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mercoledì, giugno 29, 2005

La Cina é visina...ma non sui diritti umani 

E’ il titolo della “raccolta firme” messa in piedi dal giornalista Aldo Forbice nel contesto della trasmissione radiofonica (RAI 1-ore 19.30 ca.) “Zapping”, di cui facevo cenno nel mio post di ieri.
Forbice, da quel bravo giornalista che è, faceva notare nei giorni scorsi che analoghe iniziative avevano successi molto maggiori a questa e, aggiungeva, sembra quasi che ci sia una sorta di parola d’ordine strisciante che invoca l’oblio per tutto quanto succede in Cina; certo – aggiungeva ancora – a vedere come si sdilinquiscono i nostri personaggi politici nelle loro frequenti visite in quel Paese, c’è da temere questa specie di “congiura del silenzio” su quanto accade in quella nazione asiatica: non ci dimentichiamo che anche il nostro Presidente della Repubblica, nella sua recente visita di Stato, dopo aver inneggiato ai grandiosi progressi cinesi, ha preso “quasi” un impegno per far rivedere all’Unione Europea la posizione di embargo sulle armi nei confronto della Cina e non ha fatto il minimo accenno alla situazione dei diritti umani in quel paese.
Effettivamente, a ben valutare tutte queste circostanze, riviene alla memoria il detto andreottiano “a pensare male si fa peccato ma molto spesso ci si indovina”. A quale proposito si può invocare questa sorta di maldicenza-verità? Mi sembra che – per ripetere le parole di Aldo Forbice – sembra che ci sia una notevole quantità di “poteri forti” che fanno il tifo per la Cina e per una sua affermazione a livello mondiale con qualunque mezzo sia realizzata: l’industria manifatturiera cinese è definitivamente in mano a “mercanti di schiavi” che manovrano gli operai come fossero delle pedine in una dama gigante quanto può esserlo in un paese che è tre volte l’Europa.
Proprio la grandezza della nazione, la sua popolosità, l’assenza di qualunque controllo di natura sindacale, la sostanziale “dittatura del partito” che si è instaurata da anni, avrebbe dovuto indurre le potenze occidentali a trattare il giusto desiderio di sviluppo di quel paese “con le pinze”; e invece tutti – noi in testa – si sono precipitati in Cina con l’obiettivo di fare man bassa in questo sterminato esercito di nuovi consumatori che apparivano bisognosi di tutte le stupidaggini che sono importanti per l’occidente e che – governanti cinesi permettendo – dovrebbero diventare importanti anche per loro.
Certo che un mercato “vergine” o quasi, composto da quasi un miliardo e mezzo di individui ha fatto gola a tutti, ma come si chiede adesso di regolamentare in qualche modo l’afflusso di merce cinese, altrettanto avrebbe dovuto esser fatto con la nostra che andava là.
Comunque sia, la schiavitù in forma più o meno violenta è un dato di fatto ormai acclarato per quanto riguarda le fabbriche cinesi; l’uso indiscriminato di bambini nel contesto della catena produttiva è altrettanto accertato; ma lo è anche il fatto che tale sistema di produzione vale non solo per le industrie cinesi ma anche per quelle occidentali installate nel suolo cinese per realizzare merce destinata all’esportazione e all’immissione nei nostri mercati: le ammissioni in questo senso della NIKE e di altre aziende americane che hanno trasferito buona parte della loro produzione sul suolo cinese, sono esemplificative di quanto sta accadendo.
È una corsa a chi riesce a fregare maggiormente, nella quale non dobbiamo dimenticarci che l’alto numero della popolazione cinese è a loro vantaggio.
A proposito, un'altra carognata che si consuma in Cina – anche questa accertata – è la soppressione dei figli non autorizzati, eccedenti il primo; come volete che si possa competere con queste situazioni di “pelo sullo stomaco” noi che abbiamo come motto “tengo famiglia”?

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