giovedì, novembre 27, 2008
LA SOCIAL CARD
E così la montagna, cioè l’accoppiata Berlusconi Tremonti ha partorito il topolino, cioè le misure per tamponare la crisi dei consumi prevista per le prossime feste.
Tra le misure varate per famiglie ed aziende, spicca per la sua originalità – anche se analoga iniziativa venne presa negli U.S.A. nel 1939 – la Social Card, cioè una sorta di Bancomat o Carta di Credito pre-pagata, del valore di 40 euro mensili, che lo Stato consegnerà a 1.3 milioni di famiglie “povere”; questa caratteristica deve essere dimostrata in due modi: per gli anziani sotto i 65 anni – niente – sopra e fino ai 69 anni, con reddito fino a 6.000 euro annui – OK – e analogo risultato si ottiene per coloro che superano i 70 anni ed hanno reddito di 8.000 euro, sempre annuo ovviamente.
Questa forma di provvidenza viene assegnata anche a famiglie con figli fino a 3 anni di età, il cui reddito – non dei figli, ma dell’intera famiglia – non superi i 6.000 euro annui.
Oltre a questi requisiti, diciamo così finanziari, i titolari debbono anche NON possedere più di una casa e di una automobile (due nel caso di famiglia con figli minori), essere titolari di una sola utenza elettrica e del gas e avere in banca risparmi per non oltre 15.000 euro (ma ci rendiamo conto della fesseria di questa norma?).
Ed anche questa volta si è scelto di far sentire poveri coloro che sono poveri, e farli sentire di fronte a tutti, alla cassiera del Supermercato o all’impiegata dell’ENEL, ai quali dovranno mostrare la “tessera della vergogna”; insomma li vogliono etichettare, sputtanare – come si diceva una volta – di fronte a tutti; a questo proposito sarebbe bene che i nostri governanti vedessero uno dei capolavori del nostro cinema, quell’”Umberto D” di Vittorio De Sica, nel quale un misero – solo per i soldi – non accetta di mostrarsi come tale.
E adesso me li vedo i miei amici “poveri” che, radunati attorno alla tavola, si chiedono come faranno a spendere questo ben di Dio (40 euro); pensate, se riescono a frazionarlo giornalmente, si ritrovano una cifra di 1 euro e 33 centesimi; ma resta il problema di come spenderli: c’entra un quotidiano (fare svelti, perché stanno aumentando) oppure un chilo di pane o qualche arancia o forse anche un chilo di mele: insomma, la gamma delle possibilità è ampia e variegata; beati loro!!
Per le imprese – tutte, quindi non ci sono aiuti solo per le PMI – è stata mantenuta la detassazione per premi e straordinari ed è stata aggiunta una novità che ha un qualche interesse: l’IVA sulle vendite verrà pagata solo al momento in cui la relativa fattura sarà incassata; questo mi sembra l’unico elemento positivo in tutta la babele di norme, alcune delle quali rasentano la follia; da noi si verifica giornalmente che l’azienda fattura un bene o una prestazione e alla scadenza (mensile o trimestrale) deve versare l’IVA; se la fattura non viene pagata per vari motivi (il principale è che il creditore non ha soldi) non esiste alcuna forma di recupero dell’imposta che è stata pagata allo stato; c’è da aggiungere che il creditore, intestatario della fattura, può mettere la fattura, ancorché non pagata, in detrazione dell’IVA che lui deve pagare; ecco, almeno questa stortura è stata cancellata.
Ma torniamo al nostro “povero” che si rigira nelle mani la social card e si chiede dove andare a spendere questo ben di Dio; a questo proposito, c’è da specificare che al momento soltanto il 5% degli esercizi interpellati dallo Stato (supermercati, ipermercati ed altre strutture) hanno aderito all’iniziativa ed accetteranno la carta facendo anche uno sconto del 5%; c’è da capirli, perché avere lo Stato come loro debitore non deve essere una cosa gradevole e quindi meglio attendere.
Tra le misure varate per famiglie ed aziende, spicca per la sua originalità – anche se analoga iniziativa venne presa negli U.S.A. nel 1939 – la Social Card, cioè una sorta di Bancomat o Carta di Credito pre-pagata, del valore di 40 euro mensili, che lo Stato consegnerà a 1.3 milioni di famiglie “povere”; questa caratteristica deve essere dimostrata in due modi: per gli anziani sotto i 65 anni – niente – sopra e fino ai 69 anni, con reddito fino a 6.000 euro annui – OK – e analogo risultato si ottiene per coloro che superano i 70 anni ed hanno reddito di 8.000 euro, sempre annuo ovviamente.
Questa forma di provvidenza viene assegnata anche a famiglie con figli fino a 3 anni di età, il cui reddito – non dei figli, ma dell’intera famiglia – non superi i 6.000 euro annui.
Oltre a questi requisiti, diciamo così finanziari, i titolari debbono anche NON possedere più di una casa e di una automobile (due nel caso di famiglia con figli minori), essere titolari di una sola utenza elettrica e del gas e avere in banca risparmi per non oltre 15.000 euro (ma ci rendiamo conto della fesseria di questa norma?).
Ed anche questa volta si è scelto di far sentire poveri coloro che sono poveri, e farli sentire di fronte a tutti, alla cassiera del Supermercato o all’impiegata dell’ENEL, ai quali dovranno mostrare la “tessera della vergogna”; insomma li vogliono etichettare, sputtanare – come si diceva una volta – di fronte a tutti; a questo proposito sarebbe bene che i nostri governanti vedessero uno dei capolavori del nostro cinema, quell’”Umberto D” di Vittorio De Sica, nel quale un misero – solo per i soldi – non accetta di mostrarsi come tale.
E adesso me li vedo i miei amici “poveri” che, radunati attorno alla tavola, si chiedono come faranno a spendere questo ben di Dio (40 euro); pensate, se riescono a frazionarlo giornalmente, si ritrovano una cifra di 1 euro e 33 centesimi; ma resta il problema di come spenderli: c’entra un quotidiano (fare svelti, perché stanno aumentando) oppure un chilo di pane o qualche arancia o forse anche un chilo di mele: insomma, la gamma delle possibilità è ampia e variegata; beati loro!!
Per le imprese – tutte, quindi non ci sono aiuti solo per le PMI – è stata mantenuta la detassazione per premi e straordinari ed è stata aggiunta una novità che ha un qualche interesse: l’IVA sulle vendite verrà pagata solo al momento in cui la relativa fattura sarà incassata; questo mi sembra l’unico elemento positivo in tutta la babele di norme, alcune delle quali rasentano la follia; da noi si verifica giornalmente che l’azienda fattura un bene o una prestazione e alla scadenza (mensile o trimestrale) deve versare l’IVA; se la fattura non viene pagata per vari motivi (il principale è che il creditore non ha soldi) non esiste alcuna forma di recupero dell’imposta che è stata pagata allo stato; c’è da aggiungere che il creditore, intestatario della fattura, può mettere la fattura, ancorché non pagata, in detrazione dell’IVA che lui deve pagare; ecco, almeno questa stortura è stata cancellata.
Ma torniamo al nostro “povero” che si rigira nelle mani la social card e si chiede dove andare a spendere questo ben di Dio; a questo proposito, c’è da specificare che al momento soltanto il 5% degli esercizi interpellati dallo Stato (supermercati, ipermercati ed altre strutture) hanno aderito all’iniziativa ed accetteranno la carta facendo anche uno sconto del 5%; c’è da capirli, perché avere lo Stato come loro debitore non deve essere una cosa gradevole e quindi meglio attendere.