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martedì, maggio 05, 2009

UN'OCCHIATA ALLA CINA 

Non dico che tutto quello che viene fatto in Cina debba essere preso per oro colato (ad esempio i diritti umani lasciamo parecchio a desiderare) ma alcune cose hanno un senso anche per noi occidentali, specie per quanto riguarda le modalità applicative.
Dobbiamo premettere che stiamo parlando di uno Stato “a regime comunista”, almeno secondo le strutture messe in piedi, ma queste vengono sovrastate dal capitalismo di regime, come alcuni economisti definiscono il modello cinese, e uno dei capisaldi – il sistema della sanità pubblica – è stato smantellato e rimodellato, con una riserva di fondi aggiuntivi che, per il triennio 2009-2011 raggiunge i 124 miliardi di dollari, quasi 100 miliardi di euro.
La manovra è ispirata da due motivazioni principali: la prima, di stampo sociale, è volta ad ottenere quella che il governo definisce “la società armoniosa”, mentre il secondo motivo è di carattere economico ed è teso all’eliminazione di sprechi e inefficienze, garantendo – specie nelle campagne – condizioni di vita migliori di quelle attuali.
Quello che le autorità definiscono la “società armoniosa” dovrebbe andare a sostituire l’attuale sistema sanitario garantito per tutti ma scadente nella qualità, specie nelle zone rurali e molto costoso in termini assoluti, quindi di ostacolo alla crescita economica della società nel suo complesso.
In pratica, si avverte una situazione in cui la società cinese, mano a mano che smantella alcune garanzie sociali, si trova ad essere meno gravata da fardelli economici che, a lungo andare, potrebbero ostacolarne la crescita; questo smantellamento, peraltro, genera una situazione di grande incertezza e di confusione legislativa, accompagnata da grossi problemi per le famiglie – specie quelle dei centri rurali – finora garantiti sotto il profilo sanitario.
Ovviamente, tale politica sta generando grossi problemi alla dirigenza che vede acuirsi le instabilit6à sociali, frutto di queste disuguaglianze che per il momento non sono state ancora sistemate.
Ma in un paese come la Cina, nel quale il comunismo è solo di facciata, la riforma è la logica conclusione di una serie di operazioni che hanno smantellato lo stato sociale ed hanno consentito enormi risparmi sotto il profilo economico; nelle ipotesi ci sono grandi intenzioni per eliminare sprechi e inefficienze, garantendo servizi migliori a coloro che ne fanno ricorso (cioè non a tutti).
La campagna verrà inizialmente privilegiata in modo da portare i suoi servizi il più vicino possibile a quelli delle grandi città; peraltro, a tutte queste innovazioni, segue l’auspicio (leggasi ordine) che i nuovi sistemi porteranno a liberare molte risorse pubbliche che, in tempo di crisi, potranno essere destinate a incrementare la domanda globale; fateci caso e vedrete che un discorso del genere potrebbe essere opera di Tremonti o di un qualsiasi altro Ministro dell’economia di un governo occidentale.
Però, cosa che differenzia la Cina dagli altri, quando si pianificano differenze, siamo fuori da una economia comunista e stiamo approdando ad un sistema capitalistico, del quale non ci portiamo dietro quelle che potrebbero rappresentare le zavorre: i sindacati, l’opposizione parlamentare, una libera stampa, insomma queste quisquiglie che sono il sale della democrazia liberale.
Molti economisti parlano di questo modo di governare dicendo che i cinesi “truccano le carte” o meglio, giocano con un mazzo che noi non abbiamo: può essere vero, ma al momento la forza del paese li mette al riparo da qualunque discorso!

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