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sabato, marzo 11, 2006

VIOLENZA, SEMPRE VIOLENZA ! 

L’ultimo episodio nasce a Pavullo, nel modenese, dove un commerciante di telefonia mobile è stato ucciso, a seguito di una rapina, da un immigrato tunisino di 19 anni, in Italia con regolare visto d’ingresso per “ricongiungimento familiare”.
Il commerciante ucciso, un uomo di 40 anni, dopo due furti subiti in poco tempo, alla terza esperienza non sappiamo cosa gli sia scattato dentro e ha deciso di reagire, scagliandosi contro il rapinatore che lo ha ucciso con due coltellate, una al torace ed una allo stomaco.
Il giovane tunisino è fuggito e dopo qualche giro si è diretto verso la stazione di Parma, evidentemente per prendere un treno ed allungare così i tempi della sua fuga: allertate da un testimone oculare che lo aveva visto uscire dal negozio di telefonia, le Forze dell’Ordine lo hanno catturato facilmente e da questa cattura è venuto fuori un’identikit dell’immigrato in questione quanto meno singolare.
Anzitutto la passione per gli abiti griffati, poi nel suo trolley – molto elegante, prelevato da casa prima di fuggire – erano custoditi, oltre ai 25 cellulari rubati a Pavullo, una dozzina di maglie e magliette firmate che aveva regolarmente acquistato.
Facciamo allora un passo indietro: il giovane tunisino era arrivato in Italia due anni fa ed era andato ad abitare con il padre, operaio ceramista, e con il fratello, studente, in una palazzina di sei appartamenti a Serramazzoni; si è guardato un po’ attorno e si deve essere convinto che si guadagna di più a rubare che a lavorare e così ha fatto.
In questo caso, quindi, non vale la motivazione dell’indigenza, né quella del bisogno estremo o del sottosviluppo, bensì siamo in presenza di un tunisino che si è comportato come fanno tanti italiani, cioè ha cercato una scorciatoia verso il benessere.
A Pavullo, però, la gente è in forte ebollizione ed accusa le Forze dell’Ordine di essere poco presenti e di non agire severamente contro questi – tanti, forse troppi – immigrati; basta sentire quello che la gente del paese dice alle telecamere dei vari TG che sono andate ad intervistarli: si va da richieste di maggiori carabinieri in giro per le strade del paese ad estreme dichiarazioni del tipo: “ci sono troppo immigrati, ormai non ce la facciamo più” oppure “questi immigrati se ne devono andare, tutti, tutti devono essere cacciati via”.
La zona del modenese dove si è svolto l’episodio violento, ospita un gran numero di immigrati – specialmente nordafricani – perché ci sono tante richieste di mano d’opera per le aziende ceramiche del posto; c’è un sostanziale benessere negli abitanti quasi tutti occupati e quindi queste situazioni sono come un macigno scagliato in uno stagno: provoca tanti cerchi concentrici che faticano a ricomporsi.
Tutti però dovrebbero ricordare che il benessere che si respira nella zona è anche “merito” degli immigrati che risultano quasi tutti operai occupati e conseguentemente “contribuenti attivi”; danno a loro volta lavoro, e quindi benessere, alle varie strutture commerciali e di servizi: in sostanza vengono considerati “dei nostri” e ci si ricorda che sono “scuri di pelle” soltanto quando qualcuno di loro compie qualche reato di sangue, ma il giovane tunisino – a differenza degli altri componenti della sua famiglia – è uno che non ha voglia di lavorare ed è alla ricerca soltanto di un effimero benessere (abiti e magliette griffate, telefonini cellulari, ecc.).
Lo possiamo assimilare quindi ad uno di noi, ad uno che – come recita una battuta splendida – “cerca lo stipendio, non il lavoro”: di questi ne abbiamo a bizzeffe dei nostri, e quindi non dovremmo meravigliarci che ce ne siano anche tra gli immigrati.

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