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giovedì, ottobre 03, 2013

LA NASCITA DEL "MATTONE" 



Era il 3 aprile del 1973 quando Martin Cooper, ingegnere della Motorola” fece la prima telefonata stando in mezzo alla strada a Manhattan e, manco a dirlo, chiamò il suo diretto rivale, John Engel, capo dei laboratori Bell, a circa 40 miglia di distanza da dove si trovava il nostro Martin.
Quel gesto, quella telefonata ha cambiato la storia della telefonia, ma anche quella del costume, visto come è considerato attualmente l’oggetto/cellulare; a proposito, nel titolo parlo del mattone, perché questo fu il primo nomignolo che gli venne affibbiato, visto che pesava 1,3 chili di peso ed era lungo circa 30 centimetri: un supplizio essere costretti a portarselo dietro, eppure da allora diventerà uno degli oggetti ai quali l’uomo contemporaneo non rinuncerà a nessun costo.
Pensate che Martin Cooper ebbe l’idea di costruire “il mattone” guardando “Star Trek”, dove il capitano Kirk usa un dispositivo di quel tipo per comunicare con la base e con l’equipaggio; i rivali della Bell Lab, puntavano  invece su un’idea diversa: costruire un telefono senza fili da usare in auto e quindi dotare, in prospettiva ogni auto che usciva dalla fabbrica di un telefono.
Sappiamo tutti come è andata a finire e come la Motorola è risultata vincente.
Ma facciamo un passo indietro: possiamo immaginare una vita senza lavatrice, senza forno a microonde, senza lavastoviglie, ma che cosa saremmo se all’improvviso sparissero i cellulari, inghiottiti per sempre da una sorta di buco nero oppure banditi per ragioni sanitarie?
Saremmo dei poveretti in crisi di astinenza, dei bambini ai quali hanno tolto il ciuccio; se non ce ne fossero altri, questo sarebbe il primo motivo per detestare l’apparecchio che si è fatto sempre più sottile, sempre più piccolo, ma anche sempre più complicato.
Dice Cooper che tra i difetti che rileva al “suo” telefono, c’è la pessima tecnologia che prevede una laurea in ingegneria per configurarlo; non è proprio la situazione che lui aveva previsto.
Ed anche noi “persone normali” dovremmo allinearci al pensiero di Cooper e rilevare che l’oggetto ha provocato una rivoluzione antropologica di cui non possiamo più fare a meno; ci vediamo tutti costretti a sottomettersi al piccolo rettangolo di plastica e questo è peggio di una tossicodipendenza, è una forma di dannazione collettiva che genera una schiavitù assoluta mascherata da assoluta libertà.
Qual è il primo pensiero al nostro risveglio? Mi sarò ricordato di metterlo in carica? Come se dalla situazione di questo aggeggio dipendesse l’andamento dell’intera giornata; e il pensiero fisso che abbiamo è quello di vedere se qualcuno mi ha chiamato o mi ha mandato un messaggio e per fare questo, siamo costretti a controlli compulsivi dell’apparecchio che, nelle donne, si nasconde nei più reconditi meandri dello loro capaci borse.
C’è qualcosa di positivo in questo apparecchio? Provate a pensare di trovarvi con una gomma forata in aperta campagna in una notte di pioggia!!
L’oggetto diventa sempre più difficile da usare, proprio perché riesce a fare quasi tutto (non ancora il caffé!!), ma soprattutto ci ha reso illusi che il mondo non possa fare a meno di noi; da qui il compulsivo controllo della situazione degli arrivi delle chiamate e dei messaggi; e se nessuno chiama? Prima pensiamo ad un guasto nella rete e poi passiamo a dubitare della nostra “importanza” per gli altri: da qui a prendere delle fissazioni il passo è brevissimo!!

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