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martedì, ottobre 01, 2013

SUPERMARKET ITALIA 



In questi ultimi giorni abbiamo assistito all’acquisto, da parte di altre Nazioni, di un paio di grosse aziende nazionali: la spagnola Telefonica ha raggiunto la maggioranza del pacchetto azionario della nostra Telecom, mentre Alitalia sta prendendo – sembra a prezzi di liquidazione – la strada di Air France e Klm.
Non mi straccio le vesti e dico: ma non stiamo sbandierando all’estero che l’assoluta sicurezza del nostro Paese dovrebbe indurre le aziende di altre Nazioni ad investire su nostre aziende; l’ultimo della serie è stato il Presidente Letta che parlando alla Borsa di New York ha invitato i finanzieri stranieri a investire in Italia.
E allora, mi dico: perché hanno creato tanto scalpore quelle due acquisizioni? Telecom non è una azienda fortemente attiva, ma forse ha una sua importanza strategica nel settore delle telecomunicazioni; l’Alitalia è nello stesso drammatico deficit di alcuni anni or sono cioè per oltre 5/miliardi di euro (ci si paga l’IMU e l’IVA e altro) e quindi non è che l’acquisto da parte dei francesi rappresenti proprio un grande affare.
Ci sarebbe poi da aggiungere che già due comparti importanti per il Paese, sono stati saccheggiati dagli stranieri e sono di loro proprietà: il francese Arnault ha acquistato Fendi, Bulgari e Loro Piana, aveva anche acquistato Gucci ma poi l’ha ceduta a Henry Pinault; Ferrè è degli arabi di Paris Group e Valentino è nel portafoglio della casa reale del Qatar.
L’altro comparto saccheggiato – quando dico così, non intendo che ce l’hanno rubato ma che è diventato di loro proprietà – è quello del cibo, con particolare riferimento a Olio, latte e Vino: il colpo più clamoroso è stata l’acquisizione della Parmalat da parte dei francese di Lactalis, ma in precedenza Nestlé si era presa Buitoni e Perugina; e l’oligarca russo della vodka, Tarino, ha comprato i vini Gancia. Mentre gli oli Bertolli, Carapelli e Sasso sono diventati di proprietà degli spagnoli della Deoleo.
Quindi, se vogliamo rimanere attaccati alle regole del mercato, è inutile strapparci i capelli dalla testa e invocare insensate e impraticabili politiche di difesa nazionalistica; non dimentichiamo quando l’allora premier Berlusconi, con una azienda come Alitalia, assolutamente decotta e con Air France disposta a comprarla ed a rimetterla in sesto, grido la carica e radunò una serie di capitalisti da quattro soldi (furono chiamati “capitani coraggiosi) che subentrarono all’azionariato perdente e respinsero tutti gli attacchi dei francesi; il risultato: lo Stato si accollò i debiti (5/miliardi di euro) e quindi i nostri eroi subentrarono nella gestione di una compagnia “pulita dai debiti”; è passato poco tempo fino al momento in cui la situazione è tornata nuovamente al punto di partenza e i debiti risultano decisamente ingestibili.
Quanto sarebbe stato meglio mollare l’azienda a quei tempi, senza cioè rimetterci una balla di soldi e non facendo la miserevole figura che stiamo facendo.
La storia della Telecom è più complessa ma non molto dissimile: viene privatizzata dal governo Prodi nel 1997 (i soldi servivano per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici) con la tecnica di tenere un “nocciolo duro” per gli italiani (Agnelli e pochi altri; questi nocciolai però non mostrarono un grande interesse per Telecom e quindi la cedettero a Colaninno, ma non succede niente di particolare, è infatti qualche anno dopo che questi “capitani coraggiosi” cedono a un prezzo iperbolico a Tronchetti Provera e ai Benetton; mentre il primo ci crede (tenterà anche un accordo con Murdoch, che viene bloccato e anche lui cederà la sua quota a Telefonica, senza che se ne faccia – allora - tanta pubblicità, Benetton se ne disfà subito.

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