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martedì, ottobre 13, 2009

COSE CHE LASCIANO DI STUCCO 

Quante volte abbiamo letto – e stigmatizzato – situazioni nelle quali una famiglia si schiera contro il figlio o la figlia per ragioni etniche? Anch’io, modestamente, ho le mie colpe, in quanto ho usato queste cronache per parlare di integrazione. Bene, adesso siamo a parti invertite: la figlia annuncia “amo un albanese” ed il padre l’accoltella.
Ma andiamo con ordine e cominciamo dall’inizio: siamo ad Osimo, in provincia di Ancona, dove vive una famiglia (padre, madre, un figlio e una figlia) di origine napoletana (quartiere di Scampia) della quale fa parte una giovane ragazza di 23 anni, Evelina, che – dopo una burrascosa relazione con un ragazzo albanese dalla quale era nata anche una bambina (che oggi ha cinque anni) – ha deciso di ritentare, continuando a puntare sui giovani provenienti dal Paese delle Aquile e così è andata a imbarcarsi in una nuova relazione con un albanese.
Scontata la reazione del padre che si è violentemente opposto da subito a questa relazione della figlia, arrivando alle parole grosse e, addirittura, ponendo la questione come un “aut-aut”: o troncare con il fidanzato o andarsene di casa con la figlioletta.
Evelina non ha accettato il diktat ed è rimasta in casa con la bambina, continuando a frequentare il giovane albanese; ed allora ecco l’ennesima “richiesta di scelta” avanzata dal padre: o fuori di casa lei o fuori di casa lui (cioè il padre); anche in questo caso non è successo proprio niente e tutto è continuato come prima.
Il padre, dopo essere andato ad abitare dal fratello, ha continuato a rimuginare sulla vicenda, forte del detto “errare è umano, perseverare è diabolico” ed è tornato a chiedere alla ragazza di abbandonare il fidanzato,; anche tutto questo non ha sortito nessun effetto e allora…arriviamo a domenica sera, anzi a domenica sera inoltrata.
Sono le 22.30, quando la vicenda ha il suo drammatico epilogo: il padre attende Evelina di fronte a casa e, al culmine dell’ennesima lite e dell’ennesimo rifiuto di lasciare il fidanzato, la colpisce alla gola con un punteruolo che nascondeva in tasca; quindi fugge, mentre la ragazza, in un lago di sangue, viene condotta dal 118 al vicino Ospedale, dove – per fortuna - riscontrano che la ferita non le ha procurato danni vitali alla carotide e quindi tra quindici giorni sarà probabilmente dimessa.
Il padre è stato trovato ingenuamente nascosto in un giardinetto vicino a casa ed è stato portato, distrutto dal dolore, in caserma per i successivi accertamenti.
Da notare che l’intera vicenda era già stata portata all’attenzione dei servizi sociali del Comune, quando la moglie si era rivolta per chiedere aiuto in merito all’allontanamento del marito a seguito della forte contrarietà nei confronti della figlia innamorata – ancora una volta – di uno straniero e sempre di un albanese; per il padre, evidentemente era un chiodo fisso, una sorta di persecuzione della sorte che faceva mettere insieme la propria figlia sempre e soltanto con albanesi.
Della vicenda, dopo aver dato per scontata la cattiva gestione del padre verso la relazione della figlia, dobbiamo anche prendere in considerazione la circostanza che l’uomo ha ritenuto tutta la storia come una sorta di “cattiva sorte” che si stava avviando sullo stesso binario della precedente.
Del resto la nostra Evelina ha mostrato di avere una forte predilezione per gli albanesi, tant’è vero che su Facebook si è iscritta ad un club intitolato “fanculo a tutti quelli che odiano gli albanesi”, mostrando così la sua profonda convinzione razziale e dando però origine a tutti i guai con il padre. È un esempio di tentativo di integrazione razziale (magari mal riuscito)? Non lo so, ma è comunque qualcosa su cui riflettere!

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