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mercoledì, dicembre 02, 2009

LA SVIZZERA E I MINARETI 

Chiariamo bene cosa sono i minareti: sono torri, aventi notevole sviluppo verticale, adiacenti alle moschee, dalle quali il muezzin ripete, in date ore del giorno, l’appello alla preghiera ai credenti musulmani; noi ne abbiamo tre: a Roma, Milano e Catania.
Andiamo avanti e vediamo cosa è successo in Svizzera: un referendum indetto senza grandi pretese di successo, si è invece rivelato un grosso boato politico: si è chiesto alla cittadinanza elvetica se voleva o no la costruzione di nuovi minareti nel loro territorio; la risposta è stata quasi plebiscitaria: su 26 cantoni nei quali è suddiviso il Paese (7.7 milioni di abitanti) solo quattro hanno bocciato l’iniziativa anti-minareti (Ginevra, Basilea città, Neuchatel e Vaud) mentre negli altri hanno trionfato coloro che non vogliono i minareti, anche con percentuali importanti (68% in Ticino e punte oltre il 70% ad Appen); la media è stata del 57% favorevole alla “non costruzione di nuovi minareti” e quindi tale voto modifica immediatamente la Costituzione svizzera, alla quale viene aggiunto un capoverso che recita: “L’edificazione di minareti è vietata”; una frase brevissima, ma il cui impatto appare ancora difficile da misurare.
In tutta Europa si sono sprecati i commenti sulla vicenda e da più parti la Svizzera è stata tacciata di xenofobia; in questo sport si è particolarmente distinta la U.E., la quale – pur non essendo la Svizzera membro dell’Unione – si è scagliata contro il risultato referendario, mostrandosi rammaricata e preoccupata dell’esito di tale consultazione.
Uno dei promotori dell’iniziativa, il parlamentare svizzero Oskar Freysinger, ha rilasciato la seguente dichiarazione che mi sembra chiarissima ed emblematica della situazione e degli obiettivi dei referendari: "Il divieto dei minareti non cambierà niente per i musulmani, che potranno continuare a praticare la loro religione, a pregare e a riunirsi. Si tratta di un messaggio,con cui la società civile vuole mettere un freno agli aspetti politico-giuridici dell'Islam".
Insomma, il messaggio che i cittadini svizzeri lanciano ai musulmani è semplice: nessun veto alle vostre preghiere purché vengano svolte all’interno della moschea; divieto invece di svolgere attività di carattere politico da parte della comunità islamica.
Ovviamente questo concetto viene espresso solo dai promotori dell’iniziativa, mentre le strutture governative svizzere – colte di sorpresa dal risultato del voto – tendono a minimizzare gli effetti del referendum, affermando che “è soltanto un voto contro nuovi edifici”; a casa mia si chiama nascondersi dietro un dito, ma è chiaro che non avrebbero potuto dire niente di contrario a questo.
Intanto, l’iniziativa si sta espandendo a macchia d’olio e prende l’avvio dai Paesi Bassi, dove il leader della destra xenofoba ha annunciato che “chiederanno al governo di far sì che sia possibile un simile referendum in Olanda”.
E in casa nostra? Mentre il Vaticano ha paragonato il referendum sui minareti alla sentenza sul crocifisso, bollando entrambe le iniziativa come “un duro colpo alla libertà religiosa ed all’integrazione”, le forze politiche sono – come al solito – divise anche all’interno dei singoli partiti.
E la gente comune? È ancora presto per avere delle opinioni ponderate, cioè significative sia in termine di numeri che della valenza statistica, ma a lume di naso, sembra prevalere l’appoggio agli anti-minareti, anche perché il modo come è stata impostata la questione da parte dei referendari svizzeri (sì alla religione musulmana; no all’espansionismo politico dell’Islam), trova moltissimi sostenitori nel nostro Paese: speriamo non sia una scusa per coprire il razzismo!!

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