sabato, gennaio 10, 2009
NIENTE SPOT SULLA TV PUBBLICA FRANCESE
In Francia è entrata in vigore una nuova normativa che abolisce la pubblicità sulla TV pubblica nella fascia 20.30 – 06.00; il primo impatto con la gente sembra essere stato di grande successo: il “prime time” 20.30/23.00, ha registrato un incremento di tre milioni di telespettatori, ma anche le altre fasce (seconda serata e notturno) hanno avuto una maggiore presenza di telespettatori.
Non è dato sapere l’introito della TV pubblica francese per la pubblicità, anche se un dato comprendente la spesa pubblicitaria per abitante è abbastanza interessante: in Francia su un totale di 162 euro per abitante, la maggior quota (56) è riservata alla stampa, mentre alla TV (pubblica e privata) sono andati 55 euro e 11 alla radio; in Italia, tanto per fare un paragone, su un totale pro capite di 151, la fa da padrona la TV con 80 euro, mentre alla stampa ne vanno solo 40 e 12 alla radio.
Possiamo così affermare che l’andamento del nostro Paese è simile a quello della Spagna (78 contro 59) e del Giappone (97 contro 68); in tutti gli altri paesi a più alto sviluppo economico l’andamento degli investimenti pubblicitari è opposto; faccio solo un paio di esempi: in Germania con un totale di 210 euro per abitante, 130 vanno alla stampa, 51 alla TV e 9 alla radio; in Inghilterra su un totale di 304 euro, 131 sono destinati alla stampa, 81 alla TV e 11 alla radio; per concludere abbiamo anche il dato degli Stati Uniti, dove su un totale di 402 euro per abitante, 170 vanno sulla stampa, 132 sulla TV e 48 alla radio.
Dopo questa normativa, alla TV pubblica francese resta soltanto il canone; vediamo a quanto ammonta: la Francia è suddivisa in 96 dipartimenti metropolitani, i cui abitanti pagano un canone di 116 euro e in 4 dipartimenti d’oltremare, dove si pagano 74 euro.
Se trasportiamo questa situazione sulla TV italiana (facendo il conto soltanto su Rai 1), abbiamo questi dati: noi paghiamo un canone che ammonta a 107,50 euro, quindi in linea con quello francese, per un totale di 1 miliardo e 588 milioni, gli introiti pubblicitari sono all’incirca 1 miliardo e 136 milioni di euro per le tre reti e se estrapoliamo la cifra riguardante solo Rai 1 avremmo 700 milioni circa di minori introiti. Quindi il budget della RAI, già in rosso adesso, raggiungerebbe delle passività tali da indurre gli amministratori a portare i libri in Tribunale. Evidentemente la TV pubblica francese ha molte meno spese della nostra e quindi il suo bilancio può essere “alleggerito” del gettito pubblicitario. Ora, dopo essermi scusato per tutta questa messe di numeri, andiamo a vedere dove la nostra TV pubblica spende i soldi e, per fare questo, vi sottopongo un “piccolo fatterello” riportato in un breve trafiletto da un solo quotidiano: un teologo, tale Don Renzo Lavatori, descritto come “demonologo di fama internazionale”, si scaglia contro la televisione arrivando a sostenere che Satana si nasconde subdolamente in certi spettacoli e giochi tv, per esempio “Affari tuoi” (RAI 1); il pacco, sostiene il sacerdote, è satanico, infonde nel concorrente la fiducia che la buona o cattiva sorte possa decidere sul suo destino e lo incita a credenze spesso superstiziose e a ritenere che il denaro “non” si guadagna con il sudore della fronte.
Gli ha risposto il conduttore della trasmissione, Max Giusti, non certo un’aquila, il quale controbatte al teologo che “noi cerchiamo di regalare un po’ di allegria e di serenità; trovo sproporzionato attribuire a questa trasmissione tanta importanza sociologica”.
Forse il sacerdote esagera, ma l’iter psicologico degli spettatori di queste trasmissioni è proprio quello da lui ha descritto; che Max Giusti non se ne sia reso conto non mi meraviglia più di tanto: ognuno arriva dove può!
Non è dato sapere l’introito della TV pubblica francese per la pubblicità, anche se un dato comprendente la spesa pubblicitaria per abitante è abbastanza interessante: in Francia su un totale di 162 euro per abitante, la maggior quota (56) è riservata alla stampa, mentre alla TV (pubblica e privata) sono andati 55 euro e 11 alla radio; in Italia, tanto per fare un paragone, su un totale pro capite di 151, la fa da padrona la TV con 80 euro, mentre alla stampa ne vanno solo 40 e 12 alla radio.
Possiamo così affermare che l’andamento del nostro Paese è simile a quello della Spagna (78 contro 59) e del Giappone (97 contro 68); in tutti gli altri paesi a più alto sviluppo economico l’andamento degli investimenti pubblicitari è opposto; faccio solo un paio di esempi: in Germania con un totale di 210 euro per abitante, 130 vanno alla stampa, 51 alla TV e 9 alla radio; in Inghilterra su un totale di 304 euro, 131 sono destinati alla stampa, 81 alla TV e 11 alla radio; per concludere abbiamo anche il dato degli Stati Uniti, dove su un totale di 402 euro per abitante, 170 vanno sulla stampa, 132 sulla TV e 48 alla radio.
Dopo questa normativa, alla TV pubblica francese resta soltanto il canone; vediamo a quanto ammonta: la Francia è suddivisa in 96 dipartimenti metropolitani, i cui abitanti pagano un canone di 116 euro e in 4 dipartimenti d’oltremare, dove si pagano 74 euro.
Se trasportiamo questa situazione sulla TV italiana (facendo il conto soltanto su Rai 1), abbiamo questi dati: noi paghiamo un canone che ammonta a 107,50 euro, quindi in linea con quello francese, per un totale di 1 miliardo e 588 milioni, gli introiti pubblicitari sono all’incirca 1 miliardo e 136 milioni di euro per le tre reti e se estrapoliamo la cifra riguardante solo Rai 1 avremmo 700 milioni circa di minori introiti. Quindi il budget della RAI, già in rosso adesso, raggiungerebbe delle passività tali da indurre gli amministratori a portare i libri in Tribunale. Evidentemente la TV pubblica francese ha molte meno spese della nostra e quindi il suo bilancio può essere “alleggerito” del gettito pubblicitario. Ora, dopo essermi scusato per tutta questa messe di numeri, andiamo a vedere dove la nostra TV pubblica spende i soldi e, per fare questo, vi sottopongo un “piccolo fatterello” riportato in un breve trafiletto da un solo quotidiano: un teologo, tale Don Renzo Lavatori, descritto come “demonologo di fama internazionale”, si scaglia contro la televisione arrivando a sostenere che Satana si nasconde subdolamente in certi spettacoli e giochi tv, per esempio “Affari tuoi” (RAI 1); il pacco, sostiene il sacerdote, è satanico, infonde nel concorrente la fiducia che la buona o cattiva sorte possa decidere sul suo destino e lo incita a credenze spesso superstiziose e a ritenere che il denaro “non” si guadagna con il sudore della fronte.
Gli ha risposto il conduttore della trasmissione, Max Giusti, non certo un’aquila, il quale controbatte al teologo che “noi cerchiamo di regalare un po’ di allegria e di serenità; trovo sproporzionato attribuire a questa trasmissione tanta importanza sociologica”.
Forse il sacerdote esagera, ma l’iter psicologico degli spettatori di queste trasmissioni è proprio quello da lui ha descritto; che Max Giusti non se ne sia reso conto non mi meraviglia più di tanto: ognuno arriva dove può!