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giovedì, settembre 17, 2009

A CHE PUNTO E' QUSTA CRISI? 

Qualche giorno addietro, il grande Ben Bernanke, presidente della Federal Riserve, ha dichiarato che la peggiore crisi degli ultimi anni è stata superata e siamo fuori dalle recessione; naturalmente la dichiarazione è relativa agli Stati Uniti, ma è evidente che la ripresa americana influenza positivamente le economie europee.
Dopo questa buona notizia, per la verità arriva una doccia fredda, in quanto Bernanke avverte che la disoccupazione sarà lenta a diminuire, da quel +9.7% di agosto, massimo storico da 26 anni negli U.S.A.
Ed infatti, anche in Europa, la doccia gelata arriva sul versante dell’occupazione e proviene dall’OCSE, la quale segnala che – a fronte di un tasso di disoccupazione nel 2007 pari al 7.4% – nel giugno 2009 abbiamo raggiunto l’8.3%.
Se scendiamo nel dettaglio, vediamo che una situazione veramente preoccupante è quella della Spagna che ha una disoccupazione, al giugno 2009, pari ad stratosferico 18.1%, mentre la Francia è all’incirca alla metà – 9.4% - e la Germania al 7.7%; e noi come stiamo andando? Il dato che abbiamo è riferito al primo trimestre di quest’anno ed è pari al 7.4%, quindi – anche calcolando un aumento deciso – dovremmo attestarsi sullo stesso valore di quello tedesco.
Ancora più preoccupante il dato che si riferisce alla fine del prossimo anno – il 2010 – con previsioni del tasso di disoccupazione pari al 10% nell’area OCSE, con l’Italia in linea con questa media; ecco, a questi dati io credo poco, poiché sono proiettati troppo in avanti (15 mesi; 5 trimestri) e in economia questo tempo è una mostruosità, dato che basta un niente – come per esempio una oscillazione del petrolio o di qualche altra materia prima – per far saltare queste cifre.
Ma poi, questi numeri così piccoli – in assoluto – non rendono appieno l’idea della drammaticità della situazione e quindi è bene che si torni a presentare le cifre reali; ebbene, nell’area OCSE, perdurando questo andamento, alla fine del 2010 avremo 57milioni di senza lavoro (è una Nazione grandicella, sul tipo di Italia o Francia!!).
A questa situazione occupazionale, più dei sindacati, sembra pensare con preoccupazione la parte padronale: l’amministratore delegato di FIAT, ha chiesto il rinnovo degli incentivi nel settore auto per il 2010, avvertendo che, in caso contrario, “avremo un impatto disastroso” con forti ricadute per l’occupazione; in sostanza il ricatto è sempre quello dei tempi degli Agnelli: socializziamo le perdite ma lasciamo in azienda gli utili.
Infine, restano da affrontare le sfide cruciali, nate sull’onda di questa crisi devastante, e cioè l’approvazione a livello internazionale delle nuove regole dei mercati finanziari.
Questo perché – lo dico “a sensazione”, senza pezze d’appoggio – da questa crisi ho la sensazione che alcuni ne escano con le tasche piene di soldi (più di quelli che avevano all’inizio) e molti invece si ritrovino con le ossa rotte: è un po’ come il dopoguerra classico, nel quale c’è chi si è arricchito e chi ha perso tutto.
Tra questi ultimi ci sono i salariati – operai e impiegati – che ormai vengono considerati come “carne da cannone” e fanno parte delle trattative di vendita delle aziende sulla base delle decine di migliaia da “licenziare”; l’ultimo dato ci proviene dalla Germania e riguarda il futuro della Opel: la cordata austro-russo- canadese ha preannunciato il taglio di 15.000 posti di lavoro; tutto questo, ovviamente, alla faccia della sbandierata eticità del lavoro che da ogni parte viene posto al centro del processo aziendale, ma che poi viene relegato in un cantuccio buio e umido!

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