Come possiamo spiegare questo comportamento? Forse che l’avvento del famigerato “regime” ha fatto sì che ci sia stata la saldatura tra maggioranza e stampa, anche quella che sembra fare il tifo per l’opposizione? Meditiamo, gente, meditiamo!!

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