<$BlogRSDUrl$>

domenica, novembre 28, 2010

UN PENSIERO SUI GIOVANI 

Per fare una riflessione sui “giovani di oggi”, così impegnati in manifestazioni di protesta e in affannose ricerche per farsi “un futuro”, mi piace cominciare con un pensiero di Mario Luzi, un grande poeta, mio concittadino, che non ha vinto il Nobel per una “malandrinata”, ma che ha scritto pagine bellissime, sia in prosa che in poesia: “I giovani non hanno ancora radici profonde e perciò rimangono esposti alle tempeste più degli adulti; la loro, continua ad essere una domanda di vita non soddisfatta, frutto del disinganno, cioè dell’incertezza e della paura”.
Le recenti intemperanze nei confronti delle Università, non mi appaiono chiarissime, forse sono frutto di strumentalizzazioni, forse vengono concepite in ambienti vicini alla grande finanza, ma comunque sono operazioni che lasciano le cose così come le trovano, senza voler usare la metafora di Pier Paolo Pasolini che in occasione dei moti del sessantotto parlò dei figli dei borghesi che lanciano le molotov contro i poliziotti, figli degli operai (e ora si direbbe dei cassaintegrati).
Ed a proposito del sessantotto, nella mia città si sono sentiti slogan che ci riportano a quelle date, si sono ripetute le solite scene, le solite occupazioni di luoghi simbolici ed i soliti sit-in di catene umane; le cariche della Polizia in tenuta antisommossa sono state centellinate e portate solo quando non si poteva fare altrimenti, ed infatti le “teste rotte” sono state pochissime (si contano sulle dita di una mano) e stanno in maggioranza tra le forse dell’ordine.
Ma a cosa è servita questa manifestazione a livello nazionale che ha interessato molti luoghi simbolo? Forse, dato che l’attuale protesta, a differenza del sessantotto ha meno cariche ideali e più interessi di bottega, si cerca il luogo particolare che fornisca la motivazione “di alto spessore”. Nel ’68 e negli anni successivi, la protesta cavalcava forti dosi di utopia, diritti sociali per tutti e giustizia sociale che ridistribuisse le ricchezze; il boom economico non sembrò sufficiente a scaldare gli animi dei manifestanti e si ricorse alla piazza per scoprire quale futuro ci si poteva aspettare.
Al contrario del ’68, adesso non si predica più la distruzione della società ma solo il diritto di poter entrare nel mercato della globalizzazione, avere un lavoro, potersi fare una famiglia ed avere la speranza di poter fare qualcosa in più dei loro padri.
Comunque ragazzi, ecco in poche righe il mio modesto pensiero: poiché ho paura (anzi sono certo) che così come noi non combinammo niente di decisivo nel ’68, così temo (anzi sono certo) che non farete la rivoluzione neppure questa volta e quindi state attenti ad un particolare: mentre voi fate a botte con i poliziotti, mentre voi non fate il vostro “lavoro” – cioè imparare qualcosa – mentre voi disertate le aule scolastiche, i vostri insegnanti, tutti con il culo al caldo (come definisco io quelli che non hanno problemi), entrano in aula e se ci siete fanno quel poco di lezione che riesce loro e se non ci siete, si girano e se ne tornano a casa oppure a fare lo scontato secondo lavoro; ed alla fine del mese lo stipendio – che sia stato o meno guadagnato – arriva puntualmente; quindi ragazzi, attenti a non fare il gioco di qualcuno molto più grosso di tutti noi e subire una strumentalizzazione - così come noi la subimmo nel ’68 - nella quale interpretate soltanto la pare di “carne da cannone”; infatti, finita la festa (cioè i pestaggi) voi sarete costretti a rientrare in classe e gli altri riprenderanno imperterriti la loro attività, senza che niente abbia scalfito il loro “potere”.
Se invece le cose andassero “in altro modo”, sarei il primo ad esultare, ma temo che questo non si verificherà; o no???

This page is powered by Blogger. Isn't yours?