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mercoledì, ottobre 13, 2004

100 omicidi: già permessi premio 

Sulla stampa di oggi, viene confermata una notizia d’Agenzia di ieri che riporta un fatto – a mio avviso – veramente clamoroso: a Giovanni Brusca, coautore della strage di Capaci (uccisione di Falcone), autoaccusatosi di un centinaio di omicidi e, particolare forse più ributtante di tutti, autore della morte e dello “scioglimento” nell’acido solforico del piccolo Giuseppe Di Matteo, 12 anni, unica colpa essere figlio di un pentito di mafia, vengono già concessi permessi premio ogni 45 giorni.
Quindi ogni mese e mezzo, questo signore – la cui unica similitudine è con i delinquenti di Al Qaeda – raggiunge la famiglia (campata lautamente da noi) in una residenza protetta e trascorre il fine settimana con moglie e figli (sempre a nostre spese).
Questo avviene dalla primavera scorsa – io l’ho appreso solo ora – quindi dal 2003; se consideriamo che il brav’uomo è stato arrestato nel 1996, si deduce che ha scontato soltanto sette anni di carcere continuativo.
Ma c’è di più: il suo difensore ha presentato istanza di scarcerazione o, in alternativa, di arresti domiciliari per il suo assistito; la pratica è già stata istruita e – dopo i pareri di alcune Procure – il tutto verrà passato alla Direzione Nazionale Antimafia.
Il tutto, ovviamente fatto “a norma di legge” e con applicazione di regolamenti già in vigore da tempo.
Vorrei essere molto chiaro e, soprattutto non desidero che mi si accusi di demagogia: le sentenze che la magistratura emette sono “IN NOME DEL POPOLO ITALIANO”; le leggi che il Parlamento emana sono “per” il popolo italiano.
Ebbene, quando “il popolo italiano” si arrabbia per questi che appaiono assurdi favoritismi, gli viene ribattuto che si sta solo applicando la legge.
Ma io dico che se “il popolo italiano” rimane sconvolto da queste decisioni e da questa forma di applicazione della legge, mi sembra che il meno che si possa fare è di “CAMBIARE LA LEGGE”, in ossequio ai desiderata del più volte richiamato popolo italiano. E questi cambiamenti farli subito, con la stessa velocità, almeno, che si è usata per la “Cerami” (vero Cavaliere?)
Quando si ha la fortuna di catturare un fior di delinquente come Giovanni Brusca, gli si fa il processo e come condanna gli diamo “carcere a vita”, cioè si mette in galera e si butta via la chiave, come si diceva una volta.
Ma lui si pente e ci permette di arrestare altri delinquenti come lui? Capisco che è un bel dilemma: accettare la collaborazione del delinquente pentito (e ripagarlo in qualche modo), oppure nel caso specifico il richiedente si è macchiato di tali e tanti delitti e così efferati, che non è nemmeno il caso di trattare.
Anche nel caso che venga deciso di considerarlo un “pentito”, come è avvenuto con Brusca, anziché cento ergastoli come si meriterebbe, il nostro delinquente viene condannato “solo” a venti anni di galera (questo è quanto avvenuto al suo processo).
Però non si cominci poi con gli scamotti delle varie leggi e leggine fatte per ben altre persone: il signorino si faccia i suoi venti anni tutti filati e solo trascorso questo termine gli facciamo riabbracciare la famiglia.
Se così non gli va bene, lasciamo perdere ogni collaborazione: lui si tenga le sue informazioni (che raramente portano a qualcosa di positivo) e noi ce lo teniamo in galera; e amici come prima!

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