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domenica, gennaio 02, 2011

L'ANNO CHE ARRIVA 

Alcune riflessioni – alla buona, come è mio costume – su quello che ritengo sarà il problema dell’anno nel quale siamo appena entrati; la stagnazione nel comparto dell’occupazione non mi fa dormire sonni tranquilli; in concreto, il lavoro per i giovani e meno giovani, riprenderà un trand positivo o resterà come nel 2010?
E in questo contesto, la cosa che più mi dà da pensare è senza dubbio quello che tutti chiamano “la dottrina Marchionne”; in concreto, diciamo che il nostro “maglioncino blu” non essendo un imprenditore nel senso compiuto del termine, in quanto non investe denaro proprio ma fondi che gli vengono messi a disposizione e che lui deve cercare di utilizzare con minori rischi e con il maggior reddito possibile, attua il noto principio che recita: “il capitale si dirige laddove trova il lavoro a più basso costo”.
In questa ottica, il discorso che ha fatto per gli stabilimento italiani della FIAT è di una semplicità disarmante: se dobbiamo investire in Italia una parte dei fondi a disposizione, dobbiamo farlo alle stesse condizioni che riusciamo ad ottenere in altri stati; quindi ecco la spinta a portare a livelli altissimi lo “sfruttamento” della mano d’opera, sfruttamento che, peraltro, viene retribuito in forma superiore a quello delle altre aziende similari: quindi più “dedizione” dei lavoratori contro maggiori retribuzioni.
Inoltre, dobbiamo aggiungere che l’Europa deve per forza fare i conti – nel 2011 o al massimo l’anno successivo – con il costo del lavoro dei due colossi asiatici: mi viene riferito che in Cina si lavora mediamente a un euro l’ora e che in India siamo addirittura a 0,90!! Temo che queste “miserie” arriveranno prima o poi anche sui nostri mercati.
Ed eccoci allora a quello che secondo me è il nocciolo della questione: la “globalizzazione”, realtà economica che a mio giudizio è all’origine di tutte queste situazioni; facciamo una brevissima storia: per un paio di secoli i Paesi occidentali hanno goduto di una formidabile rendita di posizione dovuta al fatto di essere stati i primi ad avere imboccato la strada dell’industrializzazione e quindi dell’espansione; questo ha consentito che in queste società si formasse un forte ceto medio che faceva da cuscinetto tra i “molto ricchi” ed i “molto poveri”.
Quando la produzione dei beni di consumo non ha più avuto un forte sbocco nei paesi produttori, ci siamo inventati altri mercati che, dapprima sono stati investiti dalle nostre cianfrusaglie (come le perline per i selvaggi) e quindi si è pensato di utilizzare la mano d’opera di quei paesi come “schiavi moderni” per incrementare le nostre produzioni che - dato l’uso smodato della tecnologia – non abbisognano di operai specializzati ma solo di mani che muovono alcune leve; la motivazione ufficiale: far sì che queste economie si avvicinassero alle nostre,m come se noi avessimo la “verità rivelata”!!
In un primo tempo gli “schiavi” furono fatti entrare nei paesi occidentali per utilizzarne le loro “braccia”, ma poi venne fatto un passo avanti, delocalizzando le nostre produzioni nei paesi di provenienza degli “schiavi” – che rimasero da noi ad accattonare un piatto di ministra - e quindi producendo le merci direttamente all’estero; la motivazione ufficiale: far sì che queste economie si avvicinassero alle nostre, come se noi avessimo la “verità rivelata” sul bene comune!!
Adesso, tutto è globalizzato, anzi, mi sembra una grandissima marmellata in cui non si capisce bene i ruoli di chi produce e di chi acquista; a questo dovremmo pensare nel 2011, per cominciare così a mettere un po’ d’ordine e cercare così di capire i ruoli di ogni partecipante a questa sorta di “corsa di cani”, nella quale la lepre (cioè il denaro) corre più forte dei concorrenti e infatti non viene mai raggiunto. È chiaro il concetto??

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