mercoledì, agosto 23, 2006
SEMPRE A PROPOSITO DI INTEGRAZIONE
Vorrei continuare a dissertare sul concetto di “integrazione”, tante volte usato per gli extracomunitari che arrivano nel nostro Paese; il termine è ambiguo, addirittura anche la definizione che ne dà il Devoto-Oli non è chiarissima: incorporazione di una certa entità in una società, con l’esclusione di qualsiasi discriminazione razziale”.
Come si può vedere all’interno della definizione ci sono due realtà che quasi formano un ossimoro: da una parte si parla di “incorporazione” e quindi di un qualcosa che viene conquistato, mentre dall’altra si escludono discriminazioni razziali, cioè si consentirebbe a questa entità di mantenere le proprie caratteristiche antropologiche.
Ma andiamo avanti, sia pure tenendo presente che anche la definizione classica è di difficile attuazione; allora, da una parte abbiamo quella gran massa di extracomunitari che – arrivati in Italia per vie traverse – sono portati dalla condizione sociale oppure dall’indole specifica, a delinquere; dall’altra abbiamo l’altra faccia della medaglia che è rappresentata dai “disperati” che sempre più numerosi approdano sulle nostre spiagge siciliane, incuranti delle morti e dei patimenti, pronti a tutti pur di scappare alle tragiche condizioni di vita che hanno nei loro paesi.
A proposito di questi ultimi, si dice in giro che il maggiore afflusso di barconi fatiscenti carichi di disperati, sia dovuto alle reclamizzate diverse condizioni che il governo dell’Unione avrebbe posto in essere a proposito degli extracomunitari: mi sembra logico e naturale che questi disgraziati affluiscano dove è più facile approdare; certo che il “sinistrorso” (o presunto tale) Zapatero ha dato una bella dimostrazione al contrario, sbarrando totalmente il proprio paese all’arrivo dei magrebini e, addirittura, sparando su coloro che osano infrangere questa normativa (ci sono stati già diversi morti, ma i nostri giornali, intrisi di sinistrese, non ne parlano).
Cosa dobbiamo fare? Come dobbiamo comportarci per fare il nostro dovere di esseri umani?
Aprire completamente a tutti non avrebbe senso perché creerebbe dei problemi di difficile soluzione sia per noi che per coloro che stanno arrivando: questo perché è indispensabile che un paese si dia una qualche forma di accoglienza in modo da integrare questi esseri umani con gli altri esseri umani che già si trovano stanziati.
È come andare a pranzo in casa di qualcuno: se questo qualcuno ci ha invitato avrà anche predisposto un pasto degno dell’evento, ma se noi ci arriviamo all’improvviso, senza che il o la padrona di casa ne sappia niente, non troveremmo da mangiare che pane secco e qualche crosta muffita di formaggio.
E allora come fare per entrare in sintonia tra chi desidera essere invitato e chi desidera invitare?
Dovrebbe essere compito dell’intera comunità europea organizzare questo incontro, ma visto come si stanno comportando a proposito del Libano, credo che siano delle pie illusioni sperare in loro (io sono sempre stato scettico, me ne darete atto!).
Comunque ne riparleremo a breve, anche se dalla settimana proissima ci lasciamo per una diecina di giorni, dato che, come ogni anno, mi reco a Venezia per seguire la Mostra del Cinerma..
Come si può vedere all’interno della definizione ci sono due realtà che quasi formano un ossimoro: da una parte si parla di “incorporazione” e quindi di un qualcosa che viene conquistato, mentre dall’altra si escludono discriminazioni razziali, cioè si consentirebbe a questa entità di mantenere le proprie caratteristiche antropologiche.
Ma andiamo avanti, sia pure tenendo presente che anche la definizione classica è di difficile attuazione; allora, da una parte abbiamo quella gran massa di extracomunitari che – arrivati in Italia per vie traverse – sono portati dalla condizione sociale oppure dall’indole specifica, a delinquere; dall’altra abbiamo l’altra faccia della medaglia che è rappresentata dai “disperati” che sempre più numerosi approdano sulle nostre spiagge siciliane, incuranti delle morti e dei patimenti, pronti a tutti pur di scappare alle tragiche condizioni di vita che hanno nei loro paesi.
A proposito di questi ultimi, si dice in giro che il maggiore afflusso di barconi fatiscenti carichi di disperati, sia dovuto alle reclamizzate diverse condizioni che il governo dell’Unione avrebbe posto in essere a proposito degli extracomunitari: mi sembra logico e naturale che questi disgraziati affluiscano dove è più facile approdare; certo che il “sinistrorso” (o presunto tale) Zapatero ha dato una bella dimostrazione al contrario, sbarrando totalmente il proprio paese all’arrivo dei magrebini e, addirittura, sparando su coloro che osano infrangere questa normativa (ci sono stati già diversi morti, ma i nostri giornali, intrisi di sinistrese, non ne parlano).
Cosa dobbiamo fare? Come dobbiamo comportarci per fare il nostro dovere di esseri umani?
Aprire completamente a tutti non avrebbe senso perché creerebbe dei problemi di difficile soluzione sia per noi che per coloro che stanno arrivando: questo perché è indispensabile che un paese si dia una qualche forma di accoglienza in modo da integrare questi esseri umani con gli altri esseri umani che già si trovano stanziati.
È come andare a pranzo in casa di qualcuno: se questo qualcuno ci ha invitato avrà anche predisposto un pasto degno dell’evento, ma se noi ci arriviamo all’improvviso, senza che il o la padrona di casa ne sappia niente, non troveremmo da mangiare che pane secco e qualche crosta muffita di formaggio.
E allora come fare per entrare in sintonia tra chi desidera essere invitato e chi desidera invitare?
Dovrebbe essere compito dell’intera comunità europea organizzare questo incontro, ma visto come si stanno comportando a proposito del Libano, credo che siano delle pie illusioni sperare in loro (io sono sempre stato scettico, me ne darete atto!).
Comunque ne riparleremo a breve, anche se dalla settimana proissima ci lasciamo per una diecina di giorni, dato che, come ogni anno, mi reco a Venezia per seguire la Mostra del Cinerma..