domenica, gennaio 22, 2012
SIAMO SULL'ORLO DEL DIVORZIO?
Molti segnali mi inducono a dire che il collante che teneva insieme i Paesi europei deve essere di scarsa qualità; oppure non viene usato; oppure c’è qualcuno che non vuole essere “contaminato” dalla vicinanza con altri Paesi.
Qualcuna di queste ipotesi sarà quella vera, ma adesso mi interessa vagliarle tutte e vedere come siamo arrivati a questa situazione; l’ultima: il nostro Premier, Mario Monti, che si rivolge alla Merkel implorandone l’aiuto per sistemare le questioni con le tre sorelle del rating e si sente rispondere: “l’Italia deve farcela da sola; ne ha i mezzi”.
Oppure l’atteggiament6o dell’Inghilterra che non ne vuol, sapere di legarsi con l’Europa continentale e non accetta di tartassare un pochino le transazioni di borsa, mandando così in visibilio tutti gli operatori della City.
Dobbiamo ammettere che il matrimonio europeo non regge, ma altrettanto dobbiamo stringere i denti e cercare di reggere la barca, in modo che la stessa non vada a picco o affondi il più tardi possibile. In alternativa c’è solo il divorzio, che significa in parole povere, buttare all’aria tutto quello che è stato costruito (male, lo so!!) in campo europeo.
Per combattere i salti dei rating pilotati da “gente interessata” ci sarebbero un paio di mosse da compiere: la prima è in mano al nostro Draghi che, dall’alto della sua carica di Direttore della BCE, dovrebbe affermare a chiare lettere che “salva tutti lui, comprando i debiti di tutti gli stati”; semplice ed efficace, peccato però che la Merkel non glielo consenta.
La seconda è quella di ammonire la Francia che continua a lanciare allarmi sulla possibile, imminente fine dell’euro, affermazione che non può certo portare serenità nella finanza internazionale.
Ci sarebbe poi una terza mossa: un patto fra tutti i paesi europei per una sorta di unità fiscale (l’unica che non lo vuole è l’Inghilterra, tanto per cambiare); questa operazione porterebbe a compimento un muro di buon cemento che potrebbe respingere gli attacchi della speculazione i9nternazionale.
Tra gli spettatori – “interessati” – c’è poi il Presidente USA, Obama, il quale non perde occasione per dirsi “preoccupato, ma fiducioso” della situazione dei Paesi europei; noi siamo ben felici di essere nel cuore dell’uomo più potente del mondo (almeno per un po’ ancora), ma se desse un’occhiata a casa sua, la sua preoccupazione si sposterebbe su quello che avviene a Washington.
A detta di molti economisti, la grande speculazione si è concentrata sull’Europa, ignorando gli Stati Uniti, ma quando si accorgerà della fragilità del bilancio americano sposterà l’attenzione anche verso Wall Street.
Non a caso, gli Stati Uniti hanno un debito pubblico di quasi 15/mila miliardi di dollari (circa 14/mila miliardi di euro), contro i 1.900 miliardi di euro dell’Italia; il Paese è molto più grande e potente, ma un divario del debito di questa portata può invogliare qualche speculatore a puntare la lente d’ingrandimento sugli USA.
Per la verità, gli USA hanno un altro vantaggio sull’Europa: hanno una banca centrale – la Federal Riserve – che sa fare il proprio mestiere e le leggi americane glielo consentono, mentre in Europa la BCE non è né carne né pesce, nel senso che non riesce ad aumentare la massa di moneta in circolazione per coprire i bond e neppure riesce a porsi come ultimo baluardo contro gli attacchi al debito sovrano di alcuni stati.
Solo questo ci darebbe tranquillità; ma al momento non è possibile!!
Qualcuna di queste ipotesi sarà quella vera, ma adesso mi interessa vagliarle tutte e vedere come siamo arrivati a questa situazione; l’ultima: il nostro Premier, Mario Monti, che si rivolge alla Merkel implorandone l’aiuto per sistemare le questioni con le tre sorelle del rating e si sente rispondere: “l’Italia deve farcela da sola; ne ha i mezzi”.
Oppure l’atteggiament6o dell’Inghilterra che non ne vuol, sapere di legarsi con l’Europa continentale e non accetta di tartassare un pochino le transazioni di borsa, mandando così in visibilio tutti gli operatori della City.
Dobbiamo ammettere che il matrimonio europeo non regge, ma altrettanto dobbiamo stringere i denti e cercare di reggere la barca, in modo che la stessa non vada a picco o affondi il più tardi possibile. In alternativa c’è solo il divorzio, che significa in parole povere, buttare all’aria tutto quello che è stato costruito (male, lo so!!) in campo europeo.
Per combattere i salti dei rating pilotati da “gente interessata” ci sarebbero un paio di mosse da compiere: la prima è in mano al nostro Draghi che, dall’alto della sua carica di Direttore della BCE, dovrebbe affermare a chiare lettere che “salva tutti lui, comprando i debiti di tutti gli stati”; semplice ed efficace, peccato però che la Merkel non glielo consenta.
La seconda è quella di ammonire la Francia che continua a lanciare allarmi sulla possibile, imminente fine dell’euro, affermazione che non può certo portare serenità nella finanza internazionale.
Ci sarebbe poi una terza mossa: un patto fra tutti i paesi europei per una sorta di unità fiscale (l’unica che non lo vuole è l’Inghilterra, tanto per cambiare); questa operazione porterebbe a compimento un muro di buon cemento che potrebbe respingere gli attacchi della speculazione i9nternazionale.
Tra gli spettatori – “interessati” – c’è poi il Presidente USA, Obama, il quale non perde occasione per dirsi “preoccupato, ma fiducioso” della situazione dei Paesi europei; noi siamo ben felici di essere nel cuore dell’uomo più potente del mondo (almeno per un po’ ancora), ma se desse un’occhiata a casa sua, la sua preoccupazione si sposterebbe su quello che avviene a Washington.
A detta di molti economisti, la grande speculazione si è concentrata sull’Europa, ignorando gli Stati Uniti, ma quando si accorgerà della fragilità del bilancio americano sposterà l’attenzione anche verso Wall Street.
Non a caso, gli Stati Uniti hanno un debito pubblico di quasi 15/mila miliardi di dollari (circa 14/mila miliardi di euro), contro i 1.900 miliardi di euro dell’Italia; il Paese è molto più grande e potente, ma un divario del debito di questa portata può invogliare qualche speculatore a puntare la lente d’ingrandimento sugli USA.
Per la verità, gli USA hanno un altro vantaggio sull’Europa: hanno una banca centrale – la Federal Riserve – che sa fare il proprio mestiere e le leggi americane glielo consentono, mentre in Europa la BCE non è né carne né pesce, nel senso che non riesce ad aumentare la massa di moneta in circolazione per coprire i bond e neppure riesce a porsi come ultimo baluardo contro gli attacchi al debito sovrano di alcuni stati.
Solo questo ci darebbe tranquillità; ma al momento non è possibile!!