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martedì, settembre 28, 2004

Petrolio sempre più su 

Al momento in cui scrivo sembra che si vada verso lo sfondamento dei 50 dollari a barile per il Brent su Londra e vicino ai 50 per la piazza di New York; è ovvio che questi aumenti provocheranno balzi in avanti di tutte le merci, anche di quelle che con il petrolio non c’incastrano proprio niente, ma che lo usano come scusante.
Esaminiamo anzitutto le cause: una sembra la guerra civile che si sta svolgendo in Nigeria, con i guerriglieri che hanno intimati all’AGIP e alla SHELL di abbandonare il paese entro la fine del mese, altrimenti ci saranno ritorsioni verso uomini e materiali. Entrambe le compagnie hanno comunicato che tutto continuerà come prima e che non si faranno certamente intimidire, e quindi questa prima “causa” cade da sola.
Altro elemento di tensione per il prezzo dei prodotti petroliferi è rappresentato dal “quasi-blocco” delle attività della Yukos, il colosso russo dell’estrazione e commercializzazione del greggio (non di eccelsa qualità ma a prezzo concorrenziale). Questa compagnia, entrata in rotta di collisione con il potere russo (Putin e compagnia bella) era fino a poco tempo fa l’abituale fornitrice della Cina e quindi attualmente il paese asiatico è sul mercato come tutti gli altri e contribuisce a far lievitare il prezzo attraverso l’aumento della richiesta (e che aumento…!).
A questo punto merita un breve approfondimento la situazione della Cina (e dell’India); con un tasso di incremento dell’economia che sfiora il 10% annuo, è ovvio che si tende a rastrellare materie prime (praticamente il ferro è quasi spartito dal mercato) e, in particolare il petrolio, vero motore di qualsiasi economia che vuole svilupparsi.
È naturale che gli interventi sul mercato ordinario di questi paesi emergenti (Cina, India, ma anche Giappone) ha come conseguenza il lievitare dei prezzi del greggio; alcuni paesi aderenti all’OPEG (associazione che comprende i produttori di petrolio) hanno proposto di aumentare l’estrazione di 1.500.000 di barili al giorno a costo costante almeno fino alla fine dell’anno (immaginarsi il guadagno mostruoso di questi paesi).
I vari problemi dell’area del medio oriente /Irak, Arabia Saudita, Kuwait) contribuisce poi a rendere la situazione del mercato petrolifero come la più incandescente da vari anno a questa parte; si potrebbero fare alcune considerazioni in materia: che la Cina e l’India fossero sul punto di fare decollare la loro economia, qualunque persona un po’ del mestiere lo prevedeva già dieci anni fa e, da quella data sono cominciate le anticipazioni su dati macroeconomici che portavano ai risultati attuali.
Non poteva essere prevista (e non lo è stata) la lotta di potere Yukos/Putin, anche se alcune avvisaglie si erano avute; per il medio oriente poi, bastava chiedere a… Bush e si sarebbe avuto un completo calendario, magari da rivedere quel tanto che si è visto non corrispondere alle aspettative.
La mia conclusione è molto semplice: una materia prima come il petrolio che è stata fatta assurgere al livello di indispensabile elemento di qualunque economia, avrebbe forse necessità di essere “programmata” e forse “guidata” da un consesso mondiale del genere dell’O.N.U. e sulla base degli andamenti prendere decisioni che siano di una qualche utilità (dolorose decisioni per qualcuno, utili per la maggioranza); in pratica una sorta di “unità di crisi” riunita in permanenza che disponga di fondi e di uomini per gli interventi che vengono decisi.


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