sabato, novembre 29, 2008
E ORA TOCCA AI "POVERI MA NON TROPPO"
Dopo la “social card” per i poverissimi, il Governo ha approvato nuove misure per i “poveri ma non troppo”: si tratta di un assegno “una tantum” tra i 200 e i 1.000 euro che arriverà direttamente a casa di coloro che hanno i parametri – abbastanza complicati – che rientrano in quelli stabiliti dal Ministero dell’Economia.
Dicevo che sono abbastanza complicati in quanto tengono conto del reddito ma anche della composizione familiare, per cui – facendo un solo esempio – una famiglia composta da due persone con un reddito di 17.000 euro riceverà un contributo di 300 euro, mentre per i pensionati anziani monoreddito, se hanno un introito di 15.000 euro avranno 200 euro di contributo.
Ed ecco che si stanno delineando le classifiche dei “poveri” e quindi vediamo di costruirci sopra alcune considerazioni di ordine generale: anzitutto – come ho già avuto modo di dire – a nessuno piace “apparire” povero in pubblico e quindi l’invio del contributo “una tantum” direttamente al proprio domicilio mi sembra una mossa azzeccata.
Ed a questo proposito, vorrei fare una riflessione, partendo dal celebre motto di Longanesi “si stava meglio quando si stava peggio”: la rivoluzione industriale proclamò “il diritto all’uguaglianza” in antitesi a quanto si verificava prima, dove una serie di caste e ordini, suddivideva la società in ricchissimi, ricchi, quasi poveri e poveri, senza che la vita avesse alcuna possibilità di incidere in tale classifica che veniva determinata dalla nascita, dal censo che si acquisiva in tale sede.
Il diritto all’uguaglianza, senza che peraltro ci fosse alcuna possibilità di mantenere la promessa, ha di fatto creato una massa di scontenti e di frustrati; mi spiego meglio: adesso, una pop star, un divo della TV o del cinema, un calciatore, ed altre figure emergenti nella nostra società (ad esempio l’individuo anonimo che indovina “il pacco”) è più lontano dall’individuo comune, dal “basso ceto” come viene ironicamente chiamato, di quanto lo fosse il feudatario rispetto al suo servo.
E con una differenza fondamentale: nel caso del mondo medioevale, la disuguaglianza era codificata e legittimata e quindi poneva gli individui al riparo dalla frustrazione, dall’invidia e dall’odio; in concreto, allora si diceva “non è colpa mia se non sono nato nobile, se non sono nato re; quelli partecipano ad un altro campionato e non ho l’obbligo di misurarmi con loro”; ma in una società dove esiste il teorico diritto all’uguaglianza, io non posso sopportare la disuguaglianza dell’uguale, perché la vivo come un insulto, un’offesa oppure – caso raro ma presente – una mia colpa specifica.
Scusate la digressione dall’argomento aiuti per superare la crisi, ma il fatto di essere codificato “povero” o “povero ma non troppo”, rientra in quel discorso che ho fatto sopra e quindi mi sembra appropriato; comunque, tornando alle misure anticrisi, mentre da una parte c’è da rilevare che nessuna di esse è da considerarsi “strutturale”, ma legata alla contingenza e quindi da eliminare al venir meno della necessità, c’è una misura della quale si è parlato poco e che invece mi sembra la più innovativa: lo Stato fissa un tetto del 4% per i mutui stipulati a tasso variabile; quello che viene richiesto in più dall’Istituto di Credito va a carico dello Stato che, così facendo, è anche invogliato a tenere d’occhio l’andamento di tale comparto.
Anche l’aumento delle risorse per gli ammortizzatori sociale è un provvedimento che va nella giusta direzione; si tratta ora di vedere chi rientra in tale categoria assistenziale: se ci vanno anche i “precari” allora applaudo.
Dicevo che sono abbastanza complicati in quanto tengono conto del reddito ma anche della composizione familiare, per cui – facendo un solo esempio – una famiglia composta da due persone con un reddito di 17.000 euro riceverà un contributo di 300 euro, mentre per i pensionati anziani monoreddito, se hanno un introito di 15.000 euro avranno 200 euro di contributo.
Ed ecco che si stanno delineando le classifiche dei “poveri” e quindi vediamo di costruirci sopra alcune considerazioni di ordine generale: anzitutto – come ho già avuto modo di dire – a nessuno piace “apparire” povero in pubblico e quindi l’invio del contributo “una tantum” direttamente al proprio domicilio mi sembra una mossa azzeccata.
Ed a questo proposito, vorrei fare una riflessione, partendo dal celebre motto di Longanesi “si stava meglio quando si stava peggio”: la rivoluzione industriale proclamò “il diritto all’uguaglianza” in antitesi a quanto si verificava prima, dove una serie di caste e ordini, suddivideva la società in ricchissimi, ricchi, quasi poveri e poveri, senza che la vita avesse alcuna possibilità di incidere in tale classifica che veniva determinata dalla nascita, dal censo che si acquisiva in tale sede.
Il diritto all’uguaglianza, senza che peraltro ci fosse alcuna possibilità di mantenere la promessa, ha di fatto creato una massa di scontenti e di frustrati; mi spiego meglio: adesso, una pop star, un divo della TV o del cinema, un calciatore, ed altre figure emergenti nella nostra società (ad esempio l’individuo anonimo che indovina “il pacco”) è più lontano dall’individuo comune, dal “basso ceto” come viene ironicamente chiamato, di quanto lo fosse il feudatario rispetto al suo servo.
E con una differenza fondamentale: nel caso del mondo medioevale, la disuguaglianza era codificata e legittimata e quindi poneva gli individui al riparo dalla frustrazione, dall’invidia e dall’odio; in concreto, allora si diceva “non è colpa mia se non sono nato nobile, se non sono nato re; quelli partecipano ad un altro campionato e non ho l’obbligo di misurarmi con loro”; ma in una società dove esiste il teorico diritto all’uguaglianza, io non posso sopportare la disuguaglianza dell’uguale, perché la vivo come un insulto, un’offesa oppure – caso raro ma presente – una mia colpa specifica.
Scusate la digressione dall’argomento aiuti per superare la crisi, ma il fatto di essere codificato “povero” o “povero ma non troppo”, rientra in quel discorso che ho fatto sopra e quindi mi sembra appropriato; comunque, tornando alle misure anticrisi, mentre da una parte c’è da rilevare che nessuna di esse è da considerarsi “strutturale”, ma legata alla contingenza e quindi da eliminare al venir meno della necessità, c’è una misura della quale si è parlato poco e che invece mi sembra la più innovativa: lo Stato fissa un tetto del 4% per i mutui stipulati a tasso variabile; quello che viene richiesto in più dall’Istituto di Credito va a carico dello Stato che, così facendo, è anche invogliato a tenere d’occhio l’andamento di tale comparto.
Anche l’aumento delle risorse per gli ammortizzatori sociale è un provvedimento che va nella giusta direzione; si tratta ora di vedere chi rientra in tale categoria assistenziale: se ci vanno anche i “precari” allora applaudo.