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domenica, aprile 02, 2006

L'UOMO E LA BESTIA 

Proprio ieri, nel mio consueto post, avevo ricercato – e in parte trovato – degli aneliti di spiritualità che mi avevano indotto ad alcune affermazioni sostanzialmente positive; poi la sera, il tuffo nell’oscuro mare della brutalità: il piccolo Tommaso è stato ucciso, colui che ha commesso l’orribile delitto ha confessato; si sta cercando il corpicino.
Sono subito uscito di casa perché mi interessavano i commenti della gente e così sono stato fuori fino a tardi, ad ascoltare i più trucidi modi nei quali la gente avrebbe desiderato sistemare la bestia che aveva commesso questo gesto assolutamente inumano (nel frattempo le bestie, quelle veramente bestie mi hanno querelato perché non desiderano essere accostate agli uomini).
Nella tarda nottata, ma i dettagli sono di stamani, sono arrivati alcuni particolari ancora più agghiaccianti: il bambino è stato ucciso “perché piangeva forte”, motivazione che a detta di chi l’ha pronunciata, sarebbe servita da “attenuante” alle badilate in testa che sono state rivolte al piccolo Tommaso.
Stamani le donne e gli uomini che ho avuto modo di incontrare – certo non è un universo statisticamente valido, ma insomma… - si stavano ancora esercitando su quale tipo di pena doveva essere riservata all’assassino e si andava dallo scorticamento da vivo, fino al linciaggio nudo e crudo (“dovrebbero darlo in pasto alla gente!!”).
Vorrei limitarmi a due considerazioni: la prima si riferisce al padre del piccolo Tommaso e a tutti quegli imbecilli – autorevoli, ma sempre imbecilli – che in piena indagine delle Forze dell’Ordine, continuavano a mettere fuori delle paroline maliziose facendo intendere alla gente che il disgraziato genitore c’entrava qualcosa nella vicenda: mi riferisco, senza fare nomi, al conduttore della “Vita in diretta”, tale Michele Cocuzza e ai suoi collaboratori ed ospiti, anche “di spessore”, come criminologi da Bar dello Sport e opinionisti della valenza di Maria Teresa Ruta (dalle mie parti si dice: “hai detto un prospero!”); mi riferisco anche ad alcune “firme” di prestigiosi quotidiani che si esercitavano in questo torbido accostamenti; tutti questi signori e signore, abbracciati in un coro di stupidità e di supponenza, sono invitati a mandare un segnale di scuse al disgraziato genitore che non riesco neppure ad immaginare in quale stato si trovi?
L’ultimo schiaffo l’ha ricevuto ieri sera quando ha appreso dalla televisione – senza cioè che uno straccio di autorità si fosse presa la briga di informarlo preventivamente – della barbara morte del figlio ed ha reagito gridando, fuori dalla propria abitazione, un drammatico “No!!” lanciato verso il bosco, verso la natura, come ad invocare qualcosa da loro, qualcosa che gli uomini non gli hanno dato: un po’ di pietà; della madre nessuna notizia, probabilmente è ancora viva ma solo anagraficamente perché “dentro” non deve esserle rimasto niente di vivo.
La seconda considerazione è sul rapporto che questa amara, tristissima vicenda può avere con la spiritualità del post di ieri: sono due facce della stessa medaglia, due risvolti dello stesso personaggio, l’uomo, che ha dentro di se le caratteristiche di entrambe le posizioni: la spiritualità che utilizza nei momenti di pace e di raccoglimento e la bestialità, la brutalità che emerge quando l’animale che è in noi prende il sopravvento e sconfigge ogni altra forma del pensiero, compresa la razionalità.
Adesso sarebbe bene non parlare più di questa storiaccia: lasciare i genitori alla ricerca di una strada per risalire in sella alla vita e gli autori dell’efferato, barbaro delitto nelle mani della giustizia che, sono certo, troverà qualche elemento a favore loro e quindi non li condannerà alla galera a vita come sarebbe giusto e, direi, ovvio.

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