martedì, novembre 25, 2008
E' UNA SOCIETA' DI "NO-UOMINI" ?
Il fatto di Rimini, dove quattro ragazzi “normali” hanno dato fuoco ad un barbone che dormiva su una panchina, mi induce a pormi e a porvi la domanda che è nel titolo.
Questi quattro imbecilli – tutti provenienti da famiglie “normali – hanno dato fuoco al disgraziato, che aveva la sfortuna di non potersi difendere, “per divertimento”, come hanno dichiarato ai Carabinieri, per ingannare la noia.
E lo hanno ribadito nelle intercettazioni telefoniche nelle quali si vantavano – fra se e con amici e fidanzate – del gesto compiuto, con frasi del tipo “vedessi come bruciava bene” oppure “lo abbiamo scaldato per bene”.
Come genesi dell’evento – se vale la pena ricercarla – c’è una serata come tante altre passata ad annoiarsi nel solito Bar e poi la proposta diabolica di uno di loro: “sarebbe bello dare fuoco al barbone”; detto e fatto, la proposta viene accolta all’unanimità, senza la minima reticenza ed il minimo dubbio e i quattro, armati di una tanica di benzina si sono diretti verso la solita panchina dove tante volte avevano visto un disgraziato barbone che l’aveva adottata come proprio letto.
Poi l’incendio dell’uomo che si alza e barcollando cerca di scrollarsi di dosso le fiamme e infine i soccorsi che lo portano all’Ospedale, dove gli riscontrano il 50% dell’epidermide con bruciature di terzo grado: non morirà, ma rimarrà deturpato in eterno e dovrà soffrire le pene dell’inferno.
I quattro imbecilli, non ancora identificati dalle Forze dell’Ordine, hanno continuato per buona parte della notte a passare dal luogo dell’incendio e ad ascoltare i commenti della gente; magari si saranno infilati in qualche gruppetto per esprimere anch’essi la loro idea su quanto accaduto.
Quando sono stati catturati, dopo poco hanno confessato senza peraltro fornire alcuna motivazione al gesto sconsiderato; tra i quattro adesso si aprirà il festival del “tu sei più responsabile di me” oppure “io gli ho versato addosso meno benzina di te” ; comunque al momento l’accusa è tentato omicidio e, considerata la giovane età – tra i 19 e i 21 anni – vedrete che non sconteranno una grandissima pena e quella poca che verrà comminata loro, la sconteranno fuori dal carcere, impegnati in opere di assistenza a chi ha bisogno: magari proprio ai grandi ustionati come propone lo psichiatra Paolo Crepet.
Quello che invece mi permetto di suggerire io è l’istituzione di un nuovo reato: quello di non appartenere al genere umano e quindi di essere condannato a uscire dalla società degli uomini e trascorrere il resto della vita in un ambiente diverso dalla tua città o dalla tua famiglia: appunto il carcere, inteso come rifugio dove nascondere il “non umano” agli occhi del resto della gente ed anche a quelli delle loro famiglie che ora si sgolano ad affermare “è stato un fulmine a ciel sereno; non sapevamo niente, erano bravissimi quei ragazzi; siamo sconvolti, distrutti”.
La gente assedia la Caserma di Rimini e, quando i ragazzi escono, li apostrofa duramente invitandoli a “spararsi” e gridando loro “vergogna” a pieni polmoni: come sarà possibile riempire il vulnus che questo evento drammatico ha creato nei cittadini della tranquilla Rimini?
Non certo con l’assegnazione dei quattro giovani ad uno dei tanti servizi sociali e neppure con pochi mesi di carcere da scontare, magari, agli arresti domiciliari.
Temo proprio che se non si immette nel codice un nuovo reato – quello che ho sopra indicato – giustizia non sarà fatta e la gente non sarà contenta.
Questi quattro imbecilli – tutti provenienti da famiglie “normali – hanno dato fuoco al disgraziato, che aveva la sfortuna di non potersi difendere, “per divertimento”, come hanno dichiarato ai Carabinieri, per ingannare la noia.
E lo hanno ribadito nelle intercettazioni telefoniche nelle quali si vantavano – fra se e con amici e fidanzate – del gesto compiuto, con frasi del tipo “vedessi come bruciava bene” oppure “lo abbiamo scaldato per bene”.
Come genesi dell’evento – se vale la pena ricercarla – c’è una serata come tante altre passata ad annoiarsi nel solito Bar e poi la proposta diabolica di uno di loro: “sarebbe bello dare fuoco al barbone”; detto e fatto, la proposta viene accolta all’unanimità, senza la minima reticenza ed il minimo dubbio e i quattro, armati di una tanica di benzina si sono diretti verso la solita panchina dove tante volte avevano visto un disgraziato barbone che l’aveva adottata come proprio letto.
Poi l’incendio dell’uomo che si alza e barcollando cerca di scrollarsi di dosso le fiamme e infine i soccorsi che lo portano all’Ospedale, dove gli riscontrano il 50% dell’epidermide con bruciature di terzo grado: non morirà, ma rimarrà deturpato in eterno e dovrà soffrire le pene dell’inferno.
I quattro imbecilli, non ancora identificati dalle Forze dell’Ordine, hanno continuato per buona parte della notte a passare dal luogo dell’incendio e ad ascoltare i commenti della gente; magari si saranno infilati in qualche gruppetto per esprimere anch’essi la loro idea su quanto accaduto.
Quando sono stati catturati, dopo poco hanno confessato senza peraltro fornire alcuna motivazione al gesto sconsiderato; tra i quattro adesso si aprirà il festival del “tu sei più responsabile di me” oppure “io gli ho versato addosso meno benzina di te” ; comunque al momento l’accusa è tentato omicidio e, considerata la giovane età – tra i 19 e i 21 anni – vedrete che non sconteranno una grandissima pena e quella poca che verrà comminata loro, la sconteranno fuori dal carcere, impegnati in opere di assistenza a chi ha bisogno: magari proprio ai grandi ustionati come propone lo psichiatra Paolo Crepet.
Quello che invece mi permetto di suggerire io è l’istituzione di un nuovo reato: quello di non appartenere al genere umano e quindi di essere condannato a uscire dalla società degli uomini e trascorrere il resto della vita in un ambiente diverso dalla tua città o dalla tua famiglia: appunto il carcere, inteso come rifugio dove nascondere il “non umano” agli occhi del resto della gente ed anche a quelli delle loro famiglie che ora si sgolano ad affermare “è stato un fulmine a ciel sereno; non sapevamo niente, erano bravissimi quei ragazzi; siamo sconvolti, distrutti”.
La gente assedia la Caserma di Rimini e, quando i ragazzi escono, li apostrofa duramente invitandoli a “spararsi” e gridando loro “vergogna” a pieni polmoni: come sarà possibile riempire il vulnus che questo evento drammatico ha creato nei cittadini della tranquilla Rimini?
Non certo con l’assegnazione dei quattro giovani ad uno dei tanti servizi sociali e neppure con pochi mesi di carcere da scontare, magari, agli arresti domiciliari.
Temo proprio che se non si immette nel codice un nuovo reato – quello che ho sopra indicato – giustizia non sarà fatta e la gente non sarà contenta.