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domenica, febbraio 27, 2005

Il futuro è dei vecchi 

Anzitutto chiariamo il nocciolo del problema: stiamo parlando di vecchi, o anziani come si dice adesso con un tono compassionevole, ed in questa categoria vengono classificate le persone che superano i 65 anni di età.
Prendo lo spunto da una intervista rilasciata da Monorchio, ex Ragioniere Generale dello Stato e adesso a capo dell’Osservatorio della terza età; la prima dichiarazione che mi lascia stupefatto è che – fatti tutti i conti – l’Italia è il Paese più anziano del mondo: me lo dice una tale autorità ed io ci credo.
Alcuni dati: nel 2011 gli anziani saranno il 20,7% dei residenti italiani; nel 2030 tale percentuale si porterà verso il 30%, superando addirittura il numero della generazione di mezzo (30-59 anni) ed infine nel 2050 gli ultra sessantacinquenni raggiungeranno il 35% degli abitanti, e di questi 8 milioni avranno più di 80 anni e 2 milioni più di 90.
Già da questi dati si avverte subito che il problema è imponente, sia sotto il profilo previdenziale che sotto quello sanitario; anche perché – ripetendo una frase che ho inventato io (modestia a parte) – la scienza moderna non ha allungato la vita ma ha semplicemente allontanato la morte.
Cioé, mi spiego meglio, questa massa di anziani non è rinfrancato da un giovanilismo che è, purtroppo, solo di facciata, ma ha tutte le problematiche e tutti gli acciacchi di una persona di quell’età, nessuno escluso.
Tra le varie iniziative che questo “Osservatorio” sta mettendo in piedi, ce n’è una che – secondo me - merita particolare attenzione: la creazione di una sorta di decalogo (dieci sono infatti i punti presi in esame) che sfocia in un “contratto” che le associazioni stanno cominciando a sottoporre ai politici impegnati nelle prossime elezioni; e la raccomandazione che viene dall’Osservatorio è netta: “Votate solo chi accetta il decalogo”.
Non ho lo spazio per esaminare tutti e dieci i punti, ma ce ne sono quattro che secondo me meritano particolare attenzione: il PRIMO chiede l’istituzione di un “Ministero per la terza età”, il SECONDO rivendica l’istituzione di un fondo per i non autosufficienti per 1,5 miliardi di euro l’anno; il TERZO riguarda l’istituzione di un “voucher” per le prestazioni specialistiche che non si riescono ad avere a causa delle liste di attesa, come dire che se è difficile attendere per un giovane, per un anziano è veramente intollerabile.
Il QUARTO punto riguarda i “percorsi formativi riconosciuti per le badanti”, questa nuova figura a cavallo tra la profilassi e l’assistenza, che sta prendendo sempre più piede nel mondo degli anziani.
Per quest’ultimo problema c’è qualche politico che ha già dichiarato la propria disponibilità: si tratta del sottosegretario al Welfare, Maria Grazia Sestini, che oltre ad avere espresso apprezzamento per l’intero decalogo, ha annunciato che il suo Ministero ha già in fase avanzata lo studio per l’istituzione di un “albo delle badanti”.
Non voglio essere così demagogico da sottoscrivere la dichiarazione di un membro della sinistra “macché Ponte sullo Stretto, con quei soldi pensiamo agli anziani”, anche perché i problemi sono di natura diversa e quindi non sovrapponibili; caso mai posso dire, anzi ribadire perché l’ho detto altre volte, che gli argomenti che dovrebbero essere in cima alla lista delle cose da risolvere sono: i malati, gli anziani e i bambini (leggasi giovani).
Queste tre problematiche ovviamente non nell’ordine che le ho scritte ma tutte insieme, formano una sorta di “obbligo di risoluzione” e quindi sono – a mio modo di vedere – all’apice delle cose cui mettere mano, e alla svelta; chi non lo fa non è degno di governare un paese.

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