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venerdì, ottobre 21, 2005

Questi ragazzi, cosa penseranno di noi! 

Sul principale sito e-commerce dell’Asia (Eachnet, acquistata due anni fa dal colosso eBay) è apparsa una vendita all’asta di bambini cinesi: due le cifre di partenza, 3.500 dollari per i maschi e 1.600 per le femmine; garantita la consegna entro 100 giorni dal pagamento a saldo; il tutto simile alle collane o alle penne stilografiche di pregio!
Adesso il mostruoso bando è stato tolto, forse per l’intervento delle autorità cinesi o forse per qualche altra ragione, non ultima quella “di avere i prezzi troppo alti” per il mercato dell’infanzia.
Infatti, in Etiopia, i bambini costano non più di uno o al massimo due euro e vengono venduti dalla stessa famiglia che così si toglie una bocca da sfamare e compie anche – questo almeno è il “finto” pensiero dei genitori – un’opera buona per il loro figlio che, a detta degli acquirenti, andrà incontro ad una vita molto migliore di quella che potrebbe condurre in patria, fatta di studi e di lavoro.
E invece, il futuro che attende questi disgraziati è ben miserevole: schiavitù per i maschi, che vengono avviati al lavori sottopagati in paesi più sviluppati dell’Etiopia, ad esempio minibraccianti per l’agricoltura o minatori in cave anguste e pericolose, oppure nelle vetrerie o nelle fornaci.
Le bambine, invece, hanno due tipi di sbocchi: se appaiono graziose vengono avviate alla prostituzione, cominciando con quella minorile e proseguendo poi con quella più adulta; se sono bruttine, il loro destino è ancora una forma sottile di schiavitù: fare la “serva” in case padronali dove poi la ragazzina può diventare il balocco di tutti i maschietti della famiglia, oppure in strutture ricettive tipo alberghi, bar e ristoranti; il tutto, ovviamente gestito da una struttura malavitosa che affitta questa particolare mano d’opera oppure la vende, se del caso, a prezzi molto maggiori di quello che le hanno pagate.
Ammetto tutto, sono costretto ad accettare tutto, ma queste bassezze nei confronti dell’infanzia, proprio non riesco a digerirle; pensate che secondo una indagine dell’O.N.U., con quello che “spreca” un bambino occidentale (non quello che mangia, sia chiaro, proprio quello che butta via) un bambino etiopico campa per quaranta giorni.
Un altro dato, e poi mi fermo con i numeri: in Etiopia la metà circa della popolazione “vive” (si fa per dire) con un reddito di 28 centesimi di dollaro al giorno: il dato è significativo perché in esso sono compresi grandi e piccini, uomini e donne, e quindi possiamo rilevare che la miseria è talmente spalmata sull’intera popolazione da essere considerata un autentico modo di vita.
E il Padreterno cosa fa? Suggerisco a coloro che creano le preghiere di coniarne una che reciti grosso modo così: Ti preghiamo Dio di aiutare questi bisognosi, ma anche di colpire con i tuoi fulmini più roventi, coloro che sono responsabili di queste situazioni. Io non lo so chi sono, ma Lui sicuramente si!
Può bastare l’invenzione di una preghiera e la successiva recita – magari anche giornaliera – per metterci la coscienza in pace?
Non credo, tutte le volte che incrociamo il nostro sguardo con gli occhi di un bambino negro, impariamo ad abbassarlo, ma subito dopo a riaprire gli occhi e a vedere se è possibile fare qualcosa per questa creatura del Signore che ha sicuramente bisogno di te, di noi, di tutti.

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