lunedì, marzo 06, 2006
SPIGOLATURE DAL MONDO DEL CALCIO
Dopo la sbornia Olimpica di Torino, dopo essersi innamorati del “curling”, quella buffa disciplina tanto simile al gioco delle bocce, il mondo sportivo è tornato a tuffarsi nel dorato Campionato di Calcio e, proprio da questo traggo alcuni spunti d’ilarità che mi piace condividere con i miei amici lettori.
La prima situazione grottesca è accaduta a Firenze, dove la squadra locale stava pareggiando nel derby con il Siena; mancano venti miniti alla fine dell’incontro e l’allenatore sostituisce l’idolo dei tifosi, Luca Toni, con un giovanotto di belle speranza, tale Pazzini, il quale imbrocca la palla buona e, con una buona dose di fortuna, proprio allo scadere dell’incontro, porta in vantaggio la Fiorentina che così si aggiudica la partita.
Fin qui la cronaca, diciamo così, sportiva; adesso arriva la gioia del marcatore del gol decisivo e le sue dichiarazioni nel post partita: la prima “Dedico il mio gol al piccolo Tommasino, rapito dai banditi”; la seconda “Chiediamo che venga subito liberato”.
Un primo commento: il giovane Pazzini, discretamente abile con la palla, fa quel che può con la dialettica e, quando si vede osannato da tutti, compagni, tifosi e giornalisti, imbrocca , probabilmente inconsciamente, la strada più facile, cioè quella di legare la sua gioia ad una immensa tristezza che in questi giorni sta pervadendo l’intero paese e unisce il suo gol alla richiesta di liberazione del piccolo Tommaso.
Ingenuo fin che si vuole, ma niente affatto riprovevole, poiché sono certo che l’appello sgorga dal cuore e altrettanto fa la dedica del gol.
Quello che invece trovo profondamente disdicevole sono i titoloni a otto colonne che ne fanno i giornali – sportivi e non – che ribattono su questo aspetto delle dichiarazioni di Pazzini; addirittura uno di questi quotidiani riporta sulla “civetta” – il foglio che è all’esterno dell’edicola e che dovrebbe contenere le notizie più importanti – “Dedico il mio gol al piccolo Tommaso”: ecco, questo strumentale utilizzazione dell’evento calcistico in chiave pietistica sul fatto del giorno non mi trova per niente consenziente.
Un altro evento ha scosso il mondo del pallone e si è svolto a Brescia dove il Presidente Corioni, ha licenziato in tronco l’allenatore – reduce da una vittoria per tre a zero e quinto in classifica – sostituendolo con Zeman, un altro bel tipo, abituato a sputare sul piatto dove mangia (lautamente) e perennemente incolpevole per le sue molte sconfitte: da notare che da quando è in Italia - e ormai saranno quasi venti anni – non ha mai vinto niente, ma la colpa è sempre stata degli arbitri o dei poteri forti.
Non vi riporto la civilissima reazione del povero Maran alle decisioni del suo presidente, preferisco invece segnalarvi le motivazioni che avrebbero mosso Corioni a intraprendere questa strada; sentite bene: “Se fosse rimasto Maran, da qui alla fine avremmo vinto al massimo sei o sette partite (e le altre vengono perse o pareggiate?); non bastano per arrivare in Serie A, ce ne vogliono almeno otto o nove”; e prosegue:”Il boemo (Zeman) è l’unico allenatore che poteva fare al caso nostro”.
Dopo avere fatto i complimenti al signor Corioni per i poteri divinatori che mostra di avere, indicando con pochissimo scarto le partite che vincerà, potremmo chiedergli se anche nella sua azienda – credo che sia nel ramo acciaierie – si comporta allo stesso modo, perché se fossi nei panni di un suo operaio (non del Direttore) sarei molto preoccupato; e invece c’è da stare tranquilli, perché tutti i nostri presidenti di squadre calcistiche sono talmente affidabili nel loro “vero” lavoro quanto sono inaffidabili nel loro “dopolavoro” calcistico: sembra che dicano “i soldi sono miei e li sperpero come voglio”; giusto, ma quanti modi migliori ci sarebbero, dalle ballerine brasiliane alle opere di beneficenza!
La prima situazione grottesca è accaduta a Firenze, dove la squadra locale stava pareggiando nel derby con il Siena; mancano venti miniti alla fine dell’incontro e l’allenatore sostituisce l’idolo dei tifosi, Luca Toni, con un giovanotto di belle speranza, tale Pazzini, il quale imbrocca la palla buona e, con una buona dose di fortuna, proprio allo scadere dell’incontro, porta in vantaggio la Fiorentina che così si aggiudica la partita.
Fin qui la cronaca, diciamo così, sportiva; adesso arriva la gioia del marcatore del gol decisivo e le sue dichiarazioni nel post partita: la prima “Dedico il mio gol al piccolo Tommasino, rapito dai banditi”; la seconda “Chiediamo che venga subito liberato”.
Un primo commento: il giovane Pazzini, discretamente abile con la palla, fa quel che può con la dialettica e, quando si vede osannato da tutti, compagni, tifosi e giornalisti, imbrocca , probabilmente inconsciamente, la strada più facile, cioè quella di legare la sua gioia ad una immensa tristezza che in questi giorni sta pervadendo l’intero paese e unisce il suo gol alla richiesta di liberazione del piccolo Tommaso.
Ingenuo fin che si vuole, ma niente affatto riprovevole, poiché sono certo che l’appello sgorga dal cuore e altrettanto fa la dedica del gol.
Quello che invece trovo profondamente disdicevole sono i titoloni a otto colonne che ne fanno i giornali – sportivi e non – che ribattono su questo aspetto delle dichiarazioni di Pazzini; addirittura uno di questi quotidiani riporta sulla “civetta” – il foglio che è all’esterno dell’edicola e che dovrebbe contenere le notizie più importanti – “Dedico il mio gol al piccolo Tommaso”: ecco, questo strumentale utilizzazione dell’evento calcistico in chiave pietistica sul fatto del giorno non mi trova per niente consenziente.
Un altro evento ha scosso il mondo del pallone e si è svolto a Brescia dove il Presidente Corioni, ha licenziato in tronco l’allenatore – reduce da una vittoria per tre a zero e quinto in classifica – sostituendolo con Zeman, un altro bel tipo, abituato a sputare sul piatto dove mangia (lautamente) e perennemente incolpevole per le sue molte sconfitte: da notare che da quando è in Italia - e ormai saranno quasi venti anni – non ha mai vinto niente, ma la colpa è sempre stata degli arbitri o dei poteri forti.
Non vi riporto la civilissima reazione del povero Maran alle decisioni del suo presidente, preferisco invece segnalarvi le motivazioni che avrebbero mosso Corioni a intraprendere questa strada; sentite bene: “Se fosse rimasto Maran, da qui alla fine avremmo vinto al massimo sei o sette partite (e le altre vengono perse o pareggiate?); non bastano per arrivare in Serie A, ce ne vogliono almeno otto o nove”; e prosegue:”Il boemo (Zeman) è l’unico allenatore che poteva fare al caso nostro”.
Dopo avere fatto i complimenti al signor Corioni per i poteri divinatori che mostra di avere, indicando con pochissimo scarto le partite che vincerà, potremmo chiedergli se anche nella sua azienda – credo che sia nel ramo acciaierie – si comporta allo stesso modo, perché se fossi nei panni di un suo operaio (non del Direttore) sarei molto preoccupato; e invece c’è da stare tranquilli, perché tutti i nostri presidenti di squadre calcistiche sono talmente affidabili nel loro “vero” lavoro quanto sono inaffidabili nel loro “dopolavoro” calcistico: sembra che dicano “i soldi sono miei e li sperpero come voglio”; giusto, ma quanti modi migliori ci sarebbero, dalle ballerine brasiliane alle opere di beneficenza!